CIANI, Michele
Nacque a Pienza (Siena) in una famiglia di proprietari terrieri, intorno al 1720. Non si hanno notizie sulla sua giovinezza e sui suoi studi. Il suo nome, preceduto.dal titolo di auditore, appare per la prima volta nell'elenco dei soci corrispondenti dell'Accademia dei Georgofili di Firenze con la data di ammissione: 13 dic. 1753, appena due mesi dopo la fondazione della medesima. I due dati permettono di qualificare il personaggio come un avvocato con un particolare interesse per le cose agricolo-economiche. Questi caratteri riemergono in una memoria inedita del 1764 0 1765, Della Maremma senese (Firenze, Bibl. naz., ms. II, 11, 296), scritta mentre il C. esercitava la carica di giudice ordinario dei Concistoro di Siena.
Nella memoria egli illustra la necessità di un programma di bonifica e di una corrispondente politica di ripopolamento e sostiene la libera circolazione dei graffi e l'abolizione dei dazi, con una puntuale critica al mercantilismo che ha spinto a privilegiare le manifatture nei confronti dell'agricoltura. Il legista si manifesta nell'attenzione dedicata alla stotia degli statuti e alla legislazione economica che hanno interessato la Maremma sotto il governo dei Medici. Il C. più volte indica (I, capitoli 1 e 3) la causa principale della depressione della Maremma nella politica dei Medici, che avevano trattato la regione come una "colonia" aggravando i dannosi effetti determinati dalla precedente dominazione amministrativa esercitata da Siena.
La memoria, probabilmente scritta non per la pubblicazione, ma destinata a circolare nell'ambiente dei funzionari governativi, acquistò il valore di carta di presentazione dell'autore a Pietro Leopoldo, quando questi divenne granduca di Toscana, Non a caso uno dei punti più interessanti di essa troverà una soluzione corrispondente in uno dei primi atti legislativi del nuovo granduca. Questi, accortosi dello zelo e delle capacità di funzionario del C., lo utilizzò sovente in magistrature di nuova istituzione o riformate. Come primo incarico il C. fece parte della Deputazione sopra gli affari delfa Maremma senese, che preparò la documentazione per gli interventi granducali, uno dei quali divise lo Stato senese in una provincia superiore e in una provincia inferiore; quest'ultima, comprendente quasi l'intera Maremma, fu fatta dipendere direttamente dall'autorità centrale, eliminando così i disagi della soggezione ad uú'autorità intermedia, secondo le indicazioni che anche il C. aveva fornito. Lo stesso C. fu nominato nell'aprile 1766 auditore della provincia inferiore con l'obbligo di residenza nel capoluogo, Grosseto. Nel 1768 egli entrò a far parte, in qualità di esperto legale, della commissione (Deputazione della statistica industriale) incaricata di svolgere la seconda grande inchiesta economica degli inizi del governo leopoldino: a lui spettò l'incarico di stendere la relazione sulle arti e manifatture dello Stato senese. Come è noto il lavoro della commiàsione portò alla soppressione delle antiche arti e corporazioni delle loro relative giurisdizioni e alla creazione della Camera di commercio, delle arti e delle manifatture. Nel 1771 l'Accademia dei Georgofili premiò una dissertazione del C., pubblicata a Firenze nello stesso anno con lo pseudonimo di Luigi Andreucci, De' mezzi per impiegare i mendichi in vantaggio dell'agricoltura e delle arti, dove l'autore utilizzava in parte i dati dell'indagine precedente ribadendo il concetto che la Toscana era un paese che doveva fondare il suo sviluppo sulla economia agricola. A questa data il C. aveva già lasciato Grosseto per Firenze e sposato la senese Teresa Bandiera, vedova di Domenico Nelli e madre di Domenico Nelli, il quale poi aggiungerà al suo il cognome. dei patrigno.
Senza più l'obbligo di restare a Grosseto, egli continuò ad essere auditore della provincia inferiore senese, pur risiedendo a Firenze e ricoprendo dal 1771 l'incarico di deputato legale alla Camera di commercio. In consuetudine di lavoro con le figure più rilevanti dell'attività riformatrice, quali P. Neri e A. Tavanti, ricevette anche altri minori incarichi. Nel 1773, ad esempio, presiedette alla unificazione della Società botanica con l'Accademia dei Georgofili., collaborando alla stesura di un nuovo statuto. Il suo incarico alla Camera di commercio si concluse con la compilazione, probabilmente richiesta dal ministero, di un Estratto del Discorso economico dell'arcidiacono Salustio Antonio Bandini, l'anno stesso della sua pubblicazione postuma (1775), destinato a diffondere e a far conoscere a un più largo pubblico l'opera del Bandini (l'attribuzione al C. è documentata da G. Pelli Bericivenni, Efemeridi, 1775, c. 449r; fu pubblicato senza indicazione di luogo e data). Nei cinque anni successivi il C., lasciata la Camera di commercio, fu contemporaneamente consultore della Camera delle comunità dello Stato fiorentino e residente nel Magistrato dei pupilli.
