MAZZAFIRRI, Michele
– Nacque a Firenze intorno al 1530 da Battista. La prima notizia che lo riguarda risale all’8 ott. 1578, data in cui ricevette una partita d’argento per fondere quattro delle sei Fatiche d’Ercole (perdute) su disegno del Giambologna (Jean de Boulogne), destinate a coronare le arcate in legno della tribuna degli Uffizi (Fock, p. 341). L’impresa, commissionata dal granduca Francesco I de’ Medici nel 1576 e già avviata nello stesso anno con la fusione della prima coppia di statuette a opera di Giorgio d’Antonio Rancetti (ibid., p. 342), si concluse solo nel 1589.
Il M. riscosse un primo pagamento in data 27 genn. 1582 «per gittare e lavorare» una figura d’Ercole che ammazza l’Idra (di quest’opera si conserva ancora a Palazzo Pitti il modelletto in cera e gesso attribuito al Giambologna: Radcliffe, p. 16) e per l’Ercole «quando sbarra la bocca del lione». Il 16 maggio 1589 ricevette un nuovo compenso di 50 scudi «per la fatura di 2 forze d’Erchole: una che porta il mondo et l’altra che amaza il porcho» (Fock, p. 341).
Si suppone che abbia lavorato presso la Zecca medicea a partire dal 1584, subentrando al defunto maestro Pietro Paolo Galeotti, insieme con il senese Pastorino Pastorini (Strozzi), ma di questa attività non si possiede praticamente alcuna documentazione. Il M. tuttavia doveva godere di un posto di tutto rispetto a corte, se già in data 8 ott. 1579 i registri della Guardaroba lo menzionano quale «horafo stipendiato» (Churchill, p. 348).
Ancora per Francesco I, il M. incise diverse medaglie, fra cui quella del 1576 (Firenze, Museo nazionale del Bargello) con il busto del granduca di tre quarti rivolto a destra sul dritto e la costellazione dell’Ariete su una fascia con il motto «Deus maior agit» sul rovescio (Pollard, p. 808).
Il M. divenne quindi il principale medaglista al servizio di Ferdinando I (si veda per esempio in Pollard il pagamento del 5 sett. 1588 per diciassette medaglie d’oro) e ritrasse il suo signore prima come cardinale, poi (dal 1587) come granduca di Toscana.
Le sue medaglie sono per lo più caratterizzate da un dritto raffigurante il busto di Ferdinando di tre quarti a destra, con poche variazioni, accoppiato a vari rovesci raffiguranti fra l’altro la croce di S. Stefano, l’ape regina circondata da uno sciame, la fortezza di Livorno (Firenze, Museo nazionale del Bargello). Eseguì inoltre numerose medaglie in oro, argento e bronzo, conservate nel Museo del Bargello, che presentano sul dritto il solito busto di Ferdinando e sul rovescio quello della sua consorte Cristina di Lorena (Pollard, pp. 818-825). Due di esse furono rinvenute sui corpi del granduca e della granduchessa al momento dell’apertura delle rispettive sepolture in S. Lorenzo, nel 1857 (ibid., pp. 821 s., 824).
Ancor più che come medaglista, pare tuttavia che il M. godesse di grande fama per le sue doti di orafo, e già nel 1588 è citato quale «orefice nel Corritorj» (Churchill, p. 348). Tuttavia, nulla o quasi resta della sua produzione. Si ricordano comunque i bassorilievi in oro su fondo di diaspro raffiguranti Francesco I che ordina gli abbellimenti di una fortezza e Francesco I che approva il prosciugamento delle paludi (Firenze, Museo degli argenti, Palazzo Pitti) e facenti parte di una serie di otto eseguita, come ricorda Baldinucci, «per lo ricchissimo stipo d’ebano per la R. Galleria», probabilmente su disegno del Giambologna (Morassi, pp. 31 s.). Di sette di essi si conservano ancora al Bargello i rilievi in cera (Supino, 1898, pp. 374 s.).
Negli anni Novanta il M. ultimò alcuni lavori avviati dal collega ormai scomparso, Cencio della Nera, con cui aveva diviso la bottega (tra di essi i documenti ricordano «un vaso d’argento con due maschere da reggiare il manico e un boccuccio e collo d’uccello» del peso di 12 libre) e fu impegnato nella fornitura di servizi da tavola in argento (Fock, p. 346).
Fu forse il tenore di queste ultime imprese a spingerlo alla ricerca di committenze più prestigiose. Iniziò così, nel 1593, una lunga sequenza di lettere destinata a Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova.
