MISSIONE (dal lat. missio "invio, spedizione")
Questo termine, che in latino è usato soprattutto nel linguaggio giuridico (missio in bona, missio in possessionem) e nel linguaggio militare ("licenza, licenziamento"), nel linguaggio religioso è venuto a significare l'invio di persone cui è affidato il compito di propagare una dottrina religiosa; e in seguito anche l'attuazione pratica di questa propaganda, la residenza dei predicatori, ecc. In senso generale poi, missione si suol dire di ogni compito, cui si annetta però un particolare valore, se non sacro, certo almeno morale. In senso vicino a quello etimologico, il termine è usato invece talvolta nel linguaggio diplomatico, soprattutto per indicare l'invio di persone che non sono i veri e proprî rappresentanti di un governo, ma piuttosto incaricati di funzioni speciali e temporanee (missione commerciale; missione militare).
Storia delle religioni.
La missione presuppone colui che invia - sia che egli invii in virtù di una sua propria iniziativa e ispirazione (fondatori di religione) sia che invii come vicario o comunque delegato, sia pure mediatamente, dal fondatore (rappresentanti di religioni organizzate, capi di comunità, o di conventi, ecc.) - e colui che è inviato (missionario). V'e poi un genere di missione che non è fatta da rappresentanti organizzati, che non ubbidisce ad alcun capo legittimo, che non ha nessun programma definito, ma si esplica, capta occasione, da individuo a individuo. A questo genere di missione, che meglio si chiama proselitismo, appartengono quella che gli Ebrei della diaspora facevano tra le genti con cui si trovavano a contatto e quella che gli adepti alle varie religioni di mistero facevano nei centri di commercio o militari e di lavoro a favore d'Iside, di Mithra, della dea Siria, ecc.
Non tutte le religioni presentano il fenomeno così interessante delle missioni. Ne sono escluse le religioni di gruppi tribali o nazionali, nei quali il culto è proprietà esclusiva e caratteristica dei gruppi stessi e allontana rigorosamente ogni estraneo. Si sa che in Grecia e in Roma, ad esempio, lo straniero (hostis) è escluso dalla religione sia della famiglia sia della città: esso è invitato ufficialmente ad allontanarsi nel momento del rito e cerimonie apotropaiche, sia preventive sia espiatorie, vengono compiute per scongiurare o neutralizzare la sua presenza.
Solo le religioni universali che si dirigono più agl'individui che a gruppi socialmente costituiti, che non conoscono barriere di casta o di nazione, che sentono di possedere un bene comunicabile a tutti, provano il bisogno di espandersi per portare il loro messaggio, che è generalmente annuncio di vita felice e d'immortalità beata per le anime.
Buddhismo. - La storia esterna del buddhismo è quella di un'immensa espansione missionaria che, muovendo dall'esempio del fondatore e irradiando da varî centri monastici dell'India, portò la nuova dottrina nell'Asia Centrale (Mongolia e Tibet) e orientale (Cina, Corea e Giappone).
Cina. - La prima introduzione ufficiale del buddhismo in Cina risale al 67 d. C., ed è dovuta all'imperatore Ming il quale invitò una missione guidata dai monaci Kāšyapa Mātanga e Dharmarakṣa. Questi recarono con sé statue del Buddha e scritture sacre, e operarono conversioni in massa di taoisti e di nobili confuciani. Nel 148 vi giunse, con altri missionarî, Shi-kāo che si dedicò specialmente alla versione in cinese delle scritture buddhistiche, il che si comprende considerando che testi sacri possedevano anche i confuciani e i taoisti e che perciò bisognava combatterli ad armi pari. Alle traduzioni si aggiunsero tuttavia anche opere apologetiche originali per iniziativa di buddhisti cinesi; noto tra questi Mon-tzu il quale mentre dimostrava ai confuciani che l'ascetismo buddhistico non va contro l'umanità anzi ne è la sublimazione, affermava contro i taoisti, spacciatori di elisir di lunga vita, l'impermanenza radicale di questa. Caduta nel 220 la dinastia Hān, la Cina rimase divisa in tre regni, due a nord e uno a sud che divennero centro di missioni buddhistiche. Il sec. IV, epoca di grandi convulsioni politiche, vide il buddhismo penetrare dappertutto, grazie a Fo-t‛u-cheng, missionario venuto dall'Asia centrale, che avrebbe, secondo la tradizione, fondato 833 conventi e che fu maestro dell'austero Tao-ān. Nel sec. V l'opera di espansione seguitò sia a nord, donde penetrava dall'Asia centrale, sia a sud donde penetrava dall'India. Di questi missionarî i più famosi furono Kumarajiva, famoso traduttore cui la letteratura cinese deve la versione del Saddharmapuṇḍarīka (v. canone, VIII, 752) e Buddhabhadra, monaco austero e caldeggiatore della vita monastica regolare, che finì per ritirarsi nel sud a Lu-shan (provincia di Chiang-si) dove trovò, grazie ai discepoli di Tao-ān, un buddhismo più severo e contemplativo e perciò a lui più congeniale. Tra i missionarî venuti dall'India (Ceylan), a diverse riprese, vanno annoverati Fa-hian (414), Guṇavarman (424) e altri giunti nel 434 e 438 con l'intento di restaurare la disciplina nelle comunità. Nel sec. VI giunge pure dall'India il celebre Bodhidharma (dai cinesi detto Ta-mo) e poi Paramārtha.
Corea. - I monaci Atao e Shuatao penetrarono la prima volta in Corea nel 374. Altri missionarî li seguirono, così che in un secolo e mezzo tutta la Corea era convertita e di là il buddhismo penetrò nel Giappone.
