PESENTI, Michele (Michele da Verona). – Nacque a Verona, in data ignota (si suppone intorno al 1470)
, da Alberto Pesenti, sarto, e sua moglie Umilia.
Ebbe almeno tre sorelle: Anna (nata nel 1478), Susanna e Caterina. Nel testamento del 17 maggio 1505, Anna affidò il figlio Girolamo, di tre anni, alla madre Umilia e ne delegò l’educazione «in litteris et virtutibus» al fratello Michele (Paganuzzi, 1975/76, pp. 91-93). Il documento menziona il compositore come «venerabilem virum dominum Michaelem», titolo che ne conferma lo stato clericale.
A Verona esisteva un’importante istituzione per l’istruzione nelle lettere e nella musica, la Mensa degli accoliti, che prevedeva lo studio del canto piano e della polifonia. È stata ventilata l’ipotesi che Pesenti si sia formato fra gli ‘accoliti’ veronesi (Prizer, 1980), ma finora nessun documento ne ha confermata la presenza (Benfield, 1987, pp. 245 s.).
La testimonianza più remota del Pesenti musicista è il mottetto Tulerunt Dominum meum, apparso adespoto nei Motetti de Passione, de Cruce, de Sacramento, de Beata Virgine et huiusmodi B editi da Ottaviano Petrucci nel maggio 1503 a Venezia. Il brano – un lamento della Maddalena che nel 1547 il teorico elvetico Heinricus Glareanus (Heinrich Loriti), credendolo di mano di Heinrich Isaac, elogiò per la dolcezza e la commozione («exemplum […] plurimum habens affectus et nativae suavitatis plurimum energiae»; p. 312) – palesa un pieno controllo nella condotta del contrappunto imitativo, tipico della scrittura dei compositori ultramontani.
Cantore, liutista, compositore e poeta, Pesenti prestò i suoi servizi al cardinale Ippolito I d’Este, a Ferrara, a partire almeno dal 1504. Lo attestano due lettere autografe, datate 2 marzo e 15 ottobre 1504 da Venezia:la prima è firmata «servulus Michael presbiter & cantor», la seconda ha una firma solmizzata «Michael pes[…] cantor» (Jeppesen, 1968, p. 158). Nella lettera del 2 marzo Pesenti risponde alla convocazione a Ferrara da parte del porporato; si scusa per aver trascurato un affare riguardante l’acquisto di musica e di scacchi da gioco, e prega il cardinale di tenerlo «in quel loco che già domesticamente tener me solea, al suo servizio»: dal che si desume che doveva aver lavorato per lui già prima d’allora. Il 15 ottobre, invece, dice d’essere a Venezia, nell’impossibilità di lasciare la città: attende infatti che un gentiluomo gli restituisca il liuto. La lettera dimostra che Pesenti era noto negli ambienti musicali veneziani. Tale frequentazione va forse ricollegata alla pubblicazione delle Frottole libro primo a quattro voci, stampato a Venezia da Petrucci il 28 novembre 1504, un mese dopo o poco più. Accanto ai veronesi Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara, Pesenti vi compare con oltre venti frottole, alcune delle quali si caratterizzano per l’uso di melodie popolari in polifonia imitativa, secondo uno stile compositivo fino ad allora praticato piuttosto da francesi e fiamminghi. Nella stessa collettanea compaiono anche due odi latine, Inhospitas per Alpes, anonima, e Integer vitae di Orazio, che testimoniano il coinvolgimento del compositore nella pratica umanistica di musicare componimenti dell’antichità classica o all’antica, secondo un’usanza in voga nei cenacoli ferraresi. L’anno dopo, 1505, altre frottole sue comparvero in tre raccolte di Petrucci: il terzo e il quinto libro di frottole e gli Strambotti, ode, frottole, sonetti, et modo de cantar versi latini e capituli.
