Abstract
Vengono analizzati i preliminari teorici della cautela reale del nostro ordinamento processuale penale con approfondimenti inerenti la natura del sequestro conservativo e del sequestro preventivo.
Nel codice di rito del 1988, la disciplina delle misure cautelari reali trova domiciliazione normativa nel titolo II del libro IV. Rispetto all’abrogata esperienza codicistica, il legislatore ha inteso dare maggiore organicità alla materia in virtù dei valori costituzionalmente garantiti (dal diritto di proprietà al diritto di iniziativa economica privata) che inevitabilmente subiscono compressione in conseguenza dell’applicazione delle misure tipizzanti la cautela reale: il sequestro conservativo ed il sequestro preventivo. Per tale ragione il nostro apparato codicistico, nella regolamentazione della materia, non ha potuto trascurare le indicazioni promananti dalle convenzioni internazionali e dalla Costituzione, con particolare riferimento al principio della riserva di legge in virtù del quale quest’ultima deve espressamente disciplinare casi e modi delle limitazioni di quelle determinate libertà (Corso, P., Le misure cautelari, in Dominioni, O.-Corso, P.-Gaito, A.-Spangher, G.-Dean, G.-Garuti, G.-Mazza, O., Procedura penale, Torino, 2012, 392; Scavo, M., sub Art. 316 c.p.p., in Tranchina, G., Codice di procedura penale, I, Milano, 2008, 2389). Le misure cautelari reali contemplate dal nostro codice di rito si distinguono nettamente dal sequestro penale regolamentato nel terzo libro del codice sia per i soggetti che possono disporle sia – soprattutto – per gli scopi cui sono preordinate. Mentre il sequestro probatorio, finalizzato alla acquisizione della prova, può essere disposto dal pubblico ministero ovverosia dalla polizia giudiziaria, gli strumenti cautelari reali sono atti tipici del giudice che può disporli su istanza dell’organo inquirente ovverosia convalidarli ex post, e tendono a salvaguardare quelle esigenze che potrebbero risultare pregiudicate nelle more dell’accertamento dei fatti. Si tratta di misure che non trovano limitazione alcuna in relazione alla tipologia di reato – applicabili, pertanto, anche in caso di contravvenzione – e sono affidate unicamente alla competenza del giudice in ossequio al principio della riserva di giurisdizione che ispira l’intero sistema delle misure cautelari (Grevi, V., Misure cautelari, in Conso, G.-Grevi, V., Compendio di procedura penale, Padova, 2012, 486).
Nel nuovo codice di rito il legislatore ha modificato la natura del sequestro conservativo da garanzia patrimoniale di esecuzione in provvedimento cautelare reale (Pansini, C., sub Art. 316 c.p.p., in Giarda, A.-Spangher, G., Codice di procedura penale commentato, II, Milano, 2010, 3813 ss.). L’istituto è l’esplicitazione dell’intento legislativo di congelare il patrimonio dell’imputato e dell’eventuale responsabile civile al fine di garantire il ristoro dei danni cagionati dalla condotta illecita allo Stato e alle persone danneggiate. La ratio dell’istituto è quella di evitare che nell’attesa della pronuncia dell’organo giurisdizionale possano venir meno i beni che costituiscono garanzia patrimoniale. Detta ratio comporta l’assimilabilità del sequestro conservativo di cui all’art. 316 c.p.p., almeno dal punto di vista esecutivo, all’omonimo istituto collocato nell’ordinamento civilistico dal quale, tuttavia, si differenzia notevolmente per altri aspetti. In effetti uno degli elementi distintivi deriva dalla natura pubblicistica del processo penale che incide sulla conformazione dell’istituto esigendo, da una parte, il nesso tra fumus boni iuris e formulazione dell’imputazione e, dall’altra, la legittimazione, pur se non esclusiva, ad agire in capo al pubblico ministero. All’indisponibilità materiale della res sottoposta a sequestro, ovviamente, consegue quella giuridica (Gualtieri, P., Sequestro conservativo, in Spangher, G., Trattato di procedura penale, II, Torino, 2008, 345 s.). Prima dell’entrata in vigore dell’attuale codice, la disciplina delle garanzie patrimoniali da riconoscere allo Stato era contenuta negli artt. 189, 190 e 191 c.p. Le disposizioni citate prevedevano rispettivamente che lo Stato avesse ipoteca legale sugli immobili dell’imputato a garanzia di determinati tipi di crediti, che tali garanzie potessero essere estese ai beni della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria per limitati tipi di crediti ed, infine, all’art. 191, l’ordine dei privilegi (laddove vi fosse il fondato rischio di dispersione, difatti, poteva essere ordinato il sequestro dei beni mobili dell’imputato a garanzia dei crediti assistiti da privilegio). L’art. 622 c.p.p. 1930, inoltre, stabiliva che al termine del processo penale i beni sequestrati dovessero essere devoluti allo Stato nelle ipotesi di confisca; nelle altre ipotesi, invece, la misura cautelare veniva mantenuta a garanzia del pagamento dei crediti di cui all’art. 189 c.p. Il sequestro penale, dunque, si trasformava in misura conservativa in relazione ai beni del condannato ma non del responsabile civile e si riteneva che in relazione a quei beni la trasformazione avvenisse in automatico, indipendentemente dalla verifica del periculum in mora (cfr., Cass. pen., 22.1.1985, Dongiovanni, in Cass. pen., 1986, 793). Il sequestro conservativo sostituisce, dunque, nell’attuale assetto codicistico, l’ipoteca legale di cui all’abrogato art. 189 c.p. Detta disposizione normativa contemplava due differenti garanzie: l’ipoteca legale iscritta (sui beni immobili) a richiesta del pubblico ministero e il sequestro di beni mobili dell’imputato. Non esisteva, nel codice abrogato, l’istituto del sequestro dei beni immobili. Introdotto, poi, il sequestro conservativo dei beni immobili di cui all’art. 671 c.p.c., l’ipoteca appariva superflua tanto che l’art. 218 norme att. c.p.p. abrogò ogni norma penale ove essa venisse nominata e vi sostituì il sequestro (Cordero, F., Procedura penale, Milano, 2006, 562; Zappalà, E., Le misure cautelari, in Galati, A.