MILANO FRANCO d’ARAGONA, Giacomo Francesco. – N
acque a Polistena in Calabria il 4 maggio 1699 da Aloisia Gioeni e da Giovanni Domenico, dal quale ereditò i titoli di marchese di San Giorgio e di Polistena, principe di Ardore e del Sacro Romano Impero.
Il M. fu diplomatico e uomo politico, e si distinse anche come compositore e clavicembalista «dilettante». Suo maestro fu F. Durante cui il M., nel 1733, regalò un puledro di razza selezionato nelle sue scuderie di Polistena, dedicandogli inoltre una Salve Regina di sua composizione, che in apertura sembra evocare il motivo iniziale di quella in do minore di Durante. Quest’ultimo ricambiò, offrendogli la stampa delle sue Sonate per cembalo divise in studii e divertimenti, nel cui frontespizio si definì «già Chirone di questo Achille». Fino al 1739 il M. alternò al soggiorno nella residenza napoletana periodi trascorsi nei suoi feudi calabresi, in particolare nel palazzo di Polistena, la cui «gran sala» era dotata di un teatro corredato di complessi macchinari scenici, alle cui rappresentazioni diede forse il suo contributo il commediografo e librettista romano C.S. Capeci, che dal 1725 al 1728 trascorse a Polistena i suoi ultimi anni come segretario del principe padre del Milano.
Intorno al 1723 «era già divenuto ottimo sonator di cembalo» (Villarosa, p. 117), tanto da essere considerato «le meilleur claveciniste de Naples» (Fétis, p. 139), come sembra confermare la descrizione dei festeggiamenti per il suo compleanno secondo la quale, nel palazzo della capitale, dopo una «musica sceltissima» cui parteciparono «quasi tutti li virtuosi di Napoli e forastieri. […] si fè sentire il Dio della musica cioè il suddetto signor Principe d’Ardore […] per il quale restorono ammutiti tutti come avessero osservato il teschio di Medusa per la sua rara facondia e virtù» (Magaudda - Costantini, 1994, pp. 71 s.).
Il 23 maggio 1725 fu unito in matrimonio a Enrichetta Caracciolo, figlia del principe di Santobuono, dal papa Benedetto XIII, suo parente (cfr. Magaudda, 2001, p. 29, n. 53).
Al 1729 risale la stampa dei suoi cori monodici per il Ridolfo, una delle Tragedie cristiane pubblicate in quell’anno a Napoli dal duca A. Marchese, che si era avvalso della collaborazione musicale di «dieci valentuomini de’ più dotti in tal materia»: T. Carapella, D. Sarro, L. Vinci, F. Durante, J.A. Hasse, L. Leo, N. Porpora, N. Fago e F. Mancini, ai quali il M., «patrizio napoletano di assai alta fama in quei tempi […] non ebbe a sdegno di framischiarsi» (Sigismondo).
Da quell’anno fino al 1740, probabilmente per iniziativa dello stesso M., nella residenza di Polistena fu attiva una cappella musicale, l’unica finora documentata tra quelle di corte nell’ambito delle province del Regno.
In essa, accanto ai musicisti locali, si avvicendarono quelli provenienti da Napoli, il cui prestigio è attestato dal successivo inserimento di alcuni nell’organico della cappella del Tesoro di S. Gennaro o tra i docenti del conservatorio di S. Onofrio. La formazione più ampia fu raggiunta nel 1737 con la presenza di 2 violini, un violoncello, 2 corni da caccia, un cantante e il maestro di cappella.
Nel 1733 gli fu dedicato il libretto dell’opera Ginevra di G. Sellitti, rappresentata nel teatro veneziano di S. Samuele, in cui si fa riferimento al suo «profondo possesso della musica».
