MINISTRO (latino minister)
Nell'antichità romana furono chiamati ministri augusti gli apparitores degl'imperatori romani e gli of ficiales della casa imperiale. Ebbero varia denominazione, a seconda dell'ufficio che esercitavano, e furono per lo più di condizione servile. Alle dipendenze dei capi dei varî dicasteri della cancelleria e dell'amministrazione della casa imperiale, esercitavano svariate mansioni. Erano numerosissimi e formavano il grosso di quell'esercito di impiegati e di addetti che riempivano gli uffici della cancelleria imperiale e dei varî reparti in cui si suddivideva il complicato servizio presso la persona stessa dell'imperatore, presso i membri della famiglia imperiale e gli alti ufficiali che sovraintendevano all'amministrazione della domus augusta. Fra gl'innumerevoli titoli che assumevano questi umili, ma talora potenti funzionarî vanno notati i lictores, gli accensi, i viatores, i praecones, i commentarienses, i tabellarii, ecc. Molti erano poi gli addetti agli uffici della segreteria imperiale e dell'istruzione delle cause riservate alla giurisdizione dell'imperatore, retti da magistri (ab epistulis, a libellis, a cognitionibus, a memoria, ecc.). Il numero di questi funzionarî subalterni andò aumentando considerevolmente al tempo di Diocleziano e più ancora nel corso del sec. IV, quando ogni alto funzionario era circondato da una quantità di impiegati (officiales), proporzionata all'estensione della sua competenza. Se ne può vedere l'enumerazione nella Notitia dignitatum, che data dal tempo dei figli di Teodosio.
Nel culto romano i ministri sono gl'inservienti di un tempio: ministri templorum, fani, Martiales (Cic.), Mercurii Maiae (iscr. Pomp.); o del rito, specialmente sacrificale (Verg., Ov.).
Ministri del culto. - Nel linguaggio ecclesiastico la parola ministro è usata in varî significati:
1. per designare in genere colui che serve il prete durante la messa (chierico) e risponde alle sue preghiere a nome del popolo. Per quanto il concilio di Trento (c. 18, sess. 23 de ref.) richieda lo stato ecclesiastico per coloro che servono la messa, in pratica sono considerati oggi ministri altaris tanto il diacono e il suddiacono che servono durante la messa cantata, quanto i giovanetti che spesso sono adibiti a questa funzione. La messa non può essere celebrata senza l'assistenza del ministro; le donne non possono fungere da ministro; in caso di necessità sono ammesse soltanto a rispondere al sacerdote stando a debita distanza e senza salire i gradini dell'altare (Cod. iuris canonici, 813).
2. per designare coloro che nell'amministrazione dei sacramenti compiono il segno sacramentale, cioè quel segno sensibile che in virtù dell'istituzione di Gesù Cristo produce la grazia sacramentale: così, per es., ministro ordinario del battesimo è un sacerdote; ministro della cresima, un vescovo; ministri del matrimonio, gli sposi. Quanto agli abusi dei ministri del culto, v. abuso: Abuso dei ministri dei culti.
3. ministro è anche il titolo dei superiori di alcuni ordini religiosi (per es., ministro provinciale e generale dei francescani).
4. in alcune chiese protestanti, soprattutto di lingua inglese, la parola ministro è usata per indicare ogni ecclesiastico.
Ministri e ministeri nell'amministrazione dello stato.
Il primo ministro, i ministri e i grandi uffici che da essi sono diretti (presidenza del consiglio, ministeri), costituiscono, a lato della corona, il fulcro dell'attività dello stato, segnatamente nell'orbita dell'amministrazione; grandissima, però, è la loro influenza nell'orbita della legislazione e, anche, se pur minore, in quella della giurisdizione; e ciò, in particolar modo, dopo le riforme del regime fascista. Per comprendere l'importanza di tali organi, bisogna considerare due fenomeni, che caratterizzano lo stato moderno:
a) l'accentramento. Oggidì lo stato, per pratiche necessità, è diretto da uno o più organi coordinati che sono al centro; alle autorità minori, che sono alla periferia, sono lasciati un margine molto ridotto di autonomia, e poteri relativamente limitati.
b) l'instaurazione del governo costituzionale. Il sovrano non risponde dell'attività del governo, ma i ministri (e in questo termine, per brevità, intenderemo di regola compreso anche il primo ministro) ne rispondono; per ciò stesso, non può essere emanato alcun atto di governo, né alcuna legge, se un ministro con la propria firma non ne assume la responsabilità. Il ministro non è dunque un mero dipendente, un esecutore degli ordini della corona; ma è l'autorità sostanzialmente a capo di ogni singola branca dell'attività dello stato, salve, bene inteso, le somme direttive, spettanti, specialmente in circostanze eccezionali, alla corona stessa, e salve le potestà che competono agli altri organi costituzionali (v. corona).
I ministri possono definirsi quegli altissimi funzionarî pubblici che, nominati dalla corona, dirigono collegialmente la cosa pubblica, di concerto con la corona stessa, e sovrintendono, inoltre, ciascuno a una branca dell'amministrazione dello stato, particolarmente affidatagli. La loro carica non è stabile, ma essenzialmente temporanea; per il tempo che la ricoprono, godono di assegni a cui via via si provvide con diverse leggi (6 novembre 1859, n. 3714; 13 agosto 1921, n. 1080; 14 novembre 1920, n. 1702; 24 dicembre 1925, n. 2263, art. 7; r. decr. 14 aprile 1934, n. 561, art. 1).
Nello stato antico, l'ordinamento delle cariche poggia più sulla base delle circoscrizioni territoriali che sulla divisione della competenza; e ciò appare ben naturale, ove si pensi alla difficoltà, accentuatissima in quell'epoca, d'inviare e di attendere ordini a distanza, per ogni singolo minuto affare. Epperò, se in Roma repubblicana il prefetto della città aveva attribuzioni circa gli affari interni, l'edile circa i lavori pubblici, il questore circa le finanze, e così via, tali attribuzioni si restringevano a ben limitata zona; le provincie invece erano affidate al governo, in gran parte autonomo, di proconsoli o propretori. Neppure nell'impero romano si riscontrano cariche similari agli odierni ministri, pur ritrovandosi collegi (consilium principis) o uffici centrali (scrinia); esse si riscontrano, invece, nella monarchia carolingia (comes stabuli, cancellarius), finché con Luigi XIV la carica di segretario di stato, perduto il carattere di ereditarietà, assume aspetto del tutto moderno. Anche in Inghilterra l'odierna fisionomia della carica ministeriale si va determinando attraverso una secolare lenta trasformazione, che dai consiglieri del re (Permanent council, Privat council) passa ai secretaries of state.
