MACCARI, Mino
– Nacque il 24 nov. 1898 a Siena, figlio primogenito di Latino e Bruna Bartalini.
Seguendo gli spostamenti del padre, professore di latino e greco e poi direttore di istituti magistrali, passò l’infanzia e l’adolescenza in diverse città: Trani, Urbino, Milano, Genova, San Remo, Livorno, trascorrendo con i genitori e la sorella Maria le estati a San Marziale fuori Colle di Val d’Elsa, dal nonno paterno Leopoldo, scultore in marmo e cugino del noto pittore Cesare.
Nel 1915 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza presso l’Università di Siena. Chiamato nel 1917 alle armi e inviato come ufficiale di artiglieria in zona di guerra, nel 1918 fu fatto prigioniero dagli Austro-Tedeschi e internato in Ungheria. Finita la guerra, rientrò in Italia e riprese gli studi laureandosi nel 1920 e facendo pratica forense a Livorno e a Colle di Val d’Elsa. Contemporaneamente iniziò a disegnare (Natura morta del 1920 circa in collezione privata: pubbl. a fig. 3 dei Disegni…, in M. M.…, 1993, cui si rimanda se non altrimenti indicato), a incidere su legno (Colle Val d’Elsa del 1919 circa: proprietà eredi Maccari), a dipingere dal vero con qualche aspirazione macchiaiola e vaghe suggestioni postimpressioniste di matrice francese (Natura morta del 1916: collezione privata; Paesaggio e Le cognate del 1922: proprietà eredi Maccari). Leggeva autori classici e moderni da P. Aretino a D. Diderot, A. Rimbaud, A. Soffici, G. Papini, M. de Unamuno, progettando romanzi (L’uomo felice) e poesie, delle quali però solo Orgia (Siena 1918), d’ispirazione crepuscolare, fu pubblicata. A Livorno nel 1921 «espose tre lavoretti» (M. M.…, 1993, p. 183) alla V mostra del Gruppo labronico. Attento a quanto avveniva in Italia e in Europa in seguito ai trattati di pace, fu colpito dal programma del movimento fascista e, iscrittosi al fascio di combattimento di Colle di Val d’Elsa (1921), partecipò nel 1922 alla marcia su Roma. Contemporaneamente, superati gli esami di abilitazione, diventò procuratore addetto al tribunale civile e penale di Siena. Nel 1922 sposò a Bologna Anna Maria Sartori, dalla quale ebbe quattro figli: Duccio (1924), Marco (1930), Giuseppe (1937) e Bruna (1940). Con lei si stabilì a San Marziale, dove ricevette gli apprezzamenti di O. Rosai per alcune xilografie inviate all’editore fiorentino A. Vallecchi (1923). Nel 1924 iniziò a collaborare a un nuovo settimanale fondato, diretto e finanziato a Colle di Val d’Elsa da A. Bencini, Il Selvaggio, dove pubblicò le prime xilografie e linoleografie di tipo caricaturale e satirico, caratterizzate da un segno volutamente sommario e greve.
Il foglio si faceva portavoce della dissidenza della provincia verso il fascismo ufficiale, tanto che nel 1925 ne furono sequestrati due numeri. Stessa sorte toccò alla rivista fiorentina Rivoluzione fascista diretta da G. Casini, in cui il M. aveva iniziato a pubblicare alcune vignette procurandosi una momentanea espulsione dal partito fascista (fu riammesso nel luglio del 1926). A questi fatti il M. (diventato nel 1925 condirettore della rivista) rispose pubblicando con lo pseudonimo di Matteo Anonimo un romanzo a puntate, Le cronache del sogno ovvero i selvaggi alla conquista dell’Italia (mai concluso), in cui raccontava come sarebbe dovuta essere la rivoluzione fascista; e nel 1926 intervenne su Critica fascista riguardo alla questione dell’Arte fascista (novembre 1926).
Alla fine del 1926, con l’allontanamento di Bencini, divenne il direttore responsabile del Selvaggio, abbandonando definitivamente la professione legale.
Accentuò il carattere artistico e letterario della rivista introducendo le prime riproduzioni di opere d’arte (1926-27) e chiamando a collaborarvi Soffici, G. Morandi, Rosai, R. Bilenchi, A. Lega, F. Agnolotti, A. Palazzeschi, P. Bargellini, R. Bacchelli, E. Pea, L. Bartolini, R. Romanelli, A. del Rigo, Q. Martini, O. Gallo.
Trasferitasi la redazione a Firenze, la rivista divenne quindicinale e si dotò di un nuovo programma culturale in linea con le grandi riviste nazionali d’anteguerra come Leonardo, La Voce, Lacerba e delle coeve La Conquista dello Stato di C. Malaparte e L’Italiano di L. Longanesi. Quello stesso anno il M. siglò con la firma Punta-e-taglio l’atto di nascita di Strapaese (Qui, o signori, incomincia la cronaca di Strapaese, 15-30 luglio 1926), attraverso cui promosse la polemica nei confronti del novecentismo contrapponendo all’europeismo artistico di M. Bontempelli il recupero della genuina cultura rurale nazionale.