Giappone. - Il re coreano Păikchyoi nel 538 inviò alla corte giapponese una missione buddhistica che recava in dono una statua del Buddha con libri sacri, stendardi e strumenti rituali. La missione fu bene accolta e la nuova religione si propagò tanto che, sotto il principe Shōtotsu (593-622), essa fu ufficialmente riconosciuta. La buona accoglienza e il rapido sviluppo si spiega considerando che il buddhismo mentre serviva a stringere le relazioni con la Corea e con la Cina, giovava anche a rompere il particolarismo feudale del Giappone e a far sentire l'azione della corte che dappertutto moltiplicava i conventi buddhistici e le relative opere di carità. Nel sec. IX il buddhismo giapponese comincia a vivere di vita indigena grazie all'opera di Dengyo e Kobo, e a svilupparsi in una serie numerosa di sette, fino al secolo XIII, sulle quali v. giappone, XVII, pp. 41-42.
Tibet. - Missionarî buddhisti penetrarono nel Tibet fin dal tempo del re Asóka (v.) ma solo nel sec. IV d. C. la tradizione pone la miracolosa discesa di quattro cassette contenenti i tesori buddhistici. Comunque la prima data sicura cade nel sec. VII quando il principe tibetano Srong-btsan Gam-ho (†698) sposa una principessa cinese. Il sec. VIII segna la maggiore diffusione del buddhismo nel paese grazie a Padma Sambhava (il figlio del loto) e a Pagur Vairochana (il gran traduttore). Verso il sec. XV il buddhismo tibetano assume una forma più strettamente gerarchica, e un aspetto politico per opera del monaco Tsong-Khapa (13551417) che fondò il cosiddetto lamaismo (v.).
Islamismo. - La mancanza di sacerdozio e lo spirito stesso dell'islām hanno sempre fatto sì che nell'islamismo mancasse una vera e propria propaganda missionaria. Quasi dappertutto la conquista militare portò con sé la conversione religiosa all'islām soprattutto per evitare la gravezza delle imposte e l'inferiorità morale e giuridica che pesavano sul non musulmano (v. dhimmi). Con la conquista della Siria (636), della Persia (642), dell'Egitto (656), dell'Africa settentrionale e poi della Mesopotamia, del Turkestan e dell'India, l'islamismo s'impiantò saldamente in tutte queste regioni con propaggini nella Cina (sec. XIII) e nella Malesia (sec. XV). La bufera mongola (sec. XIII) distrusse molti centri asiatici di cultura musulmana, ma, cessata quella, l'islamismo riacquistò pacificamente il terreno perduto; anzi Baraqa Khan, capo dell'"orda d'oro" dal 1256 al 1267, fu il primo mongolo che abbracciò l'islamismo. Verso la metà del sec. XIX il movimento wahhābita di ritorno alle pure origini islamiche ha trovato un'eco nell'India, nella Malesia e in Africa (quivi specie per mezzo delle confraternite dei Qādiriyyah e dei Senussi). A ogni modo non si tratta mai di propaganda organizzata, ma sempre da individuo a individuo, essendo ogni musulmano proselitista convinto della sua fede.
Mazdeismo. - Anche il mazdeismo ha una missione universale implicita nella sua fede monoteistica. E di fatto nel sec. I a. C. lo troviamo diffuso fino nella Commagene come attesta il famoso tumulo di Nemrūd Dagh, appartenente ad Antioco I. Un più possente impulso missionario esso ebbe con la dinastia sasanide (224-651) sotto la quale, seguendo le grandi vie del commercio giunse fino alla Cina. La caduta dei Sasanidi di fronte all'invasione musulmana e la quasi completa islamizzazione della Persia hanno fatto cessare praticamente l'espansione del mazdeismo; da nuclei zoroastriani rifugiatisi nel sec. VIII in India discende l'attuale comunità chiusa di circa 90.000 fedeli nei pressi di Bombay.
Manicheismo. - Fu Mānī stesso a organizzare le prime missioni. Il manicheismo già nel sec. III si trova in Egitto, in Africa e in Roma: e nel sec. IV nella Gallia e in Spagna. In Oriente il manicheismo perseguitato in Persia si spinse fino all'India, al Turkestan, alla Mongolia, alla Cina, come ne fanno fede le scoperte di Turfan e del Kan-su (v. manicheismo). E anche quando, dopo il sec. VI in Occidente e dopo il secolo IX in Oriente, non si parla più di espansione del manicheismo, rimangono di esso sopravvivenze notevoli nelle sette dei Catari e degli Albigesi, dei Bogomili nei Balcani e dei Pauliciani in Anatolia.
Le missioni cristiane.
Le missioni cattoliche. - Nel campo religioso cristiano il senso primo e fondamentale della parola missione è dato dalle parole di Cristo: "Andate e ammaestrate tutte le genti"; donde si deduce che il messaggio evangelico ha come carattere essenziale l'universalità. La Chiesa cattolica quindi tende, in forza della missione affidatale dal suo fondatore, a raccogliere nel suo ovile ogni paese, ogni società, ogni individuo; e se il suo ministero è rimasto per lungo tempo circoscritto entro confini più stretti, ciò si deve o alla mancata conoscenza di alcuni popoli o alla mancata possibilità di accostarli. Ai nostri tempi però la Chiesa, sempre cattolica per vocazione, fa risplendere maggiormente anche la sua cattolicità di fatto, grazie al progresso delle scienze e alle facilità delle comunicazioni.
Missione dunque, nel suo senso primitivo e fondamentale, significa l'incarico della predicazione universale affidato da Cristo alla sua Chiesa; però da lungo tempo la medesima parola ha preso nel linguaggio corrente un altro significato più ristretto. Lasciati a parte i popoli già convertiti alla fede, che posseggono una compiuta organizzazione religiosa, il popolo cristiano suole indicare col nome di "missioni" quei paesi che restano ancora da convertire dal paganesimo o da riconvertire dallo scisma. Abbiamo perciò due grandi categorie di missioni: quelle nei paesi pagani (nello spirito popolare le missioni per eccellenza) e quelle nei paesi scismatici o eretici. In questo secondo senso, missione significa l'invio nei paesi non cattolici, fatto dalle chiese organizzate, di apostoli incaricati di preparare e costituire nuove chiese.
