MILANO (XXIII, p. 265 e App. I, p. 850)
Della popolazione residente nel comune al 21 aprile 1936 (1115.848), 1.068.079 abitanti spettano al nucleo urbano di Milano; 12.967 ai 13 centri abitati compresi nel comune e 34.802 alla popolazione sparsa. Al 31 dicembre 1947 la popolazione residente era di 1.267.156 (anagrafica), mentre quella presente al 10 maggio 1948 nel comune era calcolata a 1.274.781; l'aumento di oltre 150.000 ab. verificatosi nel dodicennio 1936-48 è quindi dovuto essenzialmente all'immigrazione. Milano ha sofferto in misura assai grave delle incursioni aeree alleate durante la seconda Guerra mondiale; specialmente di quelle del 1943 (13,15 e 16 agosto) che hanno interessato, più o meno, tutta l'area urbana, distruggendo o danneggiando, specie con bombe incendiarie, circa 2/5 dei vani esistenti all'inizio delle ostilità, cioè 360.000 vani distrutti o gravemente danneggiati e più di 200.000 con danni minori su 930.000 dell'anteguerra. Dopo il 1939, tuttavia, la città ha continuato ad espandersi, pur se con una evidente stasi nell'esecuzione del piano regolatore Albertini (1934), sottoposto a numerosi ritocchi dopo il 1938 e sostituito da quello dell'ing. Luigi Lorenzo Secchi, cui le vicende belliche impedirono anche un principio di attuazione. In sostanza la zona urbana si protende ora, oltre l'anello periferico (di circa 70 km. di larghezza), mediante tutta una serie di apofisi lineari sviluppantisi lungo le vie di comunicazione che uniscono il centro ai nuclei suburbani viciniori (in direzione di Corsico, Baggio, Musocco, Crescenzago, Lambrate, ecc.), molti dei quali ormai incorporati e saldati nell'area cittadina.
La vastità dell'opera di ricostruzione (a fine 1947 riparati tutti i locali poco danneggiati e oltre a 160.000 degli altri) ed il già ripreso sviluppo economico-demografico cittadino impongono l'adozione di un nuovo piano regolatore regionale, specie in relazione agli incrementi industriali ed alla funzione dei centri urbani più prossimi.
La popolazione (residente) della provincia (XXIII, p. 295 e App. I, p. 852) è salita dai 2.175.400 ab. del 21 aprile 1936 (censimento) ai 2.440.478 del 31 dicembre 1947 (calcolo anagrafico). La prov. di Milano è così la più popolosa della repubblica (in senso assoluto), e quanto a densità (829 a kmq.) vien dopo solo quella di Napoli. Nel quinquennio 1935-39 l'aumento naturale della popolazione (5,60 oo è stato uguale a quello del periodo 1925-29, ma inferiore alla media del quinquennio 1930-34, sebbene l'indice di nuzialità sia salito, tra il 1930 ed il 1939, da 7,2 a 7,8‰. Ambedue gli indici di natalità e di mortalità sono diminuiti, e nella stessa proporzione, fra il 1925 ed il 1939 (da 20,8 a 18,3‰ nel primo e da 15,2 a 12,7‰ nel secondo caso). Per l'attivo demografico, la media della provincia rimane al di sotto non solo di quella della repubblica (9,3‰), ma anche di quella della Lombardia (6,9‰).
Storia. - La crisi bellica e postbellica ha modificato sensibilmente il quadro della vita milanese. I grandi bombardamenti aerei dell'ottobre 1942 e dell'agosto 1943 fecero di Milano uno dei centri italiani più duramente provati, si ripercossero sulla capacità produttiva e sulla situazione alimentare, sconvolsero la situazione finanziaria di interi ceti. Il governo della repubblica sociale, dopo la caduta di Roma, evitò di conseguenza di fissar la sua sede nella metropoli lombarda, tanto più che il movimento della resistenza ne aveva fatto uno dei suoi centri più attivi. Dopo le agitazioni della primavera del 1943, Milano diede il maggior contributo agli scioperi del marzo 1944, con 119.800 astensioni dal lavoro su 208.549 nell'intero territorio della repubblica. Invano Mussolini, nel discorso del 16 dicembre 1944 al Teatro Lirico, ribadì il programma sociale del manifesto di Verona: il tentativo cadde nel vuoto, insieme alle velleità di atteggiamento democratico, concretatosi nel "raggruppamento" promosso a Milano da un antico oppositore: E. Cione. Le tendenze conciliative, rappresentate dal podestà P. Parini, furono sventate dal regime instaurato dalle bande terroristiche, in una atmosfera torbida e ambigua di violenza e di corruzione. Alle esecuzioni, come quella di quindici ostaggi della resistenza, i cui cadaveri rimasero esposti nel piazzale Loreto, si aggiunsero le spogliazioni operate dall'occupante sul patrimonio industriale e dei servizî cittadini.
