Milza
La milza è un organo addominale deputato, nell’adulto, alla maturazione dei linfociti e al drenaggio del sangue portato dal torrente circolatorio. È situata lungo il margine sinistro dello stomaco tra la nona e l’undicesima costola, ed è mantenuta nella sua posizione da ripiegature peritoneali che la collegano allo stomaco e al pancreas. Presenta una forma ovoidale, che si inserisce nelle strutture anatomiche circostanti (stomaco, diaframma e rene sinistro), una consistenza molle, un colore rosso vinoso. Le sue dimensioni possono variare a seconda del volume ematico che contiene: la milza, infatti, funziona anche come organo di riserva di sangue e può raccogliere sino al 5% della massa sanguigna totale (v. il cap. Addome, Milza).
1. Funzione
di Daniela Caporossi
Come gli altri organi linfoidi (timo e linfonodi), la milza è rivestita da una capsula connettivale elastica che la delimita e che si invagina internamente a formare dei setti (trabecole) ampiamente comunicanti, i quali le conferiscono il peculiare aspetto spugnoso. La presenza di rare cellule muscolari lisce nella capsula di tessuto fibroso permette la contrazione dell’organo e, in caso di necessità, la rapida immissione di sangue in circolo. I setti sono riempiti da un connettivo molto lasso, la cosiddetta polpa splenica, suddivisa strutturalmente e funzionalmente in polpa bianca e polpa rossa.
La polpa bianca, nella quale sono presenti gli elementi sanguigni della serie bianca, si addossa intorno alle arteriole terminali ed è ricca di noduli linfatici che producono linfociti e li cedono al sangue. La polpa rossa, che contiene una grossa quantità di emazie, è disposta vicino ai vasi venosi. Il sangue entra nella milza per mezzo dell’arteria splenica che, dopo aver attraversato l’ilo, situato nella regione mediana dell’organo, si suddivide in arteriole trabecolari che si irradiano verso la capsula. Le arteriole trabecolari, a loro volta, si ramificano in piccole arteriole circondate dalla polpa bianca, e in capillari che portano il sangue alla polpa rossa. Nella polpa rossa sono presenti molti macrofagi fissi o mobili, che presiedono al sequestro di cellule vecchie, danneggiate o infette presenti nel sangue. Dalle lacune della polpa rossa, il sangue filtrato si raccoglie in venule e vene trabecolari e, confluendo nella vena splenica, lascia la milza, sempre in corrispondenza dell’ilo, ed entra nella vena porta, diretta al fegato.
Durante la vita embrionale, la milza è sede di sintesi di eritrociti e granulociti. Tale attività emopoietica persiste nell’uomo, come in tutti i Mammiferi, sino alla nascita, e viene poi sostituita da quella del midollo osseo. Nell’adulto, la milza mantiene solo la funzione linfopoietica, sebbene sia potenzialmente in grado di produrre cellule della linea eritroide. I linfociti presenti nella milza appartengono sia alla classe dei linfociti B sia a quella dei linfociti T. Entrambe le linee cellulari si originano da emocitoblasti del midollo osseo, il cui differenziamento si diversifica precocemente nelle linee B e T (v. immunità).
2. Filogenesi
di Daniela Caporossi
La storia evolutiva della milza è collegata alla sua funzione di organo emopoietico, che svolge per tutta la vita in alcuni Vertebrati (Anamni), o limitatamente al periodo fetale in altri (Mammiferi). Lo testimonia il fatto che durante l’embriogenesi la milza si forma in connessione con il tubo intestinale, da dove ha avuto origine il primo abbozzo del sistema circolatorio, comparso per la necessità di distribuire in maniera più efficiente i principi nutritivi a tutti i tessuti dell’organismo. Inoltre, anche nei Mammiferi, dove nell’adulto l’eritropoiesi avviene nel midollo osseo, due funzioni principali della milza sono connesse con il sistema circolatorio, e cioè il controllo del volume ematico e il drenaggio del sangue. Anche la struttura istologica della milza conferma la sua comparsa quale organo emopoietico: come tutte le aree deputate alla formazione o al deposito delle cellule sanguigne, infatti, in tutti gli animali essa è costituita da vasi sanguigni allargati racchiusi all’interno di una fitta rete di fibre reticolari, che determinano lo scheletro del tessuto emopoietico. L’attività linfopoietica della milza, che rimane comunque dipendente dall’attività del midollo osseo e del timo, è evidentemente comparsa in seguito, per la necessità di garantire a quest’organo una sorveglianza immunologica.
La milza è presente nella maggior parte dei Pesci e in tutti i Tetrapodi. Nei Ciclostomi (lamprede, missine) la funzione splenica viene svolta da una lamina di tessuto reticolare emopoietico che circonda gran parte dell’intestino, mentre nei Dipnoi (Pesci polmonati) la milza è rappresentata da una massa di tessuto più compatto, compresa all’interno della parete intestinale. In molti Osteitti (Pesci ossei), la milza si presenta ancora come un accumulo di noduli disseminati nello spessore del mesentere lungo l’intestino. In generale, però, quest’organo tende ad accorciarsi e a raccogliersi come massa compatta situata a livello dell’intestino medio, con forma variabile in rapporto a quella degli organi circostanti. Una milza primitiva di struttura allungata è presente nella maggioranza dei Pesci, degli Anfibi urodeli e dei Rettili. La struttura rotondeggiante invece è propria della milza dei Pesci più evoluti, degli Anfibi anuri (rana), di molti Uccelli e di quasi tutti i Mammiferi. In alcuni di essi si possono trovare piccole strutture chiamate nodi emali, che sono interposte tra arteriole e vene, hanno la struttura di una milza in miniatura e devono essere considerate delle milze accessorie vere e proprie.