-Siracusano, D.-Tranchina, G.-Zappalà, E., Diritto processuale penale, Milano, 2011, 489). Se, tuttavia, da un lato è stata bandita ogni forma di ipoteca, dall’altro, sul presupposto che il sequestro conservativo persegue finalità identiche a quelle dell’istituto abrogato, è stata prevista la conversione in sequestro conservativo delle ipotesi di ipoteca per illeciti penali previste da leggi speciali (art. 218, co. 2, disp. att. c.p.p.). L’abrogazione, che riguardava l’istituto dell’ipoteca, lasciava intatta la possibilità di concorrenza tra sequestro conservativo e ipoteca legale. Nel caso, ad esempio, di violazioni finanziarie integranti anche gli estremi di una fattispecie penale, il presidente del tribunale, su istanza dell’intendente di finanza, può applicare l’ipoteca legale a garanzia delle obbligazioni tributarie nascenti dall’illecito e, contemporaneamente, può essere applicato il sequestro di cui all’ art. 316 c.p.p. (cfr. Cass. pen., sez. III, 4.5.1994, in CED Cass., n. 192200). La dottrina ha definito l’efficacia del sequestro conservativo “espansiva” perché la misura non produce effetti limitati al singolo creditore che ha assunto l’iniziativa di proporre l’azione cautelare ma si estende ai soggetti e agli interessi che l’ordinamento ritiene meritevoli di tutela (Selvaggi, E., sub Art. 316 c.p.p., in Chiavario, M., Commento al nuovo codice di procedura penale, III, Torino, 1990, 331) ed ha, altresì, una funzione costitutiva di privilegio nel senso che, come previsto dal co. 4 dell’art. 316 c.p.p., i crediti per i quali è possibile l’apposizione del sequestro si considerano privilegiati rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e rispetto ai crediti sorti posteriormente.
Storicamente la nascita del sequestro preventivo è da collocare negli anni settanta quando, cioè, la giurisprudenza nomofilattica (Cass. pen., S.U., 24.11.1984, Messina, in Cass. pen., 1985, 1040), facendo perno sulle indicazioni della Corte costituzionale (C. cost., 27.3.1975, n. 82, in Foro it., 1975, I, 1047) giunse a superare l’irrigidimento interpretativo che limitava alla sola finalità probatoria gli scopi del sequestro penale (assegnando all’istituto una funzione preventiva sul presupposto che l’art. 219 c.p.p. 1930 attribuisse alla polizia giudiziaria il potere dovere di impedire che i reati venissero portati a conseguenze ulteriori e di assicurare la confisca in relazione all’art. 622 c.p.p. 1930) (Gualtieri, P., Sequestro preventivo, in Scalfati, A., Trattato di procedura penale, vol. 2, t. II, Torino, 2008, 365 s.). In ragione di tanto, la misura si avvicinava all’applicazione provvisoria delle pene accessorie. Il legislatore del 1988, dando una svolta di tipo sistematico, ha optato per un autonomo inquadramento dell’istituto al fine di limitare il rischio di abusi, ottenendo un compromesso tra finalità di tutela sociale e garantismo (Amodio, E., Misure cautelari reali, in Amodio, E.-Dominioni, O., Commentario del nuovo codice di procedura penale, III, 2, Milano, 1990, 248). È per tali ragioni che si è prevista una riserva di giurisdizione e il principio di tassatività. Il sequestro preventivo è una misura cautelare reale e, in quanto tale, è contraddistinto dai caratteri tipici della categoria cui appartiene cioè la provvisorietà e la strumentalità alla emissione di un provvedimento successivo definitivo. La sua adozione, però, è subordinata alla ricorrenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora. Poiché è previsto in funzione di ipotizzate condotte future, l’istituto è da considerare di stretta interpretazione e, conseguentemente, va esclusa la legittimità di provvedimenti non tipizzati emessi con finalità preventive (Mazza, O., Sequestro preventivo, in Chiavario, M., Commento al nuovo codice di procedura penale, III, Torino, 1990, 590, 596) o sottoposti a condizione. È una misura sistematicamente ben collocata e assolutamente indipendente dal sequestro probatorio, a dimostrazione della consapevolezza e della volontà del legislatore circa il carattere afflittivo dell’istituto. A ulteriore e successiva conferma è intervenuta la modifica dell’art. 104 norme att. c.p.p. che, disciplinando le modalità di esecuzione della misura, ha interposto una nuova frattura con il sequestro probatorio.
Artt. 75, 78, 125, 273-274, 316-319, 321, 384, 665 c.p.p.; artt. 104 e 218 norme att. c.p.p.; artt. 189-193, 334 c.p.; artt. 514 ss., 520, co. 2, 545, 671 c.p.c.; artt. 177, 195, 1101, 1854, 2047 ss., 2913, 2948 c.c.; art. 3 d.lgs. 20.2.2006, n.106; art. 22 d.lgs. 25.7.1998, n. 286; decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea 2005/212/GAI; art. 2, co. 1, d.l. 20.6.1994, n. 399, modificato dalla l. 15.7.2009, n. 94 (cd. pacchetto sicurezza); art. 12 sexies d.l. 8.6.1992, n. 306; d.l. 23.5.2008, n. 92.
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