Il 28 gennaio il M. si rivolse alla corte mantovana per mezzo di tale Giovan Battista, maestro di legname, per «fare certi strumenti per S.A.», reclamando il pagamento di alcuni coni di medaglie già eseguiti (Bertolotti, 1885, p. 184). È del 30 gennaio la lettera in cui il M., che aveva inviato al duca di Mantova due «medagli[e] in piombo della testa di Vostra Altezza», avendo avuto notizia dell’insoddisfazione del duca circa le lettere della medaglia più piccola, si proponeva di porre rimedio, offrendosi di provvedere ugualmente all’esecuzione dei rovesci (ibid.). Il 6 marzo attendeva ancora una risposta; ma il 27 settembre inviava gli esemplari in piombo di «due punzoni, uno grande con la testa e l’arme di V.A.S. […], et un altro minore», restando in attesa dell’approvazione del duca (ibid.). L’ultima lettera risale al 2 novembre, quando il M. insisteva per l’ultima volta sui rovesci delle medaglie per cui non aveva mai ricevuto risposta (ibid.). Evidentemente il M. non riuscì a conquistare il favore di Vincenzo, a causa forse dell’entrata in servizio presso la Zecca mantovana dell’incisore Belisario Cambio; e non gli restò che continuare il suo lavoro presso la corte medicea (Guidetti, p. 21). Di questa vicenda resta tuttavia traccia tangibile nell’esemplare con una sola faccia figurata appartenente alla collezione della Banca agricola mantovana (Mantova), raffigurante il busto di Vincenzo Gonzaga di profilo, e nella medaglia con il busto di Vincenzo sul dritto e con l’arma del duca sul rovescio (Milano, Civiche Raccolte numismatiche: Magnaguti, p. 100; Rossi, p. 106).
Il M. morì a Firenze il 15 ott. 1597, «dopo 35 overo 36 giorni che […] è stato in letto amalato», come racconta l’orefice Jacques Bilivert in una lettera indirizzata al gran conservatore della Religione di S. Stefano (Supino, 1899, p. 181).
Fonti e Bibl.: A. Armand, Les médailleurs italiens des XVe et XVIe siècles, I, Paris 1883, pp. 283-285; III, ibid. 1887, p. 136; A. Bertolotti, Artisti in relazione coi Gonzaga, Modena 1885, p. 184; Id., Le arti minori alla corte di Mantova nei secoli XVI e XVII, Milano 1889, pp. 65 s.; A. Heiss, Les médailleurs de la Renaissance, IX, Paris 1892, pp. 73-78; I.B. Supino, Catalogo del R. Museo nazionale di Firenze…, Roma 1898, pp. 374 s., 477; Id., Il medagliere mediceo del R. Museo nazionale di Firenze…, Firenze 1899, pp. 181-184; L. Forrer, The Biographical Dictionary of medaillists…, III, London 1907, pp. 647-649; S.J.A. Churchill, M. M., goldsmith and medaillist (1530-1597), in The Burlington Magazine, XXIV (1914), 132, pp. 348 s.; D. Heikampt, Zur Geschichte der Uffizien-Tribuna und der Kunstschränke in Florenz und Deutschland, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXVI (1963), 3-4, p. 260; A. Morassi, Il tesoro dei Medici. Oreficerie, argenterie, pietre dure, Milano 1963, pp. 31 s., tavv. 30, 36; A. Magnaguti, Ex nummis historia, IX, Roma 1965, pp. 47, 100; G. Guidetti, La breve vita di una medaglia gonzaghesca del ’500, in Medaglia, XI (1972), pp. 19-21; J.F. Hayward, Virtuoso goldsmiths and the triumph of Mannerism 1540-1620, London 1976, pp. 151, 154, 157; A. Radcliffe, Giambologna’s «Twelve Labours of Hercules», in The Connoisseur, 1978, n. 799, pp. 12-19; C.W. Fock, Francesco I e Ferdinando I mecenati di orefici e intagliatori di pietre dure, in Le arti del Principato mediceo, Firenze 1980, pp. 341 s., 346, 361; K. Langedijk, The portraits of the Medici, I, Firenze 1981, pp. 123, 133, 671 s.; II, ibid. 1983, pp. 759-762, 890; B.P. Strozzi, Monete fiorentine della Repubblica dei Medici, Firenze 1984, p. 72; J.G. Pollard, Medaglie italiane del Rinascimento nel Museo nazionale del Bargello, II, 1513-1640, Firenze 1985, pp. 806-830, 852, 855, 857; C. Avery, Giambologna. La scultura, Firenze 1987, pp. 117, 139, 141; Id., Giambologna. An exhibition of sculpture by the master and his followers from the collection of Michael Hall (catal., Salander-O’Reilly Gallery), New York 1998, pp. 52-54; M. Rossi, in Banca agricola Mantovana, VIII, Milano 2000, pp. 104-106; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 305; The Dictionary of art, XX, p. 903.