Vedi MILANO dell'anno: 1963 - 1995
MILANO (v. vol. V, p. 1)
In questi ultimi anni scavi archeologici effettuati in aree di notevole estensione hanno fornito numerose informazioni che sotto certi aspetti vengono a modificare il quadro generale delle conoscenze sulla città.
Le più antiche tracce di insediamento a M. risalgono al V sec. a.C. e sono riferibili alla cultura c.d. di Golasecca III A. Già sterri effettuati nel secolo scorso ne avevano documentato l'esistenza, ma solo recentissimi scavi hanno permesso di valutarne l'estensione in almeno 2 km2, nell'area tra il Cordusio, Via Meravigli, Via Moneta, la Biblioteca Ambrosiana e Piazza Duomo. Nonostante le labili tracce, si può supporre quindi un vero e proprio centro golasecchiano collegato ad altri insediamenti del tipo di quelli recentemente identificati a Bergamo, Brescia e Como.
In età gallica, secondo le fonti, M. era il più importante insediamento degli Insubri. Il dato archeologico non coincide finora con quello storico, poiché delle fasi celtiche più antiche rimane solo qualche frammento ceramico proveniente da sterri o, come nel caso di Via Moneta, unico sito a M. in cui siano state rinvenute monete e ceramica del IV-III sec. a.C., i materiali sono in giacitura secondaria e non collegabili ad alcuna struttura.
Dalla fine del II sec. a.C. i reperti si fanno invece più frequenti, concentrati soprattutto nelle aree tra Via Moneta, la Biblioteca Ambrosiana, Via S. Margherita, Piazza Duomo, Piazza Fontana e Via Torino. Il numero cospicuo di dramme padane rinvenute fa inoltre supporre l'esistenza di una zecca celtica, funzionante dalla seconda metà del II sec. a.C. fino all'89 a.C. quando, probabilmente a causa della trasformazione in colonia, il circolante indigeno viene sostituito da quello romano.
Anche se la ceramica di tradizione La Tène è stata rinvenuta in molte zone del centro storico, tuttavia solo in alcuni siti (come Via S. Margherita, Via Moneta, Piazza Duomo e Piazza Missori) sono stati ritrovati per la prima volta resti di edifici in legno con pavimenti in terra battuta e focolari associati a questa ceramica. Tracce di lavorazione di corna di animali suggeriscono nell'area di Via S. Margherita l'esistenza di un insediamento artigianale. Le strutture sembrano già allineate, in questo periodo, secondo un orientamento che sarà poi mantenuto in età successiva.
Il problema, comunque, di un'eventuale organizzazione pianificata del centro preromano rimane aperto. Infatti i pochi dati finora noti possono venire riferiti sia alla prima fase della colonia che alla fine della fase precedente.
Per quanto concerne l'età tardo-repubblicana e il periodo del primo impero, gli scavi stanno evidenziando una città con molti edifici in legno, dotati di travi orizzontali alla base, con muri in terra battuta o a graticcio, e divisori formati da paletti lignei (Piazza Duomo, Via Croce Rossa, Via Moneta, Biblioteca Ambrosiana, Piazza Missori, Via S. Maria Fulcorina, Piazza Boito, Via T. Grossi). Nella seconda metà del I sec. a.C., forse in connessione al fatto che M. divenne municipium (nel 49 a.C.) e fu presumibilmente dotata di mura, si nota un certo rinnovamento edilizio con ima nuova tecnica di costruzione, molto frequente nel I sec. d.C., documentata p.es. in Piazza Duomo da un grande complesso con porticati e cortili. La struttura era caratterizzata da fondazioni in sabbia e ghiaia alternate in trincee rettangolari, con alzati in limo pressato, forse con armature di legno e rivestimento in intonaco dipinto. Solo a partire dalla fine del I sec. d.C. sembra verificarsi un cambiamento radicale, con l'introduzione generalizzata dei laterizî come principale materiale da costruzione. Tra i rinvenimenti più importanti di questi ultimi anni è da segnalare che nel 1990 la ristrutturazione della Biblioteca Ambrosiana ha consentito di indagare l'area del foro romano e di riportarne alla luce un ampio tratto, caratterizzato da una pavimentazione in lastre di marmo di Verona (datazione nell'ambito del I sec. d.C.). Sotto al pavimento del foro erano conservate le tracce di strutture lignee, pertinenti a un precedente utilizzo dell'area, di datazione non definibile, ma con orientamento uguale a quello delle strutture più tarde.
