Milano
Città dell’Italia settentrionale, capoluogo della Lombardia.
L’antica Mediolanum, fondata intorno al 400 a.C. dai galli insubri, fu conquistata dai romani nel 222; ma fu stabilmente soggetta a Roma solo nel 196 (o nel 194). Nel 49 M. ottenne il regime municipale voluto da Cesare; dopo la morte di lui seguì i cesaricidi, ma ebbe indulgenza da Ottaviano. Iscritta alla tribù ufentina, crebbe in prosperità e fu eretta a colonia nel 2° sec. Dopo la metà del 3° sec. si ebbero scorrerie di alamanni, battuti da Gallieno nel 261 e poi da Claudio il Gotico. Con Massimiano fu sede di imperatori, fattasi stabile con la riforma politico-amministrativa di Diocleziano (292), che la fece residenza anche del prefetto del pretorio e del vicario di Italia.
Con la crisi dell’impero d’Occidente, il trasferimento della capitale a Ravenna (408), M. subì la conquista ostrogota e il saccheggio dei burgundi (489-93). Nel 537 si richiesero a Belisario aiuti militari, che però non evitarono devastazioni gote e burgunde (539) e ancora franche, e solo dopo la pacificazione dell’Italia (563-64) trovò in Narsete il proprio restauratore. Quando nel 569 la conquistarono i longobardi, era ancora città romana; ma subì con tutta la regione una germanizzazione dei ceti dirigenti, risultato di azioni repressive volute da re Clefi (572-74). M. decadde, mentre Pavia divenne capitale del regno barbarico. Carlomagno conferì nuova importanza a M., ora sede di zecca, al cui metropolita rese suffraganea la diocesi di Coira (dal 790 all’842).
Nella lotta fra Enrico II e Arduino d’Ivrea per il regno d’Italia, emersero in M. i primi contrasti politico-sociali. Fu con Ariberto d’Intimiano, arcivescovo dal 1018, che il potere feudale del metropolita di M. divenne componente primaria della politica italiana ed europea. A fianco di Enrico, fu uno dei sostenitori di Corrado II, che egli stesso incoronò a M. re d’Italia; nel 1033 concorse alla vittoriosa spedizione transalpina di Corrado in Borgogna. Tuttavia al suo ritorno in M. i secundi milites (valvassores), vassalli dell’arcivescovo, si ribellarono con le armi al loro signore. Corrado, invocato come arbitro, fu costretto dai tumulti cittadini a rifugiarsi a Pavia: Ariberto rifiutò di sottomettersi, quindi seguirono il suo arresto e la sua fuga. Rientrato a M., l’arcivescovo trovò i cittadini pronti a resistere al previsto assedio imperiale, che si concluse nel vano attacco del 1037. La lotta sociale si estese anche al ceto cittadino borghese (cives): arcivescovo, capitanei e valvassores furono costretti (1040) da una rivolta ad abbandonare Milano. Sotto la guida dell’aristocratico Lanzone l’assedio si prolungò fino al 1043. Enrico III promosse la pace e i nobili rientrarono in città (1044).
La politica del Comune dalla fine del sec. 11° protesse gli obiettivi dei ceti mercantili e la conquista di vie di traffico con le guerre contro Lodi (1107-11), Como (1118-26), che vide coinvolti molti alleati (Bergamo, Pavia, Cremona e Brescia con M.) e che portò alla distruzione della città avversaria (1127), e Cremona (1130). A difesa dei propri diritti costituzionali e delle conquiste territoriali, M. scese in lotta contro Federico I: posta al bando dell’impero nel 1155 e assediata dal Barbarossa nell’agosto 1158, gli si arrese nel settembre. Più gravi conseguenze ebbe l’assedio di Federico nel 1161, conclusosi nel 1162 con la vittoria dei nemici tedeschi e lombardi di M.: distrutte le fortificazioni, la popolazione fu costretta ad accamparsi fuori le mura cittadine per quattro anni, fino alla ripresa della lotta conclusa con la vittoria della Lega lombarda a Legnano (1176). Con la Pace di Costanza (1183) si ebbe il riconoscimento giuridico del consolato milanese nella sua dipendenza dall’autorità imperiale. Dopo una nuova espansione commerciale, attenuatasi con la morte di Enrico VI (1197) l’autorità imperiale, ebbe inizio la lotta interna per il potere. Malcontenta della sperequazione esistente nelle magistrature cittadine, la borghesia nel 1198 si costituì in commune populi con la formazione della Credenza di S. Ambrogio, che fu un governo democratico funzionante accanto e contro il tradizionale e aristocratico commune militum: nel 1201 si ebbero in M. ben tre podestà, finché nel 1205 si giunse alla pacificazione con l’istituzione di un governo podestarile, che assicurò uguaglianza giuridica ai cittadini (sono del 1216 le Consuetudines mediolanenses). M. all’inizio del sec. 13° era saldamente organizzata a tutela della sua attività economica, basata sui commerci e sulle industrie (in partic. metalli e lana). Nuova via di traffico fu, nel sec. 13°, il naviglio Grande che, iniziato nel 1179, congiunto con quello della Martesana, metteva in comunicazione Ticino e Adda. Nel 1258 Martino della Torre, capitano del popolo (1241) e podestà (1255-57), ottenne poteri dittatoriali per combattere Ezzelino da Romano; vittorioso a Cassano d’Adda (1259), divenne di fatto signore; il favore popolare, dopo la sua morte (1263), assicurò anche al fratello Filippo il rinnovo degli eccezionali poteri e i torriani diressero la politica milanese e lombarda in chiave guelfa e filoangioina. Poi, con Ottone Visconti arcivescovo di M. (1277), si affermò una nuova signoria nobiliare ghibellina, rinsaldata con l’elezione a capitano del popolo del pronipote Matteo (1287). Quando nel 1330 Azzone Visconti si fece conferire il titolo e i diritti di dominus generalis, il governo comunale era ormai divenuto un vasto Stato signorile; con Gian Galeazzo esso giunse a comprendere Verona, il Monferrato, Perugia, e dal 1330 era anche sottoposto a unica legge. Quando Gian Galeazzo fu creato duca (1395), M. aveva ormai cessato di esistere come soggetto di politica autonoma, assorbita com’era nella struttura statale del ducato.
