MISSILE (App. III, 11, p. 132)
Una larghissima, prima classificazione porta a distinguere i m. per scopi militari da quelli per scopi civili, che sono quasi esclusivamente destinati alla messa in orbita di satelliti artificiali (v. in questa App.) o al lancio di sonde spaziali (v. spazio, Esplorazione dello, in questa Appendice). A questa seconda categoria è prevalentemente riservata la trattazione seguente, mentre successivamente saranno illustrate le caratteristiche dei m. militari.
Configurazione generale. - La fig. 1 mostra schematicamente un m. tristadio a propellente liquido. Vi si notano: a) il primo stadio con i serbatoi dei due propellenti e gli ugelli di propulsione; b) l'elemento di separazione tra primo e secondo stadio; c) il secondo stadio che ripete, in dimensioni generalmente minori, lo schema del primo; d) l'interstadio 2-3; e) il terzo stadio, pure simile ai primi due; f) l'alloggiamento del carico utile (g, satellite artificiale o sonda spaziale) con gli scudi termici; h) di forma e dimensioni variabili con quelle del carico utile stesso. Nel caso di propellente solido (v. razzo, in questa App.), i serbatoi di propellente sono sostituiti dal "grano" di varia forma e sezione.
Il motivo della presenza degli scudi termici risiede nella necessità di proteggere dal forte riscaldamento cinetico, che si ha all'attraversamento degli strati atmosferici le delicate apparecchiature elettroniche che formano, di solito, parte integrante del carico utile. Poiché il flusso di calore prodotto è circa proporzionale a ρmV3 (ove ρ è la densità atmosferica, V la velocità, m ≈ 0,5), il massimo flusso non si ha negli strati dove è massima ρ (ossia al suolo), ma molto più in alto (dove l'effetto della velocità finisce per prevalere). Pertanto gli scudi termici vengono abbandonati, di solito, verso la fine della combustione del secondo stadio. La forma degli scudi è generalmente "a bulbo (con spessore adeguato per assorbire, con ragionevole aumento di temperatura, il calore entrante), aperto lungo due o più generatrici, per permettere lo sganciamento. Per un m. di 200 t di peso al decollo, con carico utile di 1600 kg, il peso degli scudi termici è di circa 800 kg.
Traiettoria di salita. - Interesse fondamentale, com'è ovvio, riveste lo studio della dinamica del moto del razzo, che ha lo scopo di prevederne l'effettiva rispondenza alla missione prefissata.
Nella salita all'orbita da acquisire vanno distinte le fasi propulse (powered flight) da quelle, di solito assai più brevi, non propulse (coasting flight) che si hanno tra uno stadio e l'altro. La scelta della durata e del tempo d'inizio dei periodi di accensione dei singoli stadi dà luogo al problema dell'ottimizzazione della traiettoria che è di estremo interesse per ottenere, a parità di lanciatore, il massimo carico utile. Così pure è di grande importanza il programma di assetto, che corrisponde a stabilire la legge temporale di variazione dei tre angoli di Eulero (o di altri parametri di riferimento) rispetto a una terna inerziale. Tali programmi vanno poi realizzati per mezzo dei sistemi di guida e controllo.
Lo studio analitico della traiettoria del razzo s'istituisce mediante la ben nota equazione della dinamica del punto materiale: in effetti, mediante le tecniche di guida e controllo, il moto del baricentro del m. è influenzato dal moto del m. intorno al suo baricentro, ma non questo da quello.
L'equazione è quella classica: massa × accelerazione = ∉ (forze esterne), scritta rispetto a un riferimento inerziale. In essa bisogna tener conto del fatto che la massa è variabile nel tempo (a causa dell'eiezione dei gas combusti) e, anzi, fortemente variabile (v. più avanti la tabella), mentre nel novero delle forze esterne vanno incluse: la spinta, le forze aerodinamiche (per la parte atmosferica del volo), il peso. Della prima interessa conoscere la variazione nel tempo per i vari stadi; per la seconda vanno forniti i valori dei coefficienti aerodinamici in funzione degli angoli di assetto del razzo sul vento relativo (e la situazione può essere tale da richiedere la conoscenza di tali coefficienti anche per incidenze dell'ordine di 90°, come avviene per gli effetti del vento trasversale) e, per il peso e altre forze (di scarsa importanza nelle fasi di volo propulso) bisogna fornire l'inclinazione dell'asse, ottenuta appunto dal programma di volo. Inoltre è necessario tener conto di fattori ambientali, come: la variazione della densità con la quota (e, per gli strati più alti, anche con la stagione, l'ora di lancio, la latitudine); la variazione del campo gravitazionale terrestre, pure con la quota e con la latitudine e la longitudine. Tutti questi dati ambientali sono quindi oggetto di continue revisioni e aggiornamenti, conseguenti a misure sempre più raffinate.
Il problema principale della dinamica del m. non è però, come già si è detto, quello di determinare il moto del m. soggetto a forze note, ma quello di determinare il programma di guida e di propulsione, applicando le accennate tecniche di ottimizzazione al quadro analitico e meccanico sopra descritto. Nonostante la complessità del problema, appositi programmi di calcolo da tempo collaudati consentono una soluzione sicura.
Comunque, rispetto alla traiettoria "nominale" determinata, è necessario valutare le conseguenze delle "dispersioni", ossia l'effetto che possono avere, sulla traiettoria "effettiva", cause accidentali, come, per es.: il funzionamento non corretto dei propulsori, la percentuale di incombusti nei propellenti solidi, il cattivo funzionamento dei controlli, ecc. Tali dispersioni sono d'importanza fondamentale non solo per il successo della missione, ma anche per gli scopi di sicurezza, essendo in ogni caso necessaria una valutazione del cerchio di ricaduta dei singoli stadi. La fig. 2 mostra schematicamente la traiettoria di un m. tristadio, con l'indicazione delle curve di ricaduta degli stadi combusti e degli scudi termici. I segmenti al piede di ognuna di tali curve corrispondono ai cerchi di dispersione sopra accennati.
La tabella riporta, a titolo indicativo, la sequenza dei singoli eventi dinamici e i tempi in cui tali eventi si verificano. Infine, nell'ultima colonna si forniscono, sempre in forma estremamente indicativa, i pesi residui dopo la combustione e lo sganciamento dei singoli stadi. Si rileva così la forte variabilità della massa nel tempo.
I risultati dello studio della dinamica del m. sono di solito riassunti in un grafico del tipo di quello indicato in fig. 3, che fornisce i valori del carico utile da porre in orbita in funzione dell'altezza dell'apogeo: ciascuna curva corrisponde ovviamente a un valore dell'altezza del perigeo. Le curve si arrestano naturalmente sul luogo dei punti in cui le due quote coincidono (a sinistra di essa, perigeo e apogeo scambierebbero i loro ruoli). Esiste in realtà, per ogni m., un'infinità di diagrammi del tipo di fig. 3, ciascuno corrispondente a una direzione di lancio e quindi a un'utilizzazione diversa della componente della velocità di rotazione terrestre. Tale componente è massima nei lanci verso est, ciò che ne spiega la grande diffusione; per lanci verso il nord la riduzione del carico utile è dell'ordine del 15%.
