milizia
È presente nel Convivio, nel Purgatorio e numerose volte nel Paradiso, dove la tradizione manoscritta presenta spesso la caratteristica deviazione malizia, senza peraltro lasciar dubbi sulla lezione autentica (anche perché il fenomeno è inverso: cfr. XXI 27). Più difficilmente spiegabili, ma comunque non concorrenti, le varianti letizia e delizia in XXX 43, pur convalidate da antichi commentatori (la prima dallo pseudo - Boccaccio e dal Serravalle, la seconda dal Buti). La genuinità della lezione a testo in tutte le edizioni moderne, l'una e l'altra milizia, è assicurata dall'immediata ripresa di XXXI 2-4, che distingue i due ‛ schieramenti ' con un analogo stilema.
Per D., come per ogni scrittore medievale, m. è anzitutto la dignità cavalleresca. In questo senso il termine è già registrato da Uguccione, e in VE II I 8 possiamo leggere: equus [scil. sit necessarium instrumentum] militis, et optimis militibus optimi conveniant equi. Nella stessa opera (XIII 12) s'intravvede di scorcio, attraverso il paragone, la solennità del giorno dell'investitura, il nascentis militiae dies, che non poteva trascorrere senza un'impresa di particolare eccellenza. Idee circolanti nel tempo su questa materia e le convinzioni maturate da D. intorno alla nobiltà di sangue, al momento della composizione della terza cantica, concorrono a dare un eccezionale rilievo alla dichiarazione di Cacciaguida che lo 'mperador Currado lo cinse de la sua milizia (Pd XV 140); a non sentirlo si rischia di non comprendere l'emozione profonda che la notizia suscita nell'animo di D. (XVI 1-21) e la successiva meditazione sulla decadenza delle grandi famiglie fiorentine e sul conseguente sommovimento sociale. Alcune di queste famiglie avevano ricevuto milizia e privilegio (v. 130) nientemeno che da Ugo il Grande, il gran barone, e non si direbbe proprio, visto che Giano della Bella, discendente da una di esse, s'induceva ad allearsi con i popolani. In Cv IV IX 14, fra le materie soggette alle leggi imperiali (i matrimonii, i servi, i successori) figurano anche le milizie: possono essere i vari gradi nobiliari, ma è molto più verisimile che D. pensi in generale all'organizzazione e alla dirigenza degli eserciti, come senza dubbio militiae multitudine di Mn II IX 18 designa il gran numero dei combattenti.
Essenzialmente, quindi, cavalieri di spada i " milites ", ma non sempre. La tal milizia di cui avrebbe bisogno Roberto d'Angiò per compensare la sua natura di avaro (Pd VIII 83) è l'insieme dei dignitari e funzionari di corte, almeno secondo la generalità dei commentatori. È rimasta senza seguito, quantunque non abnorme, l'interpretazione del passo data dal Torraca: poiché " milizia era l'ordine cavalleresco, considerato come scuola severa, disciplina austera di ogni virtù e gentilezza ", il senso può essere " avrebbe bisogno di tale educazione cavalleresca che non curasse ecc. Nel 1300 Roberto era ancor molto giovine, aveva solo 22 anni: poteva correggersi ".
In altre occorrenze di m. si riflette la concezione tra agonistica e angosciosa della vita, derivata dalla Bibbia (Iob 7, 1 " Militia est vita hominis super terram "; 14, 14 " Cunctis diebus, quibus nunc milito ") ma anche dall'altro versante della civiltà mediterranea (Epitteto Dissert. III 24 34 στρατεία τίς ἐστιν ὁ βίος ἑκάστου καὶ αὕτη μακρὰ καὶ ποικίλη; Seneca Ep. V 10 (51) " Nobis quoque militandum est, et quidem genere militiae, quo numquam quies, numquam otium datur "). Il combattimento è una condizione e insieme un dovere, tanto più per il cristiano che ha un suo strenuo fine da perseguire (II Cor. 10, 4 " arma militiae nostrae non carnalia sunt, sed potentia Deo ad destructionem munitionum "; I Tim. 1, 18 " Hoc praeceptum commendo tibi... secundum praecedentes in te prophetias, ut milites in illis bonam militiam "). Su questa scia D. può indicare la nascita e la morte di Cristo con in utroque termino suae militiae (Mn II XI 7), la propria vita con la milizia (Pd V 117; cfr., con lo stesso significato, 'l militar di XXV 57), e così anche quella di tutti i cristiani, per la piena attuazione della quale è indispensabile, viceversa, la fine delle altre lotte, fatte di odio e di sangue: ut in sua mira dulcedine militiae nostrae dura mitescerent, et in usu eius patriae triumphantis gaudia mereremur (Ep VII 2).
