MITRAGLIATRICE (fr. mitrailleuse; sp. ametralladora; ted. Maschinengewehr; ingl. machine-gun)
Arma da fuoco capace di sviluppare un'azione intensa e micidiale sia per rapidità di tiro, sia per estensione di bersaglio. Dapprima le mitragliatrici funzionavano a mano; in seguito, mercé l'utilizzazione dei gas che si sviluppano con l'accensione della carica di lancio, divennero automatiche. Esse hanno ora acquistato un'importanza preponderante perché i progressi della meccanica e della siderurgia hanno consentito la costruzione di mitragliatrici di peso limitato, con meccanismi semplici di sicuro funzionamento anche nelle condizioni meno favorevoli e dotate di ottime qualità balistiche.
Mitragliatrici non automatiche. - L'idea della mitragliatrice risale al sec. XIV; v'era allora un'arma a più canne chiamata ribadocchino, la quale, pure consentendo di sparare più colpi simultaneamente o quasi, non ha tuttavia nulla di comune con le mitragliatrici moderne. Dalla metà del sec. XIV sino al sec. XVII s'impiegarono armi simili al ribadocchino, caricantisi dalla culatta, chiamate comunemente cannoni ad organo e denominate dai Francesi, per il loro frastuono, canons-criants, o canons à grêle, perché lanciavano una gragnuola di proiettili. Il numero delle loro canne era vario, ma non grande, non volendosi accrescere di troppo il peso di tali armi, già rilevante dati i grossi calibri delle canne. Nel 1678 a Vienna fu costruita una mitragliatrice di 50 canne avvolte da un unico tubo fino verso la bocca e avente perciò l'aspetto di un cannone.
Si ebbero armi a canne fisse o a canne rotanti, dette, queste ultime, cannoni a ripetizione, cannoni revolver, cannoni a palla; esse venivano trainate da due o più cavalli su un affusto a due ruote unito d'ordinario a un avantreno. Nel loro complesso erano armi poco mobili, e pertanto più adatte per la difesa vicina dei forti che in aperta campagna, in guerra di movimento.
Qui ricordiamo una mitragliatrice che lanciava i proiettili fruendo della forza espansiva del vapore acqueo generato da apposita caldaia: fu ideata dal generale francese Gérard; aveva 6 canne, venne usata nel 1814 per la difesa di Parigi; e un'altra inventata da un americano nel 1859, di 4 canne, con uno speciale congegno a movimento rotativo, che si valeva dell'elettricità per determinare la deflagrazione della carica di lancio.
Soltanto verso la metà del sec. XIX, cioè dopo l'adozione delle cartucce con bossolo metallico, incomincia la realizzazione pratica della mitragliatrice, e così nella guerra di secessione d'America, oltre l'uso dei cannoni ad organo con 25 canne, vediamo impiegata dai federali, nelle linee fortificate di James-River e sui piroscafi del Mississippi e degli altri grandi fiumi, la mitragliatrice Gatling, le cui canne, rotanti attorno a un asse centrale mercé l'azione di una manovella, si presentavano successivamente e con rapidità dinnanzi ai congegni di caricamento, muniti di chiusura e scatto.
Nel 1867 a Vincennes si sperimentò una mitragliatrice di 32 canne con culatta fissa. I colpi partivano contemporaneamente e il tiro si poteva ripetere 10 volte al minuto; ma Napoleone III incoraggiò invece la costruzione di un'altra arma ideata poco dopo (1868) dal capitano francese A. de Reffye, denominata canon à balles, del peso di 312 kg., la cui celerità di tiro era di circa 130 colpi al minuto. Questa mitragliatrice, allestita in grande segretezza, fu distribuita all'esercito francese per la guerra del 1870-71, ma, insufficientemente conosciuta, venne erroneamente impiegata nelle grandi distanze, quasi fosse un cannone, e perciò assai scarsa ne risultò l'efficacia del tiro. Questo fatto ebbe sul moiale delle truppe francesi una ripercussione tanto più dannosa, in quanto grandi erano state le aspettative di meravigliosi effetti. I Prussiani invece, con risultati migliori, impiegarono la mitragliatrice bavarese Feld a 4 canne, che usava lo stesso proiettile dei fucili e il cui tiro mirato si poteva spingere sino a 1500 m.
