Mobilità sociale
La definizione di m. s. si è arricchita nel tempo di nuovi elementi che contribuiscono ad ampliare l'insieme delle conoscenze teoriche sulle modalità di approccio allo studio di questo fenomeno. La teoria funzionalista fonda l'esame della mobilità sui mutamenti strutturali che sono avvenuti nel sistema sociale. Le due componenti di mobilità intergenerazionale e intragenerazionale forniscono rispettivamente informazioni sulle opportunità offerte a un individuo, nell'arco della sua esistenza, di poter passare da uno strato a un altro del sistema di stratificazione per effetto sia del suo status ascritto sia di quello acquisito. Differenti misure di mobilità si possono calcolare in funzione di modelli che, combinando tra loro indici e indicatori, mettono in luce i molteplici aspetti del fenomeno. I tassi di mobilità assoluta e relativa sono calcolati su dati empirici lungo un percorso origine-destinazione e si riferiscono a disuguaglianze osservate tra individui o gruppi; essi variano da luogo a luogo in relazione alle potenzialità economiche, normative e alle risorse materiali o immateriali messe a disposizione dal sistema. La crescita dell'industrializzazione e una diversificazione dei processi di produzione, per es., possono far variare la tipologia delle occupazioni disponibili sul mercato del lavoro, di conseguenza la mobilità calcolata come indice di trasmissione generazionale delle professioni deve tener conto della mutata compagine occupazionale.
Nel sottoporre a revisione critica l'analisi classica della m. s., l'attenzione è stata centrata sulle insufficienti basi teoriche dell'approccio quantitativo (Goldthorpe 2000, 2003). Gli studi sulla m. s. hanno posto in evidenza che la teoria funzionalista risulta manchevole di adeguati microfondamenti, come riflesso, soprattutto, della incapacità di spiegare l'origine dei cambiamenti e il loro intersecarsi a livello di individuo e di società. Nel tentativo di spiegare le basi teoriche dei processi di mobilità, la riflessione è stata centrata sulla concezione che si fonda sulla teoria della scelta razionale, sulla modellizzazione per meccanismi generatori, a cui spetta il compito di spiegare il modo in cui i fenomeni si producono, e infine sulla strumentazione statistica che è chiamata a mettere in evidenza le regolarità statistiche. Pertanto, i contributi agli studi della m. s. consistono nell'individuazione dei microfondamenti teorici che spiegano il cambiamento dello strato sociale di appartenenza sia attraverso l'analisi micro, intesa come analisi dei risultati intenzionati o non intenzionati degli scopi e azioni programmate dagli individui, sia attraverso la macroanalisi, intesa come analisi di un sistema definito in termini di strutture politiche, economiche e sociali. Dal punto di vista metodologico, con la duplice prospettiva micro-macro si tende all'integrazione dell'analisi quantitativa, che ha la sua matrice scientifica nel positivismo e neopositivismo, con l'analisi qualitativa, che ha origine nell'individualismo metodologico e che può essere valutata con gli studi contrassegnati come individualismo strutturale (Udehn 2002) e interazionismo strutturale (Forsé, Parodi 2004).
Una spiegazione della m. s. che si fonda sulla teoria della scelta razionale ha come punto di partenza il principio di azione sociale, ossia deve coinvolgere le descrizioni dei concetti relativi all'interagire dell'attore in differenti strutture, alla comprensione e interpretazione della situazione in cui egli agisce. A sostegno di questa tesi, il modello della razionalità cognitiva (Boudon 2003) mostra che la concezione sociale della razionalità ha una rilevanza metodologica sostanziale, poiché poggia su un principio logico che risponde all'esigenza di conferire all'analisi della mobilità i microfondamenti che caratterizzano una struttura sociale. Il meccanismo generatore, altro elemento posto come base teorica per l'analisi dei modelli di mobilità, serve a spiegare come e perché una relazione, ovvero una struttura di relazioni, si è originata. La nozione di meccanismo generatore deriva da quella più generale di meccanismo, che in sociologia indica la genesi del fenomeno in termini di relazione di produttività tra due entità. Dati due elementi A e B, per definire la relazione tra essi si deve cercare un meccanismo, M, che permetta alla relazione di prodursi, tale che al presentarsi di B si presenti anche A. Questo tipo di relazione non è equivalente a un'associazione statistica multipla; ess richiede infatti un esame che approfondisca l'essenza della congiunzione tra gli elementi (Hedström, Swedberg 2004). Negli studi sulla m. s. la focalizzazione sull'azione razionale e intenzionale degli attori e sui meccanismi aiuta a conferire al processo di ricerca quel supporto ipotetico-teorico che l'analisi per variabili, da sola, non può conferire, e le ricerche svolte tendono a dimostrare che l'esame così fondato conserva il merito di una spiegazione funzionalista e dà la possibilità di ampliare la portata esplicativa delle tradizionali categorie d'analisi. Il meccanismo di causazione, in riferimento all'azione individuale, per es., induce ad andare oltre l'analisi causale classica, poiché essa è formulata in termini di interazione di un'azione individuale in quanto ragione che ispira la causalità. La causalità, come processo generativo e non successionista, prevede che, una volta stabilite le regolarità empiriche, si debba ipotizzare un processo generativo a livello di azione sociale che rimanda alle differenze tra valori della cultura individuale e delle norme istituzionali. La norma, in quanto categoria, influisce sulla mobilità ascendente o discendente in termini sia assoluti sia relativi; essa, nel suo costituirsi, è interpretata come parametro dell'azione ed è elemento essenziale nella concettualizzazione del rapporto micro-macro. Pertanto, l'attore e le sue ragioni costituiranno i riferimenti necessari nel legame tra struttura e azione. Le strutture di interdipendenza costituiscono l'essenza di un meccanismo ciclico rappresentato dalla sequenza struttura→interazione→azione→interazione→struttura; un esempio di applicazione empirica di stima del meccanismo generatore è dato dal modello definito relative risk aversion (Breen, Yaish 2003). Nella ricerca dei fondamenti dell'analisi della m. s. la teoria della scelta razionale, il ragionamento per meccanismi e l'analisi quantitativa formano una reale sinergia e contribuiscono a dare a questo studio il supporto necessario per affrontare il tema nella sua complessità.