L'attuale tendenza a utilizzare satelliti a orbita equatoriale (per telecomunicazioni, previsioni meteorologiche, risorse terrestri, v. Satellite artificiale, in questa App.) rende necessaria una correzione di rotta in senso azimutale, per mezzo di una complessa manovra che prende il nome di doglegging, ossia a "zampa di cane", perché questa è la forma della proiezione della traiettoria del m. (fig. 4); questa manovra, complicata, difficile e dispendiosa, viene evitata effettuando il lancio da un poligono equatoriale che deve, per utilizzare i vantaggi accennati e per motivi di sicurezza, avere un ampio spazio libero (di mare o di deserto) verso est. L'Italia è stata in questo campo all'avanguardia, avendo realizzato il primo poligono equatoriale (base su piattaforma al largo delle coste del Kenya) nel corso del programma spaziale S. Marco, sin dal 1963. Altri poligoni equatoriali, come quello francese della Guiana, sono stati in seguito costruiti. In ogni caso è necessaria un'opportuna opera di sorveglianza e di avviso agli abitanti, ed eventualmente ai mezzi navali, delle zone interessate dalla ricaduta degli stadi. Ciò fa comprendere l'importanza della suddetta analisi delle dispersioni e, insieme, l'impossibilità di utilizzare poligoni che a prima vista sembrerebbero adatti.
Sistemi elettrici. - Il sistema di guida e controllo ha lo scopo di assicurare in volo l'effettiva rispondenza dell'assetto del m. alla legge precalcolata, nei limiti di scarto tollerabili. Il sistema di guida riceve informazioni relative all'assetto, le elabora, e fornisce agli organi di controllo gli ordini necessari per ottenere le correzioni desiderate.
Il sistema è schematizzato in fig. 5: il calcolatore di bordo BC genera, secondo una sequenza a intervalli programmati, i valori nominali dei tre angoli di Eulero ϕ???, ψ???, χ??? (o altri parametri angolari); il giroscopio RG1 (generale) e quello speciale dello stadio in azione (RG2) forniscono informazioni sulle velocità angolari ϕ???, ψ???, χ???, del moto effettivo. L'autopilota AP riceve queste informazioni, ne effettua l'integrazione e le confronta coi valori nominali. Da qui, attraverso un amplificatore di segnale (AM), partono gli ordini per gli attuatori AT; ordini che tendono a riportare il m. nelle condizioni desiderate, e che sono, come si è detto, tali da ottimizzare la parte di traiettoria da percorrere. In alcune fasi del volo del primo stadio (attraversamento degli strati di atmosfera in cui è molto grande la pressione dinamica, e che sono più bassi di quelli in cui è massimo il flusso di calore) AP prende in esame anche le informazioni di un accelerometro AC per ridurre l'incidenza di volo e quindi gli sforzi strutturali, che potrebbero danneggiare seriamente l'integrità del m. e/o delle sue componenti. Infine il blocco DS (dinamico strutturale) trasforma gl'impulsi dei controlli in variazioni angolari, e il loop si chiude. Occorre naturalmente sincerarsi della stabilità del complesso, in cui DS ha un ruolo determinante. Esiste un sistema del tipo di fig. 5 per ciascuno stadio, con varianti più o meno ampie.
Altro gruppo fondamentale è costituito dalla logica che regola l'accensione e lo spegnimento degli stadi, lo sganciamento degli stadi combusti, e degli scudi termici.
Con riferimento allo schema di fig. 6, il programma di combustione nominale viene collegato a certi eventi significativi EV che forniscono in sostanza un riferimento temporale e/o sequenziale (come, per es., il raggiungimento di un tempo prefissato, o di un angolo di pitch assegnato o, più di frequente, la combustione di una data massa di propellente. Il calcolatore BC "scruta" una finestra temporale che comprende il tempo nominale di ciascuno di tali eventi e, nel caso di coincidenza tra tempo nominale e quello effettivo, emette l'ordine attraverso un segnale (talvolta si usano programmi di emergenza, in cui l'ordine viene emesso anche se l'evento non si è verificato, dopo un tempo assegnato). Il segnale è inviato a un relè di separazione (RE1), che regola l'accensione e lo spegnimento degli stadi, e, con un secondo relè (RE2), le fasi della separazione. Queste comprendono: a) l'accensione dei razzi di accelerazione dello stadio superiore (in genere a solido, di brevissima durata e spinta notevole); b) l'accensione del sistema di separazione (bulloni esplosivi inseriti nel collegamento che, scoppiando, tranciano la lamiera del collegamento tra i due stadi; c) l'accensione dei retrorazzi dello stadio combusto (per allontanarlo da quello superiore); d) l'accensione del motore principale dello stadio superiore. Pure sistemi esplosivi regolano l'abbandono degli scudi termici.
In generale, i m. di una certa importanza sono dotati di antenna radar destinata alla localizzazione da terra della sua posizione effettiva, con il duplice scopo di verificare la rispondenza della traiettoria e di poter inviare il comando di distruzione da terra nel caso di deviazione intollerabile, e, quindi, di missione fallita e pericolosa per la sicurezza sul poligono. Si ha anche un circuito di distruzione automatica (in caso di funzionamento nominale, la logica di tale circuito riceve dal calcolatore un segnale d'inibizione di distruzione che manca, per es., per separazione intempestiva di due stadi). La distruzione avviene, per es., facendo esplodere un proiettile lanciato da un cannoncino all'interno dei serbatoi di propellente.
Si hanno infine circuiti di telemisura destinati a inviare a terra informazioni riguardanti le grandezze meccaniche (accelerazioni) sul m. e dati "ambientali" (temperatura in camera di combustione, pressione delle pompe di alimentazione, ecc.). Tali informazioni sono di vitale importanza nei voli di prova, ossia nel le fasi di qualificazione del prototipo.
Struttura degli stadi. - La fig. 7 mostra lo schema strutturale di uno stadio. La parte anteriore, che serve al collegamento all'elemento interstadio (o all'alloggiamento del carico utile nel caso di ultimo stadio) è realizzata di solito in lega leggera con profilati longitudinali di rinforzo, secondo una classica concezione aeronautica (salvo l'assenza delle ordinate trasversali). Una struttura analoga separa le strutture dei due serbatoi, in lamiera d'acciaio con rivestimento protettivo interno in Al; il serbatoio comprende una parte cilindrica e due fondi ellittici; un elemento a briglia assicura il collegamento dei fondi col corpo cilindrico (a mezzo saldatura) e del serbatoio con i rivestimenti in lamiera rinforzata.
Speciale attenzione va riservata al castello motore, costituito da travi di forza, unite al fondo del castello stesso, alle cui estremità sono applicati gli sforzi imponenti trasmessi dai razzi di propulsione. Tali sforzi vengono ripartiti sulla lamiera del castello, che è talvolta divisa in due pezzi sovrapposti per facilitare l'uniformizzazione degli sforzi stessi (fig. 8).
