PEVERE, Michele
PEVERE, Michele (Michele da Acqui). – Nacque ad Acqui a metà Quattrocento. L’ascrizione alla famiglia Pevere (Ghinato, 1957, 1963, p. 64) è presentata, pur in forma dubitativa, dalla storiografia locale. La data di nascita è ricavabile in via ipotetica dai documenti successivi, dove Pevere è presentato già nel 1482 come predicator, incarico difficilmente ricoperto prima dei trent’anni.
Non si hanno notizie precise sul suo ingresso nell’Osservanza francescana, se non l’appartenenza alla Provincia di Genova di cui faceva parte il convento di Acqui. Ugualmente non vi sono notizie sugli studi, probabilmente compiuti all’interno dell’Ordine seguendo il curriculum necessario ai futuri predicatori. Un testimone ne lodò la competenza in diritto canonico e civile («iuris humani, pontificii atque divini singularis cognitio»: Avogaro, 1490, 1934, c. a1v), caratteristica dei predicatori di punta dell’Osservanza.
La prima notizia documentaria è la nomina come commissario provinciale in Sardegna, ricevuta il 14 giugno 1482 (Regestum, 1983,n. 85). Una lettera di Pietro da Napoli, vicario generale, datata 21 agosto 1483 (n. 107) mostra che Pevere, dopo un anno, senza consultare nessuno aveva lasciato l’isola portando con sé i suoi collaboratori e nominando arbitrariamente un sostituto. Aveva addotto motivi di salute ai quali il vicario mostrò di non credere, sia per le informazioni ricevute dalla Sardegna sia perché Pevere, rientrato a Genova, aveva presto ripreso a viaggiare per i conventi piemontesi. Il vicario rifiutò di sciogliere Pevere dal suo incarico, terminando la lettera con una dura catechesi ad personam sul valore irrinunciabile dell’obbedienza. Da una lettera del vicario del 28 febbraio 1484 (n. 184) risulta che egli non si era piegato all’ordine ricevuto, adducendo argomentazioni che furono bollate dal vicario come contorte e legalistiche («multis syllogisticis argumentis et legalibus illationibius»), sollevando però Pevere dal suo ufficio.
Non risultano altre notizie fino al 1487, quando Pevere fu nominato predicatore apostolico, ricevendo con largo anticipo l’incarico di predicare la Quaresima del 1488 a Perugia (nn. 7-8). A seguito di questa predicazione, ottenne dai priori della città un primo finanziamento per la costruzione di una cappella presso il castello di Brufa, dove Giovanni da Capestrano (morto nel 1456) era stato prigioniero e aveva maturato la propria scelta religiosa, un’iniziativa da inquadrare nella contemporanea costruzione dell’identità osservante attorno alla memoria dei suoi protagonisti. Nel maggio 1488 Pevere si impegnò ad Assisi per la pacificazione della città, turbata da violenze politiche, facendovi approvare nuovi statuti (Cenci, 1974, p. 832; Bullarium, 1989, n. 1161). Anche a seguito di questo risultato politico, Innocenzo VIII – intento a ricondurre l’intera area sotto il controllo pontificio – lo incaricò di predicare a Perugia anche la Quaresima del 1489 (Bullarium, 1989, n. 1152). Pevere predicò inoltre nel Nord Italia, impegnandosi nella fondazione di tre Monti di Pietà: Brescia (1489, dove tornò per la Quaresima del 1490), Verona (1490), Cremona (1490).