La lotta clandestina si inasprì in una serie di attentati. Gli odî accumulati esplosero nell'insurrezione finale, e condussero all'episodio di piazzale Loreto in cui fu esposto il cadavere di Mussolini e di altri. Ma la rivolta era nata da un sentimento unanime ed entusiastico: il 30 aprile, Milano tributò accoglienze trionfali alle truppe alleate e al corpo di liberazione italiano.
Le elezioni amministrative dell'8 aprile 1946 condussero una maggioranza di sinistra nella rappresentanza civica: l'accentramento industriale e la presenza di grandi masse proletarie fa di Milano uno dei principali teatri della lotta politica e sociale. Nel gennaio 1949 si è avuta una crisi nell'amministrazione civica, in conseguenza dello spostamento delle posizioni alle elezioni politiche del 18 aprile 1948. Nonostante la crisi postbellica, la ripresa ebbe rapido sviluppo di cui diede la misura la rinnovata Fiera campionaria (aprile 1946) e la ricostruzione del teatro La Scala (maggio 1946).
Danni ai monumenti e alle opere d'arte. - I tre quarti circa degli edifici monumentali sono stati più o meno colpiti. Dal Duomo, che ha subìto danni soprattutto alle decorazioni marmoree, a S. Ambrogio, colpito nella zona presbiteriale, nel portico bramantesco del fianco e nella sagrestia, ove è andato perduto l'affresco del Tiepolo, alla chiesa, al chiostro e al refettorio di S. Maria delle Grazie. Qui per un vero miracolo non è andato distrutto il Cenacolo di Leonardo da Vinci protetto dai blindamenti di sacchetti a terra. Anche le chiese di S. Pietro in Gessate, S. Satiro, S. Eustorgio, S. Marco, S. Fedele, S. Maurizio, S. Maria della Porta, e S. Maria della Pace, nonché quella di S. Gottardo in Corte sono state colpite in maniera talvolta gravissima. Il restauro di S. Gottardo in Corte è già stato ultimato, quello delle altre chiese sopra rammentate è già stato iniziato e in molti casi portato a buon punto. Anche la basilica di S. Lorenzo, la chiesa di S. Nazzaro, il monastero maggiore e l'abbazia di Chiaravalle hanno sofferto a causa della guerra.
Gravissima è anche la situazione nel campo della edilizia civile. Nel Castello Sforzesco, a causa degli incendi sono andati distrutti alcuni interni; gravissima è stata la sorte del Palazzo reale ove alcuni bellissimi ambienti, tra cui il salone delle Cariatidi e le sale di rappresentanza del primo piano sono stati preda del fuoco. La villa reale ha subìto danni soprattutto alle coperture. Gli incendî hanno svuotato palazzo Marino; l'immenso Ospedale maggiore veniva devastato per oltre un terzo. Nel palazzo dell'Ambrosiana il fuoco ha distrutto le coperture danneggiando gravemente gli interni in parte crollati, e ancora il fuoco nel palazzo Silvestri ha causato i danni maggiori. Gravissime le distruzioni nel bel palazzo Borromeo, ove tuttavia s'è riusciti a salvare gli antichi affreschi in alcuni degli ambienti più importanti dell'edificio. Nel palazzo del Senato le bombe dirompenti hanno distrutto il salone napoleonico, mentre gli spezzoni incendiarî mandavano in fiamme buon tratto dell'edificio che tuttavia è salvo nella facciata. Nel teatro La Scala venne distrutta la sala e gravissimi danni subì il museo teatrale.
Palazzo Ponti, tra gli antichi edifici di via Bigli, è stato quello più gravemente colpito sia nella parte più antica della costruzione, sia in quella del Piermarini. Il palazzo Cicogna, già degli Annoni, è stato completamente devastato negli interni ma ha conservato integra la bella facciata del Righini, il cortile porticato e lo scalone. Tristissima è stata la sorte di palazzo Serbelloni e di palazzo Sormani distrutti dal fuoco in quasi tutti gli ambienti interni. Per le esplosioni avvenute nelle vicinanze è crollata la facciata della villa detta "la Simonetta". A Palazzo Archinti si lamenta la perdita dell'affresco del Tiepolo. Inoltre, mentre le opere d'arte delle grandi raccolte milanesi, opportunamente e tempestivamente rimosse, venivano intieramente salvate, oltre gli edifici dell'Accademia Ambrosiana e del Castello Sforzesco, sono stati colpiti in pieno i palazzi del Museo Poldi Pezzoli e della Galleria di Brera con danni e distruzioni spaventose. Ma in questi edifici, come negli altri ricordati e in molti altri ancora che hanno interesse per la storia e l'arte, si lavora assai intensamente e non appare ormai lontano il giorno in cui il loro restauro potrà dirsi compiuto.
Bibl.: E. Lavagnino, Danni di guerra ai monumenti dell'Italia Centrale e Settentrionale, in La Rassegna d'Italia, settembre-ottobre 1947.