La cultura del C., se ci atteniamo alle pubblicazioni e alle relazioni da lui stese per incarico del governo, non si discostava dalla cultura dominante comune ai funzionari granducali. Suoi precisi riferimenti culturali sono: Muratori e A. Genovesi, per la tensione ideale riformatrice; i fisiocratici in materia economica (sovente è ricordata a modello del destino dello Stato la favola di Chinki dell'abate Coyer); l'Encyclopédie come autorità da consultare nei casi più vari; Voltaire e Rousseau sono conosciuti, ma non amati. Nota personale sotto il profilo giuridico è la conoscenza di Montesquieu, ma anche di Pufendorf e del giusnaturalismo contro la tradizione romanistica, con una attenzione particolare rivolta ai problemi legislativi toscani, che si estrinsecava nell'aspirazione ad un nuovo codide patrio, problema già sollevato nell'ormai lontano 1747 e ora reso nuovamente attuale dall'attività riformatrice leopoldina che rimetteva continuamente in discussione la vecchia legislazione.
La lettura degli Errori popolari e dell'Economia nazionale di Gianniaria Ortes, avvenuta negli ami 1775-76, nello stesso periodo in cui le polemiche recensioni delle due opere apparivano nelle Novelle letterario di Firenze, determinò nel C. un cambiamento radicale. Incontrato probabilmente l'economista veneziano a Firenze nel 1776, egli instaurò con lui un rapporto di amicizia e di discepolato, sì da divenire in breve tempo "sposato affatto alle opinioni dell'ab. Ortes, che non pensa se non come lui" (Pelli Bencivenni, 1781, c. 1845); questo rapporto durò fino alla morte dell'Ortes (1790) ed è documentato da un fitto scambio di lettere. Il C. chiedeva all'amico veneziano pareri sulle questioni che era chiamato ad affxontare come funzionario granducale; da parte sua egli si interessò dell'amministrazione di un vitalizio dell'Ortes a Firenze, e curò la pubblicazione a Firenze presso l'Allegrini di opere dell'amico (in particolare provvide alla stampa di Della religione e del governo dei popoli, 1780; Lettere dell'autore del libro della religione e del governo, 1781; Dei fidecommessi, 1784, e con tutta probabilità anche alla pubblicazione postuma delle Riflessioni sulla popolazione, 1790).
Convinto seguace del sistema ortesiano pur senza esserne un adoratore passivo, il C. assunse le dimostrazioni geometriche dell'autore dell'Economia nazionale a guida teorica e pratica dei suo stile di vita: per lui d'ora in avanti riformare significa scomporre la realtà in quantità determinate e applicare ad esse gli assiomi ortesiani. L'entusiasmo dell'iniziativa umana, pur presente nelle memorie precedenti, teso a relizzare l'"epoca dei risorgimento toscano" (De' mezzi, p. 18), sparisce per lasciar posto ai calcoli dell'esatta deduzione.
Negli anni '78-'79 il C. elaborò un Disegnodell'economia nazionale toscana (pubblicato anonimo e senza note tipografiche: cfr. D. Moreni. Bibl. stor. -ragion. della Toscana, Firenze 1805, I, p. 262; oggi introvabile a stampa, ma visibile manoscritto nell'Archivio dell'Accademia dei Georgofili), adattando le tesi dell'Economia nazionale dell'Ortes al granducato di Toscana.
Calcola territorio e popolazione, dal loro rapporto deduce quello ideale fra "occupati assidui" e "non occupati", suddividendo i primi tra le quattro "arti radicali": agricoltura, manifatture, commercio, amministrazione e istruzione; determina quindi il reddito naturale possibile della nazione, derivandolo sulla base del lavoro di otto ore giornaliere degli occupati assidui, e ne calcola la distribuzione fra l'intera popolazione. Il reddito naturale nazionale è direttamente proporzionale alla quantità dei bisogni della giusta popolazione; la natura non può dare né più né meno, assicura il necessario che è anche "virtù di equità" ed esclude naturalmente il superfluo, che è "vizio"degli uomini e "follia" degli economisti. La situazione nazionale, riferita a un contesto intemazionale in cui ogni nazione non riceve più di quel che dà, rivela il tentativo di superare ogni concezione di ispirazione mercantilistica, legando la storia di ogni nazione entro i propri limiti e a fattori deterministici. Se è antisettecentesco il rifiuto dell'idea di progresso, non lo è certamente questo spirito scientista, portato alle estreme conseguenze. Il C. non si limita ad adattare gli assiomi ortesiani all'economia toscana, ma li estende ai campi della società civile: anche la legislazione dovrà essere regolata allo stesso modo. La paura dell'empirismo, la sfiducia nelle facoltà inventive dell'uomo, gli esiti incerti delle riforme sono i motivi che accentuano la ricerca dell'esattezza e conferiscono una particolare connotazione alle riflessioni e alla azione del C. dopo la conversione ortesiana: ciò gli guadagnò il sarcasmo del Pelli e la, qualifica di cun poco metafisico nelle sue idee "da parte di Pietro Leopoldo.
