MINISTRO (XXIII, p. 393; App. I, p. 854)
Ministri e ministeri dell'amministrazione dello stato. - Nella costituzione italiana del 1° gennaio 1948 (per la quale v. anche, in generale, italia: Ordinamento politico, in questa App.) la figura del ministro non ha subìto molte varianti. Più notevole di tutte quella relativa al primo ministro.
Il primo ministro. - Abbandonato il titolo di capo del governo, ha ripreso l'antica denominazione di presidente del consiglio dei ministri, pur mantenendo, oltre le funzioni di dirigere la discussione in seno al consiglio, alcuni poteri di direzione e coordinamento, per i quali, anzi, esiste un organo apposito (la presidenza del consiglio dei ministri) ed un apposito sottosegretario di stato per la presidenza del consiglio. È anche tuttora in vigore il decr. 14 novembre 1901, n. 466. Del resto, l'art. 95 della nuova costituzione stabilisce che il presidente del consiglio dirige la politica generale del governo; mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri.
La nuova costituzione ha mantenuto la figura del primo ministro diversa da quella degli altri ministri: egli, in un certo senso, è, però, superiore a questi per funzione e dignità. Mentre lo statuto albertino diceva: "il re nomina e revoca i suoi ministri" e non parlava del presidente del consiglio, la nuova costituzione menziona sempre a parte il presidente del consiglio, e non lo assimila del tutto agli altri ministri. Non è ardito osservare, anzi, che per tradizione, e alla stregua degli articoli 8 e 9 del decr. 14 novembre 1901, n. 466, il presidente del consiglio esercita una certa vigilanza sugli altri ministri, anche per assicurare che l'azione del governo sia coerente, unitaria, armonica e, in base alle succitate disposizioni, ha diritto di avere notizia di tutti i provvedimenti da sottoporre alla firma del capo dello stato, o che importino spese straordinarie o che impegnino la politica del governo in confronto agli stati esteri; il presidente può sospendere le proposte e deferirne l'esame al consiglio dei ministri.
Numero dei ministri. Loro competenza. - Nel periodo della elaborazione della nuova costituzione la materia è stata soggetta a frequentissimi mutamenti; ad ogni crisi di gabinetto, per l'opportunità politica di incaricare l'uno o l'altro personaggio, si sono creati o soppressi dicasteri. La nuova costituzione (art. 95) stabilisce che il numero e le attribuzioni dei ministeri potranno essere variati solo con legge: in base a questa disposizione dovrebbe escludersi in futuro l'istituzione di ministeri adpersonam salvo casi eccezionali né è pensabile si possa procedere in futuro col sistema del decreto legge (art. 77 costituzione); è invece da ritenere che possono essere nominati ministri senza portafoglio, con funzioni collegiali e politiche, non già individuali e amministrative.
Nomina dei minisiri. - Presidente del consiglio e ministri sono nominati e dispensati dal capo dello stato, ma sostanzialmente sono, sia pure in modo elastico, designati dalle camere e dai gruppi parlamentari, giacché l'art. 94 della costituzione (comma 1°) dispone che "il governo deve avere la fiducia delle due camere" cui è tenuto a chiederla entro 10 giorni dalla sua formazione. Votata, a maggioranza di una camera, una mozione di sfiducia, il governo non può rimanere in carica (peraltro, il voto contrario su una proposta "non importa obbligo di dimissioni": altro è reiezione di proposta - specialmente di una norma di legge - altro è deliberazione di sfiducia). Si noti che la mozione di sfiducia deve essere motivata (il che agevola e indirizza la soluzione della crisi, e costituisce designazione per il capo dello stato) e deve essere votata per appello nominale.
Nel caso in cui una delle due camere voti la sfiducia e un'altra la fiducia, si presume debba avere la prevalenza il voto di sfiducia; dovrà quindi formarsi un nuovo gabinetto, ma se le due camere, di fronte al nuovo governo, fossero di nuovo discordi, sorgerebbe un conflitto che probabilmente potrebbe essere risolto solo con nuove elezioni. La nuova costituzione infatti parte dal caposaldo della piena parità delle camere.
Se, in massima, il governo deve avere la fiducia delle camere, può peraltro verificarsi il caso di un governo che rimanga in carica senza la fiducia di una delle camere o senza la fiducia di entrambe, allorché il presidente della repubblica ritenga di dover sciogliere le camere o anche una sola di esse (art. 88 della costituzione). Si tratta, evidentemente, di un temperamento o compromesso tra due opposte esigenze: supremazia delle camere in confronto al governo; superiorità, tuttavia, del paese sulle stesse camere. Senza questa, sia pur remota possibilità di resistenza del capo dello stato alla designazione delle camere, si avrebbe, più che un regime parlamentare, un regime di assemblee, e i ministri diverrebbero puri rappresentanti della maggioranza parlamentare con mandato obbligatorio o quasi; il che la costituzione non ha voluto stabilire, per ovvie ragioni.
