FALIER, Michele
Sebbene non si conoscano documenti in cui sia indicato con il patronimico o secondo la contrada di origine, possiamo affermare con sicurezza che il F. era figlio di Ordelaffo e che apparteneva al ramo di S. Tomà della celebre famiglia veneziana. Dato che le fonti a noi note lo ricordano per la prima volta nell'autunno del 1339, quando egli fu tra i quarantuno elettori del doge Bartolomeo Gradenigo, successo a Francesco Dandolo il 7 novembre di quell'anno, la sua nascita non deve essere posteriore al 1309, poiché era richiesta un'età minima di trent'anni per entrare nei collegi elettorali del doge. Nel 1340 fece parte di un collegio di tre giudici nominati dal doge per dirimere una contesa fra Ubertino da Carrara signore di Padova e Alberto e Mastino II Della Scala signori di Verona. Il F., Nicolò Gradenigo, figlio del doge in carica, e Pietro Bragadin vennero infatti chiamati allora a pronunciarsi sulla questione in forza di un articolo del recente trattato di pace con gli Scaligeri, che assegnava al doge il ruolo di arbitro, ed emisero la sentenza il 10 luglio dello stesso anno. Nel 1341, come membro del Senato, il F. assieme ad altri colleghi fece una proposta per risolvere una vertenza fra Zara e Pago, proposta che fu poi approvata da Senato e Quarantia.
Le autorità zaratine intendevano far prestare servizio militare agli abitanti di Pago ma Venezia negò il permesso a meno che la prestazione non fosse richiesta dalla Repubblica o fosse finalizzata alla difesa di Zara, con il consenso della Signoria.
Nel corso dello stesso anno il F. andò ambasciatore presso gli Scaligeri insieme con Nicolò Gradenigo e Pietro Bragadin, per richiamarli al rispetto degli accordi di pace. Gli Scaligeri avevano compiuto interventi arbitrari nell'Adige a danno di Padovani e Vicentini: compito del F. e dei suoi colleghi era quello di recarsi sul posto per documentarsi e poi riferire agli organismi competenti, una volta rientrati in patria. Il F. fu quindi uno degli elettori del doge Andrea Dandolo, che entrò in carica il 4 genn. 1343. Ricoprì in seguito gli uffici di avogadore di Comun e di consigliere dei Quaranta. È ricordato nel primo incarico da un documento dell'8 maggio 1347; come membro della Quarantia viene citato il 24 settembre e il 1° ottobre dello stesso anno.
Il 19 luglio 1352 il F. venne eletto in una commissione di cinque savi "sopra le leggi" nominati per emendare la legislazione vigente. Ebbe quindi un incarico diplomatico di rilievo, il 21 ag. 1352, come ambasciatore ad Avignone presso Clemente VI, assieme a Nicolò Lion e Filippo Orio, per cercare di mettere fine alla sanguinosa guerra con Genova che durava già da due anni. L'anno seguente fu creato bailo di Negroponte. È ricordato in questa carica da un documento del 21 giugno 1353, quando, con l'ex bailo Giovanni Dandolo e con i consiglieri di quest'ultimo, Andrea Gritti e Nicolò Civran, fece adottare al Senato le misure necessarie per ripopolare Negroponte. Il bailo fu autorizzato ad accordare la cittadinanza veneziana a tutti coloro che si fossero stabiliti all'interno delle nuove mura della città di Negroponte con eccezione, però, degli ebrei. La licenza venne accordata al bailo per dieci anni. In quella sede si consentì inoltre anche ai castellani di Corone e Modone, al duca di Candia e ai rettori della Canea, di Sitia e Rethimo d; adottare analoghi provvedimenti.
Di nuovo a Venezia alla fine dell'anno, il F. venne inviato in ambasceria a Padova il 19 dicembre, ancora una volta per cercare di mettere pace fra i signori di Padova e gli Scaligeri. Qualche tempo più tardi andò di nuovo in legazione insieme con Renieri Da Mosto, ma questa volta a Rimini, per appianare i contrasti fra il Malatesta e Gentile da Mogliano signore di Fermo.
Nel 1355 il F. assunse per la seconda volta l'ufficio di bailo di Negroponte. Mentre ricopriva tale incarico, ricevette e trasmise a Venezia un importante dispaccio relativo alla situazione generale dell'Impero bizantino, inviatogli dal bailo di Costantinopoli Matteo Venier e recatogli da una galera greca arrivata a Negroponte il 13 aprile.