Dall'analisi dei dati di scavo e dalla cartografia antica sono emerse inoltre nuove ipotesi sui tracciati stradali e in particolare sul decumano massimo, identificato in recenti studi con l'asse di Via Moneta-Via delle Asole e non più con il tracciato tradizionale di Via S. Maria alla Porta-Via Santa Maria Fulcorina. Dagli scavi si evince che in età augustea il decumano venne prolungato verso l'esterno della città a S, con un tracciato curvilineo che si sovrappose a un precedente insediamento (in Piazza Missori), caratterizzato da edifici lignei con un differente allineamento rispetto alla nuova strada. Questo asse, corrispondente all'attuale Corso di Porta Romana, si raccordava alla strada per Roma, tracciata probabilmente contestualmente alla centuriazione romana del territorio a S di M., e comunque in età successiva alla definizione del piano urbanistico.
Gli scavi in aree esterne alla città romana, lungo il decumano e il cardine massimi, hanno mostrato uno sviluppo dei siti suburbani a partire dalla fine del I sec. a.C., con una coesistenza nell'area del cardo (Via Manzoni) di situazioni funerarie, produttive (metallurgia, produzione di ceramica) e residenziali e una netta distinzione invece nell'area del decumano (Corso di Porta Romana) di aree produttive, più vicine alla città, zone residenziali, mediane, e aree funerarie, più esterne. Entro la metà del I sec. d.C. in tutte le aree suburbane esplorate scompaiono le attività artigianali, sostituite da edilizia residenziale, ovviamente in rapporto alla situazione di sicurezza sociale che caratterizza in quest'epoca la Valle Padana.
Nel II e III sec. d.C. la crescita urbana sembra subire una stasi, a causa forse di un restringimento delle zone abitate, ricollegabile presumibilmente alla grande crisi economica della Valle Padana. Anche le zone che continuano a essere abitate (come p.es. Piazza Duomo) non presentano grandi innovazioni edilizie, ma un generale riuso che si protrae fino al IV sec. d.C.
Recenti studi hanno però individuato nelle sedici colonne riutilizzate nell'atrio della Basilica di S. Lorenzo due differenti officine, una attribuibile alla fine del I sec. d.C., l'altra alla metà del II sec. d.C. Inoltre è attestata una buona produzione, sempre nel campo dell'architettura, anche nel periodo severiano. Si deve quindi supporre che almeno alcuni edifici monumentali venissero eretti in questa fase.
Di particolare importanza è apparso il rinvenimento di un complesso residenziale extraurbano (datato tra la metà del II e la metà del III sec. d.C.) individuato all'angolo tra Corso di Porta Romana e Corso di Porta Vigentina, dove è stata ritrovata un'eccezionale concentrazione di terra sigillata centro-gallica, mai finora documentata a Milano. Nella seconda metà del III sec. d.C. le note vicende storiche che esposero la città a incursioni barbariche e ad attacchi degli eserciti romani portarono al completo abbandono dei quartieri suburbani, documentato da tracce di incendi negli scavi.
A partire dal IV sec. d.C. si assiste invece a un piano di riedificazione generale, che addirittura modifica in alcune zone l'assetto precedente, sovrapponendovi monumentali edifici come il palazzo imperiale, il circo e le c.d. Terme Erculee. Anche le mura vennero ampliate per comprendere i nuovi quartieri a E. A questa fase, e in particolare al terzo venticinquennio del IV sec. d.C., è stata attribuita, grazie a recenti scavi, la costruzione del grande arco onorario e della via porticata extraurbana che costituivano l'accesso monumentale per chi proveniva da Roma.
Con il trasferimento della corte imperiale da M. nel 402, a causa delle invasioni barbariche, si fa tradizionalmente iniziare la decadenza della città. Tuttavia nuove ricerche forniscono un quadro di insediamento ancora vitale, dove le strade vengono lastricate proprio nel V sec. d.C., riutilizzando i basoli di strade più antiche e gli edifici vengono trasformati funzionalmente ma non distrutti.
Bibl.: Scavi di complessi protostorici: R. De Marinis, La città in Lombardia. La sua nascita ed evoluzione, in R. Bussi (ed.), Archeologia urbana in Lombardia, Modena 1984, pp. 22-33, in part. pp. 28-32; S. Jorio, Milano. Via S. Margherita, in NotALomb, 1985, p. 121; ead., Milano. Palazzo Reale, ibid., 1987, pp. 132-136; A. Ceresa Mori, Milano. Via Moneta, ibid., pp. 137-141.
