VALTERS, Mikelis
Scrittore e diplomatico lettone, nato a Liepaja il 7 maggio 1874. Sospetto al regime zarista, dovette (1897 e 1905) rifugiarsi nell'Europa Occidentale. L'esilio gli facilitò gli studî all'univ. di Berna e, in seguito, il conseguimento della laurea a Zurigo. Polemizzò con i marxisti, pubblicando sui giornali lettoni scritti politici e saggi critico-letterarî come Latviešu kritika mākslas un zinību jautājumos (Critica lettone in questioni di arte e di scienza, 1908). Importante fu anche il suo contributo alla storia dell'arte, che pubblicò nel volume Florencē (A Firenze, 1909). Nel 1915, rientrato in patria, prese parte attiva alla vita politica del paese, e quando (1918) si costituì il nuovo stato della Lettonia indipendente, assunse l'incarico di ministro dell'Interno; fu poi (1920-40) ministro a Roma (1920-24), quindi a Parigi, Varsavia, Bruxelles. Dopo la seconda guerra mondiale si ritirò a vita privata a Nizza, dedicandosi all'attività letteraria e giornalistica.
Come poeta e scrittore cominciò ad affermarsi nel primo decennio del secolo, usando lo pseudonimo di Andrejs Paparde (piacque il racconto Šuveja, La sarta, 1906). Esordì con poesie, in verso libero, nelle quali a meditazioni filosofiche si alternano delicate emozioni liriche. La sua opera di poesia è raccolta in tre volumi: Tantris (1908), Ēnas uz akmeniem (Ombre sulle pietre, 1909), e Mūžība (L'eternità, 1914). Scrisse inoltre due drammi filosofici, Kristus atriebšanās (La vendetta di Cristo, 1928) e Dievs un cilvēks (Dio e Uomo, 1930), il suo capolavoro letterario rappresentato con successo a Riga. Ma il maggior suo merito è forse quello di aver portato nella vita culturale del suo Paese idee moderne sull'arte, la letteratura, la sociologia e la politica (Lettland, 1923; Baltengedank und Baltenpolitik, 1926; Le peuple letton, 1926, ecc.).
Bibl.: A. Prande, Latvju Rakstienicība Portrejās, Riga 1926; L. Bērzinš, Latviešu literaturas vēsture, Riga 1936; A. Švābe, nella Latvju Enciklopedija, Stoccolma 1954.