Contro la retorica accademica e le mode importate dall’estero propugnò il valore anticonvenzionale della grafica ottocentesca e della poesia popolare, a cui si dedicò personalmente pubblicando strofe e filastrocche poi raccolte nel Trastullo di Strapaese (Firenze 1928); così come si ispirò ai lunari agricoli, ai calendari ottocenteschi e all’Almanacco purgativo per il 1914 di Soffici e Papini nel compilare, con Longanesi, l’Almanacco di Strapaese per l’anno MCMXXIX (Bologna 1928). Da questi presupposti prese forma la polemica contro gli sventramenti, la «monumentomania» e il falso antico dell’architettura ufficiale.
Nel 1927 aprì a Firenze al n. 60 di via Zanobi una piccola galleria, La stanza del Selvaggio, inaugurata da G. Bottai, dove esposero tutti gli artisti legati al giornale dando vita al gruppo del Selvaggio, definito dal M. «realista sintetico», avverso a ogni forma di astrattismo e decadentismo, legato al valore culturale del disegno e alla chiarezza e concretezza di visione della classicità (Orco Bisorco, Gazzettino ufficiale di Strapaese. La cellula, in Il Selvaggio, 30 marzo 1927).
Con il gruppo partecipò quello stesso anno a Firenze alla II Esposizione internazionale dell’incisione moderna (xilografie: Fascista con la tuba, Ritratto del pittore Morandi, Mercato di Poggibonsi, Strada maremmana) e alla III Esposizione del Sindacato toscano delle arti del disegno (con i disegni Paese e Natura morta e con il dipinto Paesaggio) e nel 1928 alla II Mostra del Novecento italiano nel palazzo della Permanente a Milano, dove inviò sei incisioni a puntasecca (Veduta di Barga, Orchestrina del caffè S. Pietro a Bologna, Donna in costume e donna seduta, Bagnanti e panchine ai Pancaldi, Donna con bambino sulle ginocchia, Scena di bottega con bimba). Al 1928 risale anche la sua prima partecipazione alla XVI Biennale internazionale d’arte di Venezia con cinque xilografie (Bimbo che mangia, Bimbo seduto, A tavola, Discussione, Paesaggio) e una puntasecca (All’osteria), caratterizzate da soggetti tratti dalla vita quotidiana e da uno stile sintetico, debitore del realismo tardottocentesco ma anche dell’espressionismo mitteleuropeo. Nella Stanza del Selvaggio furono infatti esposte anche opere di autori stranieri come A. Kubin, G. Grosz, O. Kokoschka, J. Ensor e F.J. Goya, la conoscenza diretta dei quali condizionò la successiva evoluzione artistica del M., come testimoniano le illustrazioni per Il Selvaggio dei primi anni Trenta e le incisioni, datate 1924-31, della cartella Linoleum (Bologna 1931).
Chiamato da Malaparte a collaborare come redattore capo a La Stampa, nel 1929 il M. si trasferì a Torino pubblicando in appendice al quotidiano cinque romanzi (Peccato d’anticipo, Il postino di campagna, Tentacoli, Giuditta, 1929; Ritorno dalla prigionia, 1930), diversi articoli e un reportage sui confinati politici di Ponza e di Lipari, compiuto nel settembre 1929 e pubblicato in undici puntate nel settembre 1930 (Visita al confino. A Ponza e a Lipari nel 1929, a cura di G. Grisolia, Marina di Belvedere 1985). Nel frattempo, il progressivo isolamento in cui versava Il Selvaggio in seguito alle accuse mosse dal Popolo d’Italia, organo ufficiale del partito, spinse il M. a trasferire la redazione prima a Siena, dove il foglio uscì dal marzo 1929 al gennaio 1931 per i tipi dell’Ancora, arricchito dei contributi dei nuovi collaboratori torinesi I. Cremona, P. Zeglio, E. Galvano, V. Mucci, A. Mazzetti, E. Righetti, con la partecipazione di R. Crateri nelle vesti di amministratore, e poi a Torino fino al marzo 1932.
Il confronto con il clima progressista della città sabauda, allora dominata dal razionalismo di G. Pagano e dal mecenatismo di R. Gualino, costrinse il M. a una analisi più accurata del dibattito architettonico; mentre il contatto con N. Galante e L. Spazzapan determinò l’apertura a vaghe suggestioni metafisiche e surrealiste funzionali alla satirica politica.