Non dissimile è l'evoluzione dell'istituto negli ex stati italiani; finché con le riforme costituzionali i ministri, divenendo un organo di collegamento fra le camere e la corona, sono prescelti, in generale, fra i membri delle camere stesse, e acquistano prestigio e autorità, specialmente in confronto alla corona, limitandone il potere prima assoluto; non sono più revocabili ad nutum del sovrano, ma, in generale, debbono corrispondere alla fiducia del parlamento, salvo che il sovrano non preferisca ristabilire l'accordo fra i ministri e le camere con altri mezzi, cioè con lo scioglimento della camera elettiva e la conseguente elezione di nuovi deputati o con la nomina d'un gruppo di senatori tale da spostare la maggioranza.
Diritto italiano. - Allorché fu emanato lo statuto albertino, esistevano nel regno di Sardegna sette dicasteri: interno, esteri, giustizia, finanze, istruzione pubblica, guerra e marina, lavori pubblici. Nel 1850 fu istituito un ministero di agricoltura e commercio: soppresso di poi, ricomparve nel 1860, assumendo nel 1924 il nome di ministero dell'economia nazionale, e da ultimo conservando i soli servizî e il nome dell'agricoltura e foreste e cedendo gli altri al ministero delle corporazioni; nel 1860 fu istituito il ministero della marina; un ministero del tesoro fu istituito nel 1877 e scomparve nel dicembre 1922; nel 1889 fu istituito il ministero delle poste e telegrafi (oggi delle comunicazioni); nel 1912 quello delle colonie; nel 1925 quello dell'aeronautica; nel 1926 quello delle corporazioni; breve vita ebbero invece i ministeri delle armi e munizioni, dei trasporti, dell'assistenza militare e pensioni di guerra, degli approvvigionamenti e consumi alimentari, delle terre liberate dal nemico, del lavoro e previdenza sociale; quest'ultimo, però, sostituito, più tardi, da quello delle corporazioni.
Dal settembre 1933 i ministeri sono tredici (a parte la presidenza del consiglio, che ha un sottosegretario di stato) e cioè: 1. Affari esteri; 2. Interno; 3. Colonie; 4. Grazia e giustizia; 5. Finanze; 6. Guerra; 7. Marina; 8. Aeronautica; 9. Educazione nazionale (già Istruzione pubblica); 10. Lavori pubblici; 11. Agricoltura e foreste; 12. Comunicazioni; 13 Corporazioni. Nell'elenco surriportato, i ministeri sono inseriti secondo l'ordine di precedenza (e importanza) fra essi, approvato con r. decr. legge 19 novembre 1925 n. 1020.
È manifesta la tendenza (comune a tutti gli stati civili) all'aumento del numero dei ministeri, in corrispondenza al sempre più alto livello della civiltà, al crescente numero dei bisogni individuali e collettivi e all'intensificarsi dell'attività dello stato.
È opportuno poi, sempre dal punto di vista storico, aggiungere che con l'art. 2 della legge 12 febbraio 1888, n. 5247, fu abolita la carica di segretario generale (burocratica) e fu istituita, per ogni ministero, l'altra di sottosegretario di stato, da conferire, come è per i ministri, essenzialmente a personaggi politici. E conviene ancora ricordare:
a) il r. decr. 14 novembre 1901, con cui si determinano le attribuzioni del consiglio dei ministri;
b) la legge 24 dicembre 1925 n. 2263, sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo. Con tale legge importantissima del regime fascista, la figura del capo del governo assume una più evidente supremazia sugli altri ministri, supremazia che d'altronde già si era delineata nella pratica; si regola il modo di nomina e dimissione dei ministri; si stabilisce (abrogandosi così la legge 11 luglio 1904 n. 372) che il numero e le attribuzioni dei ministeri sono stabiliti per decreto reale (e non per legge). Si è ritornati per tal modo al sistema che era stato già introdotto dal Crispi con la suddetta legge del 1888.
c) la legge 31 gennaio 1926, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche; con la quale, fra l'altro, si riconosce espressamente al governo la potestà di emanare, in caso di urgenza, decreti-legge in materie che sarebbero di spettanza del parlamento;
d) la legge 9 dicembre 1928, n. 2693, sul Gran consiglio del fascismo, contenente norrme, fra l'altro, per la designazione alla corona di coloro che si reputano idonei ad assumere funzioni di governo.
Il capo del governo e primo ministro. - L'istituzione del primo ministro cominciò a delinearsi in Inghilterra con l'avvento al trono di Giorgio di Hannover. Questo sovrano di origine straniera, non essendo bene al corrente dell'andamento della politica del paese, specie di quella interna, affidò concretamente il potere ai ministri, alle cui riunioni nemmeno partecipava. Il ministro che le presiedeva e che informava il sovrano delle decisioni e del corso degli affari dello stato venne naturalmente ad acquistare man mano di fronte agli altri ministri una posizione prevalente.
Con l'affermarsi del regime parlamentare la figura del primo ministro diventa più complessa e autonoma. Dovendo il gabinetto godere della fiducia delle camere, oltre che di quella del sovrano, questi incarica normalmente della composizione del gabinetto il leader della maggioranza, il quale sceglie i proprî collaboratori e ne presenta la lista al sovrano per la nomina a ministri. La qualità di capo del partito di maggioranza permette al premier non solo di dare le direttive ai suoi colleghi del gabinetto, ma anche di far sentire la sua influenza sulla stessa maggioranza parlamentare e quindi sullo stesso potere legislativo, realizzando così quella cooperazione tra potere esecutivo e legislativo, che è una delle caratteristiche salienti del regime parlamentare classico. Nel caso che la maggioranza gli venga a mancare, il primo ministro ha la possibilità di ricorrere contro di essa a un rimedio estremo, provocando dal sovrano lo scioglimento della camera e la consultazione del corpo elettorale. Fino a quando resta al potere il premier è l'uomo che tiene nelle sue mani il timone dello stato.