La prosperità dello stato ducale milanese si riflettè nella vita economica, artistica e culturale: Gian Galeazzo iniziò il duomo (1386) e con Filippo Maria la città visse gli effetti dell’epoca aurea dell’Umanesimo e del Rinascimento. I Visconti inoltre incrementarono l’agricoltura (gelso e riso) e l’industria (seta, specie broccati). Nel 1447, morto Filippo Maria senza eredi legittimi, il partito aristocratico antivisconteo proclamò la Repubblica ambrosiana che, minacciata da Venezia, non durò a lungo: Francesco Sforza pose l’assedio a M., dove entrò il 26 febbr. 1450. Con la dinastia sforzesca, e in partic. con Ludovico il Moro, M. divenne una delle più splendide corti d’Italia e d’Europa. Nel 1499 entrarono in M. i francesi di Luigi XII; nel 1500 Ludovico recuperò la città e lo Stato, ma li perse definitivamente a Novara nel 1501. M. era dei francesi fino al 1512 quando passò al legittimo successore degli Sforza, il duca Massimiliano. Le scelte impopolari di quest’ultimo suscitarono il malcontento dei cittadini a tal punto da costringerlo a concedere (1515) una sostanziale autonomia delle magistrature cittadine. Con la vittoria di Marignano i francesi si impadronirono nuovamente di M. e nel 1515 Massimiliano abbandonò la città. I francesi, salvo l’occupazione di Carlo V nel 1521-23, mantennero M. fino al 1525. Dopo la parentesi dell’ultimo degli Sforza, Francesco II, morto nel 1535, M. e il ducato entrarono a far parte dei domini asburgici. Sotto la dominazione spagnola la città decadde, nonostante i governatori, le autorità amministrative e le supreme magistrature (Senato) fossero impegnate a tutelare l’autonomia dello Stato. Il dominio austriaco, iniziato nel 1707, quando Eugenio di Savoia la occupò dopo sei mesi di assedio, e durato fino alla conquista napoleonica, tranne una parentesi sabauda (1733-36), assunse con Maria Teresa e Giuseppe II il compito di riorganizzare da un punto di vista politico e amministrativo la città. Durante la campagna d’Italia (1796), l’arciduca Ferdinando abbandonò la città a Napoleone, accolto entusiasticamente dalla popolazione. La costituzione della Repubblica cisalpina (1797) diede alla città i benefici dell’autonomia amministrativa. La restaurazione austriaca indusse la popolazione ad accogliere festosamente il ritorno (1800) delle truppe napoleoniche; creata capitale della Repubblica italiana (1802), poi del regno italico (1805), la città vide realizzarsi un reale sviluppo economico, favorito da imponenti opere pubbliche. Dopo i tumulti del 20 aprile 1814, gli austriaci riportarono a M. il governo asburgico. Questo riuscì inviso ai milanesi, per l’esoso fiscalismo, l’oppressione poliziesca, gli intralci della burocrazia e il protezionismo industriale esercitato a favore delle industrie boeme e morave. Perciò i moti del 1821 trovarono la città preparata ad accogliere il fermento rivoluzionario. La reazione austriaca si abbatté spietatamente sui milanesi che avevano diretto le congiure carbonare e dei federati, come F. Confalonieri e G. Pallavicino. Nel 1848, la città dopo cinque giornate di eroici combattimenti (18-22 marzo) si liberò da sola dalla dominazione austriaca. Il 6 agosto il maresciallo Radetzky entrò di nuovo in Milano. Ma ormai né la severità nel punire i moti del 1853, né il benevolo governo dell’arciduca Massimiliano e le promesse di riforme valsero a riconquistare la fiducia dei milanesi. Nell’Italia unita M. si segnalò per lo sviluppo delle attività produttive e del movimento operaio. Teatro, nel 1898, di violenti moti popolari di protesta per l’aumento del prezzo del pane, repressi dal ministero Di Rudinì, M. divenne, a partire dal nuovo secolo, il centro della grande industria italiana. Durante la Seconda guerra mondiale M. fu una delle città italiane più gravemente colpite dai bombardamenti aerei. Dopo la costituzione della Repubblica sociale, M. fu il centro dell’opposizione al restaurato governo fascista. Dal 1946 la ripresa delle attività industriali, economiche e commerciali ha avuto un rapidissimo sviluppo, che ha portato M. a essere il centro della vita produttiva ed economica del Paese.