Licenziatosi da La Stampa, nel 1932 passò al Popolo d’Italia come redattore addetto all’ufficio di Roma. Nella capitale, dove già era stato all’inizio del 1931 per partecipare alla I Quadriennale nazionale romana (Nudo e Figure, puntasecca), stabilì definitivamente la propria residenza e la sede del Selvaggio. Iniziò a frequentare il caffè Aragno, stringendo amicizia con P. Cesarini e uomini di cultura legati al premio Strega e trovando l’adesione di nuovi collaboratori, come A. Benedetti, V. Cardarelli, G. Vicentini, C. Brandi, V. Brancati, B. Barilli, A. Mezio, F. Lanza, C. Mollino, A. Baldini, S. Volta, A. Trombadori, O. Tamburi, R. Guttuso, T. Scialoja, A. Ciarrocchi, G. Viviani e C. Socrate. Proseguendo l’attività editoriale già iniziata a Siena nel 1931 con il romanzo di Bilenchi Vita di Pisto, continuò la pubblicazione di una serie di racconti firmati, tra gli altri, da Benedetti, Soffici, I. Montanelli, L. Colacicchi. Nel 1932 curò con A. Bartoli la ricostruzione storica dell’anno 1920 in occasione della Mostra della rivoluzione fascista, ordinata da B. Mussolini a Palazzo delle Esposizioni per celebrare il decimo anniversario della marcia su Roma. Espose poco e saltuariamente alle mostre d’arte organizzate dal Sindacato fascista di belle arti, partecipando invece con regolarità alla Triennale di Milano, alla Biennale veneziana e alla Quadriennale romana. Nel 1934 eseguì i disegni per il romanzo di A. Baldini La vecchia del bal Bullier (Bologna) e nel 1935 espose a Parigi alla mostra «L’art italien des XIXe et XXe siècles» al Jeu de Paume (La strada, Nudo, Sulla spiag;gia, Gruppo: acqueforti); ma nell’estate dello stesso anno chiese di essere richiamato al servizio militare e, in qualità di tenente di artiglieria di complemento, partecipò per alcuni mesi alle azioni di guerra in Africa Orientale con l’8° reggimento.
Dopo l’articolo a lui dedicato da Bargellini su Frontespizio (VII [1935], 3), apparve nel 1936 sul numero speciale dell’Italia;no dedicato alla «Caricatura» (XI [1936], 48-51) una biografia del M. firmata da Lon;ganesi, il quale lo chiamò nel 1937 a collaborare al nuovo settimanale di attualità politica e letteraria da lui diretto, Omnibus, dove il M. riversò gran parte dell’esperienza acquisita nel Selvaggio. Da questo momento intensificò l’attività pittorica ed espositiva.
Prese contatto con la galleria della Cometa diretta da Anna Laetitia Pecci Blunt, esponendo nel 1938 nella sede newyorkese alla mostra «Anthology of contemporary Italian drawings» (Ragazzi, xilografia), e con L. De Libero che curava le edizioni della medesima galleria, con il quale pubblicò in seguito le copertine di Beltempo. Almanacco della Cometa (1940 e 1941). Nel 1938 presentò alla XXI Biennale di Venezia un nutrito gruppo di incisioni e disegni, quattro dei quali furono acquistati dalla National Gallery di Londra, altri dal ministero della Cultura popolare. Dopo le personali alla galleria La zecca di Torino e alla galleria dell’Arcobaleno di Venezia, presentate rispettivamente da Cremona e R. Longhi (1938-39), espose nel 1939 alcuni lavori presso lo studio di F. Casorati ed E. Paulucci a Torino e fu invitato con una personale di disegni e incisioni alla III Quadriennale di Roma, dove la Galleria nazionale d’arte moderna acquistò otto opere su carta, tra le quali si ricordano Testa di bambino dormiente, L’arditissimo, Nudo di donna distesa, Scherzo (Prestigiatori).
Nel 1938 venne nominato insegnante di tecnica dell’incisione presso la Regia Accademia di belle arti di Napoli con decreto del ministro dell’Educazione nazionale Bottai. Quest’ultimo gli affidò nello stesso anno la presidenza della quinta sezione del Consiglio nazionale dell’educazione delle scienze e delle arti, dalla quale però il M. si dimise subito per contrasti con G. Ciano e M. Piacentini riguardo al pia;no regolatore di Livorno, e nel 1940 lo chiamò a collaborare alla nuova rivista Primato da lui fondata.
Nato con l’intento di mediare i rapporti tra cultura alta e politica promuovendo un’apertura di respiro internazionale, nei quattro anni della sua durata il periodico divenne, nonostante gli intendimenti dei suoi fondatori, un punto di incontro e di formazione per quanti maturavano allora il superamento o il rifiuto del fascismo, superamento cui pervenne gradualmente lo stesso Maccari.
Dopo l’intervento italiano in guerra l’attività del Selvaggio proseguì in tono minore. Nominato nel 1940 insegnante di tecniche incisorie all’Accademia di belle arti di Roma, il M. collaborò alla Mostra del cinema ordinata dalla VII Triennale di Milano inviando documenti sull’opera dello scenografo L. Meerson (1940) e nel 1941 fu chiamato, in rappresentanza del ministro dell’Educazione nazionale, a far parte della giuria alla III mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti di Milano e alla terza edizione del premio Bergamo. Contemporaneamente, iniziò a collaborare alla rivista di F. Valli Documento che gli commissionò il Lunario per l’anno 1942 (Milano 1941) e, in occasione della mostra M. M.: disegni e incisioni di Documento organizzata dalla galleria Antiquaria in palazzo Massimo alle Colonne a Roma, pubblicò la cartella Album (Siena 1943). Impegnato in questi lavori e nelle illustrazioni per il libro di G. Visentini Gusti esagerati, comprendente un capitolo su «I borghesi di Maccari» (Firenze 1942), dopo la partecipazione alla IV Quadriennale romana (Invitati, Nudo, Caffè) e la chiusura del Selvaggio nel giugno 1943, il M. l’11 agosto successivo inaugurò nella sua casa del Cinquale la mostra «Dux», composta da una trentina di piccoli quadri e numerosi disegni di carattere satirico e grottesco che avevano per tema il duce, il Gran Consiglio, il re, le vicende del 25 luglio. La mostra, visitata dagli amici Longhi, C. Carrà, G. Zampa, P. Calamandrei, G. Briganti, segnò l’allontanamento definitivo dal fascismo da parte del Maccari.