Nei paesi del continente europeo, nei quali si estese il regime parlamentare (in forza della consuetudine nel secolo scorso e in base a disposizioni formali nelle costituzioni del dopo guerra), si ebbe naturalmente l'affermazione dell'istituto del primo ministro. Questi fu chiamato generalmente "presidente del consiglio", e dal 13 febbraio 1919 anche in Germania dove però la costituzione di Weimar entrata in vigore l'11 agosto 1919 e durata fino all'avvento al potere dei nazional-socialisti ristabilì la denominazione tradizionale tedesca di "cancelliere". Non sempre però ebbe una posizione e una somma di poteri uguali a quella del premier inglese, specie quando al sistema dei due partiti e del governo omogeneo di maggioranza, cioè formato da ministri dello stesso partito, proprio del regime parlamentare classico inglese, sottentrò il sistema della moltitudine dei partiti e del governo di coalizione, formato cioè da ministri di varî partiti; sistema quest'ultimo che diminuiva i poteri del presidente del consiglio, rendendogli impossibile e in ogni caso sommamente difficile l'adozione e il perseguimento di una politica organica e salda.
In Italia il regime parlamentare e del governo di gabinetto fu adottato per consuetudine. Lo statuto albertino parlava solo di ministri, ma non di consiglio dei ministri e di presidente del consiglio. Ma l'istituto del presidente si affermò subito in fatto dopo la promulgazione dello statuto. Solo posteriormente talune disposizioni di diritto positivo vennero formalmente a determinarne le attribuzioni; ultime, anteriormente all'avvento al potere del fascismo, quelle del r. decr. 14 novembre 1901, n. 466.
Il regime fascista ha operato anche in questo campo una riforma profonda. La materia è stata regolata dalla legge del 24 dicembre 1925, n. 2263 sulle "attribuzioni e prerogative del capo del governo, primo ministro segretario di stato". Si tratta di una delle leggi fondamentali del regime fascista, potrebbe addirittura dirsi della prima legge fondamentale, perché segna il passaggio dal regime parlamentare al regime fascista, e costituisce una delle caratteristiche peculiari, anzi la più peculiare, del regime fascista: la preminenza del capo del governo primo ministro. La legge del 24 dicembre 1925, lasciando immutati i rapporti del capo del governo con la corona, eleva notevolmente la sua posizione nel campo dell'esecutivo e nei riguardi del parlamento. Basta pensare che la legge per un verso dichiara che i ministri "sono responsabili verso il re e verso il capo del governo", e per l'altro dispone che "nessun oggetto può essere messo all'ordine del giorno di una delle due camere, senza l'adesione del capo del governo"; disposizione quest'ultima che da sola è sufficiente a porre fine alla vita del regime parlamentare. La preminenza del capo del governo è consacrata anche dal punto di vista formale: "nelle funzioni pubbliche e nelle cerimonie ufficiali precede i cavalieri dell'ordine supremo della SS. Annunziata". Speciali disposizioni penali (dettate dalla legge 24 dic. 1925 e da quella successiva del 25 novembre 1926, n. 2008 sulla difesa dello stato, coordinate dal codice penale del 1930, articoli 280, 281, 282 e 289) puniscono gli attentati contro la vita, l'incolumità, la libertà, l'onore e il prestigio del capo del governo.
Per la posizione speciale che ha nella vita dello stato, il capo del governo italiano assume, come mise in rilievo il guardasigilli Alfredo Rocco nella relazione ministeriale alla legge del 1925, una figura autonoma e originale, inconfondibile di fronte a tutti i tipi di primi ministri conosciuti negli altri paesi.
Di solito, in Italia, la presidenza del govemo è stata tenuta dal ministro per l'interno; talvolta il presidente non ha avuto portafogli; altra volta (nel 1928) il primo ministro è stato titolare di ben sette dicasteri su tredici. Si è più volte proposta l'erezione della presidenza del consiglio a ministero autonomo; comunque, in regime fascista, la presidenza è, agli ordini del capo del governo, diretta da un sottosegretario di stato per la presidenza; alle dipendenze di quest'ultimo si trovano un capo di gabinetto, varî capi d'ufficio e parecchi impiegati, che attendono, in particolar modo, al carteggio fra la casa reale e il capo del governo, e fra capo del governo, ministri e presidenti delle camere, agli affari comuni a tutte le amministrazioni (feste, onorificenze, impieghi, norme di massima) e ad altri ancora (esposizioni d'arte, ecc., ex combattenti, invalidi e orfani di guerra, araldica, ecc.).
Dipendono, poi, direttamente dal capo del governo, e per esso, dalla presidenza del consiglio, il consiglio di stato, la corte dei conti, l'avvocatura dello stato, il comando generale della M.V.S.N., l'istituto centrale di statistica, le varie opere per l'assistenza agli ex combattenti e orfani, ecc.
Consiglio dei ministri. - Le attribuzioni del primo ministro e dei ministri sono esercitate in parte individualmente, e in parte collegialmente, in seno al consiglio dei ministri. Per tal modo, ogni singolo ministro non limita la propria attività a un singolo ramo dell'amministrazione, ma influisce col suo voto su tutte le più alte questioni concernenti l'attività del governo e la vita dello stato. Come si è detto, gli oggetti da sottoporsi al consiglio dei ministri sono determinati dal r. decr. 14 novembre 1901, n. 466 (in piccola parte modificato dalla legge 24 dicembre 1925, n. 2263, sulle attribuzioni del capo del governo, e da qualche altra); e sono le questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione; tutti i disegni di legge da presentare al parlamento, o da ritirare, le proposte dei trattati, e le questioni internazionali in generale, i regolamenti per l'esecuzione delle leggi, le nomine ad alte cariche (consiglieri di stato e della corte dei conti, prefetti, e in genere funzionarî di grado superiore al 5°; comandanti di divisione e d'armata, ecc.) e le relative revoche, collocamenti a riposo, ecc.
