misticismo
Atteggiamento religioso, la cui caratteristica principale è di tendere al contatto diretto e all’unione con la divinità (o con un sacro comunque inteso) mediante il superamento dei limiti naturali e logico-discorsivi o l’annullamento della personalità individuale. Anche la pratica di vita (fatta di meditazione, contemplazione, ascesi) con cui si cerca di attuare tale unione spirituale. Con il m. si è soliti designare non una determinata forma di religione, ma un tipo di comportamento religioso, presente quindi in quasi tutte le religioni, per lo più limitato a particolari comunità o a singoli individui, che non hanno mai avuto un ruolo dominante, salvo che in alcune religioni orientali, nelle quali gli stessi fondamenti teorici sono di natura prevalentemente mistica. Nell’India fenomeni mistici si scorgono già in età vedica antica. Più esplicitamente il m. apparve nelle Upanishad e nella Bhagavadgita. Nel buddhismo, la cui dottrina nega l’Assoluto, la pratica e teorica demolizione di quanto è contingente e apparente conduce comunque a esperienze mistiche e circonda di un alone di m. anche l’idea del nirvana. Nella Cina antica il m. apparve nella forma originaria del taoismo che predicava lo svuotamento della personalità, il non volere come mezzo di identificazione con l’indefinibile, il Tao, unica e permanente fonte dell’esistenza di tutto. Il m., alimentato dalle religioni di mistero e da influenze orientali, agì profondamente sulla speculazione filosofica occidentale, in partic. sul neopitagorismo, sul medio- e neoplatonismo. In Plotino l’assoluto è l’Uno; il saggio, per congiungersi a esso, deve trascendere il mondo sensibile e l’intelligibile. L’uomo non può «conoscere» l’Uno ma lo può cogliere solo in uno slancio, con una «presenza» più alta della scienza. Le dottrine mistiche del mondo ellenistico, tutte attuatesi sotto il segno del platonismo, continuarono a vivere in Età medievale nel m. cristiano e nella grande mistica islamica. La mistica neoplatonica agì fortemente sulla mistica cristiana. Alcuni dei primi Padri della Chiesa considerarono la fede come un fatto squisitamente mistico. Risentì dell’influenza neoplatonica il m. di s. Agostino, strettamente collegato alla sua dottrina delle idee e dell’illuminazione divina. Notevole influenza il m. ebbe sul fenomeno del monachesimo. La prima e più organica sistemazione della mistica e della teologia mistica cristiana si ebbe nelle opere dello Pseudo-Dionigi Areopagita, sotto la cui influenza si sviluppò la mistica di Scoto Eriugena e poi quella di s. Bonaventura, fortemente impregnata anche della religiosità di s. Francesco. Si trattò in quest’ultimo caso di una mistica non speculativa ma squisitamente affettiva, che fu anche quella di buona parte del m. femminile del Medioevo: Ildegarda di Bingen, Matilde di Magdeburgo, Margherita Ebner. Nella mistica tedesca, la più ricca e interessante del Medioevo, occupò un posto primario Eckhart, che inserì il suo m. in una poderosa metafisica neoplatonico-cristiana. Giovanni Tauler espresse un m. etico-volontaristico in cui l’unione mistica non doveva produrre uno svuotamento dell’io, ma piuttosto un suo potenziamento. Da qui si dipartì una linea che condusse poi alle idee della Riforma relative alla vocazione come dovere etico. La vita mistica nelle sue più varie sfumature fu sempre viva nell’interno della Chiesa cattolica, anche se non ne costituì il carattere dominante. Specialmente in Spagna, Francia e Italia assunse un colorito particolare, che in alcuni fu vero e proprio quietismo. Grandi rappresentanti del m. furono s. Giovanni della Croce, s. Teresa di Gesù, Miguel de Molinos, s. Caterina da Genova, s. Francesco di Sales e Jeanne-Marie Guyon. S. Teresa fu con Caterina da Siena una delle figure più importanti del m. cattolico, precorritrice, per le sue penetranti autoanalisi, della moderna psicologia religiosa. Il difficile equilibrio che nell’esperienza mistica sussiste tra l’io e Dio, tra contemplazione e azione, portava spesso ad accenti che ora venivano presi per panteistici, ora per quietistici, sembrando messa in pericolo la responsabilità e la personalità del credente. In un’epoca in cui con la dottrina luterana la giustificazione per sola fede e il rapporto diretto con Dio divennero le leve per mettere in discussione la legittimità dell’esistenza stessa della Chiesa cattolica quale depositaria dei poteri di intermediazione tra Dio e credente – con tutto ciò che ne seguì sul piano non solo dell’unità religiosa della cristianità occidentale ma anche su quello politico-istituzionale e sociale –, anche il m. più distaccato dalle cose terrene divenne fonte di preoccupazione non solo per le autorità religiose ma anche per quelle politiche e non solo di parte cattolica, ma anche protestante. Con la riforma protestante, e in varia opposizione a essa, comparve il m. spiritualistico di S. Franck, V. Weigel, K. Schwenckfeld. Importante al riguardo la posizione di Franck e la sua influenza: nella sua esaltazione della vita mistica egli riduceva tutta la vita religiosa al sentimento di Dio, e sentendosi membro di una comunità invisibile, negava ogni legame ecclesiastico e ogni autorità esterna. Il m. continuò a operare e sviluppare la sua logica all’interno del cristianesimo ben oltre l’età della Riforma e della Controriforma. Ricca dei motivi della mistica medievale, ma carica anche di tutta la metafisica neoplatonico-magica rinascimentale, fu l’opera di J. Böhme che ebbe larga influenza nella formazione del romanticismo tedesco, insieme a tutta la polemica pietistica contro la teologia illuministica della Chiesa ufficiale luterana. Un chiaro atteggiamento mistico-teosofico ritroviamo in Novalis, mentre all’ambiente mistico-teosofico di Tubinga della seconda metà del Settecento dobbiamo molti motivi mistici e antintellettualistici che ritroviamo in Schelling e Hegel. Con l’Età contemporanea si è registrato un forte affievolimento della presenza del m. nei modi di sentire e vivere il cristianesimo.