MICROONDE
Generalità. - Nel campo delle radioonde ha acquistato in questi ultimi anni particolare importanza la gamma delle m.; si tratta delle onde elettromagnetiche la cui lunghezza va da circa 10 cm a circa 0,2 mm (limite superiore dell'infrarosso: v. anche XXV, p. 365) e occupanti pertanto le bande 9, 10, 11, 12 delle radioonde (v. radiocomunicazioni, in questa App.). Il termine "microonde" è relativamente recente: esso fu introdotto intorno al 1930 da studiosi italiani, e ha finito col prevalere su altre denominazioni (onde quasi ottiche, onde centimetriche, millimetriche e simili).
Le m. hanno acquistato particolare importanza specialmente per il loro impiego nelle tecniche radar e nei radiocollegamenti con onde a fascio e poi anche per le applicazioni che se ne sono fatte in varî settori della ricerca scientifica; va peraltro ricordato che furono eseguite con m. le prime esperienze, dovute a H. Hertz e ad A. Righi, volte a dimostrare l'esistenza delle onde elettromagnetiche e a stabilire le loro essenziali proprietà (v. XXV, p. 658; XXVIII, p. 706; XXIX, p. 328).
Tecnica delle microonde. - Le tecniche nella gamma delle m. si differenziano nettamente da quelle in uso nel settore delle radioonde più lunghe.
Anzitutto, per queste ultime si possono attuare elementi circuitali a costanti concentrate (cioè condensatori di cui si può trascurare induttanza e resistenza; induttori di cui si può trascurare capacità e resistenza; resistori di cui si può trascurare capacità e induttanza), mentre nella gamma delle m. ogni elemento circuitale presenta insieme capacità, induttanza, resistenza: "distribuite". In secondo luogo, le ordinarie linee di trasmissione presentano così alte perdite nella gamma delle m. da essere praticamente inutilizzabili. Infine i comuni tubi elettronici non possono essere usati alle frequenze delle m., almeno negli schemi classici, essenzialmente per il fatto che i tempi di transito interelettrodico sono dello stesso ordine di grandezza del periodo di oscillazione delle onde.
In conseguenza, linee di trasmissione, circuiti oscillatori, tubi elettronici per m. presentano caratteristiche completamente diverse da quelle degli analoghi dispositivi per onde più lunghe.
L'elemento fondamentale della tecnica delle m. è l'uso, quali linee di trasmissione, di guide d'onda.
Una guida d'onda ordinaria altro non è che un tubo rettilineo di sezione costante, generalmente rettangolare o circolare, con pareti liscie conduttrici, pieno di un dielettrico entro il quale le onde possono propagarsi. Sono state studiate, e in qualche caso presentano notevole interesse, guide non ordinarie, a sezione non costante, non rettilinee, a pareti corrugate, e così via.
La teoria delle guide d'onda ordinarie si semplifica grandemente se le pareti si suppongono perfettamente conduttrici (resistenza nulla) e se il dielettrico si suppone omogeneo, isotropo, perfettamente isolante (resistenza infinita). In queste ipotesi le condizioni al contorno alle quali deve soddisfare il campo elettromagnetico dell'onda eventualmente esistente nella guida devono esprimere che la componente del vettore elettrico è parallela alle pareti conduttrici sia, sulle pareti stesse, nulla.
Le conclusioni a cui la teoria perviene, partendo dalle ipotesi precedentemente esposte e supponendo inoltre la guida infinitamente lunga, possono riassumersi come segue (v. anche radiopropagazione, in questa App.).
Possono propagarsi nella guida onde appartenenti a due classi: TE (trasversali elettriche) per le quali il vettore elettrico (ma non il vettore magnetico) è ovunque e in ogni istante normale all'asse della guida; TM (trasversali magnetiche) per le quali il vettore magnetico (ma non il vettore elettrico) è ovunque e in ogni istante normale all'asse della guida (v. anche App. II, 1, p. 192; 11, p. 956).