Dinamica strutturale. - Per un m. che viene a operare costantemente in condizioni dinamiche, hanno grande importanza gli effetti di vibrazione, e i conseguenti problemi di stabilità, derivanti dall'accoppiamento delle varie parti del sistema.
Il primo problema da prendere in esame è la ricerca dei modi fondamentali e delle frequenze proprie strutturali. La moderna tecnica degli elementi finiti consente oggi una valutazione assai precisa di tali grandezze: è necessario comunque tener conto, oltre che della flessibilità e della massa strutturale, anche della massa dei propellenti. Tale massa, nel caso di propellenti liquidi, provoca il fenomeno indicato come "sciacquio" (sloshing) che introduce modi aggiuntivi e spesso pericolosi, perché verificantisi a frequenze piuttosto basse.
Si consideri, a titolo d'esempio, un serbatoio cilindrico di raggio R a pareti rigide, in cui il propellente liquido abbia altezza h. L'equazione del potenziale del fluido, Δ2Φ = 0, scritta in coordinate polari cilindriche, viene trattata coi classici metodi di separazione delle variabili: s'impongono poi le condizioni d'impermeabilità (derivata normale nulla) sulle pareti, e la condizione di pressione nulla sulla superficie libera. Si ottengono così le ∞2 frequenze proprie del fluido:
dove kmn è la n-esima radice dell'equazione trascendente (d/dr) [Jm(k*r)]r=1 = 0. Finalmente Jm è la funzione di Bessel di prima specie, di ordine m, mentre g è l'accelerazione assiale del missile. Come si vede le frequenze suddette sono poco influenzate dall'altezza del fluido quando questa è sufficientemente elevata, il che è fisicamente evidente; l'elasticità della parete modifica i risultati.
A causa della simmetria assiale pressoché perfetta del sistema, si possono distinguere i modi assiali da quelli trasversali. Per i primi i gradi di libertà della struttura sono lo spostamento elastico assiale, e quello radiale assialsimmetrico; per quelli trasversali, la struttura del m. è considerata come costituita da un insieme di guscio cilindrico. Poiché la massa del propellente varia durante il moto, anche durante la combustione di uno stadio singolo, le frequenze e i modi variano nel tempo: in generale però, dato il piccolo valore del periodo strutturale rispetto alle costanti di tempo di svuotamento, i modi in due istanti successivi non sono in alcun modo collegati.
Su gran parte dei razzi a liquido d'impiego operativo sono stati osservati fenomeni d'instabilità longitudinale (effetto pogo, così chiamato perché l'effetto è simile a quello dei cavallini a sussulto per ragazzi, che prendono appunto il nome di pogo). Si tratta di un classico processo d'instabilità che riguarda gli accoppiamenti tra struttura, alimentazione, camera di combustione. Il ciclo si produce quando, per una causa qualunque, si generano vibrazioni longitudinali della struttura, che provocano di conseguenza fluttuazioni di pressione nei condotti di alimentazione dei propellenti. Si hanno conseguenti fluttuazioni di spinta, che agiscono sulla struttura, chiudendo così il loop indicato. L'unica causa dissipativa è lo smorzamento strutturale; se questo è insufficiente, nasce il processo instabile.
Lo schema analitico per studiare il fenomeno può essere fatto con riferimento alla fig. 9. Si considera un solo modo di frequenza ω, e di smorzamento percentuale ζ. L'equazione del moto della struttura si scrive:
dove x è lo spostamento elastico, pc e la pressione all'ingresso del sistema di alimentazione (che ha, naturalmente, effetto forzante sulla struttura), e k è un coefficiente dipendente dalla struttura stessa. L'equazione della linea di alimentazione è invece (indicando con q la portata di propellente):
dove ρ è la densità del fluido, h l'altezza efficace nel serbatoio, mentre R e L sono resistenza e induttanza della linea idraulica che è trattata come un sistema a costanti distribuite. Infine, per la camera di combustione si ha
dove τc è un tempo caratteristico (ritardo di combustione, che tiene conto del tempo necessario per l'infiammazione del propellente), C* è la velocità caratteristica della reazione, At è la sezione del condotto di scarico. La [1] esprime semplicemente la conservazione della massa attraverso la camera. Ricercando gli esponenti caratteristici del sistema [1] [2] [3] si ha:
ove le radici caratteristiche hanno parte reale negativa fino a un certo valore ζc di ζ (smorzamento critico), al disotto del quale si ha l'instabilità. Quindi la verifica dell'effetto pogo si fa accertando che ζc sia maggiore dello smorzamento strutturale; quantità, quest'ultima, assai difficile da valutare sperimentalmente, ciò che rende l'effetto pogo assai pericoloso. Per controbattere quest'effetto si usano sistemi a forte capacità che smorzano le oscillazioni nella linea d'alimentazione (pogo correction devices).
Bibl.: W. Holmann, Die Erreichharkeit der Himmelskörper, Oldenburgo, Bav., 1925; A. E. Bryson Jr., S. E. Ross, Optimum rocket trajectories with aerodynamic drag, in Jet propulsion, vol. 28, n. 7 (luglio 1958), pp. 456-59; H. S. Seifert, K. Brown, Ballistic missile and space vehicle systems, New York e Londra 1961; H. A. Lewis, Structural design of missiles and spacecraft, ivi 1962; O. C. Zienkiewicz, The finite metod in engineering science, ivi 1971; S. Herrick, Astrodynamics, ivi 1972; The Nastran user's manual, NASA SP-222, Washington 1972; M. Barrere, J. Bouttes, J. J. Dordain, Incidenza dei fenomeni di combustione sull'effetto POGO, in Aerotecnica, missili e spazio, vol. 52 (1973); Système lanceur ariane. Rapport final sur la phase de défenition du projet, Parigi 1974; R. Salkezd, Single stage shuttles for ground launch and air launch, in Astronautics and aeronautics, vol. 12, n. 3 (marzo 1974), pp. 52-64; Jane's, All the world aircraft, Londra 1977-78.
Missili militari.
Generalità e classificazione. - L'arma " missile", che già durante la seconda guerra mondiale aveva trovato numerose applicazioni, ha avuto nei decenni successivi un enorme sviluppo in campo militare, dovuto essenzialmente alle caratteristiche intrinseche di manovrabilità, di precisione e di gittata, con le quali si sono integrati i sorprendenti risultati della tecnologia elettronica applicata alle apparecchiature di lancio, di guida e di controllo dei m. stessi (v. reazione: Le armi a reazione, App. II, 11, p. 673; teleproietti, ibid., p. 961; missile, App. III, 11, p. 132).
La gamma di congegni che il connubio delle due tecnologie ha prodotto è amplissima, sia come campo di utilizzazione, sia come varietà di modelli successivi, sempre più sofisticati e complessi, e trova un limite superiore unicamente nel costo sempre crescente.
