MACCARRONE, Michele
– Nacque a Barcellona Pozzo di Gotto, presso Milazzo, il 10 marzo 1910, da Federico e Giuseppina Gorini. Presto, a seguito del padre, si trasferì a Forlì, dove frequentò il liceo classico. Nel 1928 approdò alla Scuola normale superiore di Pisa, su consiglio di D. Cantimori.
Alla Normale il M. frequentò numerosi corsi, ma a interessarlo furono sopra tutto quelli di argomento storico. Con il direttore della Scuola, G. Gentile, lui, cattolico fervente, ebbe un rapporto difficile, teso sul piano umano e superficiale su quello scientifico. E distante da sé avvertiva ormai, per gli stessi motivi, l’amico di un tempo, Cantimori.
Il senso di estraneità rispetto alle scelte culturali e ideologiche prevalenti in Normale, crebbe di pari passo con il suo inserimento nei circoli cattolici pisani. Iscritto alla Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), nel settembre 1929 il M. partecipò al congresso nazionale, a Roma, che gli dette l’opportunità di conoscere studenti cattolici di tutta Italia. Fu in quella occasione che egli prese a collaborare con la rivista Studium, organo ufficiale della Federazione. Tornato a Pisa, intensificò il suo impegno nell’associazionismo cattolico; nel 1931 si trovò coinvolto nell’episodio poi rievocato come «la battaglia dei distintivi» (cfr. F. Arnaldi, Cronaca della Normale (1928-1933), in Rendiconti della Accademia di archeologia, lettere e belle arti [Napoli], XLIV [1969], pp. 61-70).
Preoccupato che il distintivo ostentato dai «fucini» potesse far nascere disordini all’interno della Scuola, Gentile fece convocare il M., rappresentante dei fucini normalisti, per chiedergli che lo togliessero. Il M. si oppose alla richiesta, dichiarando di non poter accettare disposizioni se non provenienti dall’autorità ecclesiastica; il contrasto fu superato grazie alla mediazione del cardinale P. Maffi.
Alla militanza cattolica si intrecciarono importanti esperienze spirituali: nel febbraio del 1932 assistette agli esercizi spirituali a S. Jacopo, predicati da mons. G.B. Montini che rivide nel settembre di quell’anno a Cagliari, in occasione del congresso nazionale della FUCI. Durante il congresso gli confidò la sua vocazione, coltivata fino dagli anni del liceo, e, «sotto il suo impulso e consiglio», decise di farsi sacerdote. Nel frattempo veniva maturando – accanto a quella religiosa, e si direbbe in rapporto con essa – la vocazione agli studi storici.
Fondamentale, sotto questo aspetto, fu l’incontro con G.B. Picotti, del quale il M. aveva seguito, all’Università pisana, i corsi di storia medievale e moderna, che lo introdusse allo studio del Medioevo e della storia della Chiesa, avviandolo ai problemi della critica testuale, e incoraggiandolo allo studio della paleografia e della lingua tedesca. In lui il M. avrebbe riconosciuto un «maestro, ma anche un padre».
Sotto la sua guida preparò e discusse, nel novembre del 1932, la tesi di laurea: «Contributo per uno studio del pensiero politico e religioso di Innocenzo III». Dopo la laurea, il M. venne designato per un soggiorno di studio di un anno in Germania presso l’Università di Friburgo i.B., ove giunse nel dicembre dello stesso anno.
In Germania il M. frequentò soprattutto i corsi di storia medievale ed ebbe modo di approfondire la sua preparazione teologica e canonistica.
Nell’ottobre del 1933, entrò nel Pontificio Seminario romano, ove compì la preparazione al sacerdozio (venne ordinato prete il 26 febbr. 1938). Contemporaneamente si iscrisse alla facoltà di teologia dell’ateneo lateranense. Qui si legò al magistero di monsignor P. Paschini, sotto la cui guida discusse brillantemente, nel giugno del 1940, la tesi di laurea in teologia: Chiesa e Stato nella dottrina di papa Innocenzo III (Roma 1941).