Scavi di complessi di età romana e altomedievale: D. Caporusso, Milano. La città antica alla luce delle recenti scoperte, in Archeologia urbana e centro antico di Napoli. Atti del Convegno, Napoli 1983, Taranto 1984, pp. 86-92; A. Ceresa Mori, D. Caporusso, Milano, ibid., pp. 125-149; D. Andrews, Milano altomedioevale sotto piazza del Duomo. Gli scavi del 1982-83, in Milano e i Milanesi prima del Mille. Atti del X Congresso internazionale di studi sull'Alto Medio Evo, Milano 1983, Spoleto 1986, pp. 209-240; D. Caporusso, Milano. Nuovi scavi archeologici, ibid., pp. 379-384; A. Ceresa Mori (ed.), Santa Maria alla Porta: uno scavo nel centro storico di Milano, Bergamo 1986; D. Caporusso, Archeologia urbana a Milano, in Atti del II Convegno Archeologico Regionale, Como 1984, Como 1986, pp. 549-558; A. Ceresa Mori, Milano. Interventi nel centro storico, ibid., pp. 559-562; D. Caporusso, Milano. Scavi in Corso di Porta Romana, in BdA, LXXII, 1987, pp. 63-70; ead., La situazione idrografica di Milano romana, in Milano capitale dell'impero romano, 286-402 d. C. (cat.), Milano 1990, pp. 94-96; ead. (ed.), Scavi MM 3. Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea 3 della Metropolitana, 1982-1990, Milano 1991, con bibl. prec.; ead., Alcuni elementi per la topografia di Milano in età romana, in G. Sena Chiesa, E. A. Arslan (ed.), Milano capitale dell'impero romano. Felix temporis reparatio. Atti del Convegno Archeologico Intemazionale, Milano 1990, Milano 1992, pp. 45-60; A. Ceresa Mori, La zona del foro e l'urbanistica di Mediolanum alla luce di recenti scavi, ibid., pp. 27-44. - Si vedano inoltre le segnalazioni in NotALomb, 1982 ss.
Topografia e monumenti: E. A. Arslan, Urbanistica di Milano romana. Dall'insediamento insubre alla capitale dell'impero, in ANRW, II, 12, 1, 1982, pp. 179-206, con bibl. prec.; U. Tocchetti Pollini, Le aree sepolcrali romane di Milano in base ai rinvenimenti epigrafia, ibid., p. 207 ss.; ead., L'avvio del fenomeno urbano e la trasformazione del territorio in età romana, in Archeologia in Lombardia, Modena 1982, pp. 130-136, con bibl. prec.; M. Mirabella Roberti, A. Vincenti, G. M. Tabarelli, Milano, città fortificata, Roma 1983; T. Soldati Forcinella, M. V. Antico Gallina, Topografia, onomastica e società nelle epigrafi milanesi, in Archivio storico lombardo, 1983, p. 9 ss.; U. Tocchetti Pollini, Milano romana. La prima cerchia di mura, Milano 1983; M. Mirabella Roberti, Milano romana, Milano 1984; A. Ceresa Mori (ed.), Le colonne di S. Lorenzo, Modena 1989, in part. ν. M. P. Rossignani, Il colonnato nel prospetto del complesso basilicale, pp. 23-57; A. Ceresa Mori, Stato delle conoscenze e prospettive della ricerca archeologica nell'area di via Torino, in M. L. Gatti Peres (ed.), Milano ritrovata. L'asse via Torino (cat.), Milano 1986, pp. 104-117; M. David, Indagini sulla rete viaria milanese in età romana, ibid., pp. 119-137; S. Lusuardi Siena, Topografia della zona di via Torino fra tarda antichità e medioevo, ibid., pp. 144-154; A. Ceresa Mori, Rinvenimenti archeologici a Milano nei disegni inediti della Consulta del Museo Archeologico, in Scritti in onore di G. Massari Gaballo e U. Tocchetti Pollini, Milano 1986, pp. 265-276; M. P. Rossignani, Appunti per una revisione del problema archeologico del S. Lorenzo di Milano, ibid., pp. 277-294; S. Lusuardi Siena, La città nei suoi edifici. Alcuni problemi, in Milano e i Milanesi..., cit., pp. 209-240; M. P. Rossignani, Monumenti pubblici e privati di età tardo repubblicana nei centri urbani della Lombardia, in Atti del II Convegno..., cit., pp. 215-239; M. Bolla, Le necropoli romane di Milano (NotMilano, Suppl. V), Milano 1988; M. P. Rossignani, Milano, l'organizzazione urbanistica, in Milano capitale..., cit., pp. 91-92.
Numismatica: E. A. Arslan, M. Scavi di Piazza Duomo, in BNumRoma, IV, 1985, pp. 242-244; id., La circolazione monetaria nella Milano di II-I secolo a.C. e le emissioni insubri, in Scritti in onore di G. Massari Gaballo..., cit., pp. 111-122; id. Le monete, in D. Caporusso (ed.), ScaviMM3..., cit. pp. 71-130.