Raggiunta la famiglia sfollata a Montignoso, il M. «aderì al movimento partigiano facendo parte della 2a Compagnia della Formazione Patrioti Apuani alle dipendenze del Comitato di Liberazione Nazionale di Apuania […]. Scioltasi la Compagnia», il 4 nov. 1944 varcò con la famiglia il fronte e raggiunse le linee alleate (così il M. in M. M. …, 1993, p. 209).
Alla fine del 1943, realizzò i disegni per il romanzo di C. Zavattini Totò il buono (Milano 1943) e per Pierre Grassou di H. de Balzac (Città di Castello 1945). Illustrò inoltre la monografia di M. Venturoli Interviste di frodo (Roma 1945) ed eseguì incisioni a colori per il romanzo Artemisia di Anna Banti (Firenze 1947). A Roma negli anni 1944-46, parallelamente alla collaborazione per il nuovo settimanale romano Cosmopolita diretto da A. Morandotti, realizzò litografie e linoleografie per alcuni fascicoli del Conciclium lithograficum pubblicato a Roma per cura di V. e D. Mucci e, con lo pseudonimo di Jean Barbe, fece stampare la cartella di linoleografie di argomento erotico On s’amuse! (Roma 1945). Nel 1947 allestì una mostra personale di dipinti e incisioni presso la galleria La vetrina di T. Chiurazzi in via del Babuino che, così battezzata nel 1946 dallo stesso M., fu luogo di incontro di artisti, poeti, scrittori, critici, personaggi dello spettacolo. Tra questi era il giornalista e poeta epigrammista T. Balestra, con il quale il M. ebbe rapporti di amicizia e una intensa frequentazione. Allo stesso anno risale l’incontro con E. Flaiano, già collaboratore di Omnibus e vincitore quell’anno del premio Strega, con il quale il M. mantenne un lungo rapporto epistolare (Lugano, Biblioteca cantonale, Fondo Flaiano) che, nelle intenzioni dell’artista, avrebbe dovuto offrire materia per un periodico satirico, L’Antipatico, che uscì irregolarmente tra gli anni Cinquanta e Sessanta, e per un saggio sull’incultura nazionale dal titolo Dominazione italiana in Italia, progettato nel 1970, ma mai realizzato.
Nel 1947 partecipò alla mostra «Quarante ans d’art italien du futurisme à nos jours» al Musée cantonal des beaux-arts di Losanna e fu tra i sedici artisti italiani selezionati da L. Venturi e R. Bianchi Bandinelli per la mostra al Brooklyn Museum di New York. Nel 1948 prese parte alla Rassegna nazionale di arti figurative dell’Ente autonomo Esposizione nazionale quadriennale d’arte di Roma presso la Galleria nazionale d’arte moderna, che, l’anno precedente, aveva già acquisito numerose opere su carta del maestro. Quello stesso anno fu invitato alla XXIV Biennale di Venezia con una personale di una settantina di opere, per lo più dipinti e acquerelli, ordinata e presentata da Longhi, ottenendo il premio internazionale per l’incisione.
Tra le opere esposte si ricordano i dipinti Agàfija e Oblomov del 1936 (riferibile a un film ispirato all’opera di I.A. Gonãarov progettato dal M. sin dal 1935 che lo vedeva nelle vesti di attore e regista), Uccellacci del 1948, Il ventaglio degli anni 1939-42 (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) e Nessuno, stasera del 1945.
Lo stesso Longhi presentò entro la fine dell’anno una personale del M. alla galleria La saletta di Modena dove fu esposto il dipinto Western, forse identificabile con il quadro entrato nel 1951 nella collezione di L. Einaudi. Sempre nel 1948 Longhi firmò il testo critico della prima monografia dedicata al M., corredata dei Fogli da un taccuino con disegni dell’autore incisi da E. Romagnoli (Firenze 1948). Ancora nel 1948 (anno a cui risale la sua collaborazione a La Voce repubblicana) entrò in contatto con l’Art Club, l’associazione artistica indipendente fondata da J. Jarema, E. Prampolini e G. Severini. Dell’anno successivo sono invece la litografia per il volume di B. Barilli La loterie clandestine (Roma 1949), contenente anche una incisione di G. De Chirico e una di A. Savinio, i disegni per La coda di paglia di A. Gatto (Milano 1949) e la pubblicazione presso la libreria Rossetti di via Veneto a Roma, frequentata abitualmente dal M., del libro Il superfluo illustrato che nel 1950 fu presentato al Palais des beaux-arts di Bruxelles insieme con il Lunario di Documento, alcuni disegni e incisioni tratte dalle cartelle Album e Come quando fuori piove, edita quello stesso anno da L. De Luca (Roma 1950). L’attività espositiva intanto continuava con mostre significative all’estero (1949: «Pittori di Roma», Kunstsalon Wolfsberg di Zurigo e Neue Galerie di Linz; «Incisione italiana contemporanea», Petit-Palais di Parigi; «Pittura italiana contemporanea», Accademia di belle arti di Vienna) e in Italia (fra le altre, la XXV Biennale veneziana del 1950, dove fu membro della commissione acquisti ed espose i dipinti Composizione, Figure, Don Giovanni, Figure, Tre figure, Ballerina, Il sogno del dragone, Il cameriere, oltre alle acqueforti Nudo e Due nudi).