Il consiglio può riunirsi in qualsiasi luogo, e si ritiene che le sue deliberazioni siano valide qualunque sia il numero dei presenti (comunque, l'omissione o l'irregolarità della deliberazione del consiglio dei ministri non può, in genere, esser fatta valere dai terzi). Alle sedute del consiglio dei ministri può assistere il re; vi assiste anche, dopo la legge 9 dicembre 1928 sul Gran consiglio del fascismo, il segretario del partito nazionale fascista, se chiamatovi con r. decreto, in via sia permanente, sia transitoria.
Nomina e revoca del capo del governo e dei ministri. - La materia è regolata, oltre che dagli articoli 65 e 66 dello statuto albertino, dall'art. 2 della citata legge sulle attribuzioni del capo del governo. E cioè, il capo del governo è nominato e revocato dal re: il decreto di nomina è controfirmai0 dal nominato, quello di revoca dal successore. I ministri sono nominati dal re su proposta del capo del governo. Capo del governo e ministri debbono essere, per principio generale di diritto, cittadini italiani, e nel pieno godimento della capacità civile e politica. Non è necessario che siano membri del parlamento, sebbene, per consuetudine, gl'investiti della carica di ministro, non appartenenti a nessuna delle due camere, siano, dopo qualche tempo, nominati senatori.
Attribuzioni individuali dei ministri. - Queste si possono suddividere in attribuzioni direttive e di controllo, e attribuzioni di amministrazione diretta o attiva: ciò, ben inteso, in via approssimativa, poiché vi sono atti ministeriali misti, che possono rientrare in entrambe le categorie, o che costituiscono un quid medium fra l'una e l'altra.
Le attribuzioni direttive si estrinsecano principalmente: a) nella predisposizione di norme giuridiche (regolamenti) sia di organizzazione (art. 1, n. 3, legge 31 gennaio 1926, n. 100), sia per l'esecuzione delle leggi; norme giuridiche che sono poi approvate con r. decreto; b) nella emanazione di norme, circolari, istruzioni, ordini; c) talvolta, infine, nella avocazione dei poteri spettanti agli organi inferiori.
Anche più complesse sono le attribuzioni di controllo (non del tutto separabili da quelle direttive). Al riguardo, conviene far menzione della potestà d'inchiesta; della potestà di riesame degli atti delle autorità inferiori, per approvarli o non; della potestà di decidere sui ricorsi presentati in via gerarchica contro gli atti delle autorità inferiori; della potestà di annullare d'ufficio, in qualunque tempo (su denuncia o di propria iniziativa), i provvedimenti delle autorità inferiori; dei controlli cosiddetti sulle persone (sospensione, revoca di pubblici funzionarî).
Passando alle attribuzioni di amministrazione diretta o attiva, in senso stretto, rileviamo che moltissime leggi conferiscono al ministro attribuzioni, assegnandogli cioè specifica competenza a provvedere in una data materia; ovvero attribuiscono la competenza a emanare l'atto alla corona, nel quale caso tuttavia, praticamente, l'atto deve essere pur sempre predisposto dal ministro, il quale, inoltre, ne rimane responsabile. Così, per fare qualche es., rammentiamo che il ministro dell'interno nomina e revoca i vice podestà (mentre i podestà sono nominati e revocati con decreto reale), scioglie le consulte, può autorizzare o meno le raccolte di armi da guerra (art. 28 legge P. S.), espellere gli stranieri (art. 150 ivi), liberare gli assegnati a confino (art. 187) e, con l'assenso del capo del governo, dichiarare lo stato di pericolo pubblico (art. 214 ivi), ecc.; e così, per ogni singola branca dell'amministrazione, le leggi o i regolamenti stabiliscono quali atti siano di competenza del ministro. Si noti per altro che spesso la legge dichiara competente non il ministro, ma il ministero, e cioè sia il ministro, sia i funzionarî che agiscono alle dipendenze del ministro (sottosegretario di stato, direttore generale, direttore capo di divisione, ecc.). Molto spesso, infine, la legge dichiara competente un'autorità locale decentrata (prefetto, intendente di finanza, ecc.); a tal riguardo, sorge la grave questione sino a che punto si debba prediligere l'accentramento o il decentramento amministrativo; e conviene rilevare che entrambi i sistemi hanno pregi e difetti: l'accentramento dà al governo energia e possibilità di uniformare la sua azione in tutto il regno; il decentramento conferisce all'attività amministrativa maggiore rapidità e pieghevolezza in relazione alle esigenze locali: talché si deve, di tempo in tempo, seguire quella giusta via di mezzo che è consigliata dalle circostanze. Ancora, vi sono leggi che uniformemente per tutta l'amministrazione assegnano ai ministri la competenza di compiere dati atti: così, per il r. decreto 30 dicembre 1923, n. 2960, sullo stato giuridico degl'impiegati statali, il ministro dispone i bandi per gli esami di concorso, sia per le prime assunzioni, sia per alcune promozioni; nomina, in genere, gl'impiegati, conferisce le promozioni, infligge punizioni (art. 25, ecc.).
È anche da notare a questo riguardo che, per principio generale del nostro diritto, gli atti dei ministri sono definitivi, ossia contro di essi non è dato ricorrere in via gerarchica né al re né al capo del governo; invero il re e il capo del governo stanno al di sopra dei ministri, ma la legge non concede agl'interessati un ricorso in via gerarchica, contro l'atto del ministro, né al capo del governo, né al re; e ciò per ovvie ragioni di preclusione della procedura, ossia di brevità amministrativa. La legge concede invece ancor oggi, contro gli atti dei ministri, e anche contro i decreti reali, per ossequio all'antica tradizione, il cosiddetto ricorso straordinario al re; ma è questo un ricorso regolato da norme speciali e parallelo al ricorso contenzioso e non è un ricorso gerarchico, che ha ben altra natura e portata.
Ministri senza portafoglio; ministri di stato. - Segnatamente in tempo di guerra, per opportunità politica, per avere in consiglio dei ministri un'ulteriore voce, il rappresentante di una tendenza, ecc., sono stati nominati uno o più ministri cosiddetti senza portafoglio (talvolta, come abbiamo visto, può essere senza portafoglio il primo ministro). La posizione giuridica del ministro senza portafoglio è essenzialmente uguale a quella degli altri ministri; gode come questi di un assegno, e la sua carica è temporanea; ha voto, come gli altri, in consiglio dei ministri, ha un proprio gabinetto e può anche avere qualche particolare attribuzione pur non essendo a lui conferita la direzione di un dicastero.
