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migrazione

Lessico del XXI Secolo (2013)
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migrazione


migrazióne s. f. – Fenomeno che ha accompagnato la civiltà dell’uomo, ma negli ultimi decenni è diventata una delle tematiche prioritarie dell’agenda politica di molti paesi. Si tratta di un argomento molto mediatizzato, che incarna perfettamente la liquidità e l’opacità della nostra epoca: difficilmente inquadrabile, in continuo cambiamento. Bisogna sottolineare che non troppa attenzione viene destinata alle m. interne, benché ancora oggi siano stimate in numero superiore a quelle internazionali. I migranti interni sono tornati di attualità anche in Italia con la ricerca di lavoro nelle regioni del Nord da parte dei giovani meridionali qualificati, ma soprattutto continuano a caratterizzare fortemente i paesi in via di sviluppo, dirigendosi dalle aree rurali verso le città (le m. intraregionali in Africa sono il principale movimento di popolazione). Il caso cinese è forse il più significativo: le m. interne coinvolgono, secondo i dati governativi più recenti, 150 milioni di persone, generando un vero stravolgimento del profilo socio-demografico del paese. Nondimeno, le m. internazionali e la loro crescente articolazione sono un tema di più vivo interesse al punto che gli ultimi decenni sono stati definiti dai sociologi S. Castles e M.J. Miller come «l’era delle migrazioni», nonostante, in realtà, la maggior quantità di spostamenti si sia vissuta nelle m. transoceaniche tra fine Ottocento e inizio Novecento. Già a partire dagli anni Ottanta del 20° secolo, e in maniera più significativa nell’ultimo decennio, infatti, le m. assumono un carattere globale toccando molti punti di partenza e di arrivo, creando diversi sistemi migratori, accentuando la componente transnazionale e trasformando anche i paesaggi dei luoghi di transito. Sempre in questa fase si è assistito a una marcata differenziazione dello status dei migranti (temporanei e permanenti, m. volontarie e coatte) e al crescere del protagonismo femminile: le donne, secondo una stima del 2010, rappresentano il 49% del totale dei migranti e in particolare quelle in provenienza dai paesi dell’Europa orientale sono quasi sempre i primomigranti dei nuclei familiari. Un altro aspetto rilevante di questa fase è stato il ruolo assunto dalle politiche interne ai singoli stati e a scala planetaria: in particolare, dopo l’attacco alle Torri gemelle di New York dell’11 settembre 2001 le politiche di tutti gli stati occidentali si sono concentrate sui temi della sicurezza e del controllo delle frontiere più che sulle politiche di integrazione e di promozione dell’interculturalità. In tal senso la 'clandestinizzazione' del fenomeno è aumentata negli ultimi anni e sono cresciuti anche i migranti che, entrati regolarmente, sono poi caduti nell’irregolarità. Nei primi anni del nuovo millennio il numero mondiale dei migranti regolari è passato dai 150 milioni di persone nel 2000 a 214 milioni dieci anni dopo. Una popolazione pari al 3,1% degli abitanti del mondo che, benché non rappresenterebbe che la quinta nazione per numero di abitanti, nella letteratura scientifica sovente è letta come un nuovo continente. Dal 2000 in poi, inoltre, il peso delle m. verso i paesi del mondo occidentale (quasi il 60% nel 2010) ha continuato a crescere rispetto agli attraversamenti di frontiera Sud/Sud che, solo alla fine degli anni Ottanta, erano ancora in maggioranza. Alcuni elementi delle m. tra i paesi in via di sviluppo sono ancora leggibili dall’incidenza percentuale dei migranti regolari sul totale della popolazione dei singoli stati: il Qatar è composto all’87% da stranieri e l’Arabia Saudita per il 70%. Si tratta, come in molti altri paesi della Penisola Arabica, di lavoratori provenienti dal subcontinente indiano e da altri paesi arabi che sono stati impiegati nella costruzione delle recenti opere faraoniche: lo sciopero dei lavoratori edili stranieri di Dubai del 2006 ha acceso l’attenzione sulla loro condizione di vero sfruttamento. Se leggiamo il fenomeno in termini assoluti, invece, i principali poli migratori sono rappresentati dall’Unione Europea, il Nord America e l’Asia pacifica. La gerarchia dei paesi ospitanti è dominata dagli stati appartenenti all’OCSE: gli Stati Uniti continuano a ospitare lo stock maggiore di migranti con circa 42 milioni di stranieri nel 2010 e sono seguiti soprattutto dai paesi europei (in testa la Russia con 12,3 milioni e la Germania con 10 milioni), il Canada e l’Australia, i cui 6 milioni di stranieri rappresentano più di un quarto del totale degli abitanti. Fuori da questo insieme, si distinguono l’Arabia Saudita (7 milioni) e la Repubblica sudafricana (quasi 5 milioni), che è diventato negli ultimi anni il polo più importante d’Africa. Questi primi anni del nuovo millennio hanno anche confermato il ruolo di polo attrattore per i paesi tradizionalmente esportatori di manodopera come l’Irlanda e gli Stati dell’Europa mediterranea (Spagna e Italia soprattutto, ma anche Portogallo e Grecia). Il Mediterraneo, insieme con la linea di confine USA-Messico, incarna la frontiera del Nord del mondo che tenta di frenare i flussi provenienti da Sud. Altri nodi strategici nei flussi migratori sono i corridoi tra la Russia e l’Ucraina e il confine tra il Bangladesh e l’India. In relazione all’aspetto economico – motore principale della mobilità – l’ammontare complessivo delle rimesse è cresciuto esponenzialmente passando dai 132 miliardi di dollari del 2000 ai circa 440 del 2010, pur subendo un leggero declino a causa della crisi economica iniziata nel 2008. Questa fase di difficoltà generalizzata ha rallentato i flussi in tutti i paesi OCSE incrementando i tassi di disoccupazione tra gli stranieri: solo nel 2012 si sono visti i primi segnali di ripresa. In questo scorcio di millennio, anche a causa della crisi economica, le tensioni e i conflitti tra i migranti e le società ospitanti si sono registrate in più parti e gli effetti di una difficile convivenza hanno assunto configurazioni diverse: dalla clamorosa marcia di protesta dei latinos negli Stati Uniti del 2006, alle periodiche tensioni che si registrano nelle disagiate banlieues francesi a opera delle terze generazioni di immigrati, fino alle periodiche ondate xenofobe in Sudafrica, la più drammatica delle quali si è vissuta nel 2008, quando si è scatenata una caccia allo straniero per le strade di Johannesburg. Anche le cronache italiane sono punteggiate di episodi razziali e il crescente peso politico del partito nazionalista Alba dorata in Grecia è misura di questo atteggiamento che ha avuto la sua espressione parossistica nell’eccidio di giovani socialisti in Norvegia per mano di un fondamentalista cristiano contrario al multiculturalismo nel luglio 2011.

Vocabolario
migrazióne
migrazione migrazióne s. f. [dal lat. migratio -onis]. – 1. In genere (come fenomeno biologico o sociale), ogni spostamento di individui, per lo più in gruppo, da un’area geografica a un’altra, determinato da mutamenti delle condizioni...
prototropìa
prototropia prototropìa s. f. [comp. di proto(ne) e -tropia]. – In chimica, tipo di isomeria dinamica in cui la differenziazione tra le forme tautomere avviene per effetto della migrazione di un protone.
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