Un panorama così vasto non può venire analizzato se non introducendo opportune e più recenti classificazioni
Una prima suddivisione può essere individuata tra m. balistici e m. guidati; gli uni percorrono la loro traiettoria, in un primo tempo, sotto l'azione di spinta del motore a razzo e, successivamente, secondo le leggi della balistica; gli altri invece possono modificare durante il volo la loro traiettoria a seguito di opportuni interventi di correzione, ottenuti tecnicamente in vari modi, e prodotti o da centrali di comando installate a bordo, o da impulsi inviati dall'esterno da separate stazioni di comando, fisse o mobili. Sono però denominati balistici anche m. guidati con proprio apparato di comando installato a bordo, la cui denominazione più esatta sarebbe di autoguidati; teleguidati sono detti i m. con comando a distanza.
Nella guida dei m. occorre peraltro distinguere il sistema di guida vero e proprio, complesso elettronico capace di definire istante per istante la traiettoria da seguire per colpire il bersaglio, dal sistema di controllo (sarebbe meglio chiamarlo "di timoneria") con cui vengono impresse al m. le necessarie correzioni per seguire la traiettoria suddetta.
Il sistema di guida può essere attivato da impulsi generati dal sistema stesso oppure provenienti dall'esterno: nel primo caso si ha un sistema di guida attivo, nel secondo un sistema passivo. Esistono peraltro anche sistemi semiattivi rispondenti al primo concetto per una prima parte della traiettoria, e al secondo per la parte rimanente.
Uno dei principali sistemi attivi è quello denominato ad autoguida inerziale. Nella "memoria" del m. viene inserita, nelle sue varie caratteristiche dinamiche, la traiettoria da seguire per arrivare sul bersaglio; appositi misuratori delle varie accelerazioni, montati a bordo, forniscono le informazioni sul reale comportamento del m. e quindi sulla traiettoria effettivamente seguita. Dal confronto delle due traiettorie, effettuato dal cervello elettronico del m., derivano le correzioni da imprimere al veicolo per far aderire la traiettoria reale a quella teorica.
Nel sistema di guida attivo denominato homing sono le radiazioni (microonde o nell'infrarosso) emanate dal m. e riflesse dal bersaglio ad attirare, per così dire, il m. sul bersaglio. Il sistema homing è invece passivo quando i segnali che attivano il congegno di guida del m. sono emessi dal bersaglio stesso oppure riflessi dal bersaglio "illuminato" da un apparato emettitore non facente parte del missile. Altro sistema passivo è il sistema a beom rider (letteralmente "a cavallo di un raggio") o a fascio direttore, in cui il m., per effetto del suo sistema di guida interno, tende a mantenersi sull'asse di un fascio di energia elettromagnetica (fortemente direzionale) puntato sul bersaglio da un apparato illuminatore.
Infine il m. può venire diretto sul bersaglio da comandi (guide command) inviatigli automaticamente dall'esterno (segnali codificati radio o all'infrarosso) da un operatore che dalla stazione di guida mira sul bersaglio direttamente o attraverso una telecamera montata sul m.; il sistema è quindi totalmente passivo.
I sistemi di controllo (o di timonaggio) effettuano le correzioni di rotta inclinando opportunamente gl'impennaggi disposti sulle ali di cui i m. sono dotati, come sugli aerei, oppure inclinando nel senso voluto il getto del motore. In altri sistemi vengono attivati getti supplementari e aggiuntivi opportunamente disposti o, con concetto del tutto opposto, il moto del m. viene frenato asimmetricamente provocando quindi movimenti nel senso opposto.
Gl'impulsi di comando arrivano dal sistema di guida all'"attivatore" del sistema di controllo, meccanismo servo-idraulico che muove nel senso voluto i timoni alari, gli ugelli o gli organi frenanti.
I m. si suddividono, a seconda della reciproca posizione della piattaforma di lancio e del bersaglio, in categorie indicate da un doppio termine: superficie/superficie, superficie/aria, aria/superficie, aria/aria, sottomare/superficie, in cui il primo termine indica la collocazione della piattaforma, il secondo quello del bersaglio.
La categoria superficie/superficie presenta una grande varietà di tipi in quanto si possono avere tanto ordigni lanciati da postazioni fisse interrate contro bersagli posti a grandissima distanza (ordine delle migliaia di km) e di vaste dimensioni, quanto m. destinati a colpire a poche centinaia di metri bersagli, quali un carro armato, di dimensioni molto limitate. Le strutture dei m. saranno nei due casi profondamente diverse: con lunghezza nel primo caso dell'ordine di alcune decine di metri, anche inferiore a un metro nel secondo. Per quanto riguarda la guida, i primi saranno del tipo balistico o autoguidati (con sistema inerziale), i secondi evidentemente teleguidati. La categoria superficie/aria utilizza esclusivamente m. teleguidati, mantenendo nel contempo la struttura del congegno dimensionalmente limitata per poter disporre di un'elevata manovrabilità idonea a colpire bersagli aerei pilotati. I m. aria/aria sono in genere teleguidati o autoguidati sul bersaglio. I m. della categoria sottomare-superficie, lanciati evidentemente da una piattaforma sottomarina (in genere un sottomarino), richiedono la soluzione di problemi del tutto particolari connessi con la necessità per il m. di procedere successivamente in due mezzi notevolmente diversi, l'acqua e l'atmosfera, con conseguenti diversi sistemi di guida e di controllo, peraltro integrantisi per consentire di mantenere la traiettoria voluta al momento del passaggio da un mezzo all'altro.
Sotto il profilo dell'impiego, l'arsenale missilistico superficie/ superficie mondiale può essere suddiviso in m. strategici destinati ad agire sulle retrovie nemiche, anche molto remote, e m. tattici destinati all'impiego sul campo di battaglia.
Il carico utile portato a bordo, identificato con la "testa di guerra" (war-head), può essere una carica di esplosivo convenzionale (tritolo o miscele similari) oppure, come quasi sempre avviene, nucleare. Uno stesso m. può recare una sola testa di guerra (a testa semplice) oppure due, o più (a testa multipla).
I più recenti sviluppi della tecnologia missilistica di guerra ha portato infine a un'ulteriore differenziazione ancora, del resto, non del tutto codificata: m. atmosferici, destinati cioè a operare negli strati bassi o medio bassi dell'atmosfera terrestre, e m. stratosferici, capaci di arrivare negli strati più alti dell'atmosfera e quindi di rientrare negli strati più bassi senza disintegrarsi per portare a destinazione il loro carico distruttivo: questi ultimi sono denominati "vettori rientranti" (reentry vehicles) e sono impiegati come m. strategici a testa multipla.
Esistono naturalmente poi classificazioni più nettamente tecnologiche: m. monostadio e m. pluristadio (bi-, tristadio, ecc.) a seconda del numero di fasi successive (stadi) in cui si suddivide l'apparato motore, m. a propellente solido, a propellente liquido o a propellente nucleare, a seconda del tipo di propellente impiegato.