Ben diversa è, invece, la natura dei ministri di stato. Qualunque sia stata l'origine di tale carica (possono vedersi al riguardo due antiche norme piemontesi: il r. biglietto 27 settembre 1713; e l'editto 17 febbraio 1717) essa è quasi del tutto onorifica; pertanto è conferita a vita. Dà titolo a speciali onori (v. r. decr. 8 gennaio 1929, n. 14, sulle precedenze a corte) e alla nomina a senatore (art. 33, categoria 4a, dello statuto del regno); è di solito conferita a persone che abbiano particolari benemerenze nel campo della politica e dell'amministrazione. Il loro numero massimo è di 25 (r. decreto 20 aprile 1933, n. 393)
Sottosegretarî di stato. - Abbiamo già accennato che furono istituiti con la legge Crispi del 12 febbraio 1888, n. 5195; e sostituirono i segretarî generali (organi burocratici) che furono soppressi. La loro posizione giuridica è regolata dalla citata legge 12 febbraio 1888, dal r. decreto 1° marzo 1888, n. 5247, e dal decreto legge 10 luglio 1924, n. 1100. A parte il caso di speciali disposizioni, i sottosegretarî di stato non hanno attribuzioni proprie, ma esercitano quelle che siano loro delegate dal ministro.
Ciò non pertanto è da ritenere che, senza bisogno di delega, sostituiscano il ministro stesso in caso di assenza o impedimento, per gli affari di ordinaria amministrazione (art. 2, r. decr. 1° marzo 1888, che sotto tale aspetto pare ancora in vigore). Inoltre pare accetabile il parere che il sottosegretario, nel caso che il ministro non si trovi presente in una delle camere, possa senza bisogno di delega sostenere i progetti del ministro e discutere.
Tuttavia perché il sottosegretario di stato possa intervenire e parlare in una camera di cui non è membro, deve essere nominato commissario del governo: si tratta, è pur vero, di mera formalità, richiesta dall'art. 59 dello statuto; e, se la nomina del sottosegretario cade su una persona che non sia membro né dell'una camera né dell'altra, la nomina a commissario dovrà aver luogo per ambedue le camere.
Secondo la legge del 1888, i sottosegretarî erano previsti in numero di uno per ogni ministero. Ma poiché ora il capo del governo può provvedere, promuovendo un regio decreto, alla modifica del numero dei ministri, a fortiori il capo del governo potrà proporre al re la nomina di più sottosegretarî per lo stesso ministero. Oggi (1933) i ministeri dell'educazione nazionale, dell'agricoltura e delle corporazioni hanno due sottosegretarî di stato, e quello delle comunicazioni ne ha tre; tutti gli altri ministeri ne hanno uno solo; inoltre v'è un sottosegretario di stato per la presidenza del consiglio, mentre non v'è un ministero di tal nome; in totale, pertanto, i sottosegretarî sono oggi diciannove.
Ordinamento dei ministeri in generale. - I singoli ministeri, pur conservando l'unità organica, che si concreta nella superiorità gerarchica del ministro, constano di una serie, talvolta numerosissima, di organi e uffici, ordinati in genere gerarchicamente, talché non può sorgere dubbio quale organo abbia potestà di dar ordini all'altro. Alle dipendenze dei ministri sono quindi, in primo luogo, i sottosegretarî di stato; al di sotto di questi, sono moltissimi altri funzionarî che, in generale, sono, a differenza dei sottosegretarî funzionarî burocratici e stipendiati. Si hanno così i direttori generali, i capi di divisione o d'ufficio, i capi di sezione o di reparto e poi i consiglieri, i primi segretarî, i segretarî e i vicesegretarî, i ragionieri, gl'impiegati d'ordine e così via; l'ordinamento di tali funzionarî, i loro doveri, ecc., sono regolati dalle norme sullo stato giuridico (r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2960), da quelle sull'ordinamento gerarchico (11 novembre 1923, n. 2395; 27 luglio 1929, n. 1047; e altre numerose). Gli stipendî per la carriera di concettti vanno da lire 7300 annue più L. 1800 d'indennità di servizio attivo (vicesegretario, grado XI) ad annue L. 36.000, più L. 12.000 di indennità (direttore generale, grado IV); salve, però, una deduzione del 12%, introdotta nel 1930 e un'ulteriore deduzione graduata dal 6 al 12% introdotta nel 1934, e salve le ritenute per imposte, trattamento di previdenza, ecc. Il personale si distingue in tre gruppi: gruppo A (di segreteria e, in genere, personali tecnici forniti di laurea o diploma equipollente); gruppo B (di ragioneria, e personali tecnici forniti di licenza dalle scuole medie); gruppo C (personale d'ordine, per i servizi di archivio, spedizione, copia, ecc.); è poi da ricordare il personale subalterno (uscieri, inservienti). Dei varî ministeri solo alcuni (lavori pubblici, educazione nazionale, guerra, marina, aeronautica, agricoltura) hanno un ruolo d'impiegati per l'amministrazione centrale, distinto da quello per l'amministrazione provinciale o locale.
Presso parecchi ministeri si trovano direzioni generali, uffici o aziende più o meno autonomi, sia perché retti da un consiglio di amministrazione, sia perché aventi bilancio separato con ben distinti ruoli di personale, ecc.; essi però dipendono pur sempre dal ministro. Minore e diversa è invece la dipendenza delle aziende, cui è conferita personalità giuridica affatto distinta.
Nei ministeri esistono poi speciali uffici, detti gabinetti, che sono costituiti dai ministri, con personale di propria particolare fiducia, per avere presso di sé collaboratori immediati, e che cessano dallo speciale incarico allorché il ministro esce di carica (salvo conferma del successore). I sottosegretarî di stato non possono costituire un gabinetto, ma solo una segreteria particolare. V. al riguardo la legge 10 luglio 1924, n. 1100.
Infine è da rilevare che, presso quasi tutti i ministeri, vi sono uno o più organi consultivi, di cui qui ricorderemo i principali: a) il consiglio superiore di sanità (legge 23 giugno 1927, n. 1070; decr. 21 marzo 1929, n. 590); b) il consiglio superiore coloniale (r. decr. 3 aprile 1930, n. 437); c) il consiglio dell'esercito (decreti 8 giugno 1925, n. 866 e 6 aprile 1929, n. 69); d) il consiglio superiore dell'educazione nazionale (decreti 22 dicembre 1932, n. 1735 e 8 marzo 1934 n. 501; e) il consiglio superiore dei lavori pubblici (legge 1° giugno 1931, n. 678; f) il consiglio nazionale delle corporazioni (legge 28 marzo 1930, n. 482).