Nel febbraio 1740 fu nominato reggente della Gran Corte della Vicaria e ministro cavaliere del supremo magistrato di Commercio e, nel settembre, gentiluomo di camera d’entrata e poi cavaliere del Reale Ordine di S. Gennaro. Nell’aprile 1741 fu destinato dal re per suo ambasciatore straordinario presso la corte di Parigi, dove si trasferì con la famiglia dal 26 giugno 1741 al maggio 1749. Nel giugno 1749 tornò temporaneamente a Napoli. Nominato consigliere di Stato il 5 genn. 1750, ripartì da Napoli nell’aprile successivo e giunse a Parigi intorno al 20 luglio. Lì proseguì l’attività di ambasciatore fino al maggio 1753, per rientrare a Napoli il 27 giugno passando per Savona, per il cui santuario compose una messa. A Parigi cambiò più volte abitazione e si spostò, al seguito della corte, nelle residenze reali di Versailles, Fontainebleau, Compiègne e Marly. Inoltre seguì Luigi XV nelle campagne di guerra nelle Fiandre.
Come diplomatico, oltre a negoziare trattati di commercio e navigazione con Francia, Svezia e Olanda, organizzò diverse feste nelle sue residenze, per le quali ingaggiò i migliori musicisti italiani e francesi attivi in città, che avevano in comune la particolarità di essere buoni esecutori nello stile italiano: i violinisti J.-P. Guignon e J.B. Cupis de Camargo, il flautista M. Blavet, i cantanti C.A. Somis, M. Fel, P. Jélyotte e N. Reginella, quasi tutti appartenuti alla cerchia del principe di Carignano Vittorio Amedeo di Savoia, già ispettore generale dell’Opéra, che aveva avuto alle sue dipendenze un’orchestra privata. Il M. ne seguì la politica culturale, inserendosi nell’ambiente dei cultori della musica italiana che gravitavano attorno ad alcuni salotti privati e al Concert spirituel, senza però mai sostenere apertamente il partito filoitaliano, nemmeno in occasione della «querelle des bouffons», forse per non compromettere l’alto profilo istituzionale della sua carica.
In alcune occasioni si esibì personalmente al clavicembalo. Il duca di Luynes, che lo ascoltò accompagnare Guignon a Fontainebleau nel 1742, ne esaltò la bravura nel realizzare il basso continuo e la capacità di variare ed elaborare estemporaneamente una melodia data, grazie a una profonda conoscenza della composizione; J.-J. Rousseau sostenne la sua superiorità nell’improvvisazione nei confronti dei famosi organisti G.-A. Calvière e L.-C. Daquin, asserendo che egli «pour la vivacité de l’invention et la force de l’exécution efface les plus illustres artistes et fait à Paris l’admiration des connaisseurs» (Magaudda, 1982, p. 111).
Nel 1746 F. Geminiani, che insieme con il M. aveva frequentato il salotto filoitaliano della famiglia Duhallay, gli dedicò le sue sonate per violoncello e basso continuo op. V, nel cui frontespizio è citato col titolo di «cavaliere di S. Spirito», che gli era stato conferito il 24 aprile dello stesso anno.
Il riferimento a questa onorificenza del M. nella dedica delle Sonate per cembalo di Durante ha consentito recentemente di collocare la data di stampa della raccolta, precedentemente attribuita al 1732, nel periodo tra il 1746 e il 1749, considerando che dal 1° genn. 1750 egli godette anche della carica di consigliere di Stato, non citata nella dedica.
Dopo il suo ritorno dall’ambasciata di Francia il M. aspirava alla carica di viceré di Sicilia ma, non avendolo ottenuto, si ritirò nei suoi feudi fino a quando Carlo di Borbone regnò a Napoli. Sebbene tra il 1757 e il 1766 sia documentata la ripresa delle attività musicali e teatrali nel palazzo di Polistena, con pagamenti al commediografo napoletano Giovanni Tucci e a musicisti provenienti da Mileto, Seminara, Galatro, Monteleone e Messina, non è provata la presenza costante del M. in Calabria in quegli anni.
Nel 1759, quando Carlo di Borbone lasciò la corona di Napoli per quella di Spagna, il M. fu nominato membro del Consiglio di reggenza durante la minorità di Ferdinando IV, schierandosi sulle posizioni più conservatrici: contro il Fisco e ogni prospettiva di riforma e a favore del baronaggio e della Chiesa sulle questioni giurisdizionali. Alcune satire scritte durante la carestia del 1763-1764 (cfr. Magaudda, 2001, pp. 67-75) lo dipingono come un irresponsabile e un inetto che, invece di pensare a governare, si trastullava tra i libri e il clavicembalo, ironizzando anche sulle sue qualità di musicista. Con la maggiore età del re (1767) entrò a far parte del Consiglio di Stato.