V'è però ancora un terzo senso della parola "missione", ed è il senso amministrativo o tecnico, difficile tuttavia da definire adeguatamente, sia per l'infinita varietà dei fattori sociali, politici, geografici, etnici, ecc., di cui l'apostolato ha pure dovuto tener conto nell'organizzazione della sua opera di spirituale conquista, sia per la varietà considerevole di elementi di cui la Chiesa disponeva, nelle diverse epoche, per la conquista. Le missioni e i missionarî dovettero prestarsi a numerosi adattamenti; donde avviene che due territorî, aventi un apostolato di carattere esteriormente identico, possono avere, per diverse ragioni storiche o politiche, antiche o recenti, diverso regime; o che paesi, già quasi interamente cattolici, restano ancora annoverati fra i paesi di missione, mentre altri, meno evangelizzati, fanno già parte dei quadri generali della gerarchia. Così si spiega come le statistiche dei missionarî siano tanto incerte e fluttuanti, secondo che si allarga o si restringe questo senso amministrativo della parola missione, includendovi solo i paesi che si possono chiamare strettamente infedeli, o anche quelli in cui gl'infedeli sono una parte molto secondaria.
Storia. - I grandi periodi della storia delle missioni si possono ridurre a sette; tuttavia il criterio di divisione non dev'essere preso come una distinzione assoluta fra l'uno e l'altro che importi successive e totali trasformazioni dell'apostolato cattolico, ma piuttosto come sovrapposizione di modi nuovi di evangelizzazione venuti a integrare i già esistenti.
Il primo periodo, designato con diversi nomi (apostolico, episcopale, mediterraneo, romano), abbraccia l'epoca in cui la Chiesa si costituì in comunità rette da vescovi, lungo tutte le terre del Mediterraneo, in quello che era allora l'impero romano.
Il secondo periodo è monastico ed europeo. Nella conquista dell'Europa al cattolicismo, l'episcopato ha una parte considerevole; un elemento nuovo venne però ad aggiungersi e furono i monaci. I grandi ordini dei benedettini, dei trinitarî, ecc., eressero dappertutto i loro monasteri e lavorarono alacremente alla trasformazione cristiana di coloro che si chiamavano i Barbari.
Il terzo periodo è contrassegnato dalla comparsa degli ordini mendicanti. Apertesi le porte dell'Asia e dell'Africa per mezzo delle Crociate, i francescani e i domenicani ne approfittarono alacremente, per disseminare da ogni parte i loro apostoli, i quali penetrarono fino al fondo della Tartaria; una cristianità viene fondata a Pechino, e Giovanni da Monte Corvino ne è il primo vescovo.
Il quarto periodo è contemporaneo alla Riforma; mentre questa sottrae alla Chiesa cattolica intere regioni d'Europa, le grandi spedizioni marittime, scoprendo nuovi mondi, aprono nel medesimo tempo nuovi campi all'apostolato. Quindi troviamo i missionarî in America, nell'estremità dell'Asia, nell'Oceania, dovunque possono approdare coloni o esploratori; e accanto agli antichi ordini mendicanti sorgono nuovi ordini di chierici regolari, che vanno anch'essi a evangelizzare. Fra essi tiene un posto d'onore la Compagnia di Gesù, con S. Francesco Saverio.
Il quinto periodo è contraddistinto dalla fondazione della Congregazione di Propaganda Fide (22 gennaio 1622). La necessità di ordinare e disciplinare tutte queste missioni sparse per tutta la terra era diventata più urgente che mai. Già Raimondo Lullo, alla fine del sec. XIII, aveva concepito l'idea di un organismo centrale di direzione; nel 1568 Pio V aveva ripreso l'idea e creato due commissioni di cardinali: una per la conversione degli eretici, l'altra per la conversione degl'infedeli. Clemente VIII vi aggiunse una congregazione di cardinali per l'esame delle questioni concernenti le missioni, e vi lavorarono a meglio adattarla alle necessità delle missioni i carmelitani Tommaso di Gesù e Domenico di Gesù-Maria, e il cappuccino Girolamo da Narni; finalmente Gregorio XV, con la Costituzione Inscrutabili divinae, fondò la Congregazione di Propaganda Fide, regolandone con un Breve posteriore, del 14 dicembre, le attribuzioni. Per la prima volta si ebbe anche in questo tempo, con la Società delle missioni estere di Parigi, un nuovo tipo di società missionaria, composta di sacerdoti, non religiosi, consacrati totalmente all'apostolato lontano e miranti in modo particolare a stabilire nei paesi pagani la gerarchia ecclesiastica indigena.
La sesta epoca è quella del sec. XIX, nella quale si rilevano tre grandi fatti: la risurrezione delle missioni e dello spirito missionario, che avevano ricevuto un grave colpo dalla propaganda anticristiana della fine del secolo antecedente e dalla soppressione della Compagnia di Gesù; la fioritura, specialmente in Francia, ma anche in Italia, in Germania e in Irlanda, di nuovi istituti consacrati alle missioni; e finalmente lo sviluppo immenso dell'apostolato femminile, prima o ignorato o appena abbozzato.
La settima e ultima epoca, più notevole per le sue caratteristiche e degna corona del lavoro immenso compiuto da secoli, è la contemporanea, nella quale la Chiesa sta attuando una cospicua cattolicità o universalità, non più soltanto di vocazione e di speranze, ma di fatto e di presenza. Per la prima volta il mondo intero è raggiunto dall'apostolato cattolico, del quale lo spirito e l'ispirazione diventano più perfetti, perché le missioni riescono a liberarsi da quanto potevano avere di particolare attaccamento a questa o quella società o nazione. Il papato, grazie allo sviluppo prodigioso e alla rapidità delle comunicazioni, è presente dappertutto, dirige e tende con ogni sforzo a una più grande unione e a una più feconda coordinazione del suo lavoro, specialmente alla fondazione di chiese indigene, scopo ultimo di tutte le missioni.
