MANNUCCI, Michele
Nacque a Massa il 25 apr. 1823 da Francesco e da Domenica Riani. Della giovinezza trascorsa nella sua città, il M. rievocò poi gli anni passati nel liceo dei barnabiti, gli insegnamenti del professore di filosofia, padre F. Musettini, le lezioni in cui si discutevano gli scritti di A. Rosmini Serbati e di G.D. Romagnosi. Tra i suoi compagni di studi era Paolo Ferrari, il commediografo modenese, in quegli anni trasferitosi a Massa al seguito del padre, comandante delle truppe e dei forti massesi.
Da Massa, che dal 1829 faceva parte dei domini di Francesco IV d'Austria d'Este, nel 1843 il M. si trasferì a Roma, dove ottenne la cittadinanza. Nel clima di libertà inaugurato dall'elezione di Pio IX e dall'editto del 15 marzo 1847 sulla stampa, Roma vide la nascita di numerosi periodici. Iniziò allora la carriera di giornalista del M. che quell'anno firmò articoli, racconti e novelle per La Gazzaladra. Giornale del mondo elegante, periodico diretto da D. Parente che presentava alle dame della buona società romana le ultime creazioni della moda parigina.
Dal maggio 1848 diresse La Speranza. Giornale degl'interessi sociali indirizzato alla guardia civica; il periodico aveva posizioni moderate e di appoggio al governo Mamiani, nel quale il M. fu segretario di gabinetto del ministro degli Esteri, il conte G. Marchetti. Fu allora che il percorso giornalistico del M. si intrecciò con la sua attività politica. Partendo da una collocazione moderata, il M. si spostò gradualmente verso posizioni più democratiche, di cui si fece interprete convinto quando fu eletto presidente del Comitato centrale che riuniva i circoli popolari repubblicani.
Nei suoi articoli, alcuni dei quali raccolti nell'estratto Sulle emergenze politiche d'Italia (Roma 1848), propugnava il concetto dell'indipendenza italiana e si adoperava per la difesa e l'affermazione dei diritti civili e politici del cittadino. Su questa linea si interessò alla pubblicazione, nel 1848, del lavoro postumo di C. Ciabatta Sulle riforme giudiziarie, che auspicava la riforma in senso liberale del sistema giudiziario pontificio. Si occupò inoltre delle condizioni di vita dei cittadini di religione ebraica, vessati da secoli nello Stato della Chiesa, con una serie di studi che pubblicò nel 1852 a Torino nell'opuscolo Gli israeliti in Roma dalla loro origine fino ai tempi moderni.
Nel settembre 1848 il M. entrò nella redazione del Don Pirlone, il giornale umoristico fondato da M. Pinto, d'ispirazione democratica e anticlericale: lo stesso indirizzo che impose a L'Epoca quando ne assunse la direzione il 3 marzo 1849, guidandolo fino alla chiusura avvenuta pochi giorni dopo, il 26 marzo.
Intanto era nata la Repubblica Romana cui il M. aderì con entusiasmo. Il 20 marzo 1849 il Comitato esecutivo - o primo triumvirato - lo nominò preside di Civitavecchia. Si presentò alla città il 23, con un proclama che incitava la popolazione a concorrere unita alla difesa della Repubblica. Nei suoi primi giorni di governo rimosse il vescovo V. Bocci che, essendosi tenuto in contatto con il pontefice rifugiatosi a Gaeta, fu accusato di congiurare contro il nuovo regime. Cercò quindi di rafforzare le difese della città, della cui importanza strategica era consapevole, richiedendo inutilmente al Triumvirato rincalzi in uomini e armi. G. Mazzini rispose il 9 aprile promettendo rinforzi in caso di un'eventuale invasione.
Il momento giunse la mattina del 24 aprile, quando una flotta francese, al comando del generale N.-C.-V. Oudinot, gettò l'ancora di fronte alla città. Ne scese una delegazione di ufficiali incaricata di negoziare con il M. e con le altre autorità cittadine le modalità dello sbarco. Il preside e i notabili di Civitavecchia non riuscirono a trovare l'accordo per rispondere uniti alle proposte dei militari francesi che ostentavano sentimenti d'amicizia verso la Repubblica. Da Roma il 25 mattina giunse l'ordine di resistere allo sbarco; il Consiglio di guerra, formato dal M., da A. Cialdi e dal comandante della fortezza, in un primo tempo deliberò la resistenza ma poche ore dopo modificò tale decisione, limitandosi a rivolgere una protesta ai Francesi e a trattare per la città migliori condizioni di resa. La mancata resistenza indusse quello stesso 25 aprile l'Assemblea romana a mettere in stato d'accusa il M. nonostante il parere contrario di Mazzini; due giorni dopo, tuttavia, il M. fu riabilitato grazie all'intervento di M. Montecchi, ministro del Commercio e dei Lavori pubblici inviato a Civitavecchia come commissario straordinario.