Nel 1781 il C. divenne conservatore delle leggi e luogotenente fiscale, con il compito di revisionare la procedura dei tribunali provinciali. Tra le altre incombenze preparò una memoria sul giusto numero degli impiegati civili. Abolita la carica nel 1784, divenne auditore di Consulta; nell'86 collaborò alla segreteria di Finanze. Per essa stese tre memorie sulle arti e manifatture del granducato (I: Origine e progresso delle arti; II: Distribuzionedelle medesime nel Granducato; III: Relazione tra arti e leggi statuarie; oltre a una Istruzione in materia di commercio e manifatture per i giudici), in cui ribadiva la tesi dell'impossibilità di un progresso delle arti al di là dei dati "naturali" (reddito e popolazione toscani - secondo lui -, con leggere oscillazioni, si erano ormai stabifizzati da otto secoli sul loro massimo livello possibile) e la vanità degli sforzi per incrementare o riparare i singoli settori produttivi; richiamava cioè l'attenzione sull'equilibrio delle forze e sull'interdipendenza del processo produttivo.
Alla morte dell'auditore G. Vernaccini, al C. fu affidata (17 genn. 1789) la direzione dei lavori per un nuovo codice civile delle leggi, lasciata il 19 aprile per occupare la carica di consultore regio legale, nuova figura di alto magistrato con i compiti della soppressa Consulta regia. Nel maggio 1789, per la morte di G. Tosi, nuovo direttore del codice, il C. ne riprese la direzione fino al 1792. Nel gennaio 1790 egli venne creato consigliere di Stato senza dipartimento; nel febbraio successivo quando Pietro Leopoldo lasciò Firenze per Vienna, il C. fu chiamato a far parte della reggenza del granducato. Sono questi gli incarichi più prestigiosi e di alta responsabilità, che gli procurarono un avanzamento di stipendio dalle 5.744 lire annue come conservatore delle leggi alle 7.000 come consultore legale per arrivare alle 11-12.000 come consigliere.
Tra le carte del C., relative alle mansioni, di funzionario granducale, quelle riguardanti il nuovo codice toscano sono fra le più interessanti. Compì lo spoglio degli statuti toscani con un criterio interpretativo che risentiva dell'influenza ortesiana, individuando nel rapporto tra leggi economiche e statuti il perno sul quale realizzare una nuova legislazione. La legge - secondo il C. -, priva in sé di alcun valore, è "sostanziata" dai fatti economici e dalle loro relazioni e come tale ha una funzione formalizzatrice di una situazione economica di fatto, eternamente valida, al di sopra degli avvenimenti storici e tuttavia determinata dai dati di una specifica realtà. Il piano del C. supera sia l'antico progetto Neri.1 ispirato alle Institutiones giustinianee, sia lo schema di tipo giusnaturalistico proposto dal Vernaccini. Infatti l'oggetto del primo libro è la descrizione del sistema economico nazionale, suddiviso nei vari titoli che illustrano i fattori di produzione (estensione del terreno, popolazione, occupazioni degli abitanti ecc.) con gli ultimi due titoli, nella redazione finale, sul potere civile e i rapporti con la religione;. seguono poi i libri sulla legislazione civile, cioè sui diritti delle persone sulle azioni e infine il libro sul diritto criminale. Il progetto non arrivò alla sua realizzazione, in quanto Ferdinando III lo lasciò intenzionalmente cadere.