Al 1949 risale anche la lunga e proficua collaborazione come vignettista per Il Mondo di M. Pannunzio, in cui lavorarono pure Flaiano e Bartoli e per il quale scrisse un articolo, L’orfano di Baudelaire (1°-5 marzo 1949).
La rivista, per diciotto anni fondamentale punto di riferimento nel dibattito politico e culturale italiano, costituì un capitolo felice della personale ricerca pittorica del M. ormai avviata verso la piena maturità espressiva, come testimoniano i dipinti esposti alla galleria Lo zodiaco nel 1950 caratterizzati da un disegno per rapide, sicure pennellate e dall’uso di violenti contrasti cromatici, in sintonia con il neoespressionismo romano degli anni Quaranta. Dedito in pittura al quadro di figure, ma non al paesaggio né alle nature morte, il M. espose, tra le altre opere, Il pittore di corte (1948, collezione Torrisi), apparso in seguito alla mostra «Arte moderna in Italia 1915-1935» del 1967 a Firenze, e Madre e figlia (1948), presente nel 1951 alla VI Quadriennale romana insieme con un nutrito gruppo di incisioni e con il quadro Ricordo di Parigi.
Il dopoguerra fu anche il momento dei grandi sodalizi letterari, come quello con Palazzeschi che dette vita a uno dei lavori meglio riusciti del M.: le illustrazioni per il libro di racconti Bestie del Novecento (Firenze 1951), presentato nel 1957 alla XI Triennale di Milano. Contemporaneamente la passione per la messa in scena teatrale, nata nel 1941 con i figurini neosettecenteschi del Campanello dello speziale di G. Donizetti rappresentato nell’ambito delle manifestazioni musicali del teatro delle Arti di Roma, maturava, nell’ottobre del 1950, con le scenografie e i costumi per la rappresentazione del Turco in Italia di G. Rossini, curata dall’Associazione dell’Anfiparnaso al teatro Eliseo di Roma, con Maria Callas, direzione di G. Gavazzeni.
Fin da questa prova, e nella successiva per la Commedia sul ponte di B.J. Martinù andata in scena nel 1951 al XIV Festival internazionale di musica contemporanea di Venezia, il M. optò per una scenografia povera, analoga per certi versi a quelle di Scialoja e di F. De Pisis, incentrata su un uso emozionale del colore e sulle capacità musicali del segno pittorico.
Sull’onda dei successi di questi allestimenti il Maggio musicale fiorentino gli commissionò nel 1952 i bozzetti e i figurini per la prima rappresentazione assoluta del Don Chisciotte di V. Frazzi (i bozzetti sono conservati presso l’Archivio storico del teatro Comunale di Firenze); ma lo spettacolo andò alla fine in scena con gli allestimenti di De Chirico.
Dopo la mostra «Italienische Kunst der Gegenwart» a Monaco e Düsseldorf (1950-51), partecipò alla prima Biennale del Museu de arte di San Paolo del Brasile curata dalla Biennale di Venezia, esponendo anche nelle due edizioni successive del 1953 e 1955, quando fu insignito del premio del Circolo italiano. Nel 1953 gli fu assegnato nell’ambito della I Mostra nazionale di pittura contemporanea in Palazzo Venezia a Roma il premio Marzotto-Manerbio per il dipinto Ricordo di Bruno Barilli. Nel 1953-54 tenne due conferenze: una ai «Lunedì del Vieusseux» di Firenze in cui, legando nuovamente insieme problema artistico e problema di costume, si pronunciò contro la moda dell’avanguardia, dell’astrattismo e della pittura infantile (U. Apollonio, Pittura d’oggi, Firenze 1954, pp. 49-57), l’altra, dal titolo Cabanel! Chi era costui?, ai «Venerdì letterari» del teatro Carignano di Torino. Autore delle illustrazioni per il volume di Anna Banti, Il bastardo (Firenze 1953), nel 1954-55 espose alla «International colour and woodcut exhibition» organizzata dal Victoria & Albert Museum di Londra e itinerante in diversi musei inglesi e americani. Vinse il primo premio per la xilografia (1955) alla prima edizione della Mostra dell’incisione italiana contemporanea curata da G. Trentin con cadenza biennale all’Opera Bevilacqua La Masa a Venezia, dove partecipò anche alle successive sei edizioni della rassegna, facendo parte nel 1963 della giuria con R. De Grada, Z. Music, G. Perocco e altri e allestendo nel 1965 una mostra personale. In occasione della III Mostra nazionale della grafica di costume, organizzata nel 1956 nell’ambito dell’ottavo premio nazionale di pittura Golfo di La Spezia, fu