Mimì metallurgico ferito nell'onore
(Italia 1972, colore, 121m); regia: Lina Wertmüller; produzione: Daniele Senatore, Romano Cardarelli per Euro International; sceneggiatura: Lina Wertmüller; fotografia: Dario Di Palma; montaggio: Franco Fraticelli; scenografia: Amedeo Fago; costumi: Gino Persico, Efi Kounellis, Enrico Job; musica: Piero Piccioni.
In un deserto giallo di pietre e zolfo, Carmelo Mardocheo detto Mimì lavora sotto il sole quando irrompe un'auto: alcuni picciotti lanciano volantini e invitano a votare per il boss del luogo. Mimì si fa invece convincere da alcuni amici e vota a sinistra: il giorno dopo ha già perso il lavoro. Furioso, abbandona Catania e parte per Torino, in cerca di un impiego onesto e della libertà. In un capannone si trova faccia a faccia con un sosia del boss mafioso che in Sicilia gli ha fatto perdere il posto. È Salvatore Tricarico, responsabile dell'associazione 'Fratelli Siciliani' che si occupa di trovare alloggio e lavoro agli immigrati: naturalmente, è una diretta ema-nazione di quella mafia dalla quale Mimì è fuggito. Diventato muratore, Mimì assiste alla morte di un amico che cade da un'impalcatura. Il corpo viene caricato in tutta fretta su un camion che parte veloce: Tricarico e i suoi sgherri vogliono gettare il cadavere lungo una strada, Mimì si oppone, i mafiosi cercano di eliminarlo ma lui riesce a fuggire. Catturato, quando viene portato alla presenza di Tricarico ha la prontezza di inventarsi una lontana parentela con un boss e ha salva la vita. Promosso metallurgico, si iscrive al sindacato e al PCI. Un giorno corre in soccorso di Fiore, una bella 'compagna' aggredita dai fascisti, e si innamora perdutamente. Con la moglie rimasta al paese e l'amante a Torino, tutto sembra andare per il meglio. Fiore rimane incinta. Tempo dopo, nell'albergo dove stanno festeggiando il neonato, irrompe Tricarico ed esplode un sanguinoso regolamento di conti. Mimì, testimone oculare, sta per essere giustiziato, ma ancora una volta il destino lo risparmia. Davanti alla polizia l'uomo sceglie la via dell'omertà e in fabbrica i compagni iniziano ad accusarlo e a prendere le distanze da lui ("Sei passato dalla parte dei padroni"). Intanto scopre con sorpresa di essere stato promosso e trasferito alla raffineria di Catania: Tricarico ha falsificato la sua firma inoltrando la domanda. Disperato, emigra con la nuova famiglia al Sud, nascondendo Fiore e il figlio in un appartamento e dividendosi fra lei e la moglie Rosalia, con la quale però non riesce più ad avere rapporti. Quando si spargono voci sulla sua virilità, porta gli amici a conoscere Fiore. Il loro commento è carico di invidia: "Mimì sì che è un uomo: siciliano, metallurgico, con l'auto, una moglie e la concubina. La perfezione". Ma Mimì scopre che anche Rosalia ha un amante, un brigadiere della Finanza, e perdipiù è incinta: folle di gelosia seduce a mo' di vendetta la moglie dell'amante di Rosalia: gli incontri si succedono finché anche lei rimane incinta. Il 'duello' ha luogo in piazza, dove Mimì affronta il rivale. Nel parapiglia che segue, un sicario mafioso uccide il brigadiere e passa la pistola a Mimì, che naturalmente viene incolpato e finisce in galera. Ma l'onore è salvo e il nuovo boss mafioso del luogo gli fa sapere che, una volta uscito, potrà contare su di lui. Ormai Mimì è diventato un 'uomo di rispetto': è lui ora che a bordo dell'auto nera fa la campagna elettorale per il suo padrino. L'amico più sincero e Fiore lo abbandonano per sempre, in quel deserto giallo di zolfo e pietre dove tutto ha avuto inizio.