In qualità di reggente, dopo i moti di rivolta del giugno 1790, il C. espresse parere contrario alla revoca della legge sulla libera circolazione dei grani. Quando il nuovo granduca Ferdinando III decise nel 1793di ripristinare l'abolita Consulta regia, ne nominò presidente il Ciani. Ma intanto l'attività di questo andava declinando; la carica di presidente della Consulta era soprattutto onoraria. Negli anni seguenti si trovano ancora scarsi accenni che lo riguardano. Durante l'occupazione francese del marzo 1799, inserito nelle liste dei sospetti, venne salvato dall'arresto da un intervento di F. M. Gianni; nell'agosto dello stesso anno fu la volta del movimento reazionario del "Viva Maria" a indicarlo, nella petizione al rappresentante inglese in Firenze, tra i vecchi funzionari leopoldini bene accetti nel nuovo governo antifrancese. Ma il C. rifiutò di diventare un "avemarista", riconquistando la stima dei superstiti della generazione leopoldina (Pelli Bencivenni, 1782, c. 1845, annotazione posteriore)., Non cessò del tutto la sua attività culturale: nel 1804egli stampò la Statistica economica normale (Valenza, ma Firenze, con prefazione di Giovanni Fabbroni), una rielaborazione dell'antico Disegno in un adattamento più serio e completo del sistema ortesiano al granducato di Toscana, che venne accolto con maggiore interesse che non vent'anni prima. Nel 1805 il C.:mise a disposizione di P. Custodi i suoi documenti sull'Ortes, in particolare le lettere, per la collezione dei classici italiani di economia.
Nessun'altra notizia ci rimane sugli anni successivi. Il C. morì, secondo la testimonianza di A. Paolini (p. 88), a novantaquattro anni di età.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Segr. di Gabinetto, f. 127, n. 19; Ibid., Segr. di Finanze, 1786, b. 210: M. Ciani, Mem. intorno alle arti e il commercio della Toscana;Ibid., Segr. di Stato, 1789, f. 258, n. 84; f. 529, n. 107; f. 532, nn. 107, 111; Ibid., Id., Relazioni sul codice civile;Ibid., Consulta regia, f.2788, n. 2;Firenze, Archivio dell'Accad. dei Georgofili, Carte Ciani, buste 187-188;Venezia, Civico Museo Correr, ms. Cicogna 2558: Lettere di M. Ciani a G. Ortes (alla fine, tre lettere a Ortes del 1790); 3197-98(novantasei lettere ad Ortes dal 20 genn. 1778 al 6 febbr. 1789);Firenze, Biblioteca nazionale, ms. N.A. 1050: G. Pelli Bencivenni, Efemeridi, s. 2, 1775, c. 449;1776, c. 632; 1781. c. 1845; 1789, c. 3294;Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena, Relaz. sul governo della Toscana, a cura di A. Salvestrini, I, Firenze 1969, p. 66;A. Paolini, Elogiodell'avv. D. Nelli-Ciani, in Atti dell'Accad. dei Georgofili di Firenze, XIII (1835), pp. 83-88;F. M. Gianni, Scritti di pubblica economia storico-economici e storico-politici, a cura di F. Pansi, II, Firenze 1849, pp. 207, 362;A. Zobi, Storia civile della Toscana, II, Firenze 1850, pp. 438-49, 514 ss.;V. Fossombroni, Scritti di pubblica economia, a cura di A. Morena, I, Arezzo 1896, p. XLVIII; V. Piano Mortari, Tentativi di codificazione nel granducatodi Toscana, in Riv. stor. per le scienze giurid., VI (1952-53), pp. 376-80;I. Imberciadori, Campagna toscana nel '700, Firenze 1953, ad Ind., s. v. Andreucci; P. Berselli Ambri, L'opera di Montesquieu in Italia, Firenze 1960, p. 94;A. Anzilotti, Movimenti e contrasti per l'unità italiana, a cura di A. Caracciolo, Milano 1964, p. 114; A. Wandruszka, Leopold II., II, Wien-München 1965, pp. 147, 179, 242;L. Dal Pane, La finanza toscana..., Milano 1965, p. 209 n. 1 (l'autore avanza la ipotesi che il C. sia l'anonimo autore della Risposta del cavaliere C. al discorso sul debito pubblico del senatore Gianni, Italia 1801); Illuministi italiani, VII, a cura di G. Giarrizzo-G. Torcellan-F. Venturi, Milano-Napoli 1965, pp. 57, 83, 85;F. Diaz, F. M. Gianni, Milano-Napoli 1966, pp. 61, 259, 389;G. Torcellan, Settecento veneto e altri scritti storici, Torino 1969, ad Indicem;G. Turi, VivaMaria. La reazione alle riforme leopoldine (1790-1799), Firenze 1969, pp. 5, 349;G. Tarello, Storia della cultura giurid. mod., I, Bologna 1976, p. 545;E. Pii, M. C. tra "economia nazionale" (Ortes) e "spiritodelle leggi" (Montesquieu), in Annali dell'Ist. di storia, Univ. di Firenze, Facoltà di Magistiro, I (1979), pp. 151-180; C. Amidei, Opere, a cura di A. Rotondò, Torino 1980, ad Ind.