Missili strategici. - I m. strategici sono destinati ad agire sulle retrovie remote del nemico e pertanto debbono rispondere a tre caratteristiche fondamentali: essere vettori di testate nucleari maggiori di 100 chiloton, avere la possibilità di colpire un punto all'interno del territorio nemico da una base di lancio posta fuori dal territorio stesso e avere un sistema di guida appositamente progettato. A seconda della gittata realizzabile, si distinguono gli ICBM (Inter Continental Ballistic Missile) con gittate superiori a 6000 km, gli IRBM (Intermediate Range Ballistic Missile) fra i 6000 e i 2500 km, e i MRBM (Medium Range Ballistic Missile) con gittate sui 2500 km.
La denominazione di balistico è peraltro, come si è detto, impropria in quanto solo alcuni tratti delle traiettorie sono soggetti alle pure leggi della balistica; in genere questi congegni sono autoguidati essendo dotati di un sistema di guida inerziale. In base alle caratteristiche sopra illustrate questi m. sono denominati MRV (Multiple Reentry Vehicle), altri MIRV (Multiple Indipendenty Reentry Vehicle) e altri ancora MARV (MAnouvring Reentry Vehicle) a seconda del tipo di organizzazione per il rientro negli strati bassi dell'atmosfera e lo spargimento sul bersaglio, o sui bersagli, delle testate nucleari trasportate. Il veicolo di rientro è in effetti un quarto stadio (tutti i m. della categoria considerata sono tristadi) che lascia cadere, in traiettorie separate, le testate nucleari aprendosi prima del rientro nell'atmosfera, senza poter variare le traiettorie stesse nel primo caso, differenziando i tempi di separazione nel secondo, mentre nel terzo caso le traiettorie di caduta vengono in un certo qual senso autoguidate da congegni portati da ciascuna singola testata.
La crescente sofisticatezza dei sistemi incidono notevolmente sul peso di esplosivo trasportato e pertanto tali apprestamenti sono utilizzabili solo con m. di maggiori dimensioni. Stati Uniti, URSS, Rep. Pop. Cinese e Francia sono i soli paesi che hanno a disposizione tali m., conosciuti con sigle o nomi di battaglia applicati dagli stessi costruttori, o stabiliti dai potenziali avversari per orientarsi nella complessa casistica.
Gli Stati Uniti allineano accanto al Titan II (ICBM tristadio lungo 31 m, di 15.000 km di gittata) la numerosa famiglia dei Minuteman (ICBM tristadio con gittata di 10.000 km) giunta ormai alla terza generazione attraverso successivi miglioramenti, capace di portare il sistema MIRV a testate multiple. Tutti vengono lanciati da postazioni fisse interrate (silos) dotate delle apparecchiature di comando e di controllo.
Alla categoria sottomare/superficie appartengono invece i m. Polaris giunti alla terza generazione, lanciati da sottomarini in immersione; la gittata dei Polaris nell'ultima edizione è di circa 4600 km e sono quindi IRBM. A una progettazione successiva appartiene il tipo Poseidon, di uguale gittata del Polaris, ma di peso più che raddoppiato, e recante un MIRV. A questi tipi si aggiungerà in futuro il Trident ancora in corso di sviluppo.
L'Unione Sovietica ha allineato una numerosa famiglia di m. strategici sviluppati dal 1962 a oggi e conosciuti in Occidente sotto la sigla SS seguita da un numero d'ordine. Ad alcuni di questi tipi sono stati attribuiti da altri paesi nomi convenzionali: passiamo quindi dal SS3 (Skyster), al SS4 (Sandal), al SS5 (skean), tutti della categoria IRBM. Sono noti anche tipi ICBM qtiale lo SS7 risalente al 1962, lo SS18 del 1975 e lo SS19 attualmente in sviluppo. Tali m. sono noti in Occidente coi nomi di Saddler, Sasin, Scarp, Scrag (SS10), Savage. Solo il tipo SS14 (Scapegoat) è del tipo IRBM. Per i m. sovietici è possibile l'autotrasporto, come avviene durante le annuali parate sulla Piazza Rossa.
Il sistema strategico mobile Scamp e il sistema Scrooge sono appositamente progettati per essere lanciati da piattaforme mobili. Anche l'URSS possiede diversi tipi di m. strategici balistici lanciabili da vettori sottomarini, suddivisi in due classi "G" e "H", indicati con la sigla SSN seguita da un numero d'ordine dal 4 a 8; un tipo in progettazione porta la sigla SSN13. Sark, Serb e Sawfly sono i pittoreschi nomi attribuiti in Occidente a tali m., rientranti tutti nella categoria MRBM.
Oltre a SUA e URSS hanno dotazioni di m. strategici la Gran Bretagna (che dispone di Polaris), la Francia che ha sviluppato il suo SSBS tipo S 2, appartenente alla categoria degli IRBM, e la Rep. Pop. Cinese, sul cui prodotto si hanno per ora notizie indirette e frammentarie.
Recentemente il parco dei m. strategici americano si è arricchito del Cruise progettato in due versioni: tattica e strategica, con una gittata questa di 3700 km. Si tratta di un MRBM lanciato da una piattaforma sottomarina mobile mediante i consueti tubi lanciasiluri. Sono queste caratteristiche molto sofisticate dell'ultimo prodotto della tecnologia statunitense che hanno fatto del Cruise uno dei motivi di scontro nei cosiddetti SALT (Strategic Arms Limitation Talks), i colloqui più volte interrotti e ripresi fra americani e sovietici per la limitazione delle armi strategiche. Queste infatti sono diventate una componente fondamentale della politica mondiale perché su esse, con il timore di una catastrofe nucleare totale, si appoggia la cosiddetta "strategia del terrore": nessuna delle due superpotenze riesce, se non a prezzo di sforzi economici crescenti secondo una legge esponenziale, a sopravanzare il possibile avversario nel potenziale nucleare-missilistico (ivi compresi anche i bombardieri nucleari strategici) di una quantità tale da consentirgli di vibrare un colpo mortale definitivo senza essere travolto dalla reazione. Di qui l'interesse delle due superpotenze a limitare i propri sforzi economici in materia, avendo però nel contempo la sicurezza che l'avversario non continui ad armarsi. Le divergenze affiorano per l'accettazione dei sistemi di controllo, per impedire lo sviluppo di armi collaterali (quali i m. anti-missile, capaci quindi di menomare l'arsenale missilistico strategico di cui una superpotenza dispone), per ottenere l'esclusione o inclusione nel controllo di determinate aree in cui possono essere dislocati i m. tattici con testata nucleare (per es. l'Europa occidentale).