(D. Caporusso)
Musei. - Le attuali raccolte archeologiche a M. non hanno le loro premesse in nuclei umanistico-rinascimentali, o principeschi, come altrove in Italia; gli Sforza e gli Spagnoli non promossero la sistematica e ufficiale raccolta di antichità. Questo gusto, causato anche da interessi di ricerca, si sviluppò solo dal XVI-XVII sec. presso privati (Alciato, Valeri, Cantoni, Landi, Archinto, i Trivulzio, gli Anguissola, i Castelbarco, i Biglia).
Centrale fu però dal 1607 l'esperienza dell'Ambrosiana, presso la quale si formò una collezione di antichità al servizio dell'Accademia di Pittura, Scultura e Architettura, fondata nel 1621 e ricostituita nel 1669, che si serviva di calchi di sculture antiche, procurati dal cardinale Federico Borromeo per la formazione degli artisti. All'Ambrosiana confluirono innumerevoli raccolte, fra cui vanno ricordate la raccolta di M. Settala (1600-1680), entrata nel 1751, e quella settecentesca Castiglioni.
Dal 1799 iniziò la raccolta di antichità all'Accademia di Brera con C. Bianconi, seguito dal 1804 da G. Bossi, che le diede un regolamento, con il fine di fornire un aiuto alla formazione degli allievi. Più tardi (1817) anche la collezione privata del Bossi stesso confluirà nel museo. Dopo la caduta del Regno Italico (1814), il materiale rimase accatastato e inaccessibile sino al 1848, arricchito però nel frattempo da pezzi provenienti dalla Porta
Nuova sul Seveso e dalle Mura Massimianee, dagli archi di Porta Orientale (1819; al museo nel 1829) e dalla zona delle colonne di San Lorenzo.
Solo nel 1858, dopo lunga pressione di Bernardino di Biondelli, nacque una commissione di vigilanza sui monumenti cittadini; seguì, nel 1862, la creazione del Museo Patrio di Archeologia, inaugurato nel 1867 nella chiesa sconsacrata di Santa Maria di Brera e affidato a una consulta archeologica, non solo per la gestione e l'incremento delle raccolte (il cui primo nucleo era quello già esistente a Brera), ma anche per una politica di tutela del territorio. Ben presto, però, il Ministero dell'Istruzione Pubblica istituì una commissione conservatrice per la provincia di M., presieduta dal Prefetto, che nominò ispettore degli scavi e monumenti d'antichità P. Castelfranco (1875): le competenze della consulta vennero ridotte alla sola gestione del museo.
Nel nuovo museo confluirono i materiali scoperti nella città e numerose collezioni relative al territorio lombardo: da Torre dei Picenardi, dalla contessa Castiglioni (1868), da Luigi Parrocchetti, dal Comune stesso (Collezione Archinto).
Particolarmente ricca divenne la sezione preistorica, con le collezioni Delfinoni, Giani (materiali golasecchiani di più antica scoperta in Lombardia), Castelfranco.
Nel 1897 il museo venne trasferito al Castello Sforzesco; l'inaugurazione ebbe luogo nel 1900, e fu effettuata l'unificazione con il Museo Artistico Municipale. Seguì, nel 1919, l'acquisizione della collezione numismatica, già presso il Gabinetto Numismatico di Brera.
Le collezioni, statali e civiche, rimasero distinte fino al 1903, quando il Museo Patrio venne dato in deposito, per Regio Decreto, all'amministrazione civica, la consulta venne sciolta e la direzione affidata a nuovi organi.
Nel 1939 la Sovrintendenza alle Antichità (oggi Archeologica) per la Lombardia ottenne una sede a Milano. Presso di essa (dopo la guerra in Piazza Duomo e ora in Via De Amicis) si è formata una cospicua raccolta di materiali, solo episodicamente dati in deposito alle civiche raccolte, che a loro volta non sono in grado di accoglierli per carenza di spazio.
Il Museo Archeologico venne penalizzato, dal primo sino al secondo dopoguerra, da un clima culturale con forti pregiudizî estetizzanti (per cui finirono nei depositi gran parte delle raccolte di preistoria e protostoria, e successivamente anche le collezioni epigrafiche, già nel cortile della Rocchetta del Castello Sforzesco) e, più recentemente, da nuove suddivisioni delle sezioni. Per le fasi tardoromane e altomedievali, avori e oreficerie andarono alla raccolta di arti applicate, sculture ed epigrafi alle raccolte d'arte, tutto il resto alle raccolte archeologiche. Solo in età recente parte dei materiali di ambito «barbarico» è stata riunita secondo i contesti.