La costituzione non ha precisato quali requisiti debbono avere i ministri. Non quello di essere membro di una delle camere (art. 64); probabilmente, quello di essere cittadino italiano e di avere il godimento dei diritti civili e politici, sia pure ridotti al minimo (elettorato). Anche di recente (maggio 1947) sono stati nominati ministri varî personaggi che non appartenevano all'assemblea costituente; per tacere, poi, dei cosiddetti ministeri d'affari o di transizione, che sono composti in gran parte, se non del tutto, di persone estranee alle camere ed estranee ai partiti, o alla politica militante. È da notare, incidentalmente, che nel regime cosiddetto presidenziale (esempio: Stati Uniti) i ministri sono sempre estranei alle camere.
Attribuzioni dei ministri. - Come col precedente ordinamento, le attribuzioni del presidente e dei ministri sono di due specie: costituzionali, ossia collegiali, e amministrative o individuali. Le prime sono svolte in seno al consiglio dei ministri: sotto questo profilo, ogni membro del consiglio si occupa di tutte le questioni più notevoli, interessanti anche dicasteri diversi, e che, perciò, debbono essere sottoposte al consiglio dei ministri. Le attribuzioni amministrative o individuali sono quelle assegnate alla speciale competenza di ogni singolo ministero; vi sono però affari comuni, per i quali è prevista l'intesa tra due o più ministri. Tra le attribuzioni della prima specie, o costituzionali, che concernono il consiglio dei ministri, sono da ricordare: a) la nomina, la revoca, ecc. dei più alti funzionarî dello stato; b) i progetti di legge; c) le questioni interessanti l'ordine pubblico, quelle di alta amministrazione e i rapporti con l'estero (art.1, n. 1 e 5 regolam. 14 nov. 1901, n. 466); d) gli schemi di regolamento, di tabelle organiche, ecc.
Speciale funzione costituzionale dei ministri è quella di assumere l'iniziativa e la responsabilità degli atti sottoposti alla firma del capo dello stato. Il capo dello stato, infatti, risponde solo in caso di alto tradimento e di attentato alla costituzione (art. 90); per altri atti e in altri casi non risponde, ma, per ciò stesso, l'atto che porta la firma del capo dello stato ed è espressione dell'autorità di lui, non è valido se non porta la firma del membro del governo competente per materia (o dei membri insieme competenti); questo assume, o questi assumono, la responsabilità dell'atto in luogo e vece del capo dello stato. Va da sé che, se il ministro o i ministri non approvano l'atto desiderato dal capo dello stato, o non concordano sulla liceità, correttezza od opportunità di esso, possono esimersi dalla controfirma dimettendosi subito dalla carica; la funzione di ministro, infatti, è sempre facoltativa, mai obbligatoria.
Responsabilità dei membri del governo. - V'è anzitutto una responsabilità politica, che trova la sua naturale estrinsecazione nel voto di sfiducia e nelle dimissioni conseguentemente necessarie (art. 94 della costituzione). Non sembrano esclusi, però, anche una responsabilità nei confronti del capo dello stato ed un conseguente atto di questi (revoca dei ministri, indipendentemente da voto di sfiducia): se il capo dello stato può sciogliere le camere discostandosi dalla volontà di queste, potrà pur revocare i ministri, discostandosi dalla fiducia del parlamento: va da sé che deve trattarsi di situazioni del tutto eccezionali e che la responsabilità della revoca dei predecessori ricadrà sui ministri successori.
Vi può essere, poi, una responsabilità penale: l'art. 96 della costituzione dichiara che, per reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, il presidente del consiglio e i ministri possono essere posti in stato d'accusa con determinazione del parlamento in seduta comune delle due camere (art. 63). Il giudizio ha luogo avanti alla corte costituzionale (v. in questa seconda App., I, p. 702). Ben più limitata, come si è già accennato, è la responsabilità del presidente della repubblica (art. 90, 134, 135 della costituzione), anche se il procedimento è analogo.
Infine, è da ricordare la responsabilità civile in cui incorrono i membri del governo che rechino danno all'amministrazione per dolo o colpa. Tale responsabilità è regolata dai principî generali ed anche da disposizioni speciali: v., in particolare, l'art. 86 del decr. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilità generale dello stato, per il quale articolo i responsabili possono essere condannati a risarcire il danno anche in parte, ove vi siano ragioni per una benevola considerazione delle circostanze. Tale giudizio rientra nella competenza della Corte dei conti. Non è escluso che detto procedimento possa essere iniziato dalla Corte anche in confronto ad un ministro tuttora in carica.