Serveto, Michele (sp. Miguel Servet)
(sp. Miguel Servet) Pensatore e riformatore spagnolo (Vilanova de Sixena, Aragona, 1511 - Ginevra 1553). Studente di diritto a Tolosa, fu chiamato alla corte di Carlo V e viaggiò in Italia e Germania. Entrato a contatto con le dottrine protestanti, delineò una radicale riforma del cristianesimo: respinto sia da Ecolampadio sia da Zwingli e dai riformatori di Strasburgo, pubblicò il De Trinitatis erroribus (1531) che, per quanto dato subito alle fiamme, ebbe una certa diffusione in Svizzera, nell’alta Renania e nell’Italia settentrionale. La stessa sorte ebbero i Dialogorum de Trinitate libri duo e De Iustitia Regni Christi et de Charitate, capitula quatuor (1532). S. dovette abbandonare la Germania e si rifugiò a Parigi (1532-34), poi a Lione, assumendo il nome di Michel de Villeneuve, e guadagnandosi la vita come correttore di tipografia (preparò la revisione, correzione e annotazione della Geografia di Tolomeo, 1535, che gli procurò larghissima fama). Nel 1537, a Parigi con l’amico scrittore Symphorien Champier, acquistò celebrità con i suoi studi di medicina (negò l’esistenza dei pori di comunicazione interventricolari del cuore e forse ebbe una nozione sufficientemente esatta della circolazione polmonare). Ma con la sua opera polemica Syruporum universa ratio ad Galeni censuram diligenter esposita (1537) entrò in urto con la Sorbona. Pare che in questi anni S. avesse un primo contatto con Calvino. Girò ancora per la Francia proseguendo il suo lavoro di editore e correttore. Nel 1546 aveva terminato di scrivere la sua opera capitale: Christianismi restitutio. Prima di pubblicarla ne aveva mandato estratti a Calvino chiedendogli un’approvazione; Calvino non solo negò il suo benestare, ma scrisse a G. Farel dichiarando che se S. fosse passato da Ginevra avrebbe fatto di tutto perché non ne uscisse vivo. Pubblicata clandestinamente (1553) l’opera, Calvino ne identificò subito l’autore e fece pervenire all’Inquisizione, tramite un discepolo, gli autografi di S.: ma S. dichiarò di non essere l’autore del libro, bensì solo Michele di Villanova: lasciato in libertà condizionale, poté fuggire. Cercò di andare in Spagna, ma poi si diresse verso l’Italia: e la via per l’Italia passava da Ginevra. Lì fu riconosciuto, denunciato e arrestato (13 ag. 1553). La causa fu dibattuta dal Piccolo consiglio dove Calvino aveva la maggioranza: S. fu condannato a essere bruciato vivo, come eretico ostinato. Le dottrine di S. si possono riportare al misticismo neoplatonico del Rinascimento. Su questo sfondo egli costruisce la sua dottrina teologica che sfuma il rapporto Dio-Mondo in termini che possono interpretarsi come panteistici: tutto il creato è manifestazione di Dio nel senso che tutte le essenze sono «modi» di Dio; il modus primigenio è Cristo, attraverso di lui conosciamo negli altri modi l’essenza divina, in maniera diretta e immediata. Ma poiché l’onnipotenza operante di Dio s’incarna in Cristo, solo Cristo fra i modi deve essere adorato, come piena manifestazione dell’onnipotenza di Dio (Cristo è un uomo che meritò di essere da Dio elevato a proprio figlio e Cristo è Dio non per natura ma per grazia: è Dio Padre che l’ha santificato ed esaltato, perché Cristo si è umiliato); negli altri modi tale onnipotenza è, sì, operante per intero, ma s’incarna solo parzialmente, diventando solo parzialmente sensibile. In rapporto alla critica di S. alla teologia tradizionale è assai importante la sua negazione della dottrina trinitaria («cerbero a tre teste»); S. rifiuta anche il battesimo dei bambini, la dottrina della predestinazione (questo in polemica con Calvino, in difesa del merito delle buone opere). Caratteristica peculiare del pensiero teologico di S. è che esso si pone in una essenziale tensione escatologica volta al ritorno al cristianesimo primitivo e al finale avvento del regno di Cristo. S. tentò anche di fondare una nuova logica, nella quale gli aggettivi non esprimono qualità, ma attività; tutti i concetti essenziali esprimono causalità; e vi sono solo essenze dinamiche, non statiche. Tale sistema logico, a parte i presupposti metafisici, deriva dai tentativi di Valla.