In una lettera da Bologna del 16 agosto 1505, inerente l’acquisto di stoffe, Pesenti raccomanda al cardinale il suo «putto», forse il citato nipote Girolamo. Il musicista compare ufficialmente nei libri amministrativi ferraresi soltanto negli anni 1506-1509 e 1511-1514. Coinvolto in svariate attività riguardanti la gestione della musica per il cardinale, dovette avere compiti da supervisore. I registri lo citano con il nome di «pre Michele da Verona», mentre un documento del 1506 lo designa «pre Michele capelano» (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Amministrazione dei principi non regnanti, registro 765). Nel 1506 acquistò a Venezia una viola per il cardinale e fu pagato per una cassa di cuoio come custodia di cornamuse (ibid.). Nel 1507, Petrucci pubblicò altre frottole sue, una nel libro settimo e tre nell’ottavo. Nel 1508 gli venne pagata della carta da musica «per fare moteti per il Signor»; acquistò legna, colla e corde per la costruzione di viole; in occasione delle trasferte del porporato, gli era affidata l’organizzazione del trasporto della musica, ossia di libri e strumenti (Archivio di Stato di Modena, Archivio Estense, Guardaroba, registro n. 772, cc. XXI, LXLIII). Tra il 1508 e il 1520 al servizio del cardinale compaiono due musicisti e liutai nipoti di Pesenti: Janes de pre Michele e Alessandro de pre Michele. L’impegno di cappellano e la partecipazione alle attività di corte lo allontanarono probabilmente dalla scena veneziana, visto che nel nono libro di frottole di Petrucci (1509) figurò un solo suo brano.
Nel 1513, in seguito all’elezione di Leone X, il cardinale si trasferì a Roma, e Pesenti, con altri musicisti, lo seguì (Prizer, 1997, pp. 354 s.; Cavicchi, 2013). Si occupò di persona dei preparativi del viaggio, come rivelano i registri di conto (ricoprì di velluto un libro di musica di Bernardino Romanino e foderò una cassa di flauti grandi; cfr. Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Amministrazione dei principi non regnanti, registro786, cc. 138, 143). Il viaggio da Ferrara a Roma avvenne per barca fino a Pesaro e poi via terra, con l’attraversamento dell’Appennino a cavallo e su muli. Un pagamento del 4 agosto 1513 attesta che Pesenti si fermò a Fossombrone, per portare della musica da lì a Roma (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Amministrazione dei principi non regnanti,registro 776, c. III). Nella cittadina marchigiana, dal 1511, si era ritirato il forsempronese Petrucci, reduce da Venezia: il che spiegherebbe la sosta di Pesenti, per acquistarvi libri di musica. Nell’ottobre 1513 Petrucci ottenne dal pontefice il privilegio per stampare musica polifonica e in intavolatura per tastiera; non va escluso che lo stesso Pesenti abbia avuto un ruolo di mediatore, tramite il cardinal Ippolito, intrinseco del papa.
A Roma dovette infatti entrare in contatto con Leone X, nel corso delle feste musicali che il porporato offriva al papa. Per assicurarsi una migliore condizione finanziaria, a tre riprese, tra la fine del 1513 e il 1514, fece richiesta al pontefice di benefici ecclesiastici. In questi anni la sua musica incominciò a circolare negli ambienti romani: nella collettanea Canzoni, sonetti, strambotti et frottole libro tertio (Roma, Andrea Antico, 1513) compaiono due frottole sotto il nome di «D. Michael V.»; di una, Che faralla che diralla, Margherita d’Angoulême tradusse in francese le parole nella novella 19 del suo Heptaméron del 1558 (Rubsamen, 1964, pp. 65 s.). Nella ristampa del 1520 di questo libro (Frottole libro tertio, Venezia, Andrea Antico e Lucantonio Giunta) i due brani vanno, per mero errore, sotto il nome di un altrimenti ignoto «D. Michael Vicentino».
