LEONI, Michele
Nacque il 5 marzo 1776 a Borgo San Donnino, oggi Fidenza, presso Parma, da Giuseppe e da Apollonia Paini. Le umili origini della famiglia non gli impedirono di completare gli studi a Parma e di laurearvisi in filosofia nel 1795.
Per superare le necessità materiali, il L. fu costretto a impiegarsi presso un'azienda commerciale, ma non perse mai di vista gli interessi letterari. Nel 1806 emigrò a Milano e vi restò fino al 1812, facendosi subito conoscere, in un ambiente favorevole ai fermenti culturali, con un poemetto in versi sciolti intitolato La guerra (Milano 1806). Nel 1807, con il componimento La campagna di Polonia del MDCCCVII. Versi (ibid.), il L. consolidò la propria fama di scrittore esordiente e, nel 1810, sotto la direzione del medico parmense G. Rasori, assunse la redazione della sezione letteraria degli Annali di scienze e lettere, testata culturale edita a Parma per circa un quadriennio cui anche U. Foscolo concesse una limitata collaborazione a titolo di personale riconoscenza nei confronti delle riuscite cure mediche ricevute da Rasori.
Proprio Rasori, esperto conoscitore della lingua inglese, costituì certamente per il L. un riferimento decisivo per l'attività di traduttore che aveva già da qualche anno in animo di intraprendere: a lui dedicò infatti l'Esperimento di versione della poesia inglese nell'italiana (Milano 1807) che conteneva Il pensieroso, di J. Milton, e La musica, di W. Collins. Da quel momento, il L. ebbe come obiettivo prioritario quello di volgere in versi italiani le tragedie shakespeariane, e lo realizzò pubblicando dapprima versioni di singole opere, quindi dando alle stampe la raccolta completa delle Tragedie in 14 volumi (Verona 1819-22).
Dal 1813 al 1822 il L. soggiornò a Firenze dove era giunto per curare personalmente l'edizione della sua traduzione dei Nuovi Canti di Ossian di J. Smith (Firenze 1813; poi Napoli 1817, Venezia 1818); autore di tragedie e di scritti su temi d'attualità sotto lo pseudonimo di Eleuterio Peltipolite (Bonaparte e i Francesi. Pensieri, Firenze 1814; Il duca d'Enghien, ibid. 1815), ebbe modo di frequentare il salotto di Luisa Stolberg contessa d'Albany e di conoscere G.P. Vieusseux, che lo accolse come collaboratore-traduttore per l'Antologia, G. Capponi e altri importanti personalità della cultura fiorentina. Nel 1816 fecero riferimento al L. madame Germaine de Staël, nel celebre articolo sull'utilità delle traduzioni apparso nella Biblioteca Italiana, e G. Berchet nella Lettera semiseria di Grisostomo: la prima, nel consigliare lo studio di opere straniere, citava il caso "di un letterato di Firenze" traduttore di W. Shakespeare; il secondo, pur preferendo la traduzione shakespeariana di P. Le Tourneur, riconosceva al L. grande capacità di lavoro: una dote indubbia, se si pensa alle molte traduzioni di autori inglesi (A. Pope, O. Goldsmith, G.G. Byron) e di classici (l'Iliade di Omero, Torino 1823-24; l'Agricola di Tacito, Parma 1845) messe in cantiere dal L. nei decenni successivi in aggiunta ai tanti versi da lui composti e pubblicati tra il 1822 e il 1854.
Il 7 marzo 1823 il L. ottenne la cattedra di letteratura italiana presso l'Università di Parma e la nomina a segretario dell'Accademia di belle arti. In tal modo, gli fu possibile ristabilirsi nella sua terra d'origine e dedicarsi con ancor più entusiasmo alla sua sterminata produzione di poeta, biografo, divulgatore di cultura, traduttore di classici latini e greci e di opere moderne.
Il ritorno a Parma acutizzò alcuni aspetti scomodi della personalità del Leoni. Esemplare fu il caso della rottura di rapporti, sia di lavoro sia personali, con Vieusseux, intervenuta nel 1824, un anno dopo l'assegnazione della cattedra universitaria e dunque in un momento in cui era forte il senso di dedizione alla corte di Maria Luigia d'Austria.
Il L. morì a Parma il 27 ag. 1858.
G. Boccardo, nell'elogiarne le doti, affermò tuttavia che "troppe cose dettò, troppo tradusse, né è da maravigliare che non toccasse la cima del perfetto" (Boccardo, pp. 578 s.).
Il lunghissimo elenco dei lavori del L. si snoda lungo un cinquantennio di fertilità intellettuale straordinaria e di eclettismo non sempre apprezzato dai suoi contemporanei e dai posteri. Tra gli scritti minori del L. si segnalano: Ragguagli intorno U. Foscolo, Lugano 1829 [poi, Parma 1851]; Elogio del cav. V. Monti, Firenze 1829; L'onore della società umana, della patria, di se stesso dimanda che a nessuna persona civile sia lecito ignorare le glorie della propria letteratura. Lezione detta nelle scuole superiori, Parma 1841; Notizie intorno la vita e la morte del conte L. Marazzani di Piacenza, ibid. 1843; Versi, Piacenza 1845; Il giardino ducale di Parma descritto, Guastalla 1846; Il giardino di Colorno ed i boschi ducali descritti, Parma 1846; Cenni intorno la vita di Rosina Rossi Conti, ibid. 1847; Intorno l'ingegno, la dottrina e gli scritti di P. Giordani: discorso, ibid. 1848; Alcuni cenni intorno G. Godi (1765-1850), già prof. nella Università di Parma, ibid. [1850]; Alcuni cenni intorno a G. Trivelli di Reggio, ibid. 1852; Imelda de' Lambertazzi. Tragedia, ibid. 1854; Al marchese Adalberto Pallavicino nel giorno delle sue nozze con la contessa Eleonora Rasini, ibid. 1854.
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