misericordia
. È usato con discreta fequenza, specialmente nel Convivio. Sulla scorta di Aristotele (cfr. Ret. II 1 " Sunt autem illae permotiones... cuius generis sunt ira, misericordia, metus et quae sunt iis contraria "), D. annovera la m. fra le sei passioni... propie de l'anima umana... cioè grazia, zelo, misericordia, invidia, amore e vergogna (Cv III VIII 10); in particolare, fra le laudabili passioni, cioè vergogna e misericordia e altre molte (IV XIX 5). Ancora nel Convivio, essa è detta madre di beneficio (I I 9). Proprio in quanto passione, la m., cioè dolersi de l'altrui male, si distingue, secondo D., dalla pietà, che non è passione, ma una nobile disposizione d'animo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia e altre caritative passioni; la m. è solo uno speziale effetto della pietà, con cui non può essere assolutamente confusa, come invece crede la volgar gente (II X 6, due volte). Il sostantivo è, dunque, sinonimo di ‛ compassione ' (v.), di uso molto più raro nel lessico dantesco. È però da rilevare che il termine ‛ pietà ' non ricorre sempre nell'accezione specifica precisata in Cv II X 6, anzi, per lo più, vale " misericordia ", " compassione ". L'una e l'altra sono, con magnificenza, virtù della Vergine (cfr. Pd XXXIII 19-20). Qui, secondo il Buti (seguito da molti altri interpreti), " misericordia è sovvenire quando si dimanda, e pietà è ancora, benché non si dimandi "; v. anche PIETÀ.
Oltre che nei luoghi sopra citati, il sostantivo si registra ancora in altri passi del Convivio (I I 8, II II 2, VI 4) e in Vn XII 2 chiamando misericordia a la donna de la cortesia (la Vergine, ovvero, come sostiene qualcuno, Beatrice); If III 50 misericordia e giustizia [di Dio] li sdegna (con riferimento agl'ignavi); Pg IX 110 misericordia chiesi e ch'el m'aprisse; XVI 17 Io sentia voci, e ciascuna pareva / pregar per pace e per misericordia / l'Agnel di Dio che le peccata leva.
Il sostantivo si registra, infine, in Fiore CCV 9 misericordia domandai / a Paura, a Vergogna e a quel crudele, lo Schifo.