polinesiani, migrazioni dei
Ondate migratorie che raggiunsero gli arcipelaghi della Polinesia spostandosi da O a E. I migranti appartenevano alla civiltà lapita (caratterizzata da un tipo particolare di terracotta), che si era diffusa dalla Nuova Guinea in Melanesia, fino alle Isole Samoa e Tonga a E (1600-1200 a.C.). Di qui una prima ondata migratoria verso E raggiunse entro il 500-300 a.C. le Isole Marchesi (Hiva), le Isole Cook e Tahiti. Entro il 300 d.C., viaggiatori provenienti probabilmente dalle Marchesi raggiunsero l’Isola di Pasqua a S-E; intorno al 400-500 d.C., popolazioni provenienti prevalentemente dalle Isole Marchesi raggiunsero le Hawaii a N. Infine, intorno all’800-1000 d.C. viaggiatori dalle Isole della Società o dalle Cook, ritornando verso O, raggiunsero la Nuova Zelanda (Aotearoa). Per molti secoli i migranti compirono viaggi di ritorno dalle Hawaii alla Polinesia centrale, finché le comunicazioni cessarono intorno al 1300-1400 d.C. I migranti portavano con sé animali domestici e piante da introdurre nelle nuove terre. Le strategie di esplorazione sfruttavano i periodici cambiamenti di direzione dei venti da O a E e viceversa. Le elevate distanze poterono essere percorse grazie a una tecnica nautica straordinaria, che suscitò lo stupore degli esploratori europei (18° sec.): le canoe polinesiane avevano uno stretto scafo scavato in un tronco o formato da tavole legate con corde intrecciate di fibra di cocco. Le canoe a scafo unico avevano un fuoriscalmo che garantiva stabilità; le canoe a due scafi per le grandi distanze erano formate collegando due scafi con travi trasversali e con un ponte. I navigatori riuscivano a orientarsi in mare sfruttando la posizione dei corpi celesti, in base alla quale suddividevano l’orizzonte in settori, ma anche in base alla conoscenza dei venti e delle onde morte, e memorizzavano la rotta percorsa con grande precisione.