L'iniziativa dei colloqui SALT risale al principio del 1967, quando il presidente statunitense L.B. Johnson propose al primo ministro sovietico A.N. Kosygin che i due governi intavolassero trattative per porre termine allo sviluppo dei m. difensivi anti-missile; la risposta di Kosygin, dichiarando la disponibilità sovietica, ampliava però l'ambito delle trattative anche ai m. offensivi. Il problema fu sollevato nuovamente dall'amministrazione Nixon, dopo la crisi cecoslovacca, e finalmente le discussioni furono avviate a Helsinki (novembre 1969). A conclusione di una faticosa serie di sessioni, le trattative SALT portarono nel maggio 1972 alla firma di un primo accordo provvisorio, che riusciva a contenere i livelli delle armi strategiche difensive e offensive. Una seconda fase (SALT 2), per addivenire a un trattato definitivo, fu avviata nello stesso anno e sembrò attingere risultati concreti nel novembre 1974 (vertice G. H. Ford-L. Brežnev a Vladivostok). Ma in seguito il processo di distensione, a livello di disarmo, ha subìto un arresto, ostacolando il raggiungimento di nuove intese e, quindi, anche la conclusione del SALT 2.
Il Cruise, con la sua caratteristica di convertibilità da tattico a strategico e di trasportabilità con vettori sottomarini normali, ha quindi introdotto un nuovo motivo di sospetto e di diffidenza in tali colloqui che si sono praticamente arrestati nel 1977. Altro motivo di scontro nei SALT è il tentativo della superpotenza meno armata (gli SUA) di ridurre il numero dei m. strategici a un livello uguale per ambedue i contendenti, parlando di diminuzione anziché di limitazione.
Missili tattici. - Passando ora all'amplissima gamma dei m. tattici incontriamo una serie di sistemi d'arma indicati "di supporto tattico" che hanno sostituito sia l'artiglieria pesante a lunga gittata, sia l'aviazione da bombardamento vicino. Si tratta di congegni monostadio o bistadio, quasi tutti a propellente liquido, capaci di portare testate sia nucleari sia convenzionali ad alto esplosivo, con una gittata dai 30 ai 150 km, anche se in alcuni casi sono previste gittate notevolmente superiori. I primi esemplari erano m. puramente balistici, mentre le progettazioni più recenti, e attualmente in servizio, riguardano esclusivamente congegni autoguidati con sistema inerziale, nei quali prima del lancio viene opportunamente programmata la traiettoria da seguire per colpire il bersaglio.
Sono lunghi dai 6 agli 11 m, con un diametro dai 500 ai 1000 mm, pesano al lancio dai 1500 ai 6500 kg, vengono trasportati su rampe mobili montate su mezzi cingolati e fanno parte dell'armamento di tutti i paesi schierati nelle opposte alleanze. Di costruzione americana sono l'Honest John (puramente balistico e ora superato), il Lance, il Pershing, il Sergeant; di costruzione sovietica sono lo Scud A (SS1B), lo Scud B (SS 1C), Scale Board (SS12); a questi si devono aggiungere un modello francese, il Pluton, e un modello israeliano (sembra denominato Jericho) dalle caratteristiche molto spinte, anche se non altrettanto precisate.
Al di sotto di queste armi gli eserciti utilizzano una vastissima gamma di congegni missilistici teleguidati destinati ad agire contro bersagli mobili corazzati a distanze comprese fra le poche centinaia e i 3000 metri. Si tratta quasi sempre di sistemi d'arma costituiti da un lanciatore, da un apparato di puntamento e di guida, e dal m. vero e proprio, in genere bistadio a propellente solido, dotato di una testa di guerra ad alto esplosivo a carica cava con spoletta a percussione. Sono maneggiati da due o tre uomini; sovente i lanciatori e gli apparati di guida sono montati su autovetture da ricognizione, veicoli corazzati e anche elicotteri. La teleguida viene realizzata inviando impulsi elettrici dal posto di comando al congegno di pilotaggio del m. tramite due leggerissimi conduttori metallici che il m. svolge durante la sua traiettoria (tali sistemi d'arma vengono, pertanto, definiti come filoguidati) oppure nelle progettazioni più recenti mediante raggi infrarossi, di una frequenza tale cioè da escludere un'azione di disturbo da parte del nemico. A seconda del grado di automazione del procedimento i sistemi anticarro si suddividono in "generazioni". Nei m. della prima generazione, il puntatore traguardando attraverso lo strumento ottico mira sul bersaglio e agendo su una leva cerca di mantenere sull'allineamento occhio-bersaglio la traccia luminosa del m.; in quelli della seconda generazione, il puntatore non deve far altro che mantenere in punteria il bersaglio; l'inseguimento ottico della traccia del m. e il calcolo delle correzioni per portare tale traccia sulla linea di puntamento vengono effettuati automaticamente da un piccolo calcolatore incorporato nel posto di guida. Nei m. della terza generazione (si è tuttora in fase di progetto) il puntatore verrà a mantenere sul bersaglio la linea di mira e contemporaneamente un raggio laser a essa parallelo: un apparato montato a bordo del m. provvederà a calcolare le correzioni necessarie per mantenere la traiettoria del m. entro tale "raggio di guida" (si realizzerà cioè un sistema beam rider).
I m. anticarro in servizio sono lunghi dai 50 ÷ 60 cm al metro; hanno un diametro sui 150 mm e un peso dai 12 ai 30 kg circa; la velocità sviluppata va dai 100 ai 1000 m/sec e raggiungono una gittata da alcune centinaia di m ai 3 km. Armi di questo tipo sono state progettate da diversi paesi dell'Occidente e dall'URSS. In Francia sono stati progettati l'Acroa, l'Entac, l'Harpon, il SS11; nella Rep. Fed. di Germania il Cobra; di costruzione franco-tedesca sono lo Hot e il Milan; inglese è il Vigilant; italiani sono il Mosquito e lo Sparviero (quest'ultimo tuttora in fase di sviluppo); statunitensi sono il Dragon, il Tow e il TGSM (Twminal Guided SubMissile), che è un m. completamente automatico, trasportato in un certo numero di esemplari da altro veicolo missilistico nella zona degli obiettivi e quindi lasciato libero di autoguidarsi su un singolo bersaglio. Sono di progettazione sovietica i tipi denominati Semmel, Swatter e Sagger.
Come la presenza sul campo di battaglia del carro armato ha portato all'ampio sviluppo dell'arma missilistica anticarro, così la necessità di proteggersi da un altro degli attori moderni della battaglia, l'aereo d'assalto, ha dato impulso a una parimenti vasta gamma di sistemi d'arma missilistici superficie/aria contro aerei. Questi sistemi possono essere raggruppati in quattro classi: a) di autodifesa individuale, manovrati da un singolo uomo e destinati ad abbattere, specie nella rotta di scampo, quei bersagli aerei che a volo radente agiscono contro truppe sparse; b) di difesa di reparto (o di punto), destinati a proteggere reparti in sosta o in marcia oppure obiettivi fissi di limitate dimensioni, con azione principalmente durante la fase di attacco (questi sistemi debbono possedere altissima rapidità d'intervento, anche se a quote e gittate non molto elevate); c) di difesa di zona, a bassa e media quota, destinati a proteggere le grandi unità schierate o in marcia con maggiori gittate e a quote più elevate (18 km circa); d) di difesa lontana (oltre i 30 km), unitamente agl'intercettori pilotati, sfocianti nella difesa strategica.
