PICCHI, Mirto
PICCHI, Mirto. – Nacque a San Mauro a Signa (Firenze) il 15 marzo 1915, secondo di quattro figli (Vittorio, poi Alfredo e Armida) di Egidio e di Ada Picchi (omonimia senza parentela) detta Delfide (pronuncia dialettale 'Derfìde'), artigiani.
L’economia del piccolo borgo era basata in prevalenza sulla lavorazione dei cappelli di paglia di Firenze, dalla materia prima al prodotto finito. In questo settore operava la famiglia Picchi. Tale contesto determinò, stando all’autobiografia di Picchi (Un trono vicino al sol, Ravenna 1978), l’orientamento, favorito dalla famiglia, dei primi anni di formazione.
Frequentate le scuole elementari compiendo le prime due classi in un anno e giungendo alla quinta fra i sette e gli otto anni, Picchi fu iscritto all’Istituto tecnico degli Scolopi in via Cavour a Firenze. Completato con successo il quadriennio di studi, studiò da ragioniere nell’Istituto tecnico superiore Galilei di via Giusti, e poi si iscrisse a Economia e commercio nell’Università di Firenze: la scelta, all’epoca obbligata dopo gli studi di ragioneria, fu presa sia per assecondare indicazioni paterne mai apertamente contrastate, sia per rinviare la chiamata al servizio di leva, per il quale Picchi non si sentiva predisposto (nello stesso 1935 iniziò la guerra d’Etiopia e la circostanza incise sulla scelta). Per quattro anni fu impiegato del Banco di Roma: si occupò di Portafoglio Italia, Portafoglio estero, Informazioni, svolgendo l’attività con diligenza ma senza convinzione. Nel 1941 si laureò. A 27 anni, in piena guerra mondiale, partì per il servizio militare; raggiunse il grado di sottotenente mobilitato. Nelle memorie Picchi racconta come spesso viaggiasse con la fondina scarica, a conferma di una radicata estraneità alla vita militare.
Picchi praticò dapprima la musica e il teatro come amatore nel borgo natale. Cantò da basso e, dopo un’audizione col basso Luigi Ferrari, da baritono. Nel 1937-38 studiò per alcuni mesi con Raoul Frazzi; vinto il Secondo concorso nazionale di canto per voci da educare, fu ammesso ai corsi. Dopo un anno di frequenza, presentatosi all’analogo concorso nel 1939, fu invece eliminato. Risoluto per questo insuccesso ad abbandonare la carriera, per interessamento dello zio materno Ugo, Picchi ottenne un’audizione col celebre baritono Titta Ruffo, il quale, dopo una prova non convincente, lo invitò a cantare un’aria per tenore: questo momento segnò l’autentico inizio della carriera vocale di Picchi. Anche durante il periodo di ferma egli poté proseguire irregolarmente gli studi vocali. Sotto le armi, a Napoli, fu ascoltato da Alfredo Morelli, docente nel Conservatorio, che ne seguì gli studi; fu poi a Bologna nel 35° reggimento di fanteria motorizzata, col compito di sorvegliare il tratto della ferrovia direttissima Bologna-Firenze fra Castiglion de’ Pepoli e Vado e poi quello di Pianoro. Nel capoluogo felsineo studiò pianoforte con Felicita Barbieri, con la quale mantenne rapporti per tutta la vita, e col tenore Pilade Sinagra, in questo caso con conseguimenti modesti.
Angustiato per le vicende belliche, terminata la leva, Picchi attese a Firenze la fine del conflitto. Nel 1945, prese alcune lezioni da Tosca Sonda e partecipò, vincendolo, al concorso indetto dal teatro Comunale; fra i commissari vi erano il compositore Vito Frazzi, fratello di Raoul, e il soprano Giulia Tess. Con quest’ultima e col marito di costei, il direttore d’orchestra Giacomo Armani, Picchi studiò sia nei corsi di perfezionamento del teatro fiorentino sia in privato, nella loro casa di borgo Ognissanti 26-28. Grazie al rigore inflessibile nella preparazione e al sostegno spassionato dei due, Picchi poté vincere, già nella primavera 1946, il concorso indetto dall’ENAL di Modena. Ottenuta, ancora tramite Armani e Tess, una scrittura alla Scala come doppio di Galliano Masini, il 7 settembre 1946 debuttò come Radamès nell’Aida nel Palazzo dello Sport, il teatro del Piermarini essendo ancora inagibile per i bombardamenti.