Ordinamento e attribuzioni dei singoli ministeri. - I. Il Ministero degli affari esteri oltre il gabinetto, l'ufficio stampa, quello del personale e altri, ha sei direzioni generali: 1. affari politici e commerciali dell'Europa, Levante e Africa; 2. affari politici e commerciali dell'America, Asia, Australia; 3. affari della Società delle nazioni; 4. affari della S. Sede e servizî amministrativi; 5. scuole all'estero; 6. lavoro all'estero.
II. Il Ministero dell'interno, oltre l'ufficio del personale, ha cinque direzioni generali: 1. dell'amministrazione civile (affari generali, comuni, provincie, opere pie, servizî speciali); 2. della pubblica sicurezza; 3. della sanità pubblica; 4. dei culti; 5. del fondo per il culto.
III. Il Ministero delle colonie ha due direzioni generali: 1. delle colonie dell'Africa settentrionale; 2. delle colonie dell'Africa orientale; oltre l'ufficio del personale, quello militare, ecc.
IV. Il Ministero di grazia e giustizia consta: 1. dell'ufficio superiore del personale e affari generali; 2. della direzione generale affari civili e professioni legali; 3. della direzione generale affari penali, grazie, ecc.; 4. della direzione generale degl'istituti di prevenzione e di pena.
V. Il Ministero delle finanze risulta composto degli uffici seguenti, i quali hanno tutti rango di direzioni generali: 1. ufficio centrale del personale; 2. ufficio danni e debiti di guerra; 3. direzione generale della cassa depositi e prestiti; 4. direzione generale delle tasse sugli affari; 5. direzione generale del demanio pubblico e aziende patrimoniali; 6. direzione generale del tesoro; 7. direzione generale del catasto e servizî tecnici; 8. direzione generale delle pensioni di guerra; 9. amministrazione del debito pubblico; 10. direzione generale delle dogane e imposte indirette, 11. direzione generale delle imposte dirette; 12. provveditorato generale dello stato; 13. comando generale della Guardia di finanza; 14. ragioneria generale dello stato; 15. amministrazione autonoma dei monopolî di stato.
VI. Il Ministero della guerra ha dieci uffici superiori: 1. direzione generale personali civili e affari generali; 2. direzione generale personale ufficiali; 3. direzione generale leva, sottufficiali e truppa; 4. direzione generale artiglieria; 5. direzione generale servizî logistici; 6. ispettorato generale amministrativo; 7. direzione generale sanità militare; 8. direzione centro chimico; 9. servizio ippico; 10. ispettorato del materiale automobilistico.
VII. Il Ministero della marina ha nove uffici superiori:1. ufficio del capo di stato maggiore; 2. direzione generale personale e servizî militari; 3. direzione generale costruzioni navali e meccaniche; 4. direzione generale armi e armamenti; 5. direzione generale sanità militare; 6. direzione centrale commissariato militare; 7. direzione centrale genio militare e lavori; 8. direzione generale personali civili e affari generali; 9. ufficio salariati, contenzioso, ecc.
VIII. Il Ministero dell'aeronautica ha sette uffici superiori: 1. direzione generale personale militare e scuole; 2. direzione generale personali civili e affari generali; 3. direzione superiore studî e esperienze; 4. direzione generale costruzione e approvvigionamenti; 5. direzione generale servizî materiale e aeroporti; 6. ufficio centrale demanio; 7. ispettorato di commissariato.
IX. Il Ministero dell'educazione nazionale ha sette uffici superiori: 1. direzione generale delle accademie, biblioteche, affari generali e personale; 2. direzione generale delle antichità e belle arti; 3. direzione generale dell'istruzione superiore; 4. direzione generale dell'istruzione media, classica, scientifica e magistrale e degli istituti di educazione; 5. direzione generale dell'istruzione media tecnica; 6. direzione generale dell'istruzione elementare; 7. ispettorato generale dell'istruzione secondaria di avviamento professionale.
X. Il Ministero dei lavori pubblici ha sette uffici superiori: 1. direzione generale dell'edilizia e delle opere igieniche; 2. direzione generale della viabilità e dei porti; 3. direzione generale acque e impianti elettrici; 4. direzione generale servizî speciali (terremoti, frane, ecc.); 5. direzione generale nuove costruzioni ferroviarie; 6. azienda autonoma della strada; 7. segretariato generale.
XI. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste ha quattro uffici superiori:1. direzione generale dell'agricoltura; 2. direzione generale della bonifica integrale; 3. direzione generale del credito agrario e casse di risparmio; 4. comando milizia forestale, oltre l'ufficio del personale e l'azienda delle foreste demaniali.
XII. Il Ministero delle comunicazioni si divide essenzialmente in tre grandi direzioni generali: delle poste e dei telegrafi, delle ferrovie dello stato e della marina mercantile; ma le prime due direzioni, per la grandissima mole di affari, non si dividono in divisioni, ma in servizî, che alla loro volta si suddividono in divisioni. Dal ministero delle comunicazioni dipende anche l'ispettorato generale delle ferrovie, tramvie e automobili.
XIII. Il Ministero delle corporazioni consta di cinque uffici superiori: 1. direzione generale del segretariato del consiglio delle corporazioni; 2. direzione generale delle associazioni professionali; 3. direzione generale del lavoro, della previdenza e assistenza; 4. direzione generale dell'industria; 5. direzione generale del commercio.
Responsabilità dei membri del governo e dei funzionarî burocratici. - Capo del governo e ministri sono responsabili; questo principio è tanto più saldo, in quanto il sovrano non risponde degli atti del governo, e la sua attività - anche privata - non è in genere sindacabile, specialmente in linea penale.
Il principio della responsabilità dei ministri (compreso il primo ministro) è espressamente dichiarato nell'art. 67 dello statuto albertino; ed è confermato, anche per il capo del governo, dalla recente legge 24 dicembre 1925 n. 2263 sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo. Analogamente, e anzi a maggior ragione, sono responsabili i sottosegretarî di stato.