La metodologia della ricerca empirica, che sottende a tale impostazione teorica, fa ricorso alla nozione di strategia. Questo termine viene utilizzato per indicare che la molteplicità dei concetti che concorrono a definire un fenomeno complesso dà luogo a un percorso di ricerca, nel quale i concetti classici di status sociale e di stratificazione si integrano con quelli di capitale umano, capitale sociale, spazio sociale, poiché sono connessi con le strategie di azione individuale, che delineano i meccanismi attraverso cui si producono i processi di mobilità. La nozione di capitale sociale sottintende che le condizioni di esistenza individuale dipendono dalle risorse di cui si dispone, dalle reti di relazioni in cui si è inseriti e dalla possibilità di accesso a ricompense materiali e simboliche: ricchezza, prestigio, onore, potere. La scelta razionale, che conduce ad attuare una strategia d'azione orientata ad ascendere nella scala di stratificazione, implica un investimento in capitale sociale e una competizione e/o cooperazione tra gli attori. Il capitale sociale è legato alle relazioni interindividuali, i legami forti (familiari) e deboli (amicizie) possono accrescere le opportunità di mobilità, pur non essendone l'unica causa. Tuttavia le relazioni e i contatti non hanno il medesimo valore per tutti gli individui, poiché dipendono anche dalle opportunità offerte dal sistema. Più c'è uguaglianza di opportunità, disponibilità e fluidità di risorse, intese come possibilità di accedere all'istruzione, al lavoro, ai servizi, maggiori saranno le occasioni di mobilità sociale. Lo stato delle strutture aperte e/o chiuse e l'utilizzo del capitale sociale influenzano la m. s. e presuppongono lo spazio sociale quale contesto osservativo.
Questo modo di concettualizzare il fenomeno della m. s. ha portato a una ristrutturazione del disegno della ricerca caratterizzata dall'integrazione di strumenti d'indagine qualitativi e quantitativi. La crescente ricchezza di prospettive e il cambiamento dei confini reali e simbolici del dominio di studi della m. s. ha dato luogo a una varietà di ricerche empiriche. Le indagini che analizzano le disuguaglianze nell'accesso all'istruzione sono finalizzate alla comprensione delle regolarità empiriche e approfondiscono l'analisi dal punto di vista dello studio delle decisioni individuali e dei meccanismi d'interazione connessi alla famiglia di origine e alla struttura del sistema scolastico e formativo. Un modello generale di trasmissione intergenerazionale dello status, per es., mette in evidenza l'influenza esercitata sul reddito dei figli dalle scelte razionali di investimento effettuate dai genitori. Altre applicazioni delle indagini per meccanismi sono state condotte tramite l'analisi sui corsi di vita, che si è avvalsa della tecnica dell'event history analysis (Schizzerotto 2002); al centro dell'interesse vi è l'episodio, che ha un'origine temporale e una fine nel momento in cui l'evento si realizza. L'importanza dell'istruzione e della formazione come meccanismo di promozione sociale è aumentata nella società e contribuisce a dare consistenza al principio della conoscenza come bene pubblico globale (Gallino 2004). Un livello di formazione culturale limitato è ormai in misura maggiore, più che nelle passate generazioni, un fattore drastico di esclusione sociale. In tema di sostenibilità sociale e di equità, l'accesso alla conoscenza e alla cultura nel contesto delle reti, che si concretizza tramite la formazione a distanza per via telematica e le forme di open source science, costituisce un meccanismo di riequilibrio delle disuguaglianze. La nozione di meccanismo generatore applicato agli studi sulle ineguaglianze nell'accesso al mercato del lavoro cerca di sanare le apparenti contraddizioni in cui si può incorrere con le tradizionali tecniche di analisi. Lo studio dei meccanismi generatori deve consentire di distinguere gli effetti sulle ineguaglianze relative alle opportunità di accesso al mercato del lavoro. Possono essere distinti diversi meccanismi che riflettono il rapporto tra la capacità di reperire e utilizzare le risorse individuali, in presenza di vincoli societari, strutturali e organizzativi. Sempre su questa linea la ricerca si orienta all'individuazione dei meccanismi d'incontro tra domanda e offerta di lavoro, come strategie di reclutamento e promozione, costruite sui processi di interazione tra gruppi di attori.
