YAMASAKI, Minoru
Architetto statunitense di origine giapponese, nato a Seattle (Washington) il 1° dicembre 1912, morto a Detroit (Michigan) il 6 febbraio 1986. Si laureò nel 1934 all'università di Washington a Seattle, ma frequentò per un anno anche quella di New York. Sposato nel 1941 con T. Hirashiki, compì il tirocinio di architetto presso diversi studi professionali finché nel 1949 aprì il suo a Detroit. Si affacciò alla ribalta internazionale già nei primi anni Cinquanta, conquistando con relativa facilità il consenso della società imprenditoriale e l'attenzione della storiografia critica grazie a tre realizzazioni, che tuttavia dichiarano il fondamento eclettico del suo metodo compositivo. Infatti, mentre il Terminal dell'Aeroporto di Saint Louis (Missouri, 1951-56) si presenta quasi come uno scoperto omaggio al particolare strutturalismo espressionista di Ee. Saarinen, il quartiere modello a basso costo di Pruitt-Igoe (Saint Louis) s'ispira al più rigido razionalismo, depurato però da ogni istanza etica e sociale. A vent'anni di distanza, il fallimento di questo insediamento, demolito perché ricettacolo di criminalità, permetterà a Ch. Jencks di proclamare la "morte del moderno per eccesso di razionalità". Nel McGregor Memorial Community Conference Center a Detroit (1955-58), infine, Y. rivela l'"incontrollabilità del suo pure indiscusso talento" (Mendini 1966) combinando, nella complicata struttura, le più disparate reminiscenze delle culture orientali e occidentale. Anche nella Sinagoga di Glencoe (Illinois, 1964), che è caratterizzata da un'audace membrana di copertura a ventaglio, Y. impalca, su un'ossatura rigorosamente tech, suggestivi esotismi.
Da questo momento Y. sembra operare una netta distinzione di ''stile'' tra gli edifici pubblici, campo delle più eterogenee esercitazioni, e le abitazioni unifamiliari (come la sua casa e lo studio a Troy, Michigan), dove invece prevalgono trame ariose e funzionali. Precursore, al pari di Ph. Johnson, di alcune tendenze del postmoderno (v. in questa Appendice), concepisce l'architettura − soprattutto i grattacieli − come ''disimpegno'' al fine di raggiungere, attraverso uno sperimentalismo inevitabilmente calligrafico, la totale libertà della forma. In nome di un nuovo ''umanesimo democratico'' tenta la conciliazione tra logiche culturali diverse; mescola così, in una sorta di disinvolto neo-storicismo in chiave popular, elementi tratti dalla tradizione islamica e giapponese con citazioni del gotico monastico. Oggetti monumentali, svincolati dal contesto, i suoi grattacieli ''porticati'' o dall'involucro segnato da scenografici ''ricami'' prefigurano uno scenario urbano surreale, un provocatorio e ironico "teatro dell'assurdo" (Juhasz 1987) più vicino al design che all'architettura. Esemplari di questa concezione optical sono la Torre di Seattle (1977), issata su un sorprendente podio rastremato, e la Banca dell'Oklahoma a Tulsa, dello stesso periodo. Va ricordato, in particolare, che si è prolungata per oltre un decennio (1962-75) l'esecuzione del progetto più importante di Y., il World Trade Center di New York, realizzato con la prestigiosa collaborazione di E. Roth. Da una ''piattaforma'' attrezzata svettano due torri gemelle alte 411 m, appaiate però solo nella visione a distanza; emblema della città terziaria postindustriale, coniugano tecnologie avanzate e stilemi modernisti con riferimenti orientali. In questo filone opulento s'inserisce la produzione più recente, in cui si segnalano l'eteroclito Saudi Arabian Monetary Agency Head Office a Riyāḍ del 1981 e un edificio pubblico a pagoda stilizzata costruito in Giappone nel 1982.
Bibl.: A. Mendini, Minoru Yamasaki. Limiti nell'architettura americana, in Casabella, 301 (gennaio 1966), pp. 42 ss.; M. Yamasaki, A life in architecture, New York-Tokyo 1979; R.B. Harmon, Serenity and delight in the new architecture as exemplified in the work of Minoru Yamasaki: A selected bibliography, Monticello (Ill.) 1981; Encyclopedia of 20th century architecture, a cura di V. Magnago Lampugnani, New York 1986, p. 370; J.B. Juhasz, Minoru Yamasaki, in Contemporary Architects, ivi 1987, pp. 1013-15.