Il 28 aprile i Francesi posero in stato d'assedio la città e dichiararono prigioniero di guerra il M., che fu ristretto nella fortezza e in seguito liberato e trasferito a Viterbo. Nel frattempo aveva già provveduto a scrivere una memoria difensiva dal titolo Schiarimenti del preside di Civitavecchia Michele Mannucci sul fatto dell'invasione francese (s.l. né d.), con cui respingeva le accuse di tradimento diffuse sul suo conto. A settembre il M. fu liberato e, costretto all'esilio, nel dicembre del 1849 s'imbarcò segretamente a Civitavecchia, con destinazione Marsiglia; nel rievocare tale avvenimento, una lettera anonima (conservata a Roma, nel Museo centrale del Risorgimento) aggiungeva alle accuse di complicità con i Francesi quella di peculato per avere svuotato le casse della Provincia.
Giunto a Torino nel 1850, vi pubblicò a sue spese il libro Il mio governo in Civitavecchia e l'intervento francese: dettagliata relazione degli atti del suo governo in cui ribadiva l'onestà del proprio comportamento, adducendo a propria scusante il fatto di essere mancato fisicamente e mentalmente nei momenti che avevano preceduto l'occupazione.
Dopo l'uscita del volume, N. Bixio, presente a Civitavecchia nell'aprile 1849, pubblicò ne Il Progresso di Torino una lettera polemica in cui accusava il M. di aver tradito la causa repubblicana per assoluta incapacità. Tale accusa perseguitò il M. per tutta la vita, ponendolo ai margini della vita politica sabauda e italiana. A difenderlo furono F. Torre e M. Pinto, il primo asserendo che il M. aveva agito per bontà di cuore, volendo risparmiare a Civitavecchia le distruzioni della guerra, il secondo definendo la sua condotta debole e colpevole ma non frutto di tradimento.
Inseritosi nell'ambiente degli esuli che avevano trovato rifugio a Torino, il M. strinse amicizia con il siciliano e futuro ministro F. Cordova, il quale lo chiamò nella redazione de Il Parlamento (1853-54), il giornale voluto da C. Cavour per sostituire Il Risorgimento. Conclusasi tale esperienza, nel 1855 il M. fondò, ispirandosi al Politecnico di C. Cattaneo, il Giornale delle arti e delle industrie. Organo degli interessi economici del Regno d'Italia.
Nelle sue pagine, cui collaboravano parlamentari e professionisti, i lettori potevano trovare articoli aggiornati sulle questioni economiche e finanziarie, sui progressi nel campo della tecnologia industriale e dell'igiene. La rivista riscosse un buon successo di pubblico, tanto che sopravvisse alla morte del M. per chiudersi nel 1911. Con il trasferimento della capitale nel 1865 il M. spostò la redazione a Firenze.
Nel marzo 1867 tentò di farsi candidare alle elezioni politiche, ma non ebbe successo, a conferma della sua marginalità rispetto al mondo della politica. Ottenne invece di far parte della delegazione italiana all'Esposizione internazionale di Parigi (1867) per l'agricoltura. Nel 1869 con R. Colacicchi progettò la Società protettrice delle invenzioni industriali. Con la moglie - Teresa De Gubernatis, sposata nel 1858, educatrice e scrittrice, sorella dello scrittore e orientalista Angelo e del diplomatico Enrico - fondò i periodici L'Economia domestica e Istruzione e civiltà.
Per il Giornale delle arti il M. scrisse numerosi articoli dedicati alle scelte economiche dei governi in carica, assumendo spesso posizioni critiche verso l'eccessivo liberismo dominante in quegli anni. Ampiamente auspicata dal M. fu la riforma del sistema finanziario italiano, con una convinta preferenza per le banche popolari, viste come utile strumento per l'avvicinamento delle classi popolari al credito.
Il M. morì a Firenze il 20 febbr. 1871.
Altri scritti del M.: Religione e civiltà, due nomi in un affetto ravvolti e in un pensiero: versi pubblicati nella festa di S. Pietro in Roma l'anno 1847 (Roma 1847); Discorso all'assemblea generale della Banca del piccolo commercio di Roma tenuta il 24 ott. 1870 (ibid. s.d.).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. del Museo centrale del Risorgimento, Repubblica Romana, b. 8, f. 48; N. Bixio, All'autore del libro "Il mio governo in Civitavecchia", in Il Progresso, 27 dic. 1850; M. Pinto, Don Pirlone a Roma. Memorie di un italiano, Torino 1850, II, pp. 110-119; Ed. nazionale degli scritti di G. Mazzini, XLI, Scritti politici editi ed inediti, Imola 1925, pp. 75, 96, 143, 156, 164, 179, 262, 270, 287; C. Calisse, Storia di Civitavecchia, Civitavecchia 1936, pp. 670-690; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, I-II, Roma 1963, pp. 361 s., 412, 575 s., 898 s.; O. Toti - E. Ciancarini, Storia di Civitavecchia, IV, Ronciglione 2000, pp. 107-135.