CATALANI, Michele
Nacque a Fermo il 25 sett. 1750 da Giovanni Battista e da Matilde Paccaroni, ambedue appartenenti a distinte famiglie dell'aristocrazia locale. Dopo aver frequentato, nella città natale, le scuole dirette dai gesuiti, dove ebbe, per maestro di retorica, Stefano Antonio Morcelli, a sedici anni entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù, a Roma. Qui completò gli studi di belle lettere sotto la guida di Luigi Lanzi e compì il corso di filosofia. Alla soppressione dell'Ordine, fece ritorno a Fermo. Inserito nei quadri del clero secolare, ricevette l'ordinazione sacerdotale nel 1775 e fu nominato canonico della cattedrale nel 1782. L'anno successivo conseguì il dottorato in diritto canonico e civile; nel 1793 fu ammesso a far parte del Collegio degli avvocati e dottori della città.
Aveva intanto maturato una ben delineata personalità di studioso e la sua fama si era estesa al di là dei confini del Piceno. Membro dell'Accademia degli Erranti già Raffrontati, che molto contribuì, a Fermo, alla ripresa degli studi storico-archeologici, aveva cominciato ad alternare l'insegnamento di discipline umanistiche nel liceo, cui era stato incaricato nel 1775 dall'arcivescovo Paracciani, con ricerche erudite sulle origini dei Piceni e sulle antichità fermane, le cui conclusioni furono accolte con generale favore. In seguito, dopo aver compiuto un'opera sulla Zecca cittadina, nella quale l'illustrazione delle monete prese in esame era inserita nel contesto, seppure sommario, delle vicende storiche generali del Fermano, rivolse quasi esclusivamente l'attenzione a momenti e personaggi della storia della Chiesa.
Nell'arco di un ventennio egli diede alle stampe a Fermo, in un latino sobrio ed elegante, i tre volumi più significativi (De Ecclesia Firmana..., 1783; De vita et scriptis Dominici Capranicae...,1793; Aeneae Sylvii de Piccolominibus... de rebus Basileae gestis stante vel dissoluto concilio commentarius, 1803), iqualirappresentarono una tappa importante nella storiografia ecclesiastica, per la quantità di materiale archivistico riportato alla luce e per il taglio metodologico adottato.
Uomo di vaste letture e di notevole curiosità intellettuale, tramite il Muratori e il Maffei, aveva fatto propria la lezione dei maurini e dei bollandisti. Una sicura erudizione e un buon metodo critico, frutto della costante applicazione della ragione alle ricerche, erano alla base di tutti i suoi lavori, anche di quelli che possiamo ritenere minori e nei quali l'intento di divulgazione religiosa risultava preminente. In tal modo, oltre a chiarire questioni rimaste fino ad allora insolute - si trattasse dell'origine e dei diritti dei cardinali in pectore (nella Vita del Capranica) o della posizione assunta da Enea Silvio Piccolomini nei confronti del "conciliarismo" -,contribuì in maniera notevole al processo di liberazione dell'agiografia dalle incrostazioni e dalle deformazioni leggendarie.
Consultava sistematicamente archivi; trascriveva e commentava documenti; conduceva analisi comparative; intratteneva un'intensa corrispondenza col Tiraboschi, con l'Olivieri degli Abbati-Giordani, col Compagnoni, col Lancellotti, coll'Odorico, col Vecchietti, con lo Zanetti, col Lanzi, col Morcelli, col Marini, con Francesco Saverio Castiglioni (poi Pio VIII), coi cardinali S. Borgia, R. Braschi-Onesti, G. Pallotta, F. de Zelada. Fu membro anche dell'Accademia Etrusca di Cortona. Potendo contare su un consistente patrimonio familiare, si spostava, per motivi di studio, a Bologna, Modena, Parma, Milano, Roma, Napoli, Ercolano, Pompei.
Di temperamento metodico e riflessivo, poco incline alle polemiche e ai risentimenti che, troppo spesso, in quegli anni, arroventavano i rapporti tra gli eruditi, seppe conquistarsi, per la ponderatezza dei giudizi, la fiducia e l'amicizia di quanti lo conobbero. Il card. Minucci, arcivescovo di Fermo dal 1779 al 1803,ricorreva spesso ai suoi consigli e alla sua opera nell'amministrazione della diocesi. Evitava tuttavia il C. impegni che lo avrebbero potuto tenere troppo lontano dagli studi preferiti. Anche per questo, se nel 1799aveva accettato la direzione della biblioteca pubblica, rifiutò, alla morte del Minucci, l'incarico di vicario capitolare, che comportava la reggenza della sede arcivescovile nel periodo di vacanza. Da tempo raccoglieva materiale per comporre, muovendo dall'età medievale e sulla base della nuova metodologia, una storia civile del Fermano; ma la morte improvvisa troncò l'opera allo stadio embrionale.
Nella primavera del 1805 si recò a Bologna, per farsi asportare dal prof. Atti una natta posta dietro le spalle. Sottoposto a intervento chirurgico il 2 maggio, morì il 10 maggio 1805 per sopraggiunte complicazioni. Fu tumulato nella certosa della città felsinea.