Nella nuova sede si ebbero costanti e cospicui incrementi per donazioni, depositi e acquisti: parti delle collezioni Castelfranco e Ancona, la patera di Parabiago, i materiali della necropoli di Lovere, la diatreta Trivulzio, la Collezione Pisani Dossi di frammenti ceramici romani, la Collezione Riquier e il complesso donato da M. Lerici, parte dei materiali proveniente dagli scavi delle necropoli ceretane (1976), e ancora i materiali di altissimo pregio donati da A. Moretti.
Nel secondo dopoguerra venne destinato al museo il Monastero Maggiore, in Corso Magenta. Vi fu trasferita (1965) una scelta di materiali significativi, poi (1975) le sezioni greca, etrusca e romana. A esse si aggiunsero la sezione del Gandhāra, formata con acquisti, e quella «barbarica» (sistemata nel 1990). Al Castello Sforzesco rimasero le sezioni pre-protostorica, quella epigrafica, inaugurata nel 1989, e quella egizia (sistemata in parte nel 1974), con materiali di più antica accessione, del 1830 (G. Acerbi) e poi arricchita con i materiali di L. Vassalli, di A. Seletti, ecc. Infine sono qui confluiti materiali provenienti dagli scavi condotti dall'Università di Milano (diretti da A. Vogliano nel 1934-1937) a Medinet Madi e a Tebtynis.
Al Castello Sforzesco rimane il Monetiere, nato come Gabinetto Numismatico, attivo dal 1803 presso la Zecca di Milano, come primo nucleo di raccolta di esemplari numismatici ritirati dalla fusione, e fondato ufficialmente con Regio Decreto nel 1808. Trasferito a Brera nel 1817, fu reso autonomo dalla direzione della Zecca: vi venne istituita nel 1849 una cattedra di insegnamento numismatico, poi passata alla Regia Accademia scientifico-letteraria, mentre il Gabinetto veniva aggregato alla Biblioteca Braidense. Tornò autonomo nel 1896, giungendo al castello nel 1918, dove venne unito alle collezioni numismatiche civiche. Esso ha una ricca tradizione di lasciti e acquisizioni: Sormani e Taverna (1871), più recentemente Laffranchi, Leuthold, Rosa, Rolla, Belloni, Sabetta, ecc. Imponenti sono sempre stati gli acquisti e i depositi statali, per i nuclei di scavo e per i ripostigli (San Genesio, Biassono, Vigevano, ecc.).
Interrotta da decenni ogni possibilità di interferire nella gestione del territorio e nei meccanismi di accrescimento delle collezioni con lo scavo, il museo svolge la propria opera nel campo della didattica museale, dell'organizzazione di mostre e della documentazione, con una vasta produzione editoriale diretta, in particolare, alla sistematica pubblicazione delle raccolte archeologiche e numismatiche e del proprio archivio storico.
Completano il quadro museale milanese, con materiali archeologici spesso di qualità, ma estranei al territorio, il Museo Poldi Pezzoli (il cui fondatore morì nel 1879) e il Museo Teatrale alla Scala (fondato nel 1911 e aperto al pubblico nel 1913), con una raccolta di oggetti di scavo (statali) legati al teatro. Diversa è la collocazione del Museo del Duomo, nella configurazione assunta dal 1977, con materiali milanesi (avorî, capsella di San Nazaro e teca di Manlia Dedalia), e del Museo di Sant'Ambrogio, con documenti paleocristiani dalla basilica e, soprattutto, dalla tomba di Sant'Ambrogio. Nell'adiacente atrio di Ansperto esiste una ricca raccolta epigrafica, di provenienza locale.
Quasi del tutto irraggiungibile rimane il patrimonio privato, con materiali quasi sempre estranei a M. ma con consistenze cospicue. La collezione privata meglio conosciuta è la Collezione Torno, in parte pubblicata.
Bibl.: Manca una ricerca recente e complessiva sulle raccolte milanesi di materiali archeologici. Per un primo orientamento si vedano: A. Caimi, Cenno storico sul Museo Patrio di Archeologia in Milano, Milano 1873; Gli Istituti Scientifici, Letterari e Artistici di Milano, Memorie della Società Storica Lombarda, Milano 1880; M. Casalini, Le Istituzioni Culturali di Milano, Milano-Roma 1937; R. La Guardia, L'Archivio della Consulta del Museo Patrio di Archeologia di Milano (1862-1003), Milano 1989.
(E. A. Arslan)