Direzione delle missioni. - La direzione centrale delle missioni comprende attualmente tre grandi organi, residenti a Roma: la Congregazione di Propaganda Fide, la Congregazione per la Chiesa orientale, la Congregazione Concistoriale: di esse quella di Propaganda Fide per il numero delle attribuzioni (ancora molto grande, nonostante le riduzioni fatte nel corso degli anni, fino a Benedetto XV) e per l'importanza rispetto alle missioni, occupa di gran lunga il primo posto (v. propaganda fide).
I territorî affidati alla Propaganda Fide sono: in Europa: Norvegia, Svezia, Danimarca, Islanda, Finlandia, la Germania nord-occidentale lo Schleswig-Holstein, l'abbazia di S. Maurizio nella Svizzera, una parte della Iugoslavia, Gibilterra, Albania, Bulgaria, Grecia, Isole del Mare Egeo, Turchia d'Europa. In Asia: Asia Minore, Palestina, Siria, tranne tutte le chiese dei riti orientali, Mesopotamia, Persia, Arabia (con i patriarcato, 4 archidiocesi, 4 vicariati, 1 prefettura); tutte le Indie, tranne le chiese dell'antico patronato portoghese e quelle dei 2 riti malabarici (con 7 archidiocesi, 25 diocesi, 5 prefetture, 2 missioni); Ceylon, Indocina, Giappone, Corea (con 2 archidiocesi, 9 diocesi, 23 vicariati, 7 prefetture, 3 missioni); Cina, tranne Macao (con 76 vicariati e 29 prefetture, 12 missioni). In Africa: tutto il territorio, tranne i vescovati francesi del nord, i paesi sotto il protettorato spagnolo o portoghese e i riti orientali (con 3 diocesi, 82 vicariati, 34 prefetture, 6 missioni, 2 abbazie nullius). In Oceania: tutto il territorio comprese l'Australia e la Nuova Zelanda (con 7 archidiocesi, 21 diocesi, 20 vicariati, 1 prefettura, i missione). L'Indonesia intera (con 4 vicariati e 9 prefetture), le Filippine (con 1 prefettura). Nell'America Settentrionale: 10 vicariati e 1 prefettura. Nell'America Centrale: 7 vicariati, 1 archidiocesi, 3 diocesi. Nell'America Meridionale: 18 vicariati e 15 prefetture. Totale (1933): 1 patriarcato, 29 arcivescovati, 74 vescovati, 251 vicariati, 104 prefetture, 4 abbazie nullius, 24 missioni.
Le istituzioni dipendenti da Propaganda sono: a Roma: il Collegio Urbano o di Propaganda, che nel 1928 aveva già formato 3252 preti di tutti i paesi; i collegi di: S. Lorenzo da Brindisi (cappuccini), S. Antonio da Padova (francescani), S. Francesco d'Assisi (conventuali), San Criso-gono (trinitarî), S. Alessio Falconieri (serviti), il Collegio internazionale del Cuore immacolato di Maria, ecc. Fuori di Roma: i collegi della Consolata, Torino; di S. Francesco d'Assisi (cappuccini), Milano; di Brignole-Sale, Genova; di Betlemme, Immensee (Svizzera); di Burgos (Spagna); di S. Tomaso (Portogallo); di Maynooth (Irlanda); d'Almonte e di Montreal (Canada); di S. Giuseppe, a Baltimora, per le missioni fra i Negri; di Maryknoll negli Stati Uniti, ecc. In paesi di missione: Seminario pontificio di Kandy (Ceylon); seminario delle missioni di Parigi a Pinang (Malacca); seminario pontificio di Scutari (Albania); e poi numerosi seminarî regionali fondati di recente dall'Opera pontificia di San Pietro Apostolo per il clero indigeno.
Le società dipendenti da Propaganda sono numerose: le missioni estere di Milano, di Parma, di Mill-Hill, di Parigi, di Maryknoll, di Picpus; le missioni africane di Lione e i Padri Bianchi, i PP. di Scheut, di Mariannhill, di Maynooth, di Betlemme; i Figli del Sacro Cuore di Gesù (Verona), ecc. Le grandi associazioni di soccorso alle missioni, pure dipendenti da Propaganda, sono: l'Opera della propagazione della fede, l'Opera della Santa Infanzia, di San Pietro Apostolo per il clero indigeno, di S. Pietro Claver per le missioni d'Africa, ecc. Degna di menzione è la Tipografia poliglotta annessa alla Tipografia vaticana.
La Congregazione per la Chiesa orientale, creata da Pio IX (6 gennaio 1862) col nome di Congregazione per gli affari del rito orientale, e resa autonoma, col nome che oggi porta, da Benedetto XV (30 novembre 1917), ha le medesime attribuzioni che le altre congregazioni per i paesi di rito latino, tranne per le questioni che toccano il Santo Ufficio. Ne è prefetto il papa, con un segretario, un assessore, parecchi consultori e redattori. I territorî a essa soggetti comprendono: 6 patriarcati, 96 archidiocesi e diocesi, 3 vicariati, 4 missioni, con un totale di circa 8 milioni di cattolici di riti varî: rito armeno, alessandrino, greco o bizantino, caldeo o sirocaldeo, antiocheno o siro.
Dalla Congregazione Concistoriale dipendono le missioni, stabilite nelle diocesi ordinarie, sia anteriori alla Propaganda Fide, sia posteriori, sia sottratte per determinazione pontificia alla Propaganda.
Amministrazione delle missioni nei paesi missionari. - Le diverse missioni hanno a capo o arcivescovi, o vescovi, o vicarî apostofici, o prefetti apostolici, e talora anche semplici superiori. Dove la gerarchia è stabilita, gli arcivescovi e vescovi hanno lo stesso grado, gli stessi privilegi e poteri, che gli altri vescovi.