Gli sviluppi relativi agli studi sulla m. s. seguono un approccio metodologico per il quale l'attenzione scientifica è rivolta all'individuo, nel senso particolare di individuo il quale opera come agente della collettività. In tale contesto è importante la discussione sul ruolo centrale delle nozioni di scelta razionale e di meccanismo generatore, poiché esse hanno migliorato le capacità di concettualizzare e analizzare i modelli e le misure empiriche di mobilità, in una prospettiva conoscitiva più vicina alle reali circostanze di manifestazione del fenomeno e maggiormente capace di produrre risultati dotati di validità empirica. Dal punto di vista della verifica empirica, infatti, si può rilevare una produzione crescente di informazioni, come, per es., quelle derivanti dall'analisi dei bilanci e dei consumi delle famiglie, dalle indagini multiscopo, dai sondaggi campionari cross nazionali, dalle ricerche etnografiche e documentarie. Tuttavia, negli studi sulla m. s. vi sono ancora molti problemi irrisolti e aree di incertezza, che riflettono differenze di vedute e questioni ancora aperte.
L'area di ricerca empirica della m. s. fondata sull'analisi dei meccanismi generatori di disuguaglianze a livello di dispersione salariale registra, nel confronto tra gli Stati Uniti e l'Europa, una maggiore incidenza delle disuguaglianze negli Stati Uniti nel decennio 1975-1985 e un'invarianza nei quindici anni successivi, attribuita agli effetti della rivoluzione tecnologica. Il peso delle disuguaglianze, in un primo momento minore in Europa rispetto agli Stati Uniti, successivamente è divenuto maggiore in Europa.
L'indagine comparativa condotta in Inghilterra, Francia, Irlanda, Germania, Olanda, Italia, Svezia, Norvegia, Polonia, Ungheria, Israele, negli ultimi trent'anni del 20° sec., mostra la convergenza di questi Paesi verso una forma comune di struttura di classe e di mobilità assoluta. Quando l'attenzione si sposta sulle probabilità di accesso alle classi superiori di individui con diverse origini di classe, allora non si osservano trend di convergenza o divergenza a livello internazionale. Nei Paesi europei oggetto della rilevazione, inoltre, è stato registrato un generale declino nella entità delle ineguaglianze, che ha interessato in particolare Francia e Olanda, mentre in Gran Bretagna e Germania le ineguaglianze non sono sostanzialmente mutate (Breen 2004).
Nella società italiana, come nella gran parte delle società occidentali, i meccanismi che sovrintendono alla m. s., negli anni tra il 20° e il 21° sec., mostrano l'inadeguatezza del modello lineare o monotonico a spiegare il cambiamento sociale, caratterizzato, invece, da un insieme di forze che magmaticamente lo sospingono verso un modello strutturato per variazioni discontinue. La nuova rilevazione ILFI (Indagine longitudinale sulle famiglie italiane) condotta nel 2003, i cui dati sono ancora in fase di elaborazione, conferma la validità delle ipotesi e della molteplicità degli indicatori proposti: disuguali condizioni economico-sociali per individui o nuclei familiari che si trovano all'interno di un'area di esclusione-inclusione sociale fanno fluttuare le condizioni entro cui si realizzano i fenomeni della mobilità sociale. Alla fine del 20° sec. la società italiana non registrava elevati tassi di m. s.; scarsa la mobilità di lavoro e carriera anche in presenza di una maggiore fluidità, ossia di un peso minore dell'influenza della provenienza sociale sulle sorti occupazionali.
La combinazione di risorse, che ogni singolo individuo può gestire all'interno delle istituzioni di cui è parte, consente di individuare le opportunità oggettive e soggettive di accesso alle classi superiori. Disuguale distribuzione tra gli individui della capacità di spesa, delle retribuzioni, delle gestioni delle politiche di regolazione sociale e del lavoro, generano disparità che frenano la mobilità. In Italia nel 2004 le famiglie residenti in condizione di povertà relativa, ossia al di sotto di una soglia minima di