Dal marzo 1750 fu aggregato alla Confraternita napoletana della Madonna dei Sette Dolori, alle cui prestigiose esecuzioni musicali aveva forse precedentemente contribuito con il suo oratorio per l’Addolorata, rimanendovi ascritto, anche se contumace, fino alla morte.
Il M. morì a San Paolo Bel Sito (presso Napoli) il 28 nov. 1780; la data di morte è registrata nei Conti generali della Confraternita della Madonna dei Sette Dolori.
Pur non essendo datate, le composizioni manoscritte del M. sono per la maggior parte ascrivibili al periodo 1734-79, soprattutto a partire dal soggiorno francese. La scrittura musicale, «pur progressivamente polarizzata nella distinzione tra melodia e accompagnamento, mantiene vivo l’interesse contrappuntistico [...]. È una scrittura, in definitiva, che spontaneamente germina dalla dissoluzione dello stile barocco, sotto la spinta della semplificazione tonale» (Pitarresi, p. 92).
I lavori più riusciti, nell’ambito della musica sacra, sono la Lamentazione, il cui ultimo brano «peut être mise en parallèle avec les plus belles pièces de la musique religieuse italienne» (Laurencie, p. 125) e l’oratorio Maria SS.ma de’ Dolori, di cui uno dei due libretti pervenuti (Maria afflitta nella sua solità) documenta un’esecuzione da effettuarsi il 10 marzo 1742 nella Confraternita palermitana di Nostra Signora della Soledad, forse una ripresa di quella napoletana, data l’attestata circolazione di partiture tra le due istituzioni. In questi lavori, ai tratti predominanti dello stile barocco, con modulazioni improvvise e risoluzioni inconsuete delle numerose dissonanze, tetracordi e successioni cromatiche discendenti dettati dal carattere patetico dei testi, si affiancano la cantabilità e la semplicità espressiva di alcune arie dalla regolarità fraseologica e dall’armonizzazione semplice, i cui ritmi cullanti di siciliana danno spazio all’effusione patetica, in adesione al devozionismo popolareggiante della Napoli dell’epoca. Simili influenze galanti, con la presenza di ritmi lombardi in alcune arie, si riscontrano anche nell’oratorio Betulia liberata, del quale C. Broschi detto Farinelli possedeva una copia, assieme ad altri brani non meglio identificati del Milano.
Al rigore contrappuntistico ereditato da Durante si uniscono il calore umano e la cantabilità sensuale e comunicativa di matrice pergolesiana, come nel caso della Salve Regina.
Nelle sinfonie, all’influenza dei lavori orchestrali del maestro, si affiancano quella del concerto solistico vivaldiano, con la presenza dei tipici allegri fugati della sonata da chiesa accanto a movimenti strutturati come ritornelli orchestrali inframmezzati da virtuosistici episodi solistici. Il lavoro più notevole è forse la serenata L’Angelica in cui, a recitativi alquanto convenzionali, si alternano arie col da capo di ampia struttura formale che, per il loro straordinario virtuosismo, la scioltezza contrappuntistica, la complessità della scrittura armonica e la varietà di quella orchestrale, hanno indotto a collocare l’opera nel decennio 1750-60, almeno una trentina d’anni dopo la stesura del testo metastasiano. Su alcune composizioni perdute sono rimasti i giudizi elogiativi contenuti nell’epistolario di P. Metastasio.
Composizioni superstiti: serenata L’Angelica (testo di Metastasio; dopo il 1720), per cinque soprani, contralto, fiati, archi e basso continuo (Napoli, Biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Majella, Mss., 21.2.20.21); Cori del Ridolfo (A. Marchese; 1729), per soprano e basso continuo (in A. Marchese, 1729, pp. 37-40); oratorio Maria SS.ma de’ Dolori (Casimiro Rossi; probabilmente prima del 1733), per soli, coro, fiati, archi e basso continuo (Dresda, Sächsische Landesbibliothek, Mss., Mus., 2481.D.1); oratorio Betulia liberata (=Giuditta; Metastasio; non prima del 1734), per due soprani, due contralti, tenore e basso, 2 trombe, coro, archi e basso continuo (Polistena, Biblioteca comunale, manoscritto, senza indicazione di collocazione); Lamentazione per soprano, archi e basso continuo (Parigi, Bibliothèque nationale, Mss.,VM1.1414); 5 sinfonie a 3 e 4 parti per archi e basso continuo (Ibid., Rés. F.444); Salve Regina per contralto, archi e basso continuo (Münster, Bischöfliches Priesterseminar Bibliothek, Santini, Mss., Hs. 2683; Weimar, Goethe und Schiller Archiv, 3 an N. 290).