Più spesso le missioni sono affidate a prefetti apostolici, quando sono recenti o d'importanza ancora secondaria; a vicarî apostolici, invece, quando sono già sviluppate o godono di un'organizzazione molto progredita. Ai semplici superiori sono riservati i territori in cui le missioni sono ancora agl'inizî. I poteri e le attribuzioni di queste singole cariche sono nettamente determinati dal Codex Iuris Canonici, dal canone 293 al 311.
Nella maggior parte delle missioni lavorano membri di congregazioni o società missionarie. Questi sono sottomessi all'autorità dei vicarî o prefetti in tutto quello che riguarda l'amministrazione ecclesiastica della missione; nel resto dipendono dai rispettivi superiori religiosi. Può avvenire che le due cariche si trovino riunite nella medesima persona; ma il caso va facendosi sempre più raro e ultimamente la Congregazione di Propaganda Fide, segnava, in questa questione così delicata e tuttavia così necessaria, i limiti dei due poteri.
Personale delle missioni. - Le missioni contano personale straniero e personale indigeno.
Il personale straniero è formato da missionarî sacerdoti e dai loro ausiliarî, uomini e donne; gli uni e gli altri organizzati in società senza voti di religione e in congregazioni e ordini strettamente religiosi. L'Arens dava, di questo personale straniero, la seguente statistica per l'anno 1929: preti secolari stranieri 319; religiosi 9343; coadiutori strameri appartenenti a ordini che hanno anche sacerdoti, 2579; coadiutori di altri istituti 1362; suore 16.011.
Il personale indigeno, nel pensiero della Chiesa, è il personale dell'avvenire, mirandosi a costituire chiese le quali non abbiano più bisogno di aiuti esterni, ma possano vivere e prosperare coi loro proprî mezzi e con gerarchia propria. A questo hanno mirato Benedetto XV e Pio XI, promuovendo in ogni maniera la formazione del clero indigeno e lo sviluppo di congregazioni indigene adatte ai bisogni e alla mentalità del paese. Per mostrare in pratica quanto tutto ciò gli stesse a cuore, Pio XI volle nel 1926 consacrare egli medesimo sei vescovi cinesi; indi nel 1927, un vescovo giapponese, e nel 1933 un vescovo annamita, un indiano e tre cinesi designati a reggere altrettanti vicariati indigeni. Di questi vicariati ora se ne contano una trentina e altri si preparano. Per la formazione del clero indigeno si apprestano seminarî regionali in tutte le parti del mondo, sovvenzionati dall'Opera pontificia di San Pietro Apostolo. Le statistiche dell'Arens dànno per il 1929: preti indigeni appartenenti a congregazioni religiose 626, preti indigeni secolari 4798; piccoli seminarî 213, con 7949 alunni; seminarî maggiori 98, con 1900 allievi; più di 1405 chierici che studiano fuori del territorio della propria missione. Le suore indigene sono 14.918 di fronte alle 16.011 straniere e appartengono o a congregazioni già esistenti, venute dal di fuori, o a congregazioni di organizzazioni puramente indigene.
Fra il personale indigeno, che fa da ausiliare al missionario, meritano una menzione tutta speciale quei laici, uomini e donne, designati con nome generico di catechisti, i quali in realtà compiono un gran numero di uffici che vanno dal semplice catechismo alla scuola, all'amministrazione dei battesimi, in casi di urgenza, alla cura della cristianità, in assenza del missionario, alla visita dei malati, alla preparazione ai sacramenti. Braccio destro del missionario, il catechista è già in parte l'attuazione dei desiderî della S. Sede sugl'indigeni, strumento efficace per suscitare e promuovere tra i connazionali le vocazioni a gradi più alti. Le statistiche (1929) dànno: catechisti 61.941; maestri di scuola 43.018; battezzatori, 20.196.
Una categoria che può dirsi nuova è ora oggetto di cure particolari da parte dei dirigenti delle missioni. Colpiti dai risultati ottenuti da alcune missioni mediche protestanti, e coscienti, d'altra parte, delle necessità delle popolazioni, i cattolici si sono sforzati in Belgio, in Italia, in Franciai in Germania, in America, di reclutare per le missioni medici e infermieri, e di perfezionare nel medesimo tempo le cognizioni di medicina degli stessi missionarî. Per quanto l'opera sia ancora soltanto agl'inizî, l'esito è buono; le statistiche, infatti, dànno, nel 1930, 226 medici e 855 fra infermieri e infermiere.
Non si deve però credere che soltanto ora i missionarî cattolici abbiano pensato a esercitare le opere di carità corporale, perché queste furono anzi in onore in tutte le epoche della storia delle missioni e innumerevoli sono i missionarî e le suore, vittime della carità. Anche uno sguardo alle statistiche (1929) dell'Arens dice quanto l'opera della carità corporale sia curata: ospedali 677, con circa 250.000 malati curati; dispensarî 2222, con più di 15 milioni di consultazioni; orfanotrofî 1609, con 76.518 fanciulli raccolti; ricoveri di vecchi 299, con 11.341 ricoverati; leprosarî 81, con 14.060 lebbrosi.
Il lavoro missionario. - Il lavoro missionario può rivestire tutte le forme della beneficenza naturale e soprannaturale, capaci di giovare direttamente o indirettamente alla causa delle conversioni; tuttavia la Chiesa ha specialissima cura delle opere che riguardano l'educazione della gioventù, dove è la speranza del domani e sulla quale si fonda l'avvenire dei singoli territorî di missione. L'educazione viene dalla Chiesa curata nelle varie associazioni d'indole strettamente religiosa (congregazioni) e con i varî istituti d'istruzione. Le ultime statistiche, assai soddisfacenti, sono: scuole di catechisti 583 con circa 12.600 alunni; scuole di maestri 172 con 5870 alunni; scuole di preghiere e catechismo 24.196 con 732.476 fanciulli; scuole elementari 28.109 con 1.585.136 fanciulli; scuole professionali 827 con 29.813 alunni; ginnasî 468 con 119.067 scolari; università e collegi universitarî 17 con 14.031 studenti; totale 55.000 istituti con 2 milioni e mezzo di allievi.
