CARASCOSA, Michele
Generale e uomo politico, nato a Paternò presso Catania nel 1774, morto a Napoli nei primi giorni del 1853. Avviato alla carriera militare, nel 1796 era già capitano di cavalleria, e con questo grado combattè contro i Francesi in Lombardia, rimanendo ferito a Lodi. Tornato a Napoli, fu di quel gruppo di ufficiali che, dopo la fuga del Borbone in Sicilia, abbracciarono le idee democratiche della Repubblica partenopea. Durante la reazione del 1799 fu rinchiuso in Sant'Elmo, e, liberato dopo la pace di Firenze (1801), andò in esilio. Rivide Napoli al seguito di Giuseppe Bonaparte (1806) che lo incaricò di sedare la rivolta del Vallo di Diano, e che seguì in Spagna, dove, promosso colonnello, si comportò da valoroso all'assalto di Mongat. Di nuovo a Napoli, fu da Gioacchino Murat promosso generale di brigata, quindi tenente generale e governatore militare della città di Napoli, infine creato barone. Seguì Gioacchino nell'impresa d'Italia; e a Reggio Emilia ebbe da lui l'incarico di una missione presso Pio VII che tornava nei suoi Stati. Nominato governatore delle Marche, comandò l'avanguardia dell'esercito napoletano, la quale contenne gli Austriaci a Spilamberto (15 aprile 1815) e li sconfisse ad Anzola e a S. Ambrogio. Quando il re fu costretto alla ritirata, al C. fu affidato il compito di fronteggiare l'esercito del Neipperg, al quale impedì di congiungersi con quello del generale Bianchi. Dopo la sconfitta di Tolentino (3 maggio) il Murat cedé al C. il comando in capo dell'esercito, e l'incarico di sottoscrivere la convenzione di Casalanza (20 maggio). Dalla restaurazione borbonica il C. ebbe la conferma del grado militare; e durante i moti del 1820 la missione di sedare l'insurrezione militare di Monteforte. Nel breve periodo costituzionale fu creato ministro della Guerra e si dispose a riordinare l'esercito costituzionale, del quale assunse il comando di una parte, incaricata di fronteggiare sul Liri l'avanzata degli Austriaci condotti dal Frimont, mentre Guglielmo Pepe comandava l'altra verso gli Abruzzi. L'insuccesso di Rieti fece sbandare tutto l'esercito napoletano; e il C., che tornata la restaurazione, nel 1821, era stato condannato a morte, esulò in tempo a Malta, poi a Londra, dove scrisse un libro sugli avvenimenti dei quali era stato partecipe (Mémoires historiques, politiques et militaires sur la revolution du royaume de Naples en 1820 et 1821, Londra 1823). Tornato a Napoli nel 1848, fu eletto membro della Camera dei Pari.
Bibl.: P. Schiarini, Uno dei dimenticati. Il gen. M. C., in Rass. contemporanea, v (1912), n. 5.