CANONERO, Milena
Costumista teatrale e cinematografica, nata a Torino il 13 luglio 1946. Vincitrice di quattro premi Oscar, un David di Donatello e tre Nastri d’argento, con le sue elaborate realizzazioni sartoriali ha significativamente contribuito al successo dei film cui ha collaborato.
I suoi abiti, romantici e iperrealisti, hanno rafforzato l’impatto visivo delle scelte di registi come Stanley Kubrick (A clockwork orange, 1971, Arancia meccanica; Barry Lyndon, 1975, premio Oscar 1976 insieme alla costumista svedese Ulla-Britt Söderlund; Shining, 1980), Hugh Hudson (Chariots of fire, 1981, Momenti di gloria, che le è valsa la seconda statuetta) e Francis Ford Coppola (The Cotton Club, 1984; Tucker, 1988; The Godfather - part III, 1990, Il Padrino - parte III). Dopo aver ricevuto diverse nominations per i costumi dei film Out of Africa (1985; La mia Africa) di Sydney Pollack, Tucker (1988) di Coppola, Dick Tracy (1990) di Warren Beatty, Titus (1999) di Julie Taymor, The affair of the necklace (2001; L’intrigo della collana) di Charles Shyer, nel 2007 ha ottenuto per la terza volta l’Oscar con gli abiti realizzati per la pellicola Marie Antoinette (2006) di Sofia Coppola. L’anno successivo ha ricevuto il Nastro d’argento per i costumi del film I viceré (2007) diretto da Roberto Faenza.
La sua lunga collaborazione con il regista statunitense Wes Anderson, iniziata nel 2004 realizzando gli abiti per The life aquatic with Steve Zissou (2004; La vita acquatica di Steve Zissou), è proseguita con The Darjeeling limited (2007; Il treno per il Darjeeling) e The Gran Budapest Hotel (2014), pellicola che le è valsa il quarto premio Oscar.
Attiva anche in campo teatrale, ha disegnato i costumi di diverse opere liriche per il Metropolitan Opera House di New York; nel 2000 ha realizzato gli abiti di scena per lo spettacolo teatrale Amadeus di Peter Schaffer, diretto da Roman Polanski con cui ha collaborato ancora curando i costumi del film Carnage (2011).
Gli abiti disegnati da C., concepiti in maniera originale sulla base di studi approfonditi e rigorosi, con cura filologica riescono a unire l’attenzione per i dettagli, i colori e i materiali con l’immediatezza espressiva di elementi fortemente simbolici (basti pensare, per es., alla bombetta e al bastone del protagonista di A clockwork orange o all’abbinamento tra parrucche settecentesche e scarpe da ginnastica in Marie Antoinette), riuscendo a potenziare la forza evocativa dell’immagine filmica.