A questo si aggiungano 145 tipografie, 10 osservatorî, parecchi musei o collezioni scientifiche di grande importanza. Né va tralasciata la parte molto importante che deriva dai missionarî nel campo delle scienze glottologiche, etnografiche, pedagogiche, astronomiche, matematiche, naturali, come pure nelle più variate iniziative civilizzatrici e sociali (agronomia, industrie, lavoro delle donne, ecc.).
In tutta questa attività il missionario non perde la mira a cui tende la sua missione, che è di convertire i pagani e di fondare nuove chiese; ma egli, apportatore del cristianesimo, è nel medesimo tempo apportatore di civiltà e di benessere e salva gl'individui e i popoli moralizzandoli. Egli non rinnega i suoi sentimenti nazionali né i suoi affetti familiari; però il suo spirito missionario deve conservarsi intatto, secondo le raccomandazioni della Chiesa.
I risultati. - Le cifre fornite dalle statistiche sono consolanti, prese in sé stesse. Si hanno infatti 59.000 stazioni di diversa importanza con presso a poco altrettante chiese e cappelle. I neofiti indigeni, che nel 1923 erano 12 milioni, salirono a 14 milioni e mezzo nel 1929, con 1 milione e 900.000 catecumeni, e più di mezzo milione all'anno di battesimi di persone moribonde. La Cina va verso i 3 milioni di cattolici; l'India con Ceylon ne conta 3 milioni e mezzo; le missioni d'Africa s'accostano ai 4 milioni; quelle dell'America Meridionale passano i 2 milioni. Nell'Africa, poi, si ha in alcune regioni (Congo, Gabon, Camerun, ecc.) un movimento in massa verso la Chiesa cattolica; mentre in altre il lavoro è più lento, ma metodico e continuo (Madagascar, Basutoland, ecc.).
Considerate, però, relativamente al numero della popolazione, queste cifre dicono quanto ancora si sia lontani dal formare l'unico ovile predicato da Gesù Cristo. Sui 2 miliardi che formano la popolazione globale della terra, i cattolici sono soltanto un po' più di 300 milioni; gli scismatici 150, i protestanti 220; totale della popolazione cristiana circa 700 milioni, di fronte a 13 di israeliti, a 240 di musulmani, a 800 di pagani.
Le opere ausiliarie e le risorse delle missioni. - La Chiesa cattolica, considerando le conversioni come un'opera della grazia divina, conta prima di ogni altra cosa nell'efficacia della preghiera e dei sacrifizî; donde tante associazioni di preghiera in favore delle missioni e tanti e costanti appelli dei papi alle preghiere della cristianità.
Ma ai soccorsi spirituali devono pur aggiungersi i soccorsi materiali, necessarî al mantenimento degli operai e delle opere. A questo mirano alcune opere permanenti e migliaia di altre opere sorte qua e là, che cercano di aiutare quanto più possono il missionario. Per quanto vi siano amministrazioni e anche governi che dànno sovvenzioni, il caso non è molto comune, e si può dire che le missioni vivono quasi esclusivamente delle volontarie sovvenzioni dei cattolici. Alle opere permanenti: Propagazione della Fede, Santa Infanzia, S. Pietro Apostolo, che la S. Sede indica col nome di opere pontificie, le quali durante l'anno 1931 hanno raccolto per le missioni 83.804.340 lire; si devono aggiungere l'Opera di S. Pietro Claver per l'Africa, delle scuole di Oriente, l'Opera apostolica per gli oggetti del culto, ecc. Le opere occasionali rivestono tutte le forme possibili, dalla colletta di denaro e oggetti, alle conferenze, settimane missionarie, esposizioni, vendite di carità.
Questo fa sì che un controllo esatto di quanto si offre alle missioni sia impossibile; per averne quindi un'idea approssimativa si possono quasi quadruplicare le cifre ufficiali. Tuttavia tali mezzi sono impari alle stesse necessità più impellenti.
Quindi la Chiesa cerca d'imprimere nuovo slancio, e procura che lo slancio sia duraturo e lo spirito missionario s'inserisca profondamente nell'animo dei fedeli. Giova ora allo scopo l'istituzione dovuta al P. Manna delle Missionì Estere di Milano, della Unione Missionaria del Clero, che i pontefici hanno fatto propria e che mira a servirsi della gerarchia per la propaganda in favore delle missioni, facendo di ogni sacerdote in ogni parrocchia una persona familiare agli studî missionarî e un apostolo delle missioni.
Il missionario. - Si comprenderà ora facilmente come la Chiesa, tanto premurosa delle missioni, si mostri più premurosa ancora della formazione dei suoi missionarî, sui quali s'impernia l'opera dell'evangelizzazione. E mentre ne cura l'elevatezza dello spirito animatore, vuole che anche sotto l'aspetto della cultura nulla manchi di quello che può attirare le anime: formazione teologica, formazione pratica e professionale con la conoscenza dei popoli da evangelizzare, della loro mentalità, delle loro lingue e tradizioni, ecc. Da questo pensiero è sorto il Museo missionario-etnologico, aperto a Roma nel palazzo lateranense, che le congregazioni missionarie si studiano sempre più di arricchire con ogni sorta di invii.