Se la costante dielettrica e la permeabilità magnetica del mezzo contenuto nella guida sono ε, μ (ε0, μ0, nel caso del vuoto) e il mezzo stesso fosse illimitato, anziché limitato dalle pareti della guida, la velocità delle onde, di qualunque lunghezza e frequenza, sarebbe
In conseguenza, se f è la frequenza delle onde, la loro lunghezza risulterebbe: λ = v/f. Ma la velocità di fase νf e la lunghezza λf che onde della medesima frequenza assumono nella guida (nel dielettrico limitato dalle pareti della guida) sono diverse, e precisamente:
dove è:
la prima delle [2] valendo per una guida rettangolare di lati a, b, con m, n, interi arbitrarî non ambedue nulli per le onde TE, nessuno dei due nullo per le onde TM; la seconda essendo valida per una guida a sezione circolare di raggio r, anm rappresentando le radici n-me dell'equazione ottenuta eguagliando a zero la funzione di Bessel Jm(x) per le onde TM o la sua derivata per le onde TE.
Dalle [1] si desume che, finché è 1 > k²nm, velocità di fase e lunghezza d'onda nella guida sono sempre maggiori che nel dielettrico illimitato. Ma può essere 1 ≤ k²nm. Ciò accade quando, per una data λ, la coppia di interi n, m sia sufficientemente grande o quando, per una data coppia di interi n, m, sia λ sufficientemente grande. Se è 1 ≤ k²nm vf, λf sono rispettivamente immaginarie o infinite: in questo caso il campo elettromagnetico non si propaga nella guida ed è attenuato; l'onda è del tipo detto evanescente.
In conclusione, possono propagarsi nella guida onde TEnm, TMnm, sempre che sia 1 > k²nm; altrimenti le onde sono evanescenti. Come si vede dalle [2] tale ultima eventualità è da escludere se λ è, in relazione ai prescelti valori di m e n e alle caratteristiche della guida, inferiore a un certo valore critico, λc, così che la guida si comporta come filtro taglia basso.
Se le onde si propagano con velocità vf, che dipende dal modo, dalla frequenza e dalle dimensioni della sezione retta della guida, l'energia trasportata si propaga con velocità diversa, vg, che risulta legata a vf dalla relazione:
Fin qui non abbiamo tenuto conto del fatto che in pratica né le pareti della guida sono perfettamente conduttrici né il dielettrico è perfetto. In pratica le onde si propagheranno attenuandosi, perché parte dell'energia da esse trasportata si dissiperà in calore sia nelle pareti sia nel dielettrico. La teoria è in grado di valutare queste attenuazioni.
La guida d'onda (perfetta), come qualunque linea di trasmissione, presenta una impedenza caratteristica, che è data da:
essendo
l'impedenza caratteristica del dielettrico.
Per effetto del campo elettromagnetico di un'onda che si propaga nella guida, fluiscono correnti elettriche superficiali sulle pareti della guida stessa. La densità lineare di tali correnti (in amp/m) è in modulo eguale alla componente tangenziale del vettore magnetico sulle pareti stesse ed ha direzione normale a detto vettore. Fessure praticate sulla parete della guida che non intercettano linee di corrente, non alterano il campo elettromagnetico interno, e quindi attraverso la fessura possono essere inserite nella guida sonde atte ad esplorare il campo.
Per eccitare in una guida un'onda che vi si propaghi in un determinato modo, occorre anzitutto un generatore, e poi un'opportuna connessione fra generatore e guida. La generazione è affidata a tubi elettronici appropriati (per es. a klystron o a magnetron). La connessione fra tubi elettronici e guide è generalmente affidata a cavi coassiali che terminano nella guida con un circuito di eccitazione o di accoppiamento, costituito da una sonda o da una spira. La posizione della sonda o della spira nella guida influisce sul modo o sui modi con cui l'onda si propagherà nella guida stessa. Per esempio, l'onda TE01, il cui campo elettrico ha la sola componente Ey (fig. 1), può essere eccitata da una sonda, inserita parallelamente all'asse y o da una spira giacente in un piano parallelo al piano y z. L'altezza e il diametro della sonda, il diametro e l'orientamento della spira vanno regolati opportunamente per favorire il necessario adattamento d'impedenza tra guida e generatore.