Nel dicembre 1514 rientrò a Verona, come si apprende da una lettera del sovrintendente alla musica del cardinale, Francesco Corbo: «[…] pre Michiel sia partito per andar a Verona a destrigar alcune facende circa uno suo beneficio per cavar denari per venir a trovar vostra Signoria a Roma, perché al presente non aveva uno quatrino et ha lasato Alessandro suo nepote qui con mi» (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Amministrazione principi non regnanti, b. 824, Francesco Corbo ad Ippolto I, senza giorno, dicembre 1514). Nel 1515, forse in seguito a un’intemperanza del musicista, il cardinale chiese al duca Alfonso I d’Este che lo facesse incarcerare. Il 19 novembre 1519, da Verona, il musicista inviò a Renato II Trivulzio, a Milano, due composizioni musicali, una di sua mano e l’altra del nipote Alberto (uno studio di questa fonte, individuata e trascritta anni addietro da Pier Giacomo Pisoni, conservatore dell’archivio Borromeo all’Isola Bella, è in attesa di pubblicazione). Poeta latino, rinomato traduttore delle odi d’Orazio, Trivulzio era noto nell’ambiente ferrarese, evocato da Ludovico Ariosto in una lista di celebri poeti del giorno (Orlando furioso, XXXVII, 12): l’amicizia fra Pesenti e Trivulzio conferma il pieno coinvolgimento del musicista nei cenacoli umanistici di primo Cinquecento. Frattanto, nel settembre 1519, Petrucci, ritornato a Venezia, aveva ristampato nei Motetti de la corona libro tertio il mottetto Tulerunt Dominum meum del 1503, attribuendolo stavolta esplicitamente a «pre Michael de Verona».
Dal febbraio 1520 il nome di un «messer Michele Veronese» compare in una lista di suonatori di strumenti a fiato al servizio di Leone X, ma non è chiaro se si tratti di Pesenti (cfr. Frey, 1956, pp. 140 s., nn. 94, 97). In ogni caso, intorno al 1520 il compositore entrò al servizio del pontefice mediceo: il 31 agosto 1521 è infatti menzionato come «musicus, cubicularius et familiaris continuus comensalis noster» (scilicet di Leone X); e per intercessione del papa ottenne un beneficio nella chiesa dei Ss. Fermo e Rustico in Cortalta, a Verona (Prizer, 1997, p. 361).
Negli anni Venti la fama di Pesenti era ormai affermata; Filippo Oriolo, nel poema Il monte Parnaso (databile intorno al 1519-1522), non esita a citarlo fra due insigni compositori come Costanzo Festa e Pierre de La Rue. La raccolta di Andrea Antico, Motetti e canzone libro primo (1521), contiene due composizioni a quattro voci, Alma gentil, se in voi (l’unico brano di Pesenti composto sopra un madrigale poetico, ancorché nello stile musicale della frottola) e il mottetto Manus Domini. Risale agli anni Venti anche il mottetto Bonum est sperare in Domino, forse suo, accompagnato dalle iniziali «D.M.V.» nel ms. 760 della Biblioteca Capitolare di Verona, ms. 760 (cfr. Benfield, 1987, p. 198).
Almeno da gennaio 1524 Pesenti fu attivo alla corte di Mantova, al servizio del marchese Federico II Gonzaga (Bertolotti, 1890; Prizer, 1980, p. 9 n. 18). Il 5 maggio 1525 fu nominato rettore e primicerio dei Ss. Fermo e Rustico a Verona. Entrato in carica, si occupò del restauro della chiesa (poi distrutta in età napoleonica); lo attesta una lapide, ancor oggi visibile a Verona in via Garibaldi 9: «Sanctorum Firmi et Rustici ecclesiam domumq. Michael musicus restauravit MDXXV».
Morì nel maggio 1528, probabilmente dopo un lungo periodo di malattia (cfr. Paganuzzi, 1975-1976, pp. 94 s.).