Istituti missionarî. - Numerosi sono gl'istituti religiosi, che si propongono lo scopo di dare missioni in paesi cattolici o di lavorare nelle missioni in paesi d'infedeli o di eretici. Un gran numero di tali istituzioni sono solamente diocesane, altre hanno ottenuto l'approvazione della S. Sede, che le ha classificate tra le congregazioni ecclesiastiche. Diamo l'elenco di queste ultime:
1. Missionarî d'Africa, detti anche Padri Bianchi, furono fondati nel 1868 dal cardinale C.-A. Lavigerie e destinati all'evangelizzazione dell'Africa. Hanno tuttavia una casa in Gerusalemme, per la formazione del clero greco-melchita. Approvati definitivamente nel 1879. La casa generalizia è in Algeri. Nel dicembre 1932 avevano 195 stazioni con 1382 membri.
2. Missionarî di S. Carlo, detti anche Scalabriniani perché fondati a Piacenza (Istituto Cristoforo Colombo) nel 1888 da mons. Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905) vescovo di Piacenza, per assistere gl'Italiani emigranti in America. Le regole furono approvate nel 1905 e 1925. Dal 1928 dipendono dalla Congregazione concistoriale invece che dalla Congregazione dei religiosi.
3. Missionarî della Consolata, fondati a Torino nel 1901 dal padre Giuseppe Alamanno (1851-1920) per le missioni nei paesi esteri, approvati definitivamente nel 1923. Hanno cura di varie missioni nell'Africa centrale (Kaffa, Kenya, Iringa).
4. Missionarî del Sacro Cuore di Gesù, fondati nel 1854 a Issoudun (Bourges) dal sacerdote Giulio Chevalier (morto nel 1907), col fine di prestare un culto speciale al Sacro Cuore di Gesù, di educare in suo onore la gioventù e di lavorare nelle missioni tra fedeli e infedeli. I loro statuti ebbero l'approvazione finale nel 1891. Nel dicembre 1932 costituivano 7 provincie e 3 viceprovincie, con 1827 religiosi. A essi sono affidate le missioni della Melanesia e della Micronesia, nonché una prefettura apostolica nel Congo Belga (Coquilhatville).
5. Missionarî Figli del Cuore immacolato di Maria, fondati dal venerabile Antonio Maria Claret, catalano, nel 1849, per predicare le missioni al popolo. Le costituzioni furono approvate definitivamente nel 1870. Nel dicembre 1931 avevano 204 case in 11 provincie, con 4063 religiosi.
6. Missionarî dei SS. Cuori di Gesù e di Maria, fondati a Secondigliano (Napoli) nel 1835 dal venerabile Gaetano Errico (1791-1860) per le missioni al popolo; furono approvati nel 1846. Nel dicembre 1931 contavano 4 case con 70 religiosi.
7. Missionarî Figli del Sacro Cuore di Gesù (missioni africane di Verona), fondati a Verona nel 1867 da mons. Daniele Comboni (1831-1881) per le missioni dell'Africa, approvati definitivamente nel 1895.
8. Missionarî di S. Francesco d'Assisi, fondati a Mont-Poinsur (Bombay) nel 1896, approvati dalla Congregazione di Propaganda Fide, con le costituzioni, nel 1931. La casa generalizia è a Khandwa nell'India e la procura generale a Maslianico (Como).
9. Missionarî di S. Francesco di Sales, fondati nel 1838 in Annecy per occuparsi delle missioni al popolo e ai pagani e della direzione di seminarî; ebbero l'approvazione pontificia nel 1843 e nel 1860.
10. Missionarî della Sacra Famiglia, fondati a Grave (Bois-le-Duc) nel 1895 dal padre Giambattista Berthier (1840-1908) per le missioni estere; sono loro affidate quelle della Norvegia. Nel dicembre 1932 erano 736 membri.
11. Missionarî di S. Giuseppe nel Messico, fondati nel 1872 dal sacerdote Giuseppe Maria Vilaseca per supplire alla mancanza dei religiosi espulsi dal Messico, furono approvati definitivamente nel 1903. Al dicembre 1931 erano 72 membri in 14 case.
12. Missionari dell'Immacolata di Lourdes, fondati a Garaison (Francia) nel 1848, come associazione di sacerdoti diocesani, nel 1850 furono chiamati dal vescovo di Tarbes per officiare nel santuario di Lourdes e aver cura dei pellegrini che vi accorrono. L'istituto, approvato nel 1875, si propone lo scopo di diffondere il culto dell'Immacolata e di educare la gioventu̇; nel dicembre 1932 aveva 4 collegi, 2 residenze e 71 membri.
13. Missionari di Mariannhill, v. mariannhill.
14. Missionarî del Preziosissimo Sangue, sono sacerdoti che vivono in comunità, ma senza voti religiosi; furono fondati nel 1815 dal beato Gaspare del Bufalo (1786-1837), detti perciò anche "bufalini", per dare missioni alle popolazioni dello Stato pontificio, secondo il desiderio di Pio VII. Leone XII si mostrò piuttosto sfavorevole a essi, ma Pio IX li favorì e nel 1841 li approvò definitivamente. Si diffusero in Italia, in Alsazia e in Baviera, e più tardi (1844) anche nell'America Settentrionale. Nel gennaio 1933 erano 840 in 5 provincie con 120 case.
15. Missionarî della Salette; nel 1852, per assistere i pellegrini che accorrevano al santuario della Salette, fu fondata un'associazione diocesana di sacerdoti, che nel 1875 si costituirono in congregazione religiosa, approvata dalla S. Sede nel 1879, 1890 e 1926. I suoi membri esercitano l'apostolato predicando missioni ed esercizî spirituali, tanto nei paesi cattolici quanto fra eretici e infedeli. Nel dicembre 1932 erano 500 e avevano 50 case. Il generale risiede a Friburgo nella Svizzera.
16. Missionarî di Scheut, detti anche del Cuore Immacolato di Maria, fondati a Scheut-lez-Bruxelles nel 1864 per lavorare nelle missioni della Cina; più tardi furono loro affidate anche quelle della Mongolia e alcune nel Congo Belga. Le costituzioni furono approvate nel 1900. Nel dicembre 1932 erano 1006.
