mirto
È attestato, in rima, in Pg XXI 90, dove Stazio ricorda di aver meritato, a Roma, le tempie ornar di mirto.
Circa il significato di questa incoronazione con m. che D. attribuisce a Stazio, i commentatori appaiono piuttosto perplessi. Infatti, se è indubbio che Stazio meritò più volte la corona (cfr. Silvae III 5), " come lo seppe Dante, se non lesse le Selve? Ebbe innanzi una antica biografia del poeta latino, o altra fonte a noi sinora ignorata? " (Torraca). D'altra parte, il m., pianta sacra a Venere, è anche simbolo della poesia amorosa: ma, ancora per la ragione che D. non conosceva le Silvae, non si può pensare che qui si voglia alludere ai meriti di Stazio come poeta d'amore. Infine, è noto che la corona concessa ai poeti poteva essere di m. o, come attestato di maggiore gloria, di alloro (cfr. Pd I 26-33): ora, se D. (VE II VI 7) pone Stazio, accanto a Virgilio, Ovidio e Lucano, tra i ‛ poetae regulati ', maestri da imitare, perché mai gli avrebbe qui riservato una gloria minore, qual è, appunto, quella simboleggiata dalla corona di m., rispetto all'incoronazione con fronde di lauro? O l'espressione ornar di mirto ha qui un valore generico, indicando il plauso poetico, senza distinzioni di sorta? Il Mattalia è incline a ritenere che l'espressione abbia un valore " specifico e restrittivo… suggerito e giustificato dall'enfatica esaltazione di Virgilio e dalla connessa dichiarazione di discepolanza, che ricorda, in termini diversi, quella conclamata da Dante in Inf. I, 82 ".