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Michele Scotto

di Cesare Vasoli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Michele Scotto

Cesare Vasoli

Filosofo e astrologo (nato in Scozia nella seconda metà del sec. XII, morto prima del 1236). È ricordato da D. in If XX 116 (Quell'altro che ne' fianchi è così poco, / Michele Scotto fu, che veramente / de le magiche frode seppe 'l gioco), assieme con Guido Bonatti e Asdente, come mago e indovino.

La sua biografia è, in gran parte, ancora oscura e controversa. Sembra però abbastanza certo che, nel 1217, egli fosse in Spagna, a Toledo, dove avrebbe compiuto la traduzione del De Sphaera di Alpetragio (ediz. Bologna 1495, Venezia 1631) e che, sempre in Spagna, e in quegli anni provvedesse anche a tradurre diversi testi aristotelici: diciannove libri De Animalibus, il De Coelo et mundo, con il relativo commento di Alpetragio e, forse, la Fisica e la Metafisica, con i relativi commenti di Averroè che egli, per primo, avrebbe fatto conoscere in Occidente (ediz. Venezia 1550-1552). A queste traduzioni si aggiungono, inoltre, in una data difficilmente precisabile, un De Divisione philosophiae (probabilmente esemplato sull'opera omonima di Domenico Gundissalvi) del quale ci restano pochi frammenti e le Quaestiones Nicolai Peripatetici (cfr. L. Baur, in Beiträge zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters IV 2-3, Münster 1903, 364-368, 398-400; M. Kurdzialek, Quaestiones Nicolai peripatetici, in " Mediaevalia Philosophica Polonorum " II [1958] 4-5). Ancora più incerta la datazione della sua opera principale, divisa in tre parti: Liber introductorius, Liber de particularibus, Physionomica o De Secretis naturae, che alcuni studiosi collocano durante il suo soggiorno alla corte italiana di Federico II, ma che un codice autorevole (Oxford, Bodleian 266) dichiara scritta a richiesta dell'imperatore svevo, ma composta durante il pontificato di Innocenzo III (1198-1216).

Comunque l'attività di astrologo e di traduttore dei testi averroisti non dové nuocere alla sua carriera ecclesiastica (M. era chierico e probabilmente anche teologo) se, nel 1224, Onorio III scriveva all'arcivescovo di Canterbury, Stefano Langton, perché gli fosse attribuita la carica di arcivescovo di Cashel, in Irlanda (cfr. Denifle-Chatelain, Cartularium Universitatis Parisiensis, I, Parigi 1889, 104); ma M. la rifiutò, adducendo come ragione la sua ignoranza della lingua parlata dai fedeli. Ciò non impedì che il 28 aprile 1227 Gregorio IX scrivesse ancora al Langton di riservare un beneficio allo Scotto che il pontefice dichiarava ugualmente dotto nella lingua latina e in quella ebraica e greca.

È stato supposto che questo insistente favore da parte dei pontefici e della curia romana fosse dovuto all'atteggiamento di dichiarato difensore della causa papale assunto da Michele. Ma con questa ipotesi contrasta il dato di fatto della sua familiarità con Federico II del quale (egli stesso lo scrive nel cod. Canon. Misc. 555 di Oxford) fu l'astrologo preferito e alla cui corte soggiornò sicuramente nell'ultima parte della propria vita. Un poema di Enrico di Avranches (edito in " Forschungen zur deutschen Geschichte " XVIII [1878] 486) dedicato a Federico II, nel 1235 o 1236, parla infatti di M. come dell'astrologo ufficiale dell'imperatore e, mentre ricorda le sue predizioni sui fatti dello stesso Federico, ne parla come di persona già morta sia pure da non molto tempo. Altri particolari, ricavati dagli stessi scritti di M., inducono addirittura a pensare a un suo probabile soggiorno a Salerno mentre è certo che egli era ancora vivo nel 1228 quando Leonardo Fibonacci gli dedicava la versione corretta e ampliata del Liber abbaci. È del resto probabile che proprio durante il soggiorno nella corte imperiale M. compisse la traduzione del De Animalibus di Avicenna, per la quale è stata proposta la data del 1221, e che completasse e portasse alla sua forma definitiva anche i tre libri della sua opera maggiore.