La responsabilità dei membri del governo, che può derivare sia da un loro atto, sia dalla loro condotta in genere, sia da imperizia o negligenza, è di tre specie:
1. responsabilità politica. Questa ha origine nel potere della corona, delle camere, nonché, di fronte ai ministri e ai sottosegretarî, anche del primo ministro, di disapprovare gli atti o la condotta (anche privata) dei singoli membri del governo, rendendone necessario il ritiro dalla carica. In regime fascista, essendo venuto meno il sistema del capo del governo parlamentare o di gabinetto, la responsabilità politica esiste segnatamente verso il capo del governo e la corona.
2. responsabilità civile. È regolata da molteplici norme, sia di diritto privato (codice civile e altre) sia di diritto pubblico (art. 81-86 legge sulla contabilità generale dello stato; titolo VI del testo unico 3 marzo 1934, n. 383 della legge comunale e provinciale); tali norme costituiscono un sistema di principî che, a parte casi speciali, si applicano sia ai membri del governo, sia ai funzionarî burocratici delle pubbliche amministrazioni.
Di particolare importanza è l'art. 83 della citata legge di contabilità, per il quale il risarcimento può anche essere condonato in parte, ove le circostanze del fatto, le benemerenze del funzionario, ecc., lo consiglino.
3. responsabilità penale. È retta dal principio, comune a tutto il campo penale, che nessuna pena può essere applicata in concreto, se non sia previamente, per quel fatto, contemplata dalla legge. Per altro per i ministri (non per i sottosegretarî) i reati cosiddetti ministeriali, ossia commessi nell'esercizio delle funzioni di ministro, sono giudicati da un giudice speciale (senato costituito in alta corte di giustizia) sempre che l'accusa sia promossa dalla camera dei deputati (art. 36 e 37 statuto); e si ritiene che, qualora l'accusa non sia pronunciata, la competenza del giudice ordinario non possa svolgersi. Se invece si tratta di reato comune, al quale la qualità di ministro era estranea, la competenza del giudice ordinario è salva (salvi, bene inteso, gli ostacoli che provengono dalla carica di deputato o di senatore).
Diritto comparato. - L'ordinamento ministeriale italiano non differisce molto da quello di quasi tutti gli altri stati civili, come si desume dal seguente specchio riguardante i principali paesi.
Argentina (8 ministeri): interni (comprendente anche le poste e telegrafi, l'igiene e il lavoro); esteri; finanze; giustizia e istruzione; guerra; marina; lavori pubblici; agricoltura.
Austria (9 ministeri): esteri; interni; difesa; finanze; commercio e comunicazioni; agricoltura e foreste; istruzione pubblica; amministrazione sociale; giustizia.
Belgio (11 ministeri): esteri; giustizia; educazione; finanze; agricoltura, affari interni e igiene; industria e lavoro; ferrovie, ecc.; difesa nazionale; colonie; poste e telegrafi; lavori pubblici.
Brasile (7 ministeri): finanze; giustizia, interni e istruzione; guerra; marina; esteri; comunicazioni e lavori pubblici; agricoltura e industria.
Cecoslovacchia (16 ministeri): presidenza; esteri; difesa nazionale; finanze; interni; commercio; sanità; ferrovie; benessere sociale; giustizia; agricoltura; educazione; poste e telegrafi; lavori pubblici; unificazione delle leggi; approvvigionamenti.
Francia (17 ministeri): giustizia; esteri; interni; finanze e bilancio; guerra; marina; aria; educazione nazionale; lavoro; lavori pubblici; commercio; agricoltura; colonie; pensioni; sanità pubblica; poste e telegrafi; marina mercantile.
Germania (10 ministeri): cancelliere primo ministro; esteri; interno; affari economici; trasporti; difesa; finanze; poste; agricoltura; lavoro.
Giappone (12 ministeri): interni; esteri; finanze; guerra; marina; giustizia; educazione; agricoltura; commercio; comunicazioni; ferrovie; affari di sopraintendenza.
Norvegia (9 ministeri): esteri; educazione; giustizia; agricoltura; lavori pubblici; affari sociali; finanze; difesa; commercio e industria.
Polonia (13 ministeri): affari militari; esteri; finanze; giustizia; interni; commercio; agricoltura; riforma agraria; comunicazioni; lavoro; lavori pubblici; educazione; poste e telegrafi.
Spagna (10 ministeri): guerra; esteri; giustizia e culti; marina; finanze; interno; educazione; lavori pubblici; lavoro; economia.
Stati Uniti d'America. - (10 ministri): il secretary of state, o primo ministro; il segretario al tesoro; il segretario alla guerra; l'attorney general (giustizia); il postmaster general; e i segretarî per la marina, l'interno, l'agricoltura, il commercio e il lavoro.
Svezia (9 ministeri): esteri; giustizia; difesa; affari sociali; comunicazioni; finanze; educazione; agricoltura; commerci.
Svizzera. - (7 dipartimenti): esteri; interno; giustizia e polizia; dipartimento militare; finanze; agricoltura e industria; poste e ferrovie. Fino a qualche tempo addietro, tutti i suddetti dipartimenti costituivano un unico grande ufficio.
Turchia (9 ministeri): interno; finanze; lavori pubblici; esteri; giustizia; educazione; sanità; economia; difesa.
Ungheria (10 ministeri): esteri; interno; economia; finanze; agricoltura; commercio; istruzione; giustizia; difesa; benessere sociale.
Gran Bretagna e Irlanda del Nord. - Ha un ordinamento caratteristico; debbono per essa menzionarsi: a) ministri del gabinetto, 1. primo lord del tesoro, per tradizione secolare primo ministro; si noti però che quasi tutta la cura della finanza pubblica è affidata al cancelliere dello scacchiere; 2. segretario di stato per gli esteri; 3. guardasigilli privato (Lord Privy seal) ministro di controllo per gli atti sottoposti al R. Sigillo; ha attribuzioni amministrative; 4. presidente del consiglio privato (che attende o ha atteso in passato particolarmente alla pubblica istruzione); 5. lord cancelliere (che ha attribuzioni di ministro della giustizia); 6. cancelliere dello scacchiere (corrispondente al nostro ministro delle finanze); 7. segretario di stato per gli affari interni; 8. id. per le colonie e dominions; 9. id. per la guerra; 10. id. per l'India; 11. id. per l'aviazione; 12. primo lord dell'ammiragliato; 13. presidente del comitato del commercio (Board of trade); 14. ministro della sanità; 15. ministro dell'agricoltura e pesca; 16. segretario per la Scozia; 17. presidente dell'ufficio per l'educazione; 18. ministro del lavoro; 19. ministro dei lavori. b) altri ministri: Attorney general (Procuratore generale); cancelliere del ducato di Lancaster; ministro delle pensioni; id. dei trasporti; solicitor general (avvocato generale); postmaster general; lord avvocato; solicitor general per la Scozia.