Nel documento, che recava la data del 16 marzo 1355, il Venier scriveva al collega di Negroponte che l'Impero d'Oriente era ormai allo stremo, a causa dell'avanzata dei Turchi, e che i Bizantini erano pronti a sottomettersi alla dominazione latina, in primo luogo a quella di Venezia. Era la seconda volta che il Venier riferiva sullo stato dell'Impero. Infatti, già il 6 ag. 1354 aveva scritto nei medesimi termini al doge Andrea Dandolo (morto il 7 sett. 1354). La situazione, d'altronde, era seguita con attenzione a Venezia: il 4 aprile 1355 il nuovo doge Marino Falier aveva consigliato che la Repubblica si annettesse l'Impero per evitare che cadesse in mano ai Turchi.
Il F. si trovava ancora a Negroponte il 12 settembre dello stesso anno, come testimonia un atto del notaio Nicola de Boateriis. Nel 1356 era però tornato a Venezia, dove fu eletto fra i cinque savi per gli affari di Treviso, che il Maggior Consiglio il 27 aprile confermò in carica per sei mesi.
Nell'estate del 1356 scoppiò la guerra con Luigi I re di Ungheria e le forze ungheresi attaccarono contemporaneamente i dominî veneziani in Dalmazia e in Friuli. Dal Friuli si spinsero fino a Treviso che cinsero di assedio. Durante l'assedio morì dopo poco più di un anno di governo il doge Giovanni Gradenigo, succeduto al giustiziato Marino Falier, e il 13 agosto venne eletto al trono ducale Giovanni Dolfin che, al momento, si trovava chiuso in Treviso dalle forze nemiche. Furono perciò inviati il F., Andrea Contarini e il cancellier grande Benintendi de' Ravagnani a chiedere al re un salvacondotto ma la missione non ebbe l'esito sperato (il Dolfin riuscì tuttavia a eludere la sorveglianza dei nemici e il 25 agosto raggiunse Venezia). Verso la fine dello stesso anno, mentre ancora durava la guerra, il F. con gli stessi due colleghi venne inviato a Zagabria per trattare la pace con il re. Giunto nella città ai primi di gennaio del 1357, avviò subito i negoziati, che non furono però coronati dal successo, a motivo delle richieste esorbitanti del re. Così il F. ed i suoi colleghi rientrarono in patria senza aver ottenuto alcun risultato. Il F. divenne quindi conte e capitano di Zara: si trovava infatti al governo di quella città quando la conquistarono gli Ungheresi. Accusato di non aver saputo difendere Zara in modo adeguato, fu tradotto a Venezia, dove venne giudicato dal Maggior Consiglio e condannato a un anno di "carcere inferiore" (8 marzo 1358), e con l'esclusione perpetua da ogni ufficio pubblico. Tornò in libertà per decisione del Consiglio dei dieci il 23 febbr. 1359.
Il F. appare successivamente ricordato da una deliberazione del Consiglio dei quaranta dell'11 ott. 1367, con cui lo si autorizzava a portare a Treviso tre sue schiave. Fece testamento nel 1372 e, verosimilmente, morì di lì a poco.
Aveva sposato in prime nozze una Caterina, di cui non si conosce il casato, ed in seconde Cristina Contarini. Ebbe quattro figli: Bernardo, Ester, Cataruzza e Agnesina.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Maggior Consiglio, Novella, c. 58v; Consiglio dei dieci, Misti, reg. 5, cc. 73v-74r; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 128a (= 8639): G. Caroldo, Istoria di Venetia, ff. 188v, 189r, 215v, 223v-224r, 225r, 265v, 266v-267r, 272v, 276v; Ibid., Bibl. d. Civico MuseoCorrer, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, II, f. 11v; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1878, reg. III, nn. 502, 586; F. Thiriet, Règestes des délibérations du Sénat de Venise concernant la Romanie, I, Paris-La Haye 1958, n. 260; Le deliberazioni del Consiglio dei XL della Repubblica di Venezia, a cura di A. Lombardo, II, 1347-1350, Venezia 1958, nn.26, 63, 65, 71; III, 1353-1368, ibid. 1967, n. 284, p. 138; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, 2, Venezia 1853, pp. 666, 679; V. Lazzarini, La battaglia di Porto Longo nell'isola di Sapienza, in Nuovo Archivio veneto, VIII (1894), pp. 18, n. 35 s.; F. Thiriet, Una proposta di lega antiturca tra Venezia, Genova e Bisanzio nel 1362, in Archivio storico italiano, CXIII (1955), p. 322; Id., La Romanie vénitienne au Moyen-Age. Le développement et l'exploitation du domaine colonial vénitien (XIIe-XVe siècles), Paris 1959, p.172; V. Lazzarini, Marino Faliero, Firenze 1963, pp. XV, 6, 344; G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, Torino 1968, p. 480; Nicola de Boateriis notaio in Famagosta e Venezia (1355-1365), a cura di A. Lombardo, Venezia 1973, n. 331.