insignito della medaglia d’oro della presidenza della Camera dei deputati. Parallelamente alla sua collaborazione con la rivista di arte e letteratura Circolare sinistra, fondata e diretta a Torino da Cremona (1955-56), fu impegnato in una serie di mostre personali: a Roma presso la galleria Chiurazzi (1954), dove espose opere in ceramica, tecnica alla quale si dedicava almeno dalla metà degli anni Quaranta, e alla galleria La tartaruga di P. De Martiis (1954); alla galleria La loggia di Bologna (1955) con introduzione in catalogo di G.C. Cavalli; alla galleria L’indiano di Firenze (1955) con discorso inaugurale di Rosai; alla galleria dell’Ariete di Milano nel 1957 in occasione della quale Flaiano sottolineò «il concetto rigoroso del disegno» della pittura del M. e la libertà espressiva raggiunta dai ritratti. A segnare il progressivo avvicinamento del pittore a questo genere fu, quello stesso anno, l’opera Ricordo di Ottone Rosai (proprietà eredi Maccari), dipinta in memoria dell’amico appena scomparso ed esposta sia alla galleria Chiurazzi (1957) sia alla Galleria dell’Accademia di Firenze per la IX Mostra nazionale «Premio del Fiorino» (1958). Ancora nel 1961, però, alla personale allestita a Milano alla galleria Il milione di G. Ghiringhelli il M. espose un solo ritratto, celato sotto il titolo Il banchiere di campagna, che divenne uno dei suoi soggetti preferiti al pari dei personaggi del cinema e della cronaca politica. Gli anni compresi tra la VII Quadriennale nazionale d’arte di Roma (1955: Donne, Grande uniforme, Madre e figlia, Due donne, Visita) e la XXX Biennale internazionale di Venezia del 1960, dove il M. espose un nutrito gruppo di opere su carta e incisioni, coincisero anche con una intensa attività nel campo della grafica e della illustrazione, intervallata solo da un breve viaggio in Spagna compiuto nel 1958.
Espose nelle maggiori rassegne internazionali del settore tra le quali si ricordano: la «Mostra dell’incisione italiana contemporanea» del Museo d’arte di Lubiana (1957) e «Art graphique italien contemporain» del Musée des beaux-arts di Liegi (1957). Nello stesso anno la Galleria d’arte moderna di Verona inaugurò l’antologica «Maccari grafico», curata da L. Magagnato con un’ampia selezione di incisioni tratte da Il Selvaggio, Primato e Il Mondo. Successivamente preparò con Cremona L’Antipatico. Almanacco per l’anno 1959 e per il 1960 (Firenze 1958-59), scatenando i malumori di Mezio, Pannunzio e G. Massari (Taccuini inediti. 1959, in M. M.…, 1993, p. 222). Firmò le illustrazioni per un capitolo tratto da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di C.E. Gadda (pubbl. in L’Illustrazione italiana, agosto 1957, n. 8), L’unghia dell’asino di A. Frassinetti (Milano 1959), Fatti inquietanti di R. Wilcock (ibid. 1960). Per il volume di L. Canali L’onestà muore di freddo (ibid. 1959), una raccolta di brani di carattere moraleggiante e di condanna del malcostume scelti da diversi autori latini, eseguì una serie di disegni e acquerelli poi pubblicata in L’Europeo (27 dic. 1959). Di analoga intonazione furono i disegni del Reportage sur l’affaire Fellini, ispirati alle polemiche sorte intorno alla Dolce vita, alla cui sceneggiatura aveva partecipato l’amico Flaiano (Haute société, 1960, n. 1); mentre di natura ironica e giocosa fu la cartella Chi vuol baciare Teresa? (Venezia 1961).
Nominato dal 1959 direttore dell’Accademia di belle arti di Roma, vinse nel 1963 il premio Antonio Feltrinelli per la pittura e, in tale occasione, come neoeletto presidente dell’Accademia nazionale di S. Luca tenne un discorso su paesaggio e cultura.
A New York espose presso la gallery 63 sia nella mostra collettiva «Modern Italian masters» (1962) sia nella personale (1963) presentata dal pittore americano B. Shahn, che volle sottolineare in catalogo il valore umano e nello stesso tempo irriverente dello humour del Maccari.
L’anno successivo venne nominato, con M. Pallottino e C.L. Ragghianti, tra gli esperti della Commissione parlamentare mista per il patrimonio artistico nazionale.
Alle illustrazioni per Candido e altri racconti di Voltaire (Roma 1962) e Canzonette e viaggio televisivo di M. Soldati (Milano 1962) seguirono numerose altre collaborazioni con autori e case editrici diversi.