3. Ontogenesi
di Daniela Caporossi
Come i linfonodi e i vasi linfatici, la milza deriva da un aggregato di cellule mesenchimali che migrano all’interno del mesentere dorsale dello stomaco (mesogastrio) e si differenziano formando la capsula fibrosa, il tessuto connettivale e il parenchima splenico. Lo sviluppo della milza comincia alla 5ª settimana di vita intrauterina, sebbene la forma caratteristica venga raggiunta solo dopo il 2° mese, successivamente allo sviluppo degli organi circostanti.
Nel feto, la milza è composta da strutture lobiformi, che scompaiono prima della nascita, lasciando dei solchi residui sul bordo superiore. Durante la rotazione dello stomaco, intorno alla 7ª settimana di vita fetale, la superficie sinistra del mesogastrio si fonde con il peritoneo al di sopra dell’abbozzo renale, determinando l’attacco dorsale del legamento lienorenale e il percorso tortuoso dell’arteria splenica, che passa posteriormente alla borsa omentale e anteriormente al rene sinistro. Nel 10% circa dei soggetti si possono formare una o più masserelle spleniche, generalmente addossate vicino all’ilo, che prendono il nome di milze accessorie; misurano circa 1 cm di diametro e possono venire inglobate nella coda del pancreas o nel legamento che unisce la milza allo stomaco.
4. Patologia
(Red.)
Le anomalie e le malformazioni congenite della milza possono interessare l’organo nella sua totalità (per es. assenza della milza, presenza di milze soprannumerarie, milze accessorie o succenturiate) oppure, come accade più frequentemente, la sua posizione (milza ectopica, milza mobile).
Fra le patologie acquisite, grande importanza rivestono le lesioni traumatiche (rottura o spappolamento della milza) che, a causa dell’imponente emorragia che determinano, possono portare a morte il paziente per anemia acuta, quando non si intervenga con una splenectomia d’urgenza. La milza può rompersi anche in assenza di specifici agenti traumatici (rottura spontanea), quando un notevole aumento di volume mette la capsula sotto tensione, come si verifica in alcune malattie croniche, per es. la malaria. I germi patogeni possono giungere alla milza per via ematica, linfatica oppure per contiguità e instaurarvi una flogosi (splenite), che spesso esita in ascesso. Di più raro riscontro sono le affezioni specifiche (tubercolosi, sifilide della milza). Tra le malattie vascolari hanno particolare importanza l’aneurisma dell’arteria splenica e soprattutto l’infarto della milza, che può verificarsi nel corso di affezioni cardiache, per es. la stenosi mitralica.
La milza può inoltre essere sede di cisti congenite (cisti dermoidi), parassitarie (cisti di echinococco), post-traumatiche (cisti sieroematiche ed ematiche). I tumori della milza, rari, possono derivare dallo stroma (fibrosarcoma), dal parenchima (linfocitoma, splenoma o sarcoma a grandi cellule rotonde, reticolosarcoma) oppure dalla componente vascolare (sarcoma angioblastico). Un capitolo a parte nella patologia della milza è, infine, rappresentato dalle splenomegalie, le quali possono essere primitive oppure sintomatiche di malattie infettive (per es., tifo, malaria, sepsi, salmonellosi, brucellosi, leishmaniosi ecc.), sistemiche (linfogranulomatosi, linfosarcomatosi, leucemie, eritremie, alcune forme di anemia), emolitiche (ittero emolitico) ed epatiche (epatite, alcune forme di cirrosi).
bibliografia
Gray’s anatomy, ed. P.L. Williams et al., Edinburgh, Churchill Livingstone, 199638 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 19933).
W.J. Hamilton, J.D. Boyd, H.W. Mossman, Human embryology, Cambridge, Heffer, 1945 (trad. it. Padova, Piccin-Nuova libraria, 19774).
F. Martini, Fondamenti di anatomia e fisiologia, Napoli, EdiSES, 1994.
K.l. Moore, Developing human. Clinically oriented embryology, Philadelphia, Saunders, 19884.
E. Padoa, Manuale di anatomia comparata dei Vertebrati, Milano, Feltrinelli, 199615.
A.S. Romer, T.S. Parson, The vertebrate body, Philadelphia, Saunders, 19866 (trad. it. Anatomia comparata dei Vertebrati, Napoli, SES, 19872).
K. Schmidt-Nielsen, Animal physiology. Adaptation and environment, Cambridge, Cambridge University Press, 19833 (trad. it. Padova, Piccin-Nuova libraria, 1988).
Zoologia. Trattato italiano, 1° vol., a cura di B. Baccetti et al., Bologna, Zanichelli, 1995.