Nel contemporaneo dibattito sostenne i Monti basati sul prestito gratuito («imprestar […] gratis senza alcuno pagamento»; Brescia, Statuti del 1489), quale via più sicura per evitare l’accusa che i Monti, chiedendo un modesto interesse, praticassero una larvata forma di usura. Se l’interesse – difeso in quegli anni con vigore da Bernardino da Feltre – serviva a coprire le spese di gestione del Monte senza intaccarne il capitale, nel modello proposto da Pevere tali spese erano ripartite tra un sostegno delle autorità cittadine e la carità dei singoli. Per questo motivo, insieme al Monte, egli promosse costantemente una confraternita i cui membri – accanto a impegni e pratiche devozionali – finanziavano il Monte con una modesta offerta mensile. Per rendere spiritualmente remunerativo tale impegno, egli ottenne per queste confraternite ampie indulgenze da parte dei pontefici.
La cronaca dell’umanista Pietro Donato Avogaro, un instant book subito ripreso da un’anonima Historia in volgare, testimonia in modo vivido l’azione di Pevere a Verona nel 1490. Conquistato il favore cittadino con una serie di brillanti sermoni, fornì e fece approvare al Consiglio civico i capitoli del Monte, coordinando una spettacolare celebrazione per raccogliere i fondi necessari. Tutta la città fu invitata a fare la propria offerta presso un altare eretto – con evidente valore simbolico – «in loco quo Iudei civium et christianorum bona sub hasta auctionando vendebant» (Avogaro, 1490, 1934, c. a2v).
Centro dell’apparato scenografico era un carro dove era raffigurata «la forma del sancto monte de la pietade», con al vertice la Trinità, ai lati le virtù con «li instrumenti de la passione», al centro Cristo in Pietà e «li suoi electi e benedecti christiani e precipue le devote persone offerente al suo sancto monte de pietà» (Historia, 1490, c. 3v). Si visualizzava così lo scambio tra la misericordia divina e l’impegno caritativo dei fedeli, secondo le coordinate riassunte in una breve catechesi sull’«ascendere in lo sancto monte de Dio cum virtude et opere buone», posta nell’anonima Historia come sintesi divulgativa della predicazione di Pevere.
Al termine della solenne processione e raccolta di offerte, Pevere concluse la celebrazione promuovendo la «Scola del Santo Monte de la Pietà», incaricata di conservare e accrescere il Monte, alla quale – stando alla Historia – aderirono in un mese 10.000 persone, garantendo sulla carta – così annunciava la propaganda – 1048 ducati all’anno. Per il suo impegno, Pevere fu nominato cittadino onorario di Verona e alla sua partenza i pittori ne fecero ritratti e la sua effige fu diffusa attraverso la stampa. Per sostenere il nuovo Monte e la confraternita, Pevere tornò a predicare a Verona nel 1491 e nel 1496.
La sua abilità nel coordinare processioni e generose raccolte di offerte è confermata dalle cronache dei suoi interventi a favore del Monte di Padova nel 1496 (Meneghin, 1974, pp. 327 s.) e, nello stesso anno, a Crema, dove organizzò prima una raccolta generale nella festa del Corpus Domini e poi una sfida tra i diversi quartieri, chiamati in giorni successivi a raccogliere le proprie offerte per il Monte, nato a seguito della predicazione di Ludovico della Torre nel 1493.
Nel 1493 partecipò al capitolo generale di Firenze su invito di Angelo da Chivasso, vicario generale uscente che chiese a lui e a Bernardino da Feltre di presentare rispettivamente il Monte di Pietà gratuito e a interesse.
Il capitolo, incaricato di scegliere la migliore strategia da seguire, stabilì di fondare in futuro solo Monti a interesse, giudicandoli più solidi, in quanto non dipendenti da continue raccolte di offerte (Meneghin, 1974, pp. 555-560).