Lo chiamano Mimì ma il suo nome è Carmelo, Mardocheo Carmelo: professione metallurgico. Lina Wertmüller agguanta il grande successo cinematografico nel 1972 (dopo un debutto felliniano con i I basilischi nel 1963, il Gian Burrasca televisivo, i musicarelli con Rita Pavone e un western realizzato sotto pseudonimo maschile e anglofono), rinfrescando con un tocco estremamente personale i caratteri e i toni della commedia all'italiana e lanciando l'inedita coppia Giancarlo Giannini-Mariangela Melato che ricomporrà negli altri due capitoli di una trilogia ideale: Film d'amore e d'anarchia: ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." (1973) e Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto (1974).
Curiosamente imparentato, nella tematica del 'richiamo del sangue', a Mafioso di Alberto Lattuada (1962), il film si sviluppa nel segno dell'eccesso e della ridondanza, di quel grottesco portato alle estreme conseguenze che caratterizzerà buona parte del cinema della regista romana. È un'esuberanza stilistica e linguistica che mescola impunemente generi e sottogeneri ‒ dall'opera lirica al mélo, dal cinema politico alla sceneggiata ‒ in un crogiuolo che stravolge i confini beffandosi delle convenzioni. La scelta dell'eccesso provocatorio si esplicita anche nel tratto caricaturale dei personaggi: dal trucco 'chapliniano' di Mimì alle figure mostruose di contorno che preparano una delle scene cult del film (l'accoppiamento bestiale fra Mimì e una straripante Elena Fiore), fino alla moltiplicazione di Turi Ferro nei panni dei tanti 'cattivi'.
Tale esuberanza stilistica qui è usata per annodare tra loro i fili tematici, non necessariamente ‒ come la miglior commedia all'italiana insegna ‒ contrassegnati dalla leggerezza. Veniamo calati infatti, soprattutto nella parte ambientata a Torino, in un clima tipico di quel cinema politico che solo l'anno precedente aveva prodotto La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri. Il Mimì che vota per i comunisti, ed è costretto all'emigrazione nel nebbioso pianeta ostile e sconosciuto del Nord, esprime nella sua drammaturgia caricaturale la presa di coscienza di un picciotto qualunque che inizia a scoprire con stupefazione infantile l'altra faccia della società. Ma Wertmüller gioca la carta dello spiazzamento, capovolgendo la visuale e rispedendo Mimì in quel Sud dal quale si era affrancato. Tuffandolo in un gorgo primordiale che lo trascinerà a fondo e portando contemporaneamente a galla la sua quintessenza di puro meridionale: geloso e violento, possessivo ed eccessivo.
Il finale, in un deserto surreale, è sconsolante: incapace di gestire qualunque evento privato o politico, patetico pupo nelle mani dei potenti simbolicamente interpretati tutti dallo stesso Turi Ferro, Mimì, definitivamente solo, non potrà fare altro che gridare il proprio fallimento ("Anch'io credevo in un mondo nuovo, ma sono tutti cugini!"). Denuncia inutile e fuori tempo di una 'mafia' che non è solo crimine e politica, ma è soprattutto uno stato dell'anima.
Interpreti e personaggi: Giancarlo Giannini (Carmelo 'Mimì' Mardocheo), Mariangela Melato (Fiorella 'Fiore' Meneghini), Turi Ferro (Salvatore Tricarico, e altri personaggi), Agostina Belli (Rosalia Mardocheo), Luigi Diberti (Peppino), Elena Fiore (Amalia Finocchiaro), Tuccio Musumeci (Pasquale), Ignazio Pappalardo (massaro 'Ntoni).
Werb., Mimì metallurgico ferito nell'onore, in "Variety", April 19, 1972.
F. Gévaudan, Mimì metallurgico ferito nell'onore, in "Cinéma 72", n. 167, juin 1972.
E. Comuzio, Mimì metallurgico ferito nell'onore, in "Cineforum", n. 115-116, luglio-agosto 1972.
R. Aristarco, Mimì metallurgico ferito nell'onore, in "Cinema nuovo", n. 218, luglio-agosto 1972.
D. Sauvaget, Mimì métallo blessé dans son honneur, in "La revue du cinéma", n. 265, novembre 1972.
C. Plumb, The Seduction of Mimi, in "Take one", n. 5, September 1974.
P. Bisking, Lina Wertmüller's the politics of private life, in "Film quarterly", n. 2, Winter 1974/75.
Sceneggiatura: in The Screenplays of Lina Wertmüller, New York 1977.