mifepristone
Farmaco utilizzato prevalentemente per l’interruzione della gravidanza (entro i 63 giorni di amenorrea), in alternativa all’intervento chirurgico. I primi test clinici avevano dimostrato che il farmaco era in grado di bloccare una gravidanza in tutte le pazienti ma che una percentuale elevata di esse non riusciva ad espellere il feto e quindi doveva ricorrere all’intervento chirurgico. Per risolvere il problema si è adottato un protocollo che prevede la somministrazione di 600 mg di m. per via orale seguita 48 ore dopo dalla somministrazione di misoprostolo per via orale (se non sono trascorsi più di 49 giorni di amenorrea) o gemeprost (entrambi analoghi sintetici della prostaglandina E1) per via vaginale: utilizzando tale protocollo l’efficacia del m. diventa paragonabile a quella dell’intervento chirurgico, anche a dosaggi inferiori. Il m. è stato proposto anche come ‘pillola del giorno dopo’ (alla dose di 10 mg) dimostrando un’efficacia superiore rispetto agli altri metodi farmacologici.
Il m. è stato sviluppato sintetizzando derivati del 19-nortestosterone con l’obiettivo di ottenere un farmaco in grado di antagonizzare l’attività dei glicocorticoidi e fu identificato in modo abbreviato con la sigla RU486. Alcuni test in vitro hanno dimostrato una debole attività come antagonista del recettore dei glicocorticoidi ma una forte attività antagonista nei confronti del recettore del progesterone. Il m. causa l’interruzione della gravidanza legando il recettore del progesterone ed impedendo l’azione dell’ormone. Inoltre il m. rende l’utero più sensibile all’azione delle prostaglandine: di conseguenza si possono ridurre le dosi di queste ultime (fino ad un quinto) e diminuirne gli effetti indesiderati.
È possibile, sebbene rara, un’emorragia intrauterina che può richiedere l’intervento chirurgico e, nei casi più gravi, anche una trasfusione. Sono stati registrati casi di infezioni da Clostridium sordellii associati all’uso di m. alla cui somministrazione aveva fatto seguito quella (non autorizzata) per via vaginale di compresse per uso orale di misoprostolo; alcuni di questi casi hanno determinato la morte della paziente. La pericolosità dell’infezione è determinata anche dalla difficoltà a diagnosticarla: le pazienti colpite non presentano febbre e accusano una serie di sintomi che sono del tutto simili a quelli provocati dalle prostaglandine. Non è ancora chiaro se il m. possa o meno favorire tale infezione.