Composizioni perdute: aria per contralto, archi e basso continuo (cfr. Eitner, p. 474); sonate per cembalo; cantate; oratorio Gioas re di Giuda (Metastasio; non prima del 1735); messe, tra cui una per il santuario di N.S. di Misericordia di Savona (probabilmente 1753); Christus (1777; cfr. Villarosa, pp. 116-118), oratorio Giuseppe riconosciuto (Metastasio; non dopo il 1770); Via crucis (L. Locatelli; non dopo il 1779; cfr. P. Metastasio, III, p. 380; V, pp. 49, 594-597). Inoltre, oratorio La Passione di Gesù Cristo (probabilmente Metastasio; 1741-53; cfr. satire del 1763-64, in Magaudda, 2001, p. 73 e Pitarresi, 2001, p. 86).
Fonti e Bibl.: Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, Theor. Msr., 30/III: G. Sigismondo, Apoteosi della musica del Regno di Napoli in tre ultimi transundati secoli [...] scritto nell’anno 1820; C.A. de Rosa marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli del secolo XVIII, Napoli 1840, pp. 116-118; C.-Ph. d’Albert de Luynes, Mémoires, a cura di L. Dussieux - E. Soulié, Paris 1860-63, III, pp. 398, 430, 433; IV, pp. 128, 141, 219; V, pp. 177, 364; VI, pp. 35, 400, 416, 422; VII, pp. 187, 292, 398, 455, 461; VIII, pp. 75, 110, 117, 179, 340, 454; IX, pp. 107, 111, 135, 390; X, pp. 208, 297, 357; XI, pp. 191, 194, 259; XII, pp. 209, 424-426; L. de La Laurencie, Un diplomate musicien au XVIIIe siècle: le prince d’Ardore, in Courrier musical, 1° marzo 1913, pp. 123-126; P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1952, p. 380; V, ibid. 1954, pp. 48-50, 594-597; A. Magaudda, Un feudatario calabrese dilettante di musica: G.F. M. principe di Ardore (1699-1780), tesi di laurea, Università di Bologna, corso di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo, a.a. 1980-81; Id., La cappella musicale di Polistena, in Riv. italiana di musicologia, XVII (1982), 1, pp. 109-135; A. Magaudda - D. Costantini, Un musicista calabrese alla corte di Francia: notizie inedite sulla residenza napoletana e il periodo francese del principe d’Ardore, in Civiltà musicale calabrese nel Settecento. Atti del Convegno..., Reggio Calabria... 1986, a cura di G. Ferraro - F. Pollice, Lamezia Terme 1994, pp. 71-94; S. Franchi, Drammaturgia romana, II, Roma 1997, pp. CCII, 201; A. Magaudda, G.F. M., principe d’Ardore, nell’ambito della committenza musicale aristocratica del secolo XVIII, in G.F. M. ed il ruolo dell’aristocrazia nel patrocinio delle attività musicali nel secolo XVIII. Atti del Convegno..., Polistena-San Giorgio Morgeto …1999, a cura di G. Pitarresi, Reggio Calabria 2001, pp. 13-75; G. Pitarresi, I caratteri stilistici della produzione di G.F. M., principe musicista, ibid., pp. 77-116; N. Maccavino, La «Salve Regina» di G.F. M., ibid., pp. 117-144; A. Magaudda - D. Costantini, L’Arciconfraternita napoletana dei Sette Dolori (1602-1778), in Musica e storia, XI (2003), 1, pp. 51-137; M. Columbro - P. Maione, La cappella musicale del Tesoro di S. Gennaro di Napoli tra Sei e Settecento, Napoli 2008, ad ind.; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, p. 139; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, p. 474; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, p. 670.