Dopo l'insuccesso delle mitragliatrici francesi, prevalse il concetto che congegni simili fossero utili solamente per la difesa vicina delle navi, per il fiancheggiamento dei fossi delle fortificazioni e nelle guerre coloniali contro gli attacchi in massa degl'indigeni sprovvisti di cannoni. I risultati conseguiti nelle colonie dagl'Inglesi, dai Francesi, dai Tedeschi, e la buona prova data dalle mitragliatrici usate dai Russi nel 1877 all'assedio di Plewna, rimisero in onore queste armi. Il loro studio fu ripreso e si ebbero così mitragliatrici con calibri sempre più ridotti fino a identificarsi coi calibri dei fucili. Anche il numero delle canne andò man mano diminuendo, così da conferire a tali armi una maggiore leggerezza e conseguente maggiore facilità di trasporto. I tipi più apprezzati furono le mitragliatrici Gatling, Gardner, Nordenfelt. Si ha un'idea dell'importanza che queste armi andavano assumendo se si considera che della sola Nordenfelt furono fabbricate ben 13 specie, di cui alcune con calibri grossi (da mm. 38,1 a mm. 25,4), da 2 a 5 canne, e altre con calibri corrispondenti invece a quelli dei fucili dell'epoca, da 1 a 12 canne e aventi una celerità di tiro variabile tra 150 e 1200 colpi al minuto secondo il numero delle canne.
La relativa semplicità dei meccanismi, particolarmente della Nordenfelt, molto solida e di funzionamento sicuro, contribuì a vincere in gran parte le resistenze che si facevano all'impiego delle mitragliatrici, i cui meccanismi dovevano poi subire una radicale trasformazione per utilizzare i gas della carica anche quale forza motrice delle operazioni inerenti al caricamento, armamento e scatto dell'arma.
Mitragliatrici automatiche. - Le mitragliatrici azionate a mano, comunque perfezionate, presentavano varî inconvenienti insiti nel sistema, tra cui la grande instabilità dell'arma durante il fuoco in dipendenza dell'affusto a ruote e del movimento rotatorio della manovella: così la poca praticità del congegno di alimentazione, la scarsa mobilità dovuta al peso rilevante delle macchine a canne multiple e del loro sostegno, l'esigua celerità di fuoco di quelle meno pesanti a una o due canne, ecc. Questi e altri difetti dovevano essere gradualmente eliminati o attenuati dalle mitragliatrici automatiche.
Trattando delle armi automatiche (v. armi, IV, p. 512) si è accennato ai vantaggi conseguiti con tale armamento, ai diversi modi di sfruttamento dei gas (utilizzazione diretta o indiretta) per l'automatismo dei varî congegni (di chiusura, caricamento, scatto, estrazione ed espulsione del bossolo) e aglí speciali meccanismi delle mitragliatrici, tra cui i ricuperatori, i congegni di alimentazione, di lubrificazione, di raffreddamento. Pertanto qui ci limiteremo a menzionare i più importanti tipi di mitragliatrici comparsi in questo periodo che va dal 1880 al principio del secolo XX (prima della guerra mondiale).
Il progresso fu favorito non solo dai perfezionamenti dell'arte siderurgica, ma anche dall'invenzione delle polveri infumi, dato che la polvere nera, oltre alla minore potenza, ostacolava coi residui della combustione il funzionamento dei meccanismi e, col fumo persistente durante il tiro, svelava la postazione delle armi e toglieva la visibilità ai puntatori.
Nel 1883, l'ingegnere americano H. Maxim presentò il primo tipo di mitragliatrice automatica con utilizzazione della forza di rinculo. Quest'arma fu poi, a più riprese, perfezionata ed è ancora oggi in uso presso alcuni eserciti d'Europa e d'America col nome di Maxim o Maxim-Vickers.
Essa ha una robusta molla ricuperatrice che, per quanto eccentrica perché situata esternamente alla scatola di culatta, contribuisce al regolare funzionamento della macchina potendosene variare l'azione anche durante il tiro. Ha un numero grande di parti, ma è, nondimeno, apprezzata per l'ottimo rendimento e per la resistenza dovuta soprattutto all'armonica distribuzione del lavoro fra i diversi congegni.