I m. della prima categoria sono ordigni bistadio, lunghi 1 ÷ 1,5 m, conservati in contenitori cilindrici singoli che servono anche da tubo di lancio, a propellente solido, con velocità supersonica, gittata non superiore ai 3 km e peso al lancio di 15 ÷ 20 kg. Il sistema di guida è costituito da un traguardo ottico la cui linea di mira è parallela a un "raggio direttore" all'infrarosso su cui viaggia per autocomando il m., oppure è accoppiato a un calcolatore che impartisce al m. i radiocomandi necessari per mantenersi sulla linea di mira. In altri casi il m. è autoguidato sul bersaglio mediante un congegno all'infrarosso di rivelazione della sorgente calorifica costituita dal bersaglio stesso. Questa categoria presenta peraltro una ristretta varietà di tipi a causa degli strettissimi vincoli d'impiego tattico posti (leggerezza e robustezza). Si ricordano il Redeye e lo Stringer statunitense, il RBS svedese, il Blowpipe inglese e il Grail (SA7) sovietico.
Nella seconda e terza categoria troviamo m. teleguidati da apparecchiature a terra integrate da radar di acquisizione lontana, a impulsi e a onda continua, da calcolatori di posizione e di "ingaggio" (capaci cioè di definire automaticamente la più redditizia azione di fuoco contro più bersagli presenti contemporaneamente nel cielo da difendere), da apparati d'identificazione (IFF, Identification Friends or Foes) indispensabili per il riconoscimento automatico degli aerei amici. La guida negli ultimi tratti del volo può diventare "attiva" mediante apparecchi di bordo, elettronici o a raggi infrarossi. Questi sistemi sono sempre mobili campali in modo da poter seguire nel movimento le truppe da difendere.
Alla seconda categoria è ascrivibile un numero notevole di tipi, in genere montati su mezzi cingolati di grande mobilità anche in terreno vario, organizzati quasi sempre su due vetture, una contenente l'unità radar di avvistamento e di acquisizione, l'altra l'unità di lancio accoppiata al radar di guida. L'unità di lancio è binata o trinata. I m. sono lunghi 3 m circa e presentano un diametro dell'ordine di 150 mm. Il motore è a doppio stadio e a propellente solido, la testa di guerra è ad alto esplosivo (15 kg circa) a fragmentazione prestabilita dotata di spoletta di prossimità. La gittata è sui 3000 m, la velocità supersonica. Il sistema di guida è del tipo command o homing attivo. La distanza di avvistamento del sistema è elevata essendo in funzione dei radar impiegati a tale scopo e può arrivare fino ai 18 km. I nomi più noti di questa categoria sono: il Crotale francese; il Roland franco-tedesco; il Blood Hound (MK2), il Rapier, il Tigercat inglesi; il Chapparal statunitense, lo Shorads/Lofads sovietico; a questi possiamo aggiungere, anche se ancora in progettazione, il Mei e lo Spada (in postazione fissa, questo per la difesa di punto) italiani.
I sistemi di terza categoria, dovendo raggiungere quote e distanze maggiori (18 e 30 km rispettivamente), richiedono più estese portate radar, m. di maggior peso e maggiori dimensioni: risultano di conseguenza notevolmente più pesanti e complessi dei precedenti. I m. sono infatti lunghi sui 5 m, con un diametro di 350 mm, e pesano al lancio intorno ai 600 kg, di cui circa un decimo di carico utile (testa di guerra ad alto esplosivo). I m., bistadio a propellente solido, sono montati su rampe mobili trinate o binate, raggruppate in sezioni asservite a un radar d'inseguimento (radar illuminatore), a loro volta riunite (due o tre) in batterie dotate di un nucleo radar di acquisizione e comando. Il tutto su rimorchi autotrainabili o, nei sistemi di progettazione più recente, su veicoli cingolati semoventi. I tipi più noti sono lo Hawk statunitense, il Thunderbird britannico e la serie degli SA 2 (V750VK), 3 (Goa), 6 (Gaimfus) sovietici. Attualmente è in corso di sviluppo, con ancora aumentate prestazioni, il Sam D statunitense.
Alla quarta categoria vengono ascritti sistemi ancora più potenti, lanciati da piattaforme quasi sempre fisse (anche se esistono tipi su lanciatori campali mobili) con gittata sui 150 km e quota sui 45 ÷ 50 km. Il peso al lancio è dell'ordine delle 4 t circa, la testa di guerra può essere anche nucleare. I tipi più noti in Occidente sono gli statunitensi Nike Ajax (ora smesso e sostituito dal Nike Hercules, cui si riferiscono i dati soprariportati) e il Griffon/Gammon (SA5) sovietico notevolmente più voluminoso e pesante, ma con maggior raggio di azione. A questa categoria appartengono anche i m. "antimissile", destinati all'intercettazione dei m. balistici strategici, dotati di elevata velocità e di grande manovrabilità; tra questi si ricordano i tipi Safeguard, Spartan, Sprint statunitensi e il Galosh sovietico.
Missili navali. - I sistemi missilistici sono entrati in pieno nell'armamento navale sia, come accennato in precedenza, in funzione di sistemi strategici con base su battelli sottomarini, sia come m. superficie/superficie antinave, sia infine come m. superficie/aria per la difesa controaerea. I m. navali con funzione antinave sono teleguidati con sistema command integrato, nella parte finale della traiettoria, da un sistema homing passivo o semiattivo (radar o all'infrarosso).
Le gittate vanno dai 10 agli 80 km, quasi sempre sui 30 ÷ 40 km. I m., quasi tutti bistadio a propellente solido, sono lunghi sui 4 m con un diametro di 400 mm. In genere sono muniti di superfici alari abbastanza sviluppate. Sistemi di questo tipo sono stati sviluppati da diversi paesi, fra cui anche l'Italia, con una riuscita serie a corto, medio e lungo raggio di sistemi missilistici conosciuti come Sea Killer rispettivamente del tipo MK1, MK2 e MK3, le cui gittate sono di 10,25 e 45 km. Di progettazione italo-francese è l'Otomat con 80 km di gittata, mentre è totalmente francese l'Exorcet MM38 (40 km di gittata); statunitense è il m. Harpoon, caratterizzato da una propulsione a razzo nella fase di lancio, ma con motori a reazione nella fase di crociera (la gittata si avvicina ai 120 km). I tipi sovietici noti, ma di cui si hanno poche notizie di dettaglio, sono lo Scrubber, lo Styx e il Shaddok.
L'armamento navale è completato da numerosi sistemi missilistici superficie/aria destinati alla difesa aerea e che, con le necessarie varianti, rispecchiano gli analoghi sistemi terrestri per la difesa di punto.