L’enfasi posta dal M. in questo lavoro (ma già nella tesi pisana) sull’attività teologica e pastorale di Innocenzo III reagisce a una storiografia, prevalentemente di lingua tedesca, che del pontefice aveva piuttosto inteso cogliere e sottolineare la dimensione politica e ierocratica. Attraverso un esame scrupoloso delle fonti, teologiche e canonistiche (sopra tutto Uguccione), viene dato risalto, nella lettura del M., al rapporto tra ecclesiologia innocenziana e tradizione, onde dissolvere nella seconda la valenza potestativa della prima. Emerge da ciò una ricostruzione in cui la riflessione teologica e l’impegno pastorale di Innocenzo III appaiono fortemente disgiunti dall’analisi delle ragioni di un disegno politico. Gli studi successivi del M. su Lotario de’ Segni – confluiti nelle raccolte Studi su Innocenzo III (Padova 1972) e Nuovi studi su Innocenzo III (a cura di R. Lambertini, Roma 1995) –, di là da approfondimenti e rifiniture, ribadiscono nella sostanza la fedeltà a questo presupposto esegetico.
Dopo un breve passaggio al seminario diocesano di Forlì, nel 1941 il M. fu chiamato a insegnare storia civile ed ecclesiastica presso il seminario regionale di Viterbo; nel 1942, ebbe modo di ritornare a Roma come assistente di Paschini. Nel 1943 fu nominato professore di teologia fondamentale nell’ateneo lateranense; nel 1949, subentrò a Paschini sulla cattedra di storia ecclesiastica.
Roma offriva al M. un ambiente di studi assai vario, al quale egli, aperto al confronto, seppe guardare senza pregiudizi. Nei primi anni Quaranta conobbe, tra gli altri, R. Morghen e R. Manselli e, qualche anno più tardi, A. Frugoni e O. Capitani. Intensi altresì furono i suoi rapporti con la cultura ecclesiastica romana, in particolare con l’ambiente della Biblioteca apostolica Vaticana. Il M. frequentò i due fratelli Mercati, Giovanni e Angelo, ma anche G.B. Borino e il gruppo di Studi gregoriani.
In tale contesto, tra il 1944 e il 1947, maturò l’iniziativa che fu «indissolubilmente legata alla sua vita», nonché «espressione piena del suo metodo e del suo pensiero storiografico» (Zerbi, Il cammino di uno storico, p. XXXIV): la fondazione della Rivista di storia della Chiesa in Italia, di cui il M. fu direttore dal primo numero, uscito il 17 febbr. 1947, fino alla morte.
Le complesse vicende che portarono alla costituzione della Rivista sono state recentemente ricostruite da P. Vian (Le origini e il programma della «Rivista di storia della Chiesa in Italia» (1938-1947), in Cinquant’anni di vita della «Rivista di storia della Chiesa in Italia». Atti del Convegno di studio, … 1999, a cura di P. Zerbi, Roma 2003, pp. 15-99), il quale ha peraltro corretto, in un punto fondamentale, la ricostruzione che di esse era stata fornita nel 1987 dal M. stesso (cfr. La nascita della «Rivista di storia della Chiesa in Italia», in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XLI [1987], 2, pp. 345-359). Secondo il M., infatti, la Rivista sarebbe nata in discontinuità con i tentativi operati, già dal 1938, da P. Guerrini, P. Fedele e altri per dar vita, in Italia, a una rivista di storia della Chiesa. In realtà, come ha dimostrato Vian, tali tentativi costituiscono momenti essenziali di quel progetto che il M., dotato di un forte spirito pragmatico, ebbe il merito di condurre a termine, non già, tuttavia, di concepire.
La Rivista, che il M. volle svincolata da qualsiasi istituto religioso, raccolse collaboratori provenienti da ambienti universitari sia ecclesiastici sia laici; oggetto doveva essere la storia della Chiesa in Italia dalle origini ai nostri giorni, compresa la storia del Papato nelle sue relazioni con la storia ecclesiastica in Italia; particolare cura sarebbe stata dedicata alla bibliografia e ai «resoconti». Un momento critico nella storia della Rivista si ebbe nel 1976, quando Paolo Brezzi, dopo aver aderito al Partito comunista italiano (PCI), abbandonò la redazione (cfr. O. Capitani, La crisi del 1976, in Cinquant’anni di vita della «Rivista di storia della Chiesa in Italia». Atti…, cit., pp. 123-137).
Negli stessi anni, il M. dette vita al Comitatocattolicodocentiuniversitari, del quale assunse la presidenza. Si infittirono, parallelamente, gli impegni in Curia. Nel 1954 fu nominato segretario del Pontificio Comitato di scienze storiche, istituito nell’aprile di quell’anno, di cui fu presidente dal 1963. In qualità di «perito», dal 1962 il M. offrì anche un contributo dottrinario rilevante ai lavori del concilio Vaticano II.