Vi sono anche modelli di mitragliatrici Maxim alleggeriti (fino a 17 chilogrammi). Quelli di calibro molto piccolo hanno reso necessaria l'aggiunta di un congegno integratore della forza di rinculo simile a quello della mitragliatrice Perino cui si accenna in seguito.
Dopo le prime lusinghiere prove della mitragliatrice Maxim altre ne vennero ideate da valenti tecnici e via via le vediamo adottate dai varî stati che ne estendono sempre più l'uso: incavalcate su sostegni a treppiede, su affusti da ramparo, su tricicli o motociclette con o senza vettura laterale, a bordo delle navi su supporti fissi a tronco di cono, sulle autoblindate, sugli aeroplani, sui carri d'assalto.
Nel 1893 la fabbrica d'armi Skoda sperimentava, con risultati non troppo soddisfacenti, una mitragliatrice denominata "Arciduca Salvatore" a canna fissa con culatta rinculante. Due anni dopo, il Nordenfeldt - costruttore già noto per le sue numerose armi non automatiche a canne multiple - perfezionava una mitragliatrice automatica ideata dal capitano svedese Bergmann a canna rinculante con manicotto refrigerante ad acqua. Questo nuovo tipo di mitragliatrice poteva funzionare anche a mano per il tiro colpo per colpo.
L'americano Colt nel 1897 inventa una mitragliatrice a sottrazione di gas lungo la canna, con sistema di raffreddamento ad alette. Particolarità di quest'arma, una pompa azionata dal cane per soffiare automaticamente l'aria nell'anima della canna, durante il tiro. Il caricamento viene fatto con nastri di tela aventi 250 alveoli per altrettante cartucce. Calibro di mm. 7,65; peso, compreso il treppiede, kg. 40.
Nello stesso anno compare la mitragliatrice Hotchkiss, pure a sottrazione di gas lungo la canna. Il sistema di alimentazione è dato da un trasportatore che fa scorrere un nastro metallico con 30 cartucce e il raffreddamento si ottiene col radiatore metallico. Quest'arma è modificata nel 1909 specie nel meccanismo d'alimentazione.
Frattanto in Francia continuavano gli studî sull'applicazione dell'automatismo alle armi e l'arsenale De Puteau creava nel 1905 un tipo speciale di mitragliatrice a canna fissa e con utilizzazione della residua energia dei gas al momento dell'uscita della pallottola. Un apposito manicotto camerato, scorrevole, situato in corrispondenza della volata della canna e collegato a un sistema di leve e tiranti, metteva in azione a ogni colpo il congegno di chiusura della culatta, e in potenza il ricuperatore a molla, il quale ultimo concorreva a sua volta a completare i movimenti inerenti al caricamento e sparo.
Dalla Hotchkiss e dalla De Puteau è derivata la mitragliatrice francese Saint-Étienne mod. 1907, adoperata anche dall'esercito italiano nella guerra mondiale per il tiro alle grandi distanze. Ha in gran parte le caratteristiche della Hotchkiss: in essa, cioè, la forza motrice per il funzionamento automatico è data dai gas che sfuggono dalla canna attraverso un foro praticato a circa due terzi dalla culatta e che, immessi in una camera d'espansione, azionano un pistone motore avvolto da una molla ricuperatrice, per cui i varî congegni funzionano automaticamente. Un regolatore di scappamento consente di graduare l'immissione dei gas nella camera di espansione e un piccolo congegno a valvola dà la possibilità di variare la celerità del tiro sino a un massimo di circa 550 colpi al minuto. Peso dell'arma e del treppiede, rispettivamente kg. 26 e 17.
Molto diversa da questa è la mitragliatrice austriaca Schwarzlose mod. 1907, con canna corta, fissa, a utilizzazione della forza di rinculo. Un congegno di chiusura solido, alquanto pesante, e un robusto mollone ricuperatore impediscono l'apertura della culatta della canna prima che il proiettile sia uscito dall'arma. Il mollone ha triplice funzione, perché agisce anche come molla di scatto e molla del percussore. È la prima mitragliatrice provvista di lubrificatore automatico. É solida, di sicuro rendimento anche in un tiro molto prolungato. Un apposito meccanismo di alimentazione a rullo con ruote dentate fa scorrere un caricatore a nastro di tela con 250 cartucce; il raffreddamento è ad acqua. Viene incavalcata su un affusto a treppiede molto stabile e di facile impiego. Peso dell'arma kg. 22,500, del treppiede kg. 17.
