MINUETTO
. Danza nata in Francia (Poitou) in principio del sec. XVII, il nome della quale alcuni fanno derivare dal corregionale Branle à mener, altri dall'aggettivo menu, che infatti si conviene ai passi del minuetto, più corti di quelli voluti nella maggior parte delle danze.
Praticata dapprima dal popolo, passò poi nel mondo aristocratico, trovandovi, fin dal tempo di Luigi XIV, grande favore.
Il ritmo è ternario, spesso con inizio anacrustico, e la misura può essere in quarti come in ottavi. Il movimento, dapprima moderato, attraverso gli anni viene sempre più spesso accogliendo il dinamismo dell'Allegro, fino a raggiungere l'impeto dei minuetti della VI sinfonia di J. Haydn (in Allegro molto) e della I del Beethoven (in Allegro molto e vivace).
La forma del minuetto, come generalmente tutte le forme che riuscirono a entrare nella componistica del periodo cosiddetto "classico" (da Haydn, cioè, a Beethoven), si venne a modificare in conseguenza della comune evoluzione dalla simmetria binaria alla ternaria. Il minuetto dei tempi preclassici, inserito o no in opere teatrali o in Suites (nella Suite esso, come la Gavotta, la Bourrée, la Loure, il Passepied, la Pavana, ecc., era considerato come intermezzo, che poteva mancare, tra la Sarabanda e la Giga), è composto in due periodi (sulla base delle 8 misure), ognuno integralmente ripetuto come è, di regola, prescritto dal segno di ritornello.
Il primo periodo si svolge nel tono fondamentale fino alla cadenza, che la prima volta conferma quel tono e la seconda invece modula in un tono alffine: di solito nel tono della dominante; il secondo periodo percorre l'itinerario opposto, e la cadenza finale avviene quindi nel tono fondamentale. Al minuetto tiene dietro, di solito, un secondo minuetto, poi chiamato trio perché nelle partiture orchestrali era composto spesso per tre soli strumenti, a contrastare più efficacemente col minuetto primo. Tale esigenza di contrasto chiede, del resto, una diversità - tra i due minuetti - di carattere estetico ed esplicitamente di tono e spesso anche di modo: minore nel caso d'un primo minuetto in maggiore e viceversa. È ovvio, a questo proposito, che per la legge dei rapporti tonali saranno preferiti i toni affini. Dopo il trio si replica il primo minuetto. Secondo queste norme, che naturalmente non hanno carattere imperativo e anzi consentono facilmente eccezioni, l'intera composizione si può fondare sullo schema:
In conseguenza del comune movimento dalla simmetria binaria alla ternaria, che venne a determinare le forme del periodo classico, anche il minuetto, entrando nel quadro della sonata (e quindi della sinfonia) classica, si modifica nella sua struttura interna. Esso si costruisce non più in due ma in tre periodi, in quanto dopo il secondo periodo si ripete il primo:
Questo schema può essere poi ampliato, ma senza modificazioni nella struttura interna dei varî pezzi, con l'aggiunta di un secondo e anche di un terzo trio (tra l'uno e l'altro dei quali viene ripreso il minuetto primo) o anche di una coda, a conclusione finale. È evidente, nel caso di minuetto a più trii, la nuova figura assunta dalla composizione: quella, cioè, del Rondò.
L'importanza storica del minuetto è assai grande. Non soltanto esso costituì una delle danze più frequenti nell'opera teatrale (specialmente nell'opera francese [Lulli-Rameau-Gluck] che sì gran parte dava alle danze), ma mentre le altre danze sei-settecentesche non oltrepassarono l'epoca preclassica della Suite, se non in modo sporadico e quasi a titolo di rievocazione, il minuetto entrò come pezzo d'obbligo (nella sua figura propria o in quella dello Scherzo, sua derivazione immediata) nel quadro della sonata (e quindi della sinfonia e della sonata pluristrumentale: trio, quartetto, quintetto, ecc.) dell'epoca classica, giungendo presso L. Boccherini, J. Haydn, W. A. Mozart e L. v. Beethoven a manifestazioni di valore estetico certo pari, se non superiore, a quello toccato nella sua fioritura del primo Settecento. Nella produzione beethoveniana importante il minuetto compare 17 volte (lo Scherzo, 46), ma dopo il Beethoven esso cede definitivamente il posto, nella composizione a più tempi, allo Scherzo. Accade al minuetto, in sostanza, quel che già dalla fine del sec. XVIII era accaduto alle altre danze sei-settecentesche: esso non è più, infatti, che una forma atta a rievocazioni, a "quadri di genere" a composizioni d'indole decorativa o leggiera. Per tale sua proprietà allusiva il minuetto compare ancora non di rado nelle opere teatrali la cui vicenda si svolga nel Sei o nel Settecento, o che allo spirito di quei secoli intendano richiamarsi. Esempî di minuetti moderni di carattere più intimamente lirico non mancano tuttavia, e basterà citare il II tempo della Sonatina per pianoforte di M. Ravel e il minuetto del II atto di Filomela di G. F. Malipiero, ambedue, naturalmente, concepiti con una certa libertà di forma.