Fonti e Bibl.: Le opere di Pesenti sono disponibili in un’edizione complessiva, con ampio apparato, che dà conto anche delle precedenti edizioni: M. P.: complete works, a cura di A.M. Cummings - L.L. Carroll - A. Dean, Madison, Wi., 2019.
H. Glareanus, Dodecachordon, Basileae, per Henricum Petri, 1547, pp. 2, 251, 312, 314-319; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga in Mantova. Dal secolo XV al XVIII, Milano 1890, p. 34; A. Pirro, Pour l’histoire de la musique, in Acta musicologica, III (1931), p. 52; H.-W. Frey, Regesten zur päpstlichen Kapelle unter Leo X. und zu seiner Privatkapelle, II: Die Privatkapelle, in Die Musikforschung IX (1956), pp. 140-142; W.H. Rubsamen, From frottola to madrigal: the changing pattern of secular Italian vocal music, in Chanson & Madrigal, 1480-1530, a cura di J. Haar, Cambridge, Ma., 1964, pp. 64-67, 71 s., 86 s.; H.C. Slim, ‘Musicians on Parnassus’, in Studies in the Renaissance, XII (1965), pp. 149, 160; K. Jeppesen, La frottola, vol. [I], Aarhus-København 1968, pp. 158 s. et passim; E. Paganuzzi, Michael Musicus e la lapide di S. Fermo e Rustico in Cortalta, in Atti e memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, XXVII (1975-1976), pp. 91-95; Id., Notizie veronesi su Marchetto Cara e M. P., in Rivista italiana di musicologia, XI (1976), pp. 7-24; F. Luisi, La musica vocale nel Rinascimento, Torino 1977, ad ind.; W.F. Prizer, Lutenists at the court of Mantua in the late fifteenth and early sixteenth centuries, in Journal of the Lute Society of America, XIII (1980), pp. 8 s.; L. Lockwood, Adrian Willaert and cardinal Ippolito I d’Este: new light on Willaert’s early career in Italy, 1515-21, in Early music history, V (1985), pp. 97, 99, 107, 110-112; W.F. Prizer, Isabella d’Este and Lucrezia Borgia: the Frottola at Mantua and Ferrara, in Journal of the American Musicological Society, XXXIII (1985), pp. 19, 24, 28-30; J. Benfield, Music in Verona, c. 1480-1530, diss., Trinity Hall, Cambridge 1987, passim; S. Albonico, Il ruginoso stile. Poeti e poesia in volgare a Milano nella prima metà del Cinquecento, Milano 1990, pp. 198, 245 s.; W.F. Prizer, Local repertories and the printed book: Antico’s third book of frottole (1513), in Music in Renaissance cities and courts: studies in honor of Lewis Lockwood, a cura di J.A. Owens - A.M. Cummings, Warren, Mi., 1997, pp. 352, 354, 356, 361; W.F. Prizer, P. [Vicentino], M., in The new Grove dictionary of music and musicians, London-New York 2001, XIX, pp. 484 s.; F. Luisi, P., M., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, Kassel 2005, coll. 374-376; C. Cavicchi, Musici, cantori e cantimbanchi a corte al tempo dell’“Orlando furioso”, in L’uno e l’altro Ariosto in corte e nelle delizie, a cura di G. Venturi, Firenze 2011, pp. 268, 276 s.; Ead., Antonio Capello e le relazioni fra gli Este e i pontefici nel primo Cinquecento, in Atti del congresso internazionale di musica sacra, a cura di A. Addamiano - F. Luisi, Città del Vaticano 2013, I, pp. 430 s.; J. Thomas, Reading M. P.’s “Tulerunt Dominum meum”, ibid., pp. 367-409; A.M. Cummings, From frottola to madrigal? Don Michele Pesenti da Verona, the Este, and pope Leo X, in Leone X. Finanza, mecenatismo, cultura, a cura di F. Cantatore et al., Roma 2016, I, pp. 133-144.