ATTENDOLO, Micheletto (Michelettus Cotineolanus, Micheletto Sforzesco)
Figlio di Bartolo e perciò cugino di Muzio Attendolo, fu grande condottiero. Non si conosce la data della sua nascita, che non dovette essere più tardi del 1390, poiché l'A. già nel 1411 militava nelle schiere del cugino. Come tutti gli altri Attendolo, seguì Muzio nel Regno di Napoli ed alla morte di re Ladislao (3 ag. 1414) egli comandava, insieme con Muzio Attendolo, l'esercito della regina Giovanna II. Fu valido sostegno, con i suoi quattrocento cavalieri, di Muzio, mentre costui era prigioniero prima di Pandolfello Alopo e poi di re Giacomo di Borbone (1415). Dopo i patti che Lorenzo Attendolo strinse con il re, l'A. dovette abbandonare il Regno di Napoli e si pose, per qualche tempo, al servizio di Braccio da Montone, per conto del quale assunse la difesa di Iesi e di Rocca Canterano. Quando, a causa del Tartaglia, sorse l'inimicizia tra i Bracceschi e gli Attendolo, l'A. abbandonò Braccio e per qualche tempo restò solo. Nel 1419 era nel Viterbese contro i Bracceschi e Tartaglia. L'anno seguente (1420) tornò con Muzio e Foschino Attendolo nel Regno di Napoli, ove sposò Polissena dei Sanseverino, vedova di Maiatesta, signore di Cesena, che gli recò in dote quindici importanti feudi, tra i quali Torre Amara, S. Marco, S. Martino in Terranova, Tursi, Tito, Anzi, Potenza, Vera, Campagna, Policoro, Vignola ed Alianello. Nello stesso anno (1420), insieme con Fabrizio di Capua, difese Sessa attaccata da Braccio e nell'agosto dell'anno successivo (1421) si trovò al fiume Sangro, sempre contro i Bracceschi. Nel 1421 (novembre) era a Benevento e l'anno dopo (1422) a Rende, al seguito di Muzio. Nel 1423, preparandosi la spedizione che doveva portare alla liberazione dell'Aquila, occupata da Braccio, Muzio lo condusse nell'impresa. Benché fosse morto Muzio (4 genn. 1424), la battaglia dell'Aquila ebbe egualmente luogo e l'A., avuto il comando di un'ala, contribuì alla vittoria in maniera determinante, poiché, a tempo opportuno, soccorse le schiere di Giacomo Caldora che erano state scompigliate dai Bracceschi. In seguito, al servizio di papa Martino V e, nell'agosto del 1428, con Giacomo Caldora, combattè contro i Bolognesi; poi prestò i suoi servigi alla Repubblica fiorentina, insieme a Nicolò da Tolentino (1432), andando contro i Lucchesi (10 giugno) e, insieme con Niccolò Piccinino, capitano dei Fiorentini Il assalendo le schiere dei Milanesi e dei Senesi. Più tardi mosse contro l'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, ma senza raggiungere alcun risultato. Lasciati i Fiorentini, l'A. si pose quindi al servizio di papa Eugenio IV e domò molti signori che avevano tentato di sottrarsi al governo pontificio: nel 1433 (15 aprile) era a Vetralla, poi assediò Castelnuovo, Caprarola, Genazzano ed altre località. Fu anche a Roma, con cinquecento cavalieri, ad accogliere l'imperatore Sigismondo che, dopo l'incoronazione 31 maggio 1433), lo creò cavaliere. Nell'ottobre del 1434 occupò Roma che aveva proclamato la repubblica (29 maggio).
Il papa lo fece creare gran connestabile del Regno di Napoli ed egli, dopo la morte della regina Giovanna II (2 febbr. 1435), si pose al servizio di Renato d'Angiò per il quale governò le terre della Calabria fino al 1438, quando il re lo richiamò perché lo proteggesse da Alfonso d'Aragona. L'A. restò nel Regno di Napoli almeno fino al 1440, poi ritornò al servizio dei Fiorentini e per essi riportò la famosa vittoria di Anghiari (29 giugno 1440), in seguito alla quale tutto il Casentino cadde in potere di Firenze. L'anno seguente fu chiamato dai Veneziani per sostituire il Gattamelata e, nominato capitano generale, sostenne la guerra contro il ducato di Milano. Nel 1446 (28 settembre) sconfisse a Casalmaggiore le truppe milanesi guidate da F. Piccinino, occupò quasi tutta la Ghiara d'Adda e giunse sotto le porte di Milano; per questa grande vittoria fu creato nobile veneziano e cavaliere aurato ed ebbe la signoria di Castel Franco nel Trevigiano. Nel 1448, sempre al comando dei Veneziani, insieme con Bartolomeo Colleoni, si ritirò in Cremona, e non avrebbe voluto accettare battaglia a Caravaggio, ma, costrettovi da un ordine, subì una grave sconfitta (14 sett.). L'A. sarebbe morto a Palazzuolo nel 1451.
Qualche autore ha voluto credere l'A. secondo marito della cugina Margherita Attendolo, ma si tratta di un errore dovuto ad omonimia, poiché il secondo marito di Margherita si chiamava Michelino da Rubignano.
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