In Italia non mancarono geniali inventori di armi automatiche tra cui - primi in ordine cronologico - Freddi, Cei Rigotti, Perino, Revelli e poi altri tecnici di fabbriche statali e private che anche recentemente hanno ideato ottime mitragliatrici rispondenti alle esigenze rivelatesi nella guerra mondiale.
La fabbrica d'armi di Terni nel 1908 costruì la mitragliatrice mod. Perino a utilizzazione della forza viva di rinculo, con l'ausilio dell'energia residua dei gas alla bocca della canna mercé un congegno a doppia coppa, denominato rinforzatore del rinculo. Questo congegno che, come già si è detto, si trova anche in altre mitragliatrici, può talvolta causare arresti nel funzionamento automatico dell'arma e ciò per le incrostazioni metalliche che si formano sulle coppe nel tiro prolungato, incrostazioni dovute al forte riscaldamento dell'incamiciatura del proiettile.
La Perino, il cui refrigerante è ad acqua, ha il sistema di alimentazione a trazione, il quale fa sì che i caricatori, a nastro metallico della capacità di 20 cartucce, si spostano susseguendosi l'un l'altro automaticamente fino a esaurimento dei 10 caricatori contenuti in apposita cassettina assicurata sul fianco sinistro dell'arma.
L'anno seguente in Austria fece la sua comparsa una nuova mitragliatrice Skoda mod. 1909, con un particolare dispositivo regolatore della celerità del tiro, ma che, non avendo tutti i pregi della Schwarzlose, rimase in distribuzione presso l'esercito austriaco per poco tempo.
Si arriva così al 1914, anno in cui in Italia viene sperimentata la mitragliatrice Fiat-Revelli a canna scorrevole, a utilizzazione della forza di rinculo, raffreddamento a circolazione d'acqua mediante un bidone a pompa, caricamento con caricatori a cassetta della capacità di 50 cartucce e con possibilità del tiro continuo e del tiro colpo per colpo. Peso dell'arma col treppiede kg. 38,500.
Alcune delle suddette mitragliatrici automatiche, adoperate nelle guerre coloniali (come nel Transvaal), e poi durante il conflitto russo-giapponese del 1904-05, avevano praticamente dimostrato la loro importanza per le ingenti perdite che infliggevano, cosicché, anche in virtù dei continui perfezionamenti e dei successivi ottimi risultati, queste armi si andavano affermando nonostante che i tattici fossero preoccupati e mettessero in rilievo la difficoltà di rifornire di munizioni queste vere divoratrici di cartucce. Alla vigilia della guerra mondiale, pur predominando ancora la tendenza a impiegare le mitragliatrici come fuoco di riserva, alcuni eserciti avevano già costituito presso i reggimenti e comandi di grandi unità, sezioni, gruppi o compagnie di mitragliatrici e ravvisata altresì l'opportunità di dotare le truppe di prima linea, oltreché di mitragliatrici campali d'appoggio, anche di mitragliatrici leggiere perché si potessero impiegare con gli scaglioni avanzati di fuoco, spostarsi con la speditezza del fuciliere, favorire l'assalto e imbastire la prima difesa delle posizioni conquistate.
Mitragliatrici differenziate. - Allo scoppio della guerra mondiale le mitragliatrici in distribuzione agli eserciti erano in prevalenza le Maxim, le Hotchkiss, le Schwarzlose e le Saint-Étienne; ma la lotta, pur avendo assunto quasi subito le caratteristiche della guerra di posizione, impose non solo un considerevole aumento di mitragliatrici per poter diradare maggiormente i combattenti senza che ne scapitasse il volume di fuoco, che si voleva anzi accrescere, ma fece altresì sentire il bisogno di disporre di armi automatiche varie per fronteggiare le molteplici esigenze del combattimento (terrestre, aereo, navale), per guarnire le posizioni avanzate e arretrate, per eseguire rapidi spostamenti, per contrastare da terra l'azione degli aeroplani volanti a bassa quota, per mitragliare dai velivoli gli apparecchi avversarî o bersagli terrestri, per il tiro contro le siluranti ravvicinate, per le operazioni di sbarco, ecc.