Ricordiamo i francesi Masurca, Crotal navale, il franco-tedesco Roland navale, l'italiano Indigo, impiegato anche nel sistema terrestre MEI, il britannico Seacat e Seadart, Seaslug, Seawolf. Il tipo più noto di progettazione statunitense è lo Sparrow. Molti di questi tipi di m. sono equipaggiati con sistemi radar di acquisizione e di guida adatti a intercettare anche m. nemici diretti contro la nave vettrice; tali sono il Terrier, il Talos, il Tartar, nonché il tipo in progettazione Aegis, tutti statunitensi. Le installazioni contraeree navali sono caratterizzate a bordo da una massima automazione nei movimenti dei m. e nelle operazioni d'installazione su rampa. Anche i sovietici dispongono di versioni navali di loro sistemi missilistici contraerei terrestri, accanto a tipi di esclusiva progettazione per l'impiego navale (Goa, Guideline, Goblet).
Missili per aeromobili. - I sistemi missilistici utilizzati a bordo di aeromobili (aeroplani ed elicotteri) possono suddividersi in due grandi settori d'impiego: contro obiettivi di superficie (terrestri o navali) e contro obiettivi aerei. Gli ordigni sono sempre trasportati in posizione di lancio mediante appositi sostegni applicati sotto le superfici alari o sotto la fusoliera, e per gli elicotteri sui fianchi dell'abitacolo.
Le caratteristiche dei m. sono peraltro molto differenti a seconda del tipo di bersaglio cui sono destinati, andando da tipi analoghi o addirittura uguali agli anticarro terrestri (filoguidati) ad altri di maggiori dimensioni (3 ÷ 4 m), di maggior peso (300 ÷ 500 kg) e maggiore gittata (fino a circa 40 km). I motori sono quasi sempre bistadio a propellente solido. I sistemi di guida impiegati consentono il comando a distanza, mediante la consueta tecnica dell'allineamento dei tre punti; in modelli più recenti e soprattutto di maggiore gittata il m. è equipaggiato con una telecamera che trasmette all'aereo lanciatore i segnali video per la riproduzione su un monitor, consentendo così all'operatore di dirigere la traiettoria del m. sul bersaglio. In alcuni sistemi l'aereo pilota può essere diverso dall'aereo lanciatore in modo da consentire una maggiore permanenza di quest'ultimo nel cielo del bersaglio.
Altri modelli presentano sistemi di guida inerziale e quelli destinati a colpire bersagli "attivi" (navi, carri armati, ecc.) anche sistemi di autoguida (homing, del tipo radar o all'infrarosso, sia attivo che passivo), che entrano in funzione nella parte terminale della traiettoria. Sistemi di guida analoghi sono impiegati anche con proietti di caduta, dotati di superfici alari, che possono quindi autodirigersi sul bersaglio mediante collegamento televisivo con l'aereo lanciatore.
Numerosissimi sono i sistemi appartenenti a questa categoria: accanto ai m. statunitensi Alcm, Bulldog, Bullpup (AG M12), Condor, Hornet, Mave/Ricq (in diverse versioni), Sram, Walleye, e ai m. sovietici Kangaroo, Kelt, Kennel, Kipper, Kitchen, vi sono molti tipi progettati e costruiti in altri paesi, alcuni dei quali in doppia utilizzazione aria/superficie e superficie/superficie già ricordati su vettori navali e contro bersagli navali. Vediamo il m. italiano Marte (Seakiller MK2), antinave lanciabile da elicottero; i francesi AS20 e AS30, ed Exocet (in versione aerea); il Komortim della Rep. Fed. di Germania, specificamente antinave, il Jumbo parimente tedesco (impiegato sull'aereo Phantom e, in futuro, sull'aereo Tornado); lo Skua inglese. Consorzi internazionali hanno prodotto lo Hot franco-tedesco da elicottero, il Martel e l'Otomat (versione aerea) franco-italiano.
I sistemi missilistici trasportati da aerei per colpire altri aerei (m. aria/aria) hanno caratteristiche conseguenti al particolare combattimento cui sono destinati, anzitutto grande robustezza strutturale per resistere alle fortissime sollecitazioni cui sono sottoposti i m. sia durante la fase di attacco sia durante la loro manovra. Il lancio avviene quasi sempre per intervento del pilota il quale viene assicurato da appositi segnali che il bersaglio è a distanza utile e sotto punteria (il cosiddetto sistema see and shoot, "vedo e sparo"); la guida è per l'intera traiettoria, o quanto meno nell'ultimo tratto autoguidata mediante sistemi homing radar o all'infrarosso, sensibili questi ultimi talvolta anche a radiazioni provenienti dalla parte anteriore del bersaglio. In alcuni tipi, l'aereo vettore porta un radar "illuminatore" le cui onde, riflesse dal bersaglio, guidano il m. sul bersaglio stesso. La gittata è molto diversa da tipo a tipo.
Le dimensioni sono proporzionali alla gittata, con lunghezze di 2,5 ÷ 4 m; la velocità massima raggiungibile di uno o due Mach. Questi m. sono tutti dotati di superfici alari diametralmente opposte, molte volte in due gruppi successivi (anteriore e posteriore) di cui l'ultimo viene utilizzato per ottenere le variazioni di rotta. I pesi vanno dai 195 kg ai 360 kg, con teste di guerra ad alto esplosivo, pari a circa un decimo del peso totale, il cui scoppio è ottenuto con spolette di prossimità o anche a percussione. I tipi appartenenti a questa categoria sono numerosissimi e si possono citare il Brazo (attirato con homing passivo dal radar nemico), il Falcon, il Genie, il Sidewinder, lo Sparrow, il Phoenix (con una gittata di oltre 100 km), tutti statunitensi, e i m. sovietici Anab, Alkali, Ash (AA3), Atoll, Awl. Altri tipi sono stati progettati e prodotti in Italia (Apide derivato dal citato Sparrow statunitense), nel Regno Unito (Fire Streak, Redtop, Sranm, a brevissima gittata), in Francia (Magic o R550 ad altissima sofisticazione, l'R511 e i due R530, normale e super) e in Israele (Sharfir).
Altri missili. - Per completare il panorama delle applicazioni missilistiche in campo militare occorre ricordare le cosiddette "armi di saturazione", razzi balistici lanciati da razziere multiple e capaci di coprire con il fuoco delle teste di guerra una vasta zona di terreno: le razziere, opportunamente manovrabili per il puntamento in direzione ed elevazione, sono montate a bordo di veicoli ruotati o cingolati. Sistemi di tale tipo, derivati dai famosi Katjuška sovietici della seconda guerra mondiale (v. App. II, 11, p. 673) sostituiscono vantaggiosamente, alle minori gittate, il fuoco delle artiglierie.
Altra applicazione della missilistica la troviamo nei proietti di artiglieria di medio calibro semiautopropulsi (SAP), in cui la gittata di un normale cannone viene incrementata applicando sul proietto un razzo che imprime al proietto stesso un aumento di velocità, e quindi di gittata, senza dover appesantire ulteriormente la bocca da fuoco per renderla capace di resistere alle pressioni maggiorate occorrenti a ottenere lo stesso incremento di gittata con i metodi balistici convenzionali. Vedi tav. f. t.
Bibl.: V. D'Alessandro, Tecnica dei missili filoguidati, Roma 1976; Jane's weapon systems 1976-77, Londra 1977.