Egli difese, con riferimenti ai concili di Efeso e di Calcedonia, la piena legittimità dell’espressione Sedes apostolica per indicare la sede romana. Emendò, sulla base dei concili Tridentino e Vaticano I, lo schema De fontibus revelationis, preparato dalla Commissione teologica e giudicato non ecumenico (il nuovo testo, De divina revelatione, venne approvato nel marzo 1963). Nella seconda fase del Concilio, oltre a prendere parte alla non facile discussione sulla collegialità dei vescovi, si dedicò alla preparazione e alla pubblicazione dell’«Atto di fraternità»tra Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora del 7 dic. 1965, con il quale si decise di seppellire nell’oblio la scomunica risalente al 1054.
Non meno intensa fu la sua attività di storico. Lo studio dell’ecclesiologia innocenziana, culmine di un lungo e complicato processo, lo spinse a indagare i fondamenti culturali del primato di Pietro. Frutto di tali ricerche fu il volume Vicarius Christi. Storia del titolo papale (Romae 1953).
Il termine «vicarius Christi», riferito a Pietro in quanto rappresentante di Cristo, occorre per la prima volta in Ambrogio. In riferimento al successore di Pietro la formula si afferma a partire dal V secolo, ma in concorrenza con l’espressione «vicarius Petri». Nei secoli XI e XII, allorché si intensifica la riflessione teologica sugli attributi e sulle prerogative del pontefice e sul primato della Chiesa di Roma, «vicarius Christi» s’impone come il titolo papale per eccellenza. L’analisi del M. anticipa, nella misura in cui si applica a un problema di semantica del potere, orientamenti e sviluppi di una successiva storiografia. E tuttavia va rilevato che se l’assunzione di termini identici non necessariamente implica l’assunzione di un identico significato, la tendenza del M. a separare il singolo significante dal complesso di fattori, individuali e collettivi, nel quale esso giunge a darsi, soffoca l’indagine semantica (e con essa, a ben guardare, il processo storico), rattrappendola al momento iniziale del suo sviluppo.
Della vasta produzione scientifica del M. sono da ricordare ancora gli studi sul primato della Sede apostolica romana, lo studio e l’edizione del Giornale di monsignore G. Arrigoni (Il concilio Vaticano I e il «Giornale» di mons. Arrigoni, Padova 1966), nonché i numerosi contributi dedicati al pensiero politico dantesco (su cui cfr. la Premessa, firmata da O. Capitani, alla ristampa di B. Nardi, Dal «Convivio» alla «Commedia» (Sei saggi danteschi), Roma 1992, pp. V-XXIX).
Dedito principalmente agli sudi e alla direzione della Rivista, il M. non trascurò, tuttavia, di mettersi al servizio della Chiesa. Su incarico di Paolo VI preparò la Costituzione apostolica De Sede vacante deque electione Romani pontificis, che gli fu affidata nel 1970 e alla quale egli lavorò fino alla sua promulgazione (1° ott. 1975). Numerosi e impegnativi incarichi ebbe anche da Giovanni Paolo II (sotto il quale rivolse la sua attenzione di storico alla cristianizzazione della Livonia e della Lettonia). Il M. morì nella Città del Vaticano il 4 maggio 1993.
FONTI E BIBL.: Le carte del M. sono custodite, in 39 contenitori, presso la Biblioteca della Pontificia Università Lateranense: il fondo è attualmente inaccessibile; una documentazione meno cospicua si conserva in Roma, presso l’Archivio della Rivista di storia della Chiesa in Italia. Per la bibliografia del M. si rimanda alla esauriente Bibliografia curata da D. Gionta, in M. Maccarrone, Romana Ecclesia, Cathedra Petri, a cura di P. Zerbi - R. Volpini - A. Galuzzi, Roma 1991, I, pp. LXI-LXXVI. Fondamentali, per la ricostruzione della vicenda biografica, sia la nota autobiografica in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XLVII (1993), 1, pp. 22-38, sia il profilo tracciato da P. Zerbi, Il cammino di uno storico, in M. Maccarrone, Romana Ecclesia…, cit., pp. XXIII-LIX. Si veda, inoltre, il necrologio di P. Vian, Gli studi innovativi sul primato petrino, in L’Osservatore romano, 6 maggio 1993. Sul senso dell’opera storiografica del M. sono importanti le riflessioni di O. Capitani: in particolare il discorso tenuto a Roma il 29 febbr. 1992 per la presentazione di Romana Ecclesia, Cathedra Petri, poi in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XLVII (1993), 1, pp. 5-22.