Per questi disparati impieghi, nella guerra mondiale si sono adoperate anzitutto le mitragliatrici già in uso, talvolta sommariamente modificate per potere al più presto disporre di armi collettive leggiere. Nel corso della guerra si sono poi avute nuove mitragliatrici e qualche tipo di fucile mitragliatore. In Italia: la pistola mitragliatrice a due canne O. V. P. (Revelli) dal tiro assai rapido (calibro 9 mm.), la mitragliatrice Fiat mod. 1914 ordinaria e alleggerita (calibro 6,5), arma che ha brillantemente sostenuto la prova sebbene le armi automatiche allestite nel periodo bellico, per le maestranze meno provette e per l'affrettata lavorazione, non possano offrire grandi garanzie né di durata né di regolare funzionamento; la mitragliatrice leggiera S. I. A. (calibro 6,5), tipo analogo a quello ad armi abbinate installato a bordo degli aeroplani, e adottato nel 1918. In Germania: la mitragliatrice leggiera mod. 1915 e la pistola mitragliatrice mod. 1918, entrambe di tipo Bergmann; la Dreyse leggiera mod. 1918 (calibro 7,92); per l'aviazione la Gast a due canne (cal. 7,92) e contro i velivoli e i carri d'assalto la T. U. F. ("Tang und Flieger") mod. 1918, di 13 mm. di calibro. In Francia, solo verso la fine della guerra compare una nuova mitragliatrice leggiera sistema Darne, in aggiunta al fucile mitragliatore Chauchat. L'Inghilterra adottò la Lewis mod. 1915. Gli Americani ebbero la Browning mod. 1917 oltre al fucile mitragliatore Browning mod. 1918; e per l'aviazione la mitragliatrice Marlin.
A guerra ultimata, il principio della specializzazione delle armi ha servito di base per gli studî inerenti alle mitragliatrici, ma con diversi criterî. Alcuni tendono a una differenziazione spinta al massimo con mitragliatrici varie a seconda del vario impiego. Altri invece, per ragioni di economia e di più facile addestramento, tendono a un armamento uniforme, di tipo medio. Tutti però concordano nella necessità di un doppio tipo: mitragliatrici di appoggio (per il tiro diretto, indiretto, contraerei) e mitragliatrici leggiere per gli scaglioni mobili di fuoco e per l'aviazione.
Le mitragliatrici per il tiro contro gli aerei, oltreché avere una grande velocità iniziale ed essere postate su adatti sostegni che consentano celeri orientamenti e massima comodità di puntamento dal basso in alto, debbono essere anche fornite di speciali congegni di puntamento per rapidi spostamenti dell'obiettivo. Inoltre dette armi debbono poter lanciare proiettili luminosi, perforanti o perforanti incendiarî.
Mitragliatrice per aeronautica.
Le necessità del combattimento aereo, in cui la mitragliatrice è l'arma essenziale, richiedono che l'azione sia rapida e, al tempo stesso, che sul bersaglio venga lanciato un grande numero di proiettili. Alla prima condizione non si può soddisfare se non limitando la distanza utile per l'azione di fuoco, in modo che l'ordinata massima della traiettoria sulla linea di sito sia inferiore all'altezza del bersaglio (v. balistica). È evidente la convenienza che tale limite sia molto grande: esso è funzione della tensione della traiettoria e quindi anche della velocità iniziale e del peso e della forma del proiettile. La grande velocità iniziale è quindi caratteristica essenziale della mitragliatrice per aeronautica, anche perché è favorevole alla forza viva d'urto, che potrà danneggiare anche parti resistenti dell'apparecchio nemico.
Altra caratteristica essenziale della mitragliatrice per aeronautica è la rapidità del tiro, che soddisfa alla seconda delle condizioni summenzionate. Essa non soltanto determina il numero di proiettili che possono venir lanciati nel brevissimo tempo disponibile per l'azione di fuoco, ma rende assai piccolo il tempo intercorrente tra i passaggi di due proiettili successivi per un dato punto, in modo da rendere teoricamente sicuro il raggiungimento del bersaglio al di sopra di un certo limite di tempo e di velocità. La grande intensità di fuoco può essere ancora accresciuta con l'abbinamento di armi parallele.
