miopia
Termine utilizzato in economia, finanza e teoria delle decisioni (➔ decisione). Prende spunto dalla disfunzione dell’apparato visivo che consente ai soggetti colpiti da tale patologia di mettere correttamente a fuoco solo oggetti posti a distanza ravvicinata. Si definiscono dunque miopi quegli agenti economici che decidono valutando soltanto le conseguenze di breve periodo e trascurandone gli effetti che possono manifestarsi nel lungo periodo.
Molto spesso sono accusati di m. sia politici sia esponenti dell’alta dirigenza (top management) di aziende prive di un azionariato di controllo concentrato (➔ public company). I top manager sono continuamente sottoposti al giudizio degli investitori (azionisti e finanziatori); esso dipende dai risultati dei loro rendiconti sull’andamento dell’impresa che si susseguono con cadenza ravvicinata (le trimestrali). Legati a questi ultimi sono i compensi (bonus) straordinari che integrano lo stipendio dei manager e rappresentano una componente significativa della loro remunerazione. Questa impostazione di fondo spinge i dirigenti, anche a prescindere dalla loro propensione individuale, a concentrare l’attenzione sui risultati di breve periodo. Si dovrebbe dunque parlare di m. dei mercati finanziari più che dei top manager.
In un’impostazione formalizzata, la m. è una proprietà di modelli decisionali dinamici, nei quali il decisore può procedere a revisioni delle proprie scelte in una sequenza di istanti prefissati, usualmente equintervallati, o, almeno idealmente, anche nel continuo.
La proprietà di m. garantisce l’ottimalità sequenziale di strategie miopi. Esse sono basate unicamente su un’analisi di breve periodo, più precisamente sono quelle che generano le stesse scelte che sarebbero ottimali, anche se l’orizzonte fosse uniperiodale e quindi ogni decisione fosse l’ultima. In particolare, il problema della m. è stato approfondito nel contesto di problemi multiperiodali di selezione ottima del portafoglio. In un contesto con orizzonte temporale che va dall’epoca 0 all’epoca T, il decisore ha l’obiettivo di massimizzare il valore atteso di una funzione di utilità u(WT) della propria ricchezza terminale WT. Si è dimostrato che hanno un ruolo privilegiato nel garantire la proprietà di m. le funzioni di utilità (➔ utilità, funzione di p) di tipo CRRA (Constant Relative Risk Aversion). Esse caratterizzano individui con avversione relativa al rischio costante, cioè la cui funzione di utilità di importo u(x) soddisfa la relazione x(−u″(x)/u′(x))=c (con c la costante positiva che misura il livello dell’avversione relativa espressa dalla funzione di utilità, e u′(x) e u″(x) le funzioni derivata prima e seconda della u(x)). Tali soggetti prendono in ogni istante una decisione (ottima), basandosi esclusivamente sulla ricchezza corrente e sulla distribuzione dei rendimenti nel periodo immediatamente successivo alla decisione (prossimo periodo). Le loro scelte non sono invece influenzate dal tempo (numero di periodi) mancante alla scadenza T o dalle distribuzioni dei rendimenti negli altri periodi successivi al prossimo.