Di lì in poi la carriera di Picchi proseguì senza soste. All’inizio si orientò sul repertorio corrente, con debutti importanti sia in Italia sia all’estero – Vienna, Londra, Glyndebourne in un memorabile Ballo in maschera diretto da Vittorio Gui nel 1949, Edimburgo, Zurigo, Lisbona – accanto a molti colleghi di prima sfera (si segnala in particolare il doppio debutto di Picchi e della Callas in Norma a Firenze il 30 novembre 1948). Interpretò ancora Aida in numerosi teatri fino al 1953. Sempre alla Scala, il 31 gennaio 1949 debuttò nel Fidelio e il 21 gennaio 1950 in Raskolnikov di Heinrich Sutermeister. Queste parti, che il tenore considerò congeniali, ne orientarono definitivamente la carriera: pur senza mai abbandonare il repertorio tradizionale, Picchi privilegiò infatti personaggi che spiccassero non tanto per lo sfarzo canoro quanto per un certo interesse psicologico e interpretativo. In tal modo acquisì un profilo peculiare per l’epoca, frequentemente impegnato in opere poco divulgate. Se dell’opera contemporanea fu interprete di spicco (numerose le prime esecuzioni a lui affidate), egli negò tuttavia di volersene considerare uno 'specialista'.
Nei primi anni Cinquanta Picchi fu spesso chiamato a sostituire colleghi rinunciatari in titoli non consueti (Lucrezia Borgia di Donizetti, Il convitato di pietra di Dargomyžskij, La dannazione di Faust di Berlioz, Nerone di Boito), sempre con esiti apprezzabili, grazie alla collaudata professionalità e a un metodo di apprendimento rigoroso.
Il rilievo di Picchi nel teatro d’opera contemporaneo subì una consacrazione definitiva con alcune prime scaligere, dalla Carriera di un libertino di Stravinskij (8 dicembre 1951) a Proserpina e lo straniero di Juan José Castro (prima assoluta, 17 marzo 1952) e Wozzeck di Berg (direttore Dimitri Mitropoulos, 5 giugno 1952). Dal 1953 Picchi divenne l’interprete ideale di molti lavori di Ildebrando Pizzetti: Cagliostro, Fra Gherardo, Lo straniero, La figlia di Jorio (S. Carlo, 4 dicembre 1954, l’unica prima assoluta pizzettiana cui partecipò), Fedra, Ifigenia, Clitennestra. Meritano inoltre menzione le sue prove in Britten (in particolare Peter Grimes, che Picchi considerò la parte più importante da lui sostenuta, a Trieste nel 1960 e a Roma l’anno dopo) e quelle nell’opera seria, che proprio allora riemergeva dall’oblio, talvolta in prima ripresa (Antigona di Traetta, Firenze 1962). Si ritirò dalle scene nel dicembre 1974 con I capricci di Callot di Malipiero (Torino, teatro Regio).
Morì a Firenze il 25 settembre 1980, per un male incurabile di cui soffriva da circa un anno.
Uomo mite e discreto, Picchi trascorse gli ultimi anni a Firenze in maniera appartata, coltivando le amicizie di una vita, in particolare con il poeta cesenaticense Marino Moretti, quando questi soggiornava nella sua dimora fiorentina, sita nel suo stesso condominio in piazza S. Felicita. La loro amicizia è testimoniata non solo dalla poesia Camerino di teatro (Tutte le poesie, Milano 1966, pp. 434 s.), scritta nel 1966 a celebrazione di alcune recite cui il poeta aveva assistito nel quinquennio precedente, ma anche dalle 231 lettere (1960-1979) conservate nella Casa Museo Marino Moretti di Cesenatico. In quegli anni Picchi stilò l’autobiografia già citata, che comprende una cronologia completa delle sue esibizioni, e un secondo volume, E lucevan le stelle (Bologna 1981), di carattere più riflessivo. Picchi fu sempre vicino alla famiglia e legatissimo alla terra natia. Un indizio eloquente: con i proventi d’un suo concerto contribuì all’installazione del primo telefono pubblico di Signa (comunicazioni orali di Armida Picchi, sorella del tenore, e del dott. Alberto Paoli, assessore ai lavori pubblici e politiche della casa del Comune di Signa, raccolte il 4 luglio 2016).
Fonti e Bibl.: Cesenatico, Archivio della Casa Museo Marino Moretti, f. Picchi, Mirto; M. Moretti - A. Palazzeschi, Carteggio, III (1940-1962), a cura di F. Serra, Roma 2000, ad ind.; Id., Carteggio, IV (1963-1974), a cura di L. Diafani, Roma 2001, ad indicem.
G. Gualerzi, P. M., in Enciclopedia dello Spettacolo, Aggiornamento 1955-1965, Roma 1975, pp. 858 s.; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, p. 1597 s.; R. Mascagni, Va la mia nave spinta dalla sorte…, in In contatto, VI (settembre 2011 - febbraio 2012), nn. 3-4, pp. 34-38, in http://www.bccsigna.it/rivista.asp (10 agosto 2016); M. Del Fante, M. P., tenore, in Caruso e i grandi cantanti lirici in Toscana, Signa 2002, pp. 211-215; M. P., tenore che aiutò l’installazione del primo telefono pubblico, in Piananotizie, 16 marzo 2015, http://www.piananotizie.it/mirto-picchi-tenore-che-aiuto-linstallazione-del-primo-telefono-pubblico/ (10 agosto 2016).