microscopia atomica a scansione
L’invenzione del microscopio tunnel a scansione o STM (Scanning tunneling microscope) dovuta a Gerd Binnig e Heinrich Rohrer (premi Nobel per la fisica nel 1986) ha aperto il campo allo sviluppo di diverse tecniche e dispositivi per l’osservazione, la manipolazione e la litografia con risoluzione spaziale mai raggiunte prima (dell’ordine di frazioni di nanometro). A partire dalla fine degli anni Settanta, la disponibilità di traslatori piezoelettrici per sonde con risoluzioni e dimensioni subnanometriche, consentendo la mappatura del substrato attraverso successive scansioni bidimensionali e interagendo punto a punto con esso, ha dato il via allo sviluppo della microscopia atomica a scansione. Attualmente, esistono svariati dispositivi di questo tipo che vengono ricompresi sotto il termine di microscopi con sonda a scansione o SPM (Scanning probe microscope), che possono essere divisi in tre grandi classi a seconda del tipo di interazione che avviene fra la sonda e il materiale osservato o manipolato: gli STM, i microscopi a scansione di forza o SFM (Scanning force microscope), il cui precursore è il microscopio a forza atomica o AFM (Atomic force microscope), e i microscopi a scansione ottica a campo vicino o SNOM (Scanning nearfield light optical microscope). Sebbene soltanto con STM e AFM le risoluzioni spaziali siano effettivamente su scala dei singoli atomi, tutti questi dispositivi operano su dimensioni al di sotto dei 50 nm, oltre 1000 volte inferiori al limite di diffrazione della radiazione ottica. Nel caso dell’STM la sonda raccoglie informazioni locali sulla densità elettronica degli strati superficiali in prossimità del livello di Fermi e, quindi, consente di ottenere immagini di atomi differenti risolti spazialmente. Nel caso degli SFM l’immagine viene formata attraverso la mappatura delle interazioni attrattive dovute alla forze di van der Waals agenti fra la superficie del substrato e la sonda nanometrica. Queste forze di interazione, rilevabili attraverso infinitesime deflessioni elastiche della sonda, possono essere misurate in contatto e in non contatto, risolvendo le loro componenti verticali o tangenziali rispetto al substrato e dando origine a diverse modalità e dispositivi. La visualizzazione di campi di forze superficiali di diversa origine, come quella magnetica o elettrostatica, è stata resa possibile attraverso sistemi di microscopia più specializzati per il tipo di substrato, quali il microscopio a forza magnetica o MFM (Magnetic force microscope) e il microscopio a forza elettrostatica o EFM (Electrostatic force microscope). L’accessibilità a singoli atomi, aggregati o singole molecole, consente anche operazioni di nanomanipolazione e nanomodificazioni (sia fisiche sia chimiche) della superficie del substrato per nanoscrittura, nanolitografia, nanoindentazione e nanofunzionalizzazione.