Dalle guide d'onda derivano numerosi dispositivi assai usati nella pratica; fra essi ne ricorderemo alcuni:
a) Raccordi. - In molte occasioni si rende necessario deviare parte dell'energia elettromagnetica che fluisce in una guida entro un'altra guida secondaria, raccordata alla prima. Nel caso di guide rettangolari, a cui ci limiteremo, il raccordo può essere effettuato in uno dei modi rappresentati schematicamente in fig. 2 (raccordo in parallelo) o in fig. 3 (raccordo in serie).
I raccordi in parallelo e in serie possono essere combinati dando luogo alla diramazione mista detta T magico (fig. 4), che gode di singolari proprietà, quando le impedenze dei varî rami siano adattate.
Se si alimenta la guida principale a, l'energia si ripartisce nei soli rami in serie E e in parallelo H; se si alimenta il ramo E oppure il ramo H, l'energia si divide in due parti uguali procedenti in versi opposti nella guida principale: le due componenti sono in opposizione di fase nell'eccitazione E, in concordanza di fase nell'eccitazione H.
b) Adattaiori d'impedenza. - Abbiamo in precedenza accennato al problema dell'adattamento d'impedenza. Scopo fondamentale di una guida d'onda è quello di trasferire energia a radiofrequenza, prodotta ad esempio da un tubo elettronico, a uno strumento (utente o carico) dove l'energia stessa è destinata ad essere utilizzata. Affinché tutta l'energia immessa dal generatore passi al carico, come generalmente si desidera, è necessario che l'impedenza del carico sia adattata all'impedenza caratteristica della guida. Difficilmente questa condizione è in pratica soddisfatta, ciò che provoca una parziale o totale riflessione dell'onda che procede verso il carico e la formazione nella guida di un regime di onde stazionarie che è bene evitare. L'adattamento d'impedenza può essere conseguito inserendo speciali strutture, dette adattatori d'impedenza, fra la terminazione della guida e il carico.
Questi adattatori possono essere di svariatissimi tipi; ci limiteremo qui a descrivere il più semplice, il cosiddetto tronco a pistone (fig. 5). Esso è uno spezzone di guida d'onda a connesso in serie o in parallelo alla guida b in prossimità della connessione fra guida e carico c. Nel suo interno scorre un pistone d di forma tale da assicurare la continuità elettrica fra il pistone stesso e le pareti dello spezzone. Per l'adattamento, il punto d'inserzione nella guida e la posizione del pistone devono essere convenientemente scelti in relazione all'impedenza del carico.
c) Attenuatori. - Spesso è necessario ridurre la potenza che fluisce in una guida d'onda. A questo scopo vengono usati particolari dispositivi che sono detti attenuatori.
Gli attenuatori reattivi sono costituiti da spezzoni di guida d'onda di adeguata lunghezza e di sezione ridotta, tali da consentire solo l'esistenza di onde evanescenti; oltre a questo tipo di attenuatori sono anche usati degli attenuatori resistivi, che sono costituiti essenzialmente da laminette di materiale resistivo (per esempio del vetro grafitato) le quali, quando inserite nella guida d'onda convertono in calore una parte dell'energia del campo.
d) Cavità risonanti. - Consideriamo un tratto di guida d'onda, rettangolare o circolare, chiuso a un estremo da una parete conduttrice. In queste condizioni un'onda che si propaga verso l'estremo chiuso si riflette sull'estremo stesso, cosicché nella guida risultano sovrapposte due onde, una incidente e una riflessa, che, insieme, danno luogo a un regime di onde stazionarie. Si ha un nodo di campo elettrico sull'estremo chiuso, e altri nodi nelle sezioni normali della guida che distano dall'estremo chiuso di un multiplo intero l di mezze lunghezze d'onda. In tali sezioni nodali il campo elettrico totale è nullo, e quindi, inserendo in una qualunque di esse una parete conduttrice, la struttura dell'onda stazionaria non viene alterata. La parete ora considerata isola uno spezzone di guida, lungo lλf/2, compreso fra la parete stessa e l'estremo chiuso (λf è la lunghezza d'onda nella guida); lo spezzone costituisce una cavità risonante.
In alcune applicazioni vengono usate cavità di forma particolare, in special modo di forma toroidale.
Una cavità risonante equivale, nel campo delle m., al circuito oscillante dell'ordinaria radiotecnica. A differenza di questo presenta però una triplice infinità di frequenze di risonanza (v. App. II, 11, p. 974).