Nel 1495 Pevere risulta tra i definitori al capitolo generale dell’Aquila, dove fu nominato commissario per la Polonia e l’Austria. Se accettò tale nomina, non sembra però che abbia mai lasciato l’Italia. Nel 1496 infatti predicò a Crema, Padova, Pavia e Verona; nel 1497 a Genova, dove fondò una Schola Pietatis per sovvenire i poveri, affiancata da una confraternita: un’iniziativa assimilabile al Monte di Pietà (Wadding, 1933, XIV, p. 160). Intorno al suo operato non mancarono tensioni, se nel maggio 1497 il vicario generale Gerolamo Tornielli e il vicario provinciale Domenico Ponzoni scrissero a Ludovico il Moro chiedendogli di intervenire con discrezione per evitare la sua partecipazione e quella di «dui soi complici» al capitolo provinciale di Pavia, «per schivare […] scandali» e «desgoverno fra noi» (Andenna, 2001, pp. 353 s.).
Probabilmente si colloca nel 1495-96 la notizia di una sua predicazione contro Savonarola (Mariano da Firenze). Infine, nel 1499 predicò la Quaresima a Perugia, ottenendo un ulteriore finanziamento per la cappella di Brufa.
La sua morte è comunemente collocata intorno al 1500, probabilmente a Brescia. Il martirologio francescano lo commemora come beato.
Non restano opere di Pevere. Sono note due sue raffigurazioni, custodite entrambe a Verona, l’una presso la Direzione generale dell’Unicredit, nell’antica sede del Monte, l’altra presso il Museo di Castelvecchio.
Fonti e Bibl.: P.D. Avogaro, Oratio ad senatum populumque Veronensem de Monte pietatis (Verona 1490), con traduzione italiana a cura di A. Berengo Morte, in Le Venezie francescane, III (1934), pp. 219-234; Historia e processo del piissimo monte de la pietade cum li capituli de la sua benedicta schola (Verona 1490), in appendice a P. Delcorno, Miguel de Acqui e a fundação do Monte de Piedade de Verona: um incunábulo inédito, in Varia Historia, XXXI (2015), pp. 127-160; Mariano da Firenze, Compendium Chronicarum Fratrum Minorum, in Archivum Franciscanum Historicum, IV (1911), p. 325; L. Wadding, Annales Minorum, XIV-XV, Ad Claras Aquas 1933, anni 1480, 1491, 1492, 1497; B. Bughetti, Documenti inediti su San Giovanni da Capestrano e sulla cappella edificata nel luogo della sua prigionia, in Studi francescani, XXXVII (1940), pp. 108-114; C. Cenci, Documentazione di vita assisana (1300-1530), II, Grottaferrata 1974, ad ind.; Regestum Observantiae Cismontanae (1464-1488), Grottaferrata 1983, ad ind.; Bullarium Franciscanum, n.s., IV, a cura di C. Cenci, Grottaferrata 1989, ad indicem;
A. Ghinato, Il beato Michele d’Acqui (†1500 c.) e il suo apostolato in Verona (1957), in Id., Studi e documenti intorno ai primitivi Monti di Pietà, IV, Miscellanea, Roma 1963, pp. 63-117; V. Meneghin, Bernardino da Feltre e i Monti di Pietà, Vicenza 1974; G. Albini, La comunità ebraica in Crema nel secolo XV e le origini del Monte di Pietà, in Nuova Rivista storica, LIX (1975), pp. 378-406; L. Pisanu, I frati minori di Sardegna dal 1218 al 1639, II, Cagliari 2000, pp. 305-326;G. Andenna, Aspetti politici della presenza degli Osservanti in Lombardia in età sforzesca, in Ordini religiosi e società politica in Italia e Germania nei secoli XIV e XV, a cura di G. Chittolini - K. Elm, Bologna 2001, pp. 331-371; D. Montanari, Il credito e la carità. I Monti di Pietà delle città lombarde in Età moderna, Milano 2001, pp. 89-133, 251-254 (Brescia, Statuti del 1489); M.G. Muzzarelli, Il denaro e la salvezza. L’invenzione del Monte di Pietà, Bologna 2001; A. Ricci, Cremona, il suo primo Monte e il “Consortio de la Sancta Pietà”, in I Monti tra teoria e prassi, a cura di M. Carboni - M.G. Muzzarelli, Bologna 2009, pp. 67-99