A queste due caratteristiche essenziali se ne aggiungono altre, che riflettono in particolare il munizionamento (v. munizioni), e poi il sistema di alimentazione, l'installazione dell'apparecchio a bordo, la sicurezza d'impiego, ecc. Questioni teoriche e tecniche importantissime sono quelle relative al calibro. Sinora sono ovunque in servizio mitragliatrici di piccolo calibro (massimo mm. 8), ma si nota una tendenza all'aumento (fino a mm. 13), allo scopo di ottenere maggiore distanza utile di tiro, maggiore efficacia all'urto, ecc. Da taluni si preconizzano anche calibri attorno ai mm. 20 e più: naturalmente l'eventuale adozione di tali armi è in rapporto alle possibilità di carico utile degli apparecchi.
Il sistema di alimentazione ovunque impiegato per le mitragliatrici fisse da pilota è quello a nastro metallico (v. sopra), che serve anche per le mitragliatrici mobili da osservatore, per le quali però è anche in uso l'alimentazione a serbatoio (così per le Lewis, le Madsen, ecc.). Il raffreddamento è ottenuto quasi esclusivamente ad aria, a meno che speciali circostanze non richiedano il raffreddamento ad acqua.
Diverso tipo di mitragliatrice da quelli cui si è fatto cenno è la fotomitragliatrice ideata per l'addestramento al tiro in volo contro obiettivi aerei. Essa consente di dedurre con sufficiente esattezza il grado di precisione raggiunto dal puntatore nel tiro simulato durante le esercitazioni di combattimento, mercé un congegno cinematografico col quale vengono impressionate le fotografie alla stessa cadenza di fuoco della mitragliatrice. Un particolare dispositivo cronografico incide sulla fotografia l'ora in cui è stata eseguita, cosicché si può stabilire l'istante in cui il bersaglio sarebbe stato colpito e dedurre quindi il grado di efficacia del tiro. Buoni modelli di fotomitragliatrici sono l'Ermann, il Lewis, il Messter.
Installazioni. - Le installazioni delle mitragliatrici a bordo degli aeroplani possono essere fisse (manovrate dal pilota) o mobili (a disposizione dell'osservatore, del mitragliere, ecc.). Con le prime le armi sono rigidamente fissate alla fusoliera o anche alle ali, e quando la loro posizione è tale che l'asse incontra il disco descritto dall'elica è necessario un meccanismo di sincronizzazione (v. aeronautica, I, p. 615). I sistemi di sincronizzazione si possono distinguere in "pulsanti o ad asta oscillante" e "a rotazione". Talvolta alla sincronizzazione è applicato un dispositivo regolatore, mediante il quale il proiettile incontra teoricamente il piano dell'elica sempre nello stesso punto: in tal modo lo sparo interessa un settore piccolissimo del disco dell'elica e si evita che un eventuale ritardo d'accensione porti il colpo sulle pale.
Le installazioni mobili possono avere diverse forme: con un braccio o sostegno, fisso all'orlo della carlinga dell'osservatore, o a feritoie aperte nei fianchi o sul fondo della fusoliera, sul quale è imperniata l'arma; oppure (forma più conveniente) "a torretta" con due cerchi dei quali uno fisso e uno mobile; talvolta con un braccio fissato al cerchio mobile; con questa disposizione il settore di tiro verticale rimane limitato, tal'altra con un arcone imperniato alle sue estremità su orecchioniere diametralmente opposte, portate dal cerchio mobile: forma questa che consente tutte le inclinazioni sino a 90° e offre un buon settore di tiro anche in depressione.
Sono della massima importanza, per le sistemazioni in torretta, la protezione del tiratore dal vento e la compensazione dell'azione del vento sulle armi. La prima è ottenuta o mediante paraventi o meglio con cupole di materiale trasparente. La seconda si raggiunge in certi tipi (torrette O. T. 3-Vickers) con sistemi di molle e di leve e con un'eccentricità del cerchio fisso tale da creare per ogni posizione una forza antagonista a quella del vento; ma più completa è la compensazione aerodinamica a piani compensatori, che tiene tutto il sistema perfettamente in equilibrio, a qualsiasi velocità dell'apparecchio e inclinazione delle armi.