Il coefficiente di risonanza Q è diverso per i varî modi di propagazione dell'onda nella guida ed è diverso ancora secondoché le onde siano di tipo TE o TM. È interessante rilevare che i valori di Q per le cavità sono sempre molto elevati, perché le perdite per effetto Joule sulle pareti, che offrono ampie sezioni per il transito delle correnti, sono piccole e le perdite per irradiazione sono nulle. Le cavità risonanti, specialmente quelle cilíndriche, si prestano molto bene all'attuazione di ondametn di precisione, appunto per l'elevato valore di Q.
In fig. 6 è rappresentato un ondametro del genere, costituito da una scatola cilindrica a, di cui una base, b, è mobile con un comando a vite micrometrica, c: l'accordo è ottenuto variando la distanza fra le basi.
L'energia a radiofrequenza può essere immessa o estratta da una cavità con sonde o spire, in modo analogo a quello descritto per l'alimentazione delle guide.
e) Misuratore di onde stazionarie. - Una guida d'onda terminata da un carico non adattato diventa sede di onde stazionarie. Il campo elettrico (e similmente il campo magnetico) presenta allora lungo la guida massimi e minimi di ampiezza, alternati: la distanza fra un massimo e un minimo contigui eguaglia un quarto della lunghezza d'onda nella guida. Il rapporto ρ fra l'ampiezza nel massimo e l'ampiezza nel minimo (rapporto delle onde stazionarie) e la distanza d del minimo più prossimo al carico dipendono dall'impedenza Z del carico, talché, nota Z, risultano determinati ρ e d, e, viceversa, noti ρ e d se ne ricava Z; speciali nomogrammi, detti carte d'impedenza, permettono di passare agevolmente dalla conoscenza di Z alla determinazione di ρ e d, e viceversa. Si comprende perciò quanto sia importante uno strumento che permetta la determinazione sperimentale di ρ e di d. Uno strumento del genere, detto misuratore dí onde stazionarie, permette altresì la risoluzione dei problemi di adattamento delle impedenze, problemi che sono molto importanti nella pratica.
Il misuratore di onde stazionarie tipico è basato sul fatto che una fenditura sottile praticata lungo la mezzeria della parete più larga di una guida a sezione rettangolare, eccitata nel modo TE01, non altera il campo nella guida, pur permettendo l'inserzione di una sonda esploratrice. S'immagini dunque praticata nella guida (o in uno spezzone di guida a: fig. 7) una simile fenditura b lungo la quale possa scorrere un carrello c che porti la sonda d. Questa preleva una parte dell'energia del campo esistente nella guida, in misura tanto piccola da non alterare apprezzabilmente il campo stesso. L'energia prelevata passa attraverso una cavità risonante e investe un cristallo rivelatore connesso, direttamente o per il tramite di un amplificatore, con un microamperometro. La disposizione può essere tale da dare sullo strumento un'indicazione proporzioriale all'intensità del campo elettrico dell'onda nel punto in cui è situata la sonda; facendo scorrere lungo la guida il carrello che porta la sonda è possibile dunque determinare la posizione dei massimi e dei minimi, e in particolare determinare d e ρ.
Per un corretto funzionamento dello strumento occorre che la fenditura non introduca riflessioni addizionali nella guida: essa dev'essere molto stretta e le sue estremità devono avere forma appropriata.
Generazione e rivelazione delle microonde. - Come abbiamo detto, i tubi elettronici ordinarî non si prestano per la generazione di m. essenzialmente per l'elevato valore dei tempi di transito interelettrodici; sono stati perciò studiati e attuati tubi elettronici speciali, il cui funzionamento è basato su principî diversi da quelli dei tubi ordinarî. I tubi per m. hanno attualmente raggiunto un alto livello tecnico, sia per quanto riguarda l'efficienza, sia per quanto riguarda la potenza e la durata di essi; possono essere raggruppati in tre diversi tipi, e precisamente: klystron, magnetron, tubi a onda viaggiante (v. termoionici, tubi, App. II, 11, p. 973 e elettronici, tubi, in questa Appendice).
Per la rivelazione delle m. sono generalmente usati diodi a semiconduttore (v. semiconduttori, in questa App.), specialmente a cristallo di silicio.