Le missioni protestanti. - Il movimento della Riforma non portò da principio con sé alcuna tendenza a predicare il Vangelo ai non cristiani; anzi le sue stesse dottrine teologiche sulla predestinazione facevano respingere da essa ogni idea di apostolato presso Ebrei, musulmani e pagani. Anche i capi, a eccezione di Erasmo di Rotterdam (per quanto esso può accomunarsi con i riformati, v. erasmo), si mostrarono chiaramente alieni dalle missioni fra i pagani, ritenendo che il comando divino di andare e di ammaestrare tutte le genti non urgeva più, essendo già stato eseguito dagli apostoli. Qualche teologo protestante, come p. es. Adriano Saravia (1531-1613), il quale volle richiamare al dovere dell'evangelizzazione, incontrò pronta e forte opposizione.
Tuttavia l'idea fece il suo lento cammino. Giusto Heurnius di Leida, in un opuscolo del 1618, ricorda agli stati cristiani il loro dovere verso i pagani, e aggiungendo alla parola l'azione s'imbarca per le Indie Orientali dove lavora 14 anni senza risultato notevole. La Compagnia olandese delle Indie istituisce una specie di seminario delle missioni. Giovanni Hoornbeek di Harlem (1617-1666) espone nella sua opera De conversione Indorum et Gentilium i suoi vasti disegni, e lancia ai giovani universitarî un appello caloroso. Chi attua realmente, primo fra i protestanti, il tipo del missionario, è John Eliot. L'esempio destò l'attenzione in Inghilterra, e si ebbe nel 1649 una prima Società per la Propagazione della Fede; la quale tuttavia si limitò a raccogliere denaro per le missioni.
Fu poi la volta della Germania, dove il risveglio del pietismo per opera di Ph. J. Spener (1635-1705) segna l'inizio di un'era nuova. Il grande discepolo dello Spener, A. H. Francke (1663-1727) diventa il padre spirituale della missione danese di Halle per l'India, la quale invia nel corso di un secolo circa 60 missionarî (i migliori B. Ziegenbalg e C. F. Schwartz) e opera 15.000 conversioni. Il Francke esercitò anche grande influenza sul conte N. H. v. Zinzendorf (1700-1760) e sulla missione morava, che rappresenta il primo durevole sforzo missionario protestante. La Chiesa morava, che non superò mai i 100.000 adepti, ha un posto tutto speciale fra le confessioni protestanti per il suo zelo missionario: 20 anni dopo la sua istituzione aveva già suscitato più missioni che non gli anglicani e altri protestanti nei due secoli antecedenti. Tuttavia la mancanza di organizzazione fece sì che quei primi sforzi dei pietisti ottenessero risultati di gran lunga inferiori alla loro generosità e al loro zelo. Alla morte dello Zinzendorf, erano già usciti da Hernhut, per l'evangelizzazione del mondo, 226 pastori.
Da questa data gli organizzatori d'istituzioni più o meno simili si succedono: Guglielmo Carey fonda nel 1792 la Società Volontaria Battista; nel 1795 sorge la London Missionary Society; nel 1810 la Società americana di Boston; nel 1815 la Società di Basilea; nel 1822 la Società delle missioni evangeliche di Parigi; nel 1824 la Società di Berlino, e il movimento continua a crescere e prende proporzioni gigantesche. Il World Missionary Atlas del 1925 riporta l'elenco di parecchie centinaia di società missionarie con migliaia di apostoli stranieri o indigeni, e più di 6 milioni di convertiti.
Il sec. XIX si può chiamare il secolo delle missioni protestanti, perché il loro sviluppo è stato straordinario. Le più attive e le meglio dotate di fondi sono oggi le grandi associazioni americane: di cui la prima, American Board of Commissioners for Foreign Missions, sorta nel 1810, raccolse dollari 13.611 nel 1812, mentre nel 1823 salì a dollari 1.902.826; quasi uguale è l'introito avuto nel medesimo anno dalla American Baptist Foreign Mission Society. Circa 75 gruppi negli Stati Uniti contano ora un introito annuo di più che un milione di dollari; molti di loro raccolgono parecchi milioni.
Le caratteristiche dell'opera missionaria protestante, soprattutto negli ultimi 30 anni, si possono raccogliere in questo triplice sforzo: estensione universale mediante l'occupazione progressiva di tutti i paesi del mondo; unificazione e coordinazione, se non nella dottrina - opponendovisi il principio del libero esame - almeno nelle opere di civilizzazione e di beneficenza; risultati rilevanti mediante la formazione più completa del personale, l'organizzazione più metodica del lavoro, lo spirito d'iniziativa e nuovi modi d'apostolato.
In questi ultimi anni, tuttavia, appare nelle missioni protestanti, se non una riduzione di attività missionaria, almeno una stasi. Più significativo, forse, è il notevole ardore del Movimento volontario studentesco, il cui grido di guerra lanciato anni fa, era questo: "Cristianizzare il mondo in questa generazione". Significativo è anche il fatto di numerosi articoli comparsi nelle riviste missionarie protestanti con intestazioni, come questa: "I motivi per zelare le missioni straniere", dove però pare si ammetta comunemente che "ora il motivo di un tempo, e cioè la salvezza delle anime dalla perdizione eterna, ha molto perduto della sua efficacia". Le missioni protestanti in Cina non si sono ancora riavute dall'evacuazione dell'80% del loro personale durante le guerre civili del 1927-1928; e gl'invii sono molto al di sotto di quelli della decade precedente. La Chiesa episcopale metodista americana si vide obbligata nel 1930, a motivo della diminuzione di 300.000 dollari nei sussidî d'oltremare, a ridurre grandemente o ad abbandonare del tutto le sue opere del Fu-kien, Birmania, Costarica, Panama, Africa del Nord, Italia, e di altre contrade dell'Europa.
La media totale annuale delle contribuzioni alle missioni protestanti nel 1925, 1926, 1927 salì a circa 57 milioni di dollari.
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