In particolare illustrò Paesaggio e poesia di E.F. Accrocca (Roma 1964); realizzò i disegni e firmò la prefazione dei racconti di V. Talarico Otto settembre, letterati in fuga (ibid. 1965); eseguì le tavole a colori per il volume di G.C. Fusco Quando l’Italia tollerava (ibid. 1965), in cui firmò anche un testo di interviste, verbali e registrazioni; creò due incisioni per la poesia Ballade de la grosse Margot di F. Villon (Torino 1966). Contemporaneamente pubblicò la cartella Il godi godi (Milano 1964), una serie di linoleografie per la libreria Feltrinelli di Firenze e con Ciarrocchi, A. Ziveri e altri aderì alle iniziative della libreria Prandi di Reggio Emilia (1965). Altre cartelle (Il toccasana, 1965; Vuoto per pieno, 1966; Poca vela!, 1967; Chiama e rispondi, 1967; Frangiflutti, 1968; Maccari gravures, 1968; Dic duc fac et fer, 1969; Alzo Austria, 1970; Vivo di volata, 1971; La ritornata, 1972; Similia similibus, 1973; Omissis, 1974; More solito, 1975) furono stampate dall’artista eseguendone direttamente la tiratura nel suo studio in via del Leoncino che, aperto nel 1962, divenne presto punto di incontro per amici e collezionisti e luogo di nascita di riviste, almanacchi, fogli volanti e sodalizi, come l’Associazione amatori d’arte o la Inchiostri associati. Testimone diretto di questa multiforme attività fu Balestra, che da tempo seguiva da vicino l’opera del maestro e per il quale il M. illustrò con sei acqueforti il volume di poesie Se hai una montagna di neve tienila all’ombra, edito a cura di G. Appella e di E. Dalla Chiesa (Roma 1974) e presentato nel 1974 alla galleria La scaletta di Matera.
Dopo le scene e i costumi per Il signor di Pourceaugnac di Molière, rappresentato nel 1960 e poi nel 1965 al Piccolo Teatro di Milano, il M. curò per la regia di E. De Filippo la scenografia e i costumi del Naso di D.D. Šostakovič, in cui interpretò lo spirito surreale del racconto di N.V. Gogol´ articolando un segno asciutto e tagliente con una divertita forzatura di immagini. Lo spettacolo andò in scena nel 1964 al teatro alla Pergola in occasione del XXVII Maggio fiorentino, dedicato quell’anno all’espressionismo, e, in seguito, al teatro dell’Opera di Roma (1967) e al teatro alla Scala di Milano (1972).
Alternando attività teatrale e attività espositiva, nel 1965 il M. vinse il premio assoluto di grafica G. Viviani di Pisa e prese parte alla IX Quadriennale romana in veste di commissario nonché di artista espositore nella sezione retrospettiva curata da Perocco (Il dominatore, xilografia).
Presente da cinquant’anni sulla scena culturale italiana, fu regolarmente invitato nelle maggiori mostre retrospettive dedicate in quegli anni alla recente arte italiana: dalla «Mostra del rinnovamento dell’arte in Italia dal 1930 al 1945» ordinata alla casa Romei di Ferrara nel 1960 (xilografie da Il Selvaggio), a «Il dopoguerra. La pittura in Italia dal 1945 al 1955», che nel 1962 De Grada curò alla palazzina Marfisa d’Este di Ferrara (Conversazione, Tre figure, 1954, Roma, galleria La nuova pesa; I commendatori, 1955, Milano, galleria Pagani); da «Arte moderna in Italia 1915-1935» curata da Ragghianti nel 1967 a palazzo Strozzi di Firenze a «La grafica fra le due guerre: 1918-1939» presentata nel 1970 da L. Cavallo all’interno della II Biennale internazionale di grafica di Firenze.
Congedatosi dall’insegnamento nel 1970, il M. alternò lunghi soggiorni tra Roma e il Cinquale, dove trascorreva gran parte del tempo dedicandosi all’incisione con l’aiuto di N. Galleani, divenuto dal 1965 il suo stampatore. A questi anni risalgono l’introduzione alla monografia di K. Noehles su La chiesa dei Ss. Luca e Martina nell’opera di Pietro da Cortona (Roma 1970), l’intervento nel volume dedicato al restauro del Tempietto di Norcia (s.l. 1976) e il grande impegno nella realizzazione di scenografie, allestimenti e costumi teatrali.
Nel 1970 curò le scenografie del Falstaff di G. Verdi per il Maggio musicale fiorentino optando per quinte e fondali minuziosamente dipinti e l’esclusione di oggetti in scena, scelta congeniale alle dimensioni ridotte del fiorentino teatro alla Pergola. Del 1973 sono le scenografie e i costumi per la commedia, scritta da E. De Filippo, Gli esami non finiscono mai, incentrata sull’amaro itinerario di un uomo qualsiasi vissuto tra gli anni Venti e Settanta. Quello stesso anno andava in scena a Siena per la Settimana Chigiana il dramma giocoso Don Giovanni o sia Il convitato di pietra musicato da G. Gazzaniga su libretto di G. Bertati, in cui il M. si pose nuovamente il problema di imporre una tonalità unica a scene e figurini, disegnando per i protagonisti costumi caratteriali che implicavano lo studio della parte e della lunga storia del personaggio e ricorrendo per le figure dei servitori alla tradizione della commedia dell’arte. La finezza critica con cui affrontò quest’avventura teatrale fu apprezzato dalla direzione artistica della Piccola Scala di Milano che all’inizio dell’anno successivo ripropose il dramma giocoso affidando al M. la parte visiva sotto la direzione scenica di T. Varisco e la regia di L. Alberti. Seguirono nel 1975 gli allestimenti e i costumi per l’opera di G.C. Menotti Il telefono, andata in scena al Festival dei due mondi di Spoleto con la regia di Franca Valeri.