Come si desume dall'elenco che precede, anzitutto i titolari del governo inglese hanno varî nomi (e non, come negli altri stati, il titolo unico di ministro); benché in pratica anche in Inghilterra il titolo unico di ministro sia praticamente usato. Si noti inoltre che per le cariche di cui alla lettera b) (e per parecchie altre ancora di minore importanza) si muta il titolare a ogni cambiamento di gabinetto. Anche il nome di ministero (Ministry) è per alcuni dicasteri sostituito da quello di Office, per altri da quello di Board (comitato).
Per l'U. R. S. S. poi è a rilevare che la molteplicità e singolarità degli organi direttivi ed esecutivi rende anche più ardua una comparazione fra istituto e istituto. Tuttavia, può essere utile rammentare che il Consiglio dei commissarî del popolo si compone (1933) di un presidente, di 3 vicepresidenti e 11 commissarî; per gli esteri, guerra, commercio, agricoltura, trasporti, poste, ispettorato sugli operai e contadini, ecc. Ricordiamo ancora che tra gli altri stati la Bulgaria ha 10 ministri, il Chile 8 (di cui uno per la beneficenza), la Cina 12, la Danimarca 10 (di cui uno per i culti e un altro per la giustizia), l'Olanda 9, la Iugoslavia 13, la Rumenia 15.
È da notare infine che negli stati membri di altri stati si ha un'altra serie di ministri; e così l'Irlanda del Nord ha 7 ministri, l'India ne ha 6, il Canada ne ha 17, la Prussia ne ha 8, la Russia propria ne ha 12, ecc.: ministri che non vanno confusi con quelli del rispettivo stato federale o unione di stati (Impero britannico, Reich germanico, U. R. S. S.).
Bibl.: R. Porrini, I ministeri, in Primo trattato completo di dir. ammin. italiano, I, Milano 1900; A. Grassi, in Enc. giur. it., v. Ministeri; J. Santangelo Spoto, in Digesto italiano, v. Ministeri; V. Texeira De Mattos, Accusa parlam. e responsabilità ministeriale, Milano 1910; G. Arangio Ruiz, Istituz. di diritto costituzionale, Torino 1913; S. Romano, Corso di dir. costituzionale, 4ª ed., Padova 1933; O. Ranelletti, Istituz. di dir. pubblico, Padova 1933. Pel diritto comparato, v. Holtzendorff, in Encyclopädie, v. Ministeri, Lipsia 1881; R. Brunet, La constitution allemande, Parigi 1921; List e W. Kaskel, in Enzyklop. des Rechts, Berlino 1923; J. Bryce, Les démocraties modernes, Parigi 1924; F. Dareste, les constitutions modernes, 4ª ed., Parigi 1928; e in particolare A. Todd, Il gov. parlam. in Inghilterra, in Bibl. di sc. polit., Torino 1886; H. Kelsen, Allgemeine Staatslehre, Berlino 1925; M. Vauthier, Précis du droit adm. de la Belgique, Bruxelles 1928; B. Mirkine Guetzevich, La théorie gen. de l'État soviétique, Parigi 1928; Oda Yorödzu, Princ. de dr. administr. du Japon, Parigi 1928; W. Jellinek, Verwaltungsgrecht, Berlino 1929; e infine, The Europe Yearbook; The Statesman's Year-book; Almanach de Gotha.
Per i ministri plenipotenziarî v. diplomazia.
Ministri degl'infermi.
Istituto religioso dal titolo Clerici regulares ministrantes infirmis (sigla: M. I.) detto anche dei Camillini, fondato nel 1582 da S. Camillo de Lellis come associazione religiosa con lo scopo di assistere gli ammalati, senza riguardo a confessione religiosa, e ovunque in luoghi pubblici o privati, con severa proibizione di ricevere qualunque mercede o d'indurre gl'infermi assistiti a testare in favore dell'istituto. Sisto V approvò l'associazione nel 1586 e Gregorio XIV l'annoverò tra quelle dei chierici regolari nel 1591. Le costituzioni, modificate più volte, furono ultimamente approvate nel 1915. L'istituto si diffuse rapidamente anche durante la vita del fondatore, tanto che alla sua morte esso era già stabilito in 16 città italiane. I suoi membri sono di due classi, sacerdoti e fratelli laici, presieduti da un prefetto generale, residente a Roma, eletto per un sessennio e assistito da 4 consiglieri. Poiché l'assistenza che i camillini prestano agli ammalati è, oltreché spirituale, anche materiale, essi hanno sempre destata la pubblica ammirazione, soprattutto in tempo di epidemie. Durante la terribile peste di Napoli del 1656-1657, di 100 religiosi sopravvissero solo 10 padri e 1 laico, e nello stesso anno ne morivano a Genova 34. Si distinsero pure nella lotta contro l'abuso degli alcoolici. Alla fine del 1931 l'istituto si componeva di 100 religiosi distribuiti in 60 conventi di 6 provincie.
Dal 1892 esiste un second'ordine, detto delle Camilline, fondato dalla romana Giuseppina Vannini (1864-1911) e abbastanza diffuso nell'Italia, nel Belgio e nell'America Meridionale.
Bibl.: C. Solfi, Compendio historico della religione dei Chierici regolari Ministri degl'infermi, Mondovì 1689; M. Vanti, S. Camillo de Lellis, apostolo di carità infermiera, Roma 1929; H. Heimbucher, Die Orden und Kongregationen der katholischen Kirche, 3ª ed., Paderborn 1933, II, p. 114 segg.; v. anche camillo de lellis.