Ma m. è anche, in concreto, l'esercito di questa battaglia spirituale: la milizia che Pietro seguette (Pd IX 141) è formata dai martiri e santi del cristianesimo primitivo; la milizia, ch'era in forse (XII 41) è la Chiesa militante in un momento di crisi, raffigurata poco prima (vv. 37-39) come un essercito che si muove tardo, sospeccioso e raro, che fu ‛ riarmato ' una volta a caro prezzo e ora può essere rinvigorito grazie a due campioni. Le immagini di guerra, che scaturiscono così naturalmente dalla concezione biblica e dantesca della religione, si addensano in questa celebrazione del Santo lottatore per eccellenza (vedi anche MILITARE).
In Pd XVIII 124 la milizia del ciel è quella degli spiriti del cielo di Giove; l'una e l'altra milizia / di paradiso (XXX 43) sono i beati e gli angeli, chiamati poco dopo, rispettivamente, la milizia santa / che nel suo sangue Cristo fece sposa e l'altra, che volando vede e canta / la gloria (XXXI 2 ss.) di Dio. Questa presenza di ‛ milizie ' in cielo sembra sconvolgere il consueto rapporto di Chiesa militante in terra e Chiesa trionfante in cielo. Per superare l'apparente anomalia si è pensato, con sforzo evidente, alle lotte che i beati sostennero contro il peccato e gli angeli contro Lucifero e i suoi seguaci, o si sono tentate altre spiegazioni. In realtà ‛ militia caeli ' è formazione biblica, che se spessissimo (Deut. 17, 3; IV Reg. 17, 16, ecc., e perfino in Act. Ap. 7, 42 e in qualche scrittore di religione in volgare, ad esempio nel Cavalca) significa il complesso degli astri, in Luca (2, 13 " multitudo militiae caelestis ") è la schiera degli angeli osannanti, con la promessa di pace in terra, alla nascita di Cristo; ed è proprio questo passo che D. riprende in Mn I IV 3 inquit enim coelestis militia: " Gloria... ". La m. degli angeli sarà semplicemente la loro schiera e così quella dei beati, assimilati ai primi perché destinati a prendere il posto degli angeli ribelli (Cv Il V 12) e perché dotati di indubbi attributi di divinità (Mn I XII 5, Pd V 123; cfr. anche Matt. 22, 30 " erunt sicut angeli Dei in caelo "). Certo non è da escludere che il vocabolo si presentasse alla mente di D. ricco di accezioni accessorie (per es. quella della nobiltà curiale, così pertinente in questo Paradiso strutturato in forme feudali, con l'aula più secreta, i suoi conti, i suoi ‛ baroni '; e l'una e l'altra milizia ha un parallelo in ambo le corti di XXX 96), come non è da sottovalutare l'azione che angeli e beati possono esercitare sulle cose terrene (la milizia del ciel, formata dagli spiriti giusti, può efficacemente intercedere presso Dio a favore di color che sono in terra / tutti svïati dietro al malo essemplo; l'aquila imperiale poté dominare il mondo militiae coeli magis confortata sufflamine, Ep VI 12), tuttavia si è ben lontani dal concetto di m. terrena sopra illustrato. Così quella milizia del celeste regno / che procedeva (Pg XXXII 22: i 24 seniori, cioè i libri dell'Antico Testamento) è la prima parte della schiera simbolica della presenza di Dio sulla terra, nella sua successione storica, sin dalle origini. Tale schiera è chiamata lo glorïoso essercito (v. 17), ma si sa che questo termine per D. non è necessariamente legato all'idea di guerra: cfr. l'essercito molto di If XVIII 28 e l'essercito gentile di Pg VIII 22.