Sempre nel 1975 al teatro Comunale di Fiuggi un gruppo di amici, tra cui A. Ruffo, E. Dalla Chiesa, Balestra, Mezio e De Libero, organizzò la mostra «Il Selvaggio di Mino Maccari 1924-1943», presentata da Bilenchi e Mezio; per questa esposizione il M. dipinse quattro grandi pannelli raffiguranti Le Stanze del Selvaggio uno dei quali è conservato alla Fondazione Balestra di Longiano. Nel 1977 il Comune di Siena gli dedicò una mostra antologica che copriva oltre cinquant’anni di attività del M., compresa la mostra «Dux» del 1943, ricostruita l’anno prima anche da L. Laureati presso la galleria dell’Oca di Roma.
Dalla fine degli anni Settanta la febbrile produzione del M. iniziò a rallentare, mentre si moltiplicavano le mostre organizzate dalle gallerie private e dalle istituzioni pubbliche.
Si ricordano in particolare tra le gallerie private Il narciso di Torino, Falsetti di Focette, La tavolozza di Palermo, La vetrata e La chimera di Roma, Pananti di Firenze, la quale nel 1984 iniziò la pubblicazione a dispense di tutta l’opera del maestro (I-IX, Firenze 1984-88) e degli Addenda contenenti un’antologia dei suoi disegni dal 1926 al 1984, con un saggio introduttivo di F. Zeri e uno scritto storico-critico di G. Nicoletti (1987). Tra le mostre dedicate a lui dalle istituzioni pubbliche si ricordano per rilevanza e completezza le antologiche organizzate nel 1984 dal Comune di Olbia e nel 1987 dal ministero della Cultura di Malta, in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura e l’ambasciata italiana, al Museo nazionale di archeologia della Valletta. Nello stesso anno, come manifestazione collaterale al premio letterario Viareggio-Repaci, il Comune di Viareggio ordinò una mostra di oltre cento opere, con introduzione di N. Sapegno. Nel 1986 partecipò all’esposizione Roma 1934 curata da G. Appella e F. D’Amico alla Galleria civica di Modena e al Museo di Palazzo Braschi a Roma; alla mostra newyorkese «Italies 1925-1985. Sessant’anni di vita culturale in Italia», allestita dal Center for Italian studies della Columbia University. Eseguì ancora alcune acqueforti per I sedici sonetti lussuriosi e La puttana errante di P. Aretino e per Gli addii di G. Baboni (Costigliole d’Asti 1982, 1987, 1988) e nel 1989 illustrò il libro di C. Rabotti Von Stroheim l’ufficialetto in guanti e chepì venuto da Vienna di nome Erich (Reggio Emilia), personaggio ricorrente nella sua produzione ritrattistica fin dagli anni Trenta.
Il M. morì a Roma il 16 giugno 1989.
Fonti e Bibl.: Il Selvaggio di M. M., a cura di C.L. Ragghianti, Vicenza 1959; Flaiano e M. (catal.), a cura di N. Ciarletta, Pescara 1976; M. M. (catal., Siena), a cura di B. Sani - G. Briganti, Firenze 1977; F. Meloni, M. M. Catalogo ragionato delle incisioni, Milano 1979; M. Mimita Lamberti, in Storia dell’arte italiana. Il Novecento, Torino 1982, pp. 184, 204, 210 s., 233, 249, 273 s., 343, 569; P. Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana, Bologna 1988, pp. 261 s., 296, 337, 339 s.; M. in Lucania, Roma 1989; M. e Buzzati al teatro alla Scala. Bozzetti e figurini 1959-1973 (catal.), a cura di G.C. Argan, Milano 1990, pp. 13, 19-35, 131 s., 166-180; M. Maccari, Lettere a Flaiano (1947-1972), a cura di D. Bacci - D. Rüsech, Firenze 1991; La pittura in Italia. Il Novecento/2, Milano 1991, ad ind.; G. Uzzani, ibid., II, p. 757; M. M. 1898-1989 «Il genio dell’irriverenza», Lugano-Firenze 1992; M. M. 1898-1989 (catal., Macerata), a cura di G. Appella - L. Trucchi, Roma 1993 (con Selvaggio nel paese dei bugiardi, Torino 1993; Un Mondo di M.: mostra delle vignette di M. M. su «Il Mondo» di Mario Pannunzio (1949-1966) (catal.), Torino 1995; Incisioni di M. M. per il Selvaggio nella collezione Tito Balestra 1924-1943 (catal., Colle di Val d’Elsa), a cura di F. Balestra, Firenze-Siena 1998; B. Cinelli - U. Sereni, I «Selvaggi» della Luc;chesia. M. M. a Barga (catal., Barga), Lucca 2000; S. Pautasso, M. M. Illustrare la letteratura, Firenze 2001; La collezione Balestra. Catalogo generale, a cura di G. Appella, Torino 2004, ad indicem.