Le dottrine di M. non si allontanano di molto da quelle largamente diffuse tra gli scrittori di materie astrologiche del suo tempo: sebbene ammetta un supremo potere divino e neghi l'eternità dell'universo, tuttavia M. ritiene che la scienza astrologica permetta le più sicure e indiscutibili previsioni del futuro e crede al pieno valore ‛ scientifico ' degli oroscopi compiuti secondo tutte le regole dell' ‛ arte '. Distingue però l'astrologia dalla magia, condanna recisamente la necromanzia, arte diabolica vietata a tutti i cristiani, e, in genere, ogni forma di ricerca o di esperienza che presupponga l'intervento di forze oscure o diaboliche. Ma ciò non gl'impedisce di dimostrare una notevole conoscenza delle pratiche di magia e di accettare non solo la dottrina medico-astrologica degli ‛ amuleti ', bensì anche metodi e tecniche geomantiche (non a caso gli è attribuito un trattatello di geomanzia contenuto nel codice Vaticano Reginense 1159). Del resto la larga fama di M. come dotto astrologo e uomo dedito alle ricerche magiche, oltre che agli studi puramente filosofici, dové contribuire a far correre sotto il suo nome degli scritti alchimistici (Quaestio curiosa de natura Solis et Lunae, in Theatrum chemicum, Strasburgo 1622 e 1659; Liber magistri Scotti in quo continetur Magisterium [Palermo, bibl. Nazionale, cod. 44] e la traduzione del Liber luminis luminum attribuito a Razes).

M. fu un personaggio assai noto e importante della cultura filosofica e scientifica della prima metà del Duecento, come mostrano i giudizi, sia pure polemici, sulla sua opera formulati da Ruggiero Bacone e da Alberto Magno.

Bibl. -Per le edizioni, cfr. G. Sarton, Introduction to the History of Science, II, Baltimora 1931, 579 ss. Per gli studi: W.J. Brown, An Enquire into the Life and Legend of M.S., Edimburgo 1897; C.H. Haskins, Studies in the History of Mediaeval Science, Cambridge Mass. 1927², 272-298; R. de Waux, La première entrée d'Averroes chez les Latins, in " Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques " XXII (1933) 193-244; L. Thorndike, History of Magic and Experimental Science, II, New York 1929, 307-335; P. Duhem, Le sistème du monde, IX, Parigi 1959, ad indicem; L. Thorndike, Manuscripts of M. Scoto's " Liber introductorius ", in Didascaliae, New York 1961; ID., M.S., Londra 1965.

Vedi anche
Leonardo Fibonacci (detto Leonardo Pisano). - Matematico (n. Pisa 1175 circa - m. 1235 circa). È da considerarsi, per il suo Liber abbaci (1202; rielaborato nel 1228) e per la sua Practica geometriae (1220) tra i più grandi matematici del Medioevo. Influenzato da Euclide e dagli Arabi e anche da Erone (soprattutto nella ... Federico II imperatore Figlio (Iesi 1194 - Castel Fiorentino, presso San Severo, Puglia, 1250) dell'imperatore Enrico VI e di Costanza d'Altavilla, fu posto, dopo la morte del padre e poi della madre, nel 1198, in seguito alle disposizioni testamentarie di quest'ultima, sotto la tutela di papa Innocenzo III. Incoronato re ... astrologia Utilizzo degli astri per determinarne i presunti influssi sul mondo terreno e in base a essi prevedere avvenimenti futuri o dare spiegazione di fatti passati rimasti sconosciuti. 1. Le origini Le origini dell’astrologia si perdono nei tempi e si confondono con quelle dell’astronomia. Già presso le ... alchimia Complesso di teorie e tecniche che assumevano la loro ispirazione dalle pratiche tendenti a ottenere la trasmutazione dei metalli vili in oro, la pietra filosofale, l’elisir di lunga vita. Il termine deriva dall’arabo kīmiyā’, uno dei nomi del reagente per la trasformazione dei metalli, detto in Occidente ...
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scotto3 scòtto3 s. m. [dal franco skot «tassa»], ant. e letter. – Il prezzo che si deve pagare per aver mangiato all’osteria o in una locanda, il costo di un pasto: in tutte le terre passate non guadagnò soldi venti, che gli scotti gli...
scòtto²
scotto2 scòtto2 agg. [lat. excŏctus, part. pass. di excoquĕre «cuocere troppo»]. – Troppo cotto, passato di cottura, di solito con riferimento a pasta da minestra, riso, verdure: questi spaghetti sono s.; il riso s. non piace a nessuno....
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