Un rivelatore tipico a cristallo di silicio è rappresentato in fig. 8.
Esso si presenta come una cartuccia, costituita da un cilindretto cavo b di materiale ceramico che porta a un estremo una terminazione metallica (spina a) cui è fissato un filo elastico c (baffo di gatto) che appoggia sul cristallo d, mentre all'altro estremo è un cappuccio e con una vite di regolazione f cui è fissato il cristallo.
Il modo con cui il rivelatore viene inserito in una guida d'onda è rappresentato in fig. 9, che illustra un terminale di rivelazione, accordabile.
La corrente rivelata viene prelevata a mezzo di un cavo coassiale (il cui conduttore esterno è connesso con la parete della guida e quindi col cappuccio della cartuccia, mentre il conduttore interno è connesso con la spina della cartuccia) e avviata a uno strumento di misura (milliamperometro) o di osservazione (oscillografo).
I cristalli rivelatori del tipo ora descritto possono essere utilmente impiegati anche come mescolatori, per attuare la conversione di frequenza in ricevitori a supereterodina.
In fig. 10 è presentato un banco di misura per microonde, nella gamma di 3 cm di lunghezza d'onda, in cui sono visibili le principali apparecchiature descritte.
Per ciò che concerne i dispositivi (antenne) usati per irradiare o captare m., v. antenna (App. II, 1, p. 188 e in questa App.).
Spettroscopia con microonde. Effetti magneto-ottici nel campo delle microonde. - Le m., oltre a costituire di per sé un argomento di studio che presenta problemi di notevole interesse, si prestano come mezzo di indagine di notevole valore in molti campi della fisica generale.
In particolare, grande interesse ha suscitato la spettroscopia con m.; l'interesse è giustificato anche dal confronto che si può fare tra essa e la spettroscopia ottica.
Tanto la spettroscopia con m. quanto quella ottica permettono la determinazione degli scambî energetici che avvengono tra atomi o molecole e radiazione, ma le tecniche e gli strumenti sono diversi e diversa è la regione dello spettro esplorato.
Nella spettroscopia con m. non si fa uso di strumenti dispersivi, come prismi o reticoli, ma di sorgenti elettroniche di radiazioni praticamente monocromatiche e di rivelatori accordati; in conseguenza la sensibilità risulta molto elevata e il potere risolutivo è superiore a quello dei migliori spettrografi nell'infrarosso. Poiché le regioni dello spettro esplorabili con i due metodi non si sovrappongono, la spettroscopia con m. e la spettroscopia ottica si completano vicendevolmente.
La spettroscopia molecolare con m., che ha già permesso di ottenere una messe di risultati di estremo interesse e che ha raggiunto un alto grado di perfezione tecnica, rappresenta oggi uno dei più potenti mezzi di indagine della struttura molecolare, atomica e nucleare della materia. Essa permette di determinare, per es., le distanze atomiche e di ricavare informazioni sui momenti elettrici dipolari, sui momenti molecolari magnetici, sulle interazioni intermolecolari e sulla struttura iperfina.
La spettroscopia con m. dei gas è stata generalmente usata per ricerche in due direzioni: struttura molecolare e struttura nucleare.
Il primo passo nella spettroscopia con m. dei gas risale al 1934, anno in cui C. E. Cleeton e N. Williams osservarono una larga riga di assorbimento nell'ammoniaca a pressione atmosferica. Dopo la seconda guerra mondiale gli studî di spettroscopia con m. si sono moltiplicati con ritmo crescente, beneficiando grandemente dei notevoli progressi conseguiti nella tecnica delle m. di questi ultimi tempi.
Com'è noto, se una sostanza paramagnetica è percorsa da un campo elettromagnetico di frequenza ν e in pari tempo è sottoposta a un campo magnetico statico di intensità H, perpendicolare a quello del campo elettromagnetico (si suppone quest'ultimo costituito da onde piane polarizzate rettilineamente), la sostanza stessa presenta un assorbimento dell'energia del campo elettromagnetico (assorbimento di risonanza), quando è soddisfatta la condizione: hν = gμH, dove h è la costante di Planck, g è il fattore di Landé (v. magnetismo, in questa App.) e μ è il magnetone di Bohr.