Il C. lasciò diversi suoi lavori inediti, fra cui due inni composti in lingua latina. Le opere da lui pubblicate, oltre alle due già citate, furono: Della origine dei Piceni, Fermo 1777; Delle origini e antichità fermane, ibid. 1778(le due dissertazioni vennero ristampate, nell'ordine, a dieci anni di distanza nel primo e nel secondo tomo delle Antichità picene di G. Colucci); Memorie della zecca fermana illustrate, Bologna 1782; De Ecclesia Firmana eiusque episcopis et archiepiscopis commentarius, Firmi 1783; Vita di s. Fermano Abate...,ibid. 1784; Memorie istoriche di s. Vittoria vergine e martire, Camerino 1788; Lettera critica diretta ad un cavaliere fermano sul tomo II delle Antichità picene dello ab. G. Colucci, Lucca (ma Fermo) 1789.
Fonti e Bibl.: Nella Bibl. comunale di Fermo sono conservati ventisette mss. del Catalani. Alcuni (nn. 492, 1074, 1173, 1510) contengono elementi biografici; altri (nn. 173, 179, 180, 183, 198, 523) sono autogr. di opere successivamente date alle stampe; altri (nn. 172, 174-178, 181, 183, 185, 194, 466, 999, 1226) comprendono dissertazioni, lavori vari ed appunti di storia civile rimasti ined.; altri infine (nn. 184, 193, 1520, 1562) raccolgono buona parte delle lettere ricevute dal C. e alcune minute delle sue; quattro lettere, in L. Martellini, Lettere inedite di G. Tiraboschi a M. C. ...,in Studi urbinati, XLVIII(1973), pp. 433-48. Testimoniano il favore con cui le opere del C. furono accolte le presentazioni apparse di volta in volta su vari periodici della penisola, quali, fra gli altri, il Giorn. de' letterati (Pisa), XXVI (1777), pp. 265-268; XXIX (1778), p. 35; le Novelle letter. di Firenze, n.s., VIII (1777), coll. 410-413; X (1779), col. 52; le Efemeridi letter. di Roma, VI(1777), pp. 132 s.; VIII (1779), pp. 122-25; il Giorn. d. letter. ital.(Mantova), II (1793), pp. 295-300; il Giorn. eccles. di Roma, VIII(1793), p. 104; IX (1794), pp. 70-74; G. Colucci, Antichità picene, I, Fermo 1887, pp. XXVIII-XXIX; II, ibid. 1888, pp. 3 s.; F. Vecchietti-T. Moro, Biblioteca picena...,III, Osimo 1793, pp. 187 ss.; D. Caballero, Bibliothecae script. Societatis Iesu supplementa, I, Romae 1814, pp. 116 s.; A. Brandimarte, Plinio Seniore illustrato nella descriz. del Piceno, Roma 1815, passim;A. Evangelista, Memoria su la vita e su gli scritti del canon. M.C.,Fermo 1834; G.Fracassetti, C.M., in E. De Tipaldo, Biogr. degli ital. ill., II, Venezia 1835, pp. 431 s.; G. Porti, Tavole sinott. di cose più notab. della città di Fermo e suo antico stato, Fermo 1836, p. 107; A. Evangelista, M. C.,in Biogr. e ritratti di uomini illustri piceni, a cura di A. Hercolani, I, Forlì 1837, pp. 187-94; G. De Minicis, Cenni storici e numismatici di Fermo, in Giorn. arcadico di scienze, lettere ed arti, LXXXI (1839), pp. 4, 6, II, s., 16 s., 20, 22, 25 ss., 82, 84 ss., 94; Id., Sopra il teatro ed altri monumenti dell'antica Faleria nel Piceno, in Annali dell'Inst. di corrisp. archeol., XI (1839), pp. 5, 10, 42; Id., Sopra due monete gravi di Fermo, in Il Tiberino, VI(1841), 34, p. 2; G. Fracassetti, Notizie stor. della città di Fermo, Fermo 1841, pp. 6 s.; R. De Minicis, Serie cronol. degli antichi signori, dei podestà e rettori di Fermo, Fermo 1855, pp. 10 ss.; A.-A. De Backer, Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus, s. 5,Liège 1859, pp. 126 s.; G. Da Fieno, Del risorg. degli studi stor. nel Piceno, in Atti della Soc. stor-archeol. delle Marche in Fermo, I (1875), pp. 14 s.; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, Bibliographie, III, Bruxelles-Paris 1891, coll. 872-74; G. Castelli, L'istruzione nella provincia di Ascoli Piceno, Ascoli Piceno 1899, pp. 539, 660; S. Prete, I santi martiri Alessandro e Filippo nella Chiesa fermana, in Studi di antichità cristiana. XVII (1941), pp. 8, 13, 15 s.; G.Natali, Il Settecento, I, Milano 1950, pp. 404, 422; D. Pacini, Il codice 1030dell'archivio diplom. di Fermo, Milano 1963, passim;H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, V, 1, col. 746; Nuova Enc. ital. ovvero Diz. gen. di scienze, lettere, industria…, V, p. 263; Enc. Catt.,III, coll. 1063 s.