miseria
Nel senso generico di " infelicità ", messo in particolare risalto dalla contrapposizione con tempo felice, nelle parole di Francesca: Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria (If V 123): cfr. Boezio Cons. phil. II IV 2 " in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infortunii fuisse felicem " (Scartazzini-Vandelli rimandano anche a Tomm. Sum. theol. II II 36 1 " Memoria praeteritorum bonorum... in quantum sunt amissa, causat tristitiam ").
Il riferimento alle anime dei dannati, oltre che nell'episodio di Francesca, è in If XXIV 134, nelle parole di Vanni Fucci (mi duol che tu m'hai colto / ne la miseria dove tu mi vedi), e XXX 61, in quelle del maestro Adamo. Anche Beatrice, quando afferma, rivolta a Virgilio, che la vostra miseria non mi tange (Il 92), intende riferirsi non alle sole anime relegate nel Limbo, ma a tutti i dannati, come si desume dal verso successivo (né fiamma d'esto 'ncendio non mi assale). La miseria d'esto loco sollo (XVI 28), del sabbione in cui sono puniti i sodomiti, indica " la trista e miserabile condizione... materialmente riferito a loco; moralmente, ai dannati che vi stanno " (Mattalia).
" Infelicità " è la tanta miseria di cui D. si duole, veggendo come leggiero era lo... durare della sua debilitata vita (Vn XXIII 3). Quest'accezione è implicita, come conseguenza di quella di " povertà ", in Pg XX 106: qui è ricordata la miseria de l'avaro Mida, con riferimento alla leggenda narrata da Ovidio (Met. XI 85 ss.), per cui il mitico re dei Frigi venne a trovarsi " misero nella ricchezza " (Torraca).