Risulta, per es., che sali paramagnetici di manganese presentano assorbimento di risononza per lunghezze d'onda dell'ordine di 1,25 cm e per campi magnetici statici dell'ordine di 3 ÷ 4000 örsted; che l'allume di cromo presenta assorbimento di risonanza per la lunghezza d'onda di 3,18 cm e per campi magnetici statici dello stesso ordine di grandezza; che l'ossigeno presenta tale assorbimento per lunghezze d'onda di circa 3 cm e per campi magnetici dell'ordine di 4 ÷ 9000 örsted.
Anche le sostanze ferromagnetiche presentano assorbimento di risonanza, ma per esse il fenomeno si presenta più complicato per il fatto che manifestano la loro influenza anche le forze magnetiche dipolari interne, il cui effetto dipende inoltre dalla geometria della sostanza.
Sono stati anche recentemente studiati, con risultati interessanti, gli effetti magneto-ottici nel campo delle m., connessi con i fenomeni di risonanza paramagnetica.
La teoria elementare dell'effetto Faraday, basata sul teorema di Larmor, prevede per l'angolo di rotazione del piano di polarizzazione della luce polarizzata che attraversa un dielettrico immerso in un campo magnetico parallelo alla direzione di propagazione, una proporzionalità col quadrato della frequenza della luce stessa ed un senso concorde con quello della corrente magnetizzante che produce il campo, nell'effetto normale. Ma nelle vicinanze di una frequenza di assorbimento l'effetto risulta fortemente esaltato (effetto Macaluso-Corbino). Pertanto, a causa della relativamente bassa frequenza delle m., nessun effetto Faraday è da attendersi se non nelle vicinanze di una riga di assorbimento. Esperienze con risultato positivo sono state eseguite con lunghezze d'onda di circa 3,2 cm e con campo di alcune migliaia di örsted sull'allume di cromo e di potassio, sul solfato manganoso, sul carbonato manganoso. E stato osservato che la costante di Verdet cambia segno nell'intorno dei valori del campo magnetico per i quali si presenta il fenomeno della risonanza paramagnetica; precisamente il senso della rotazione è quello della corrente che circola nel solenoide per campi minori di quello di risonanza, contrario per campi maggiori.
Sono stati inoltre osservati fenomeni di birifrangenza e di dicroismo rettilinei, previsti da Kastler, per un'onda polarizzata rettilineamente, propagantesi in un dielettrico paramagnetico immerso in un campo magnetico statico parallelo al piano dell'onda, qualora il valore del campo sia prossimo a quello di risonanza e la sua direzione non sia parallela né ortogonale a quella del campo magnetico dell'onda.
L'esperienza è stata compiuta con onde TE11 in una guida a sezione circolare, contenente il sale paramagnetico, posta fra le espansioni polari di un elettromagnete ed eccitata in modo che il vettore elettrico e la componente trasversale del vettore magnetico dell'onda formino col campo magnetico esterno un angolo di 45°. In tali condizioni, decomposta detta componente trasversale in due, una parallela, l'altra normale al campo esterno, quest'ultima subisce la risonanza paramagnetica ed emerge dal dielettrico attenuata e sfasata rispetto alla componente parallela. Se il campo esterno è quello di risonanza la differenza di fase fra le due componenti è nulla, la differenza di ampiezza è massima e dal dielettrico emerge un'onda polarizzata rettilinearmente col vettore elettrico rotato rispetto a quello dell'onda incidente. Se invece il campo esterno è prossimo alla risonanza, l'onda emergente è polarizzata ellitticamente.
Bibl.: J. A. Stratton, Electromagnetic theory, New York 1941; H. J. Reich, J. G. Skalnik, P. F. Ordung e H. L. Krauss, Microwave principie, in Proceedings Symposium on modern advances in microwave techniques, New York, novembre 1954; N. Marcuvitz, Waveguide handbook, New York 1951; C. G. Montgomery, Principles of microwave circuits, New York 1948; G. L. Ragan, Microwave transmission circuits, New York 1948; W. Gordy, W. Smith e R. Trambarulo, Microwave spectroscopy, New York 1953; A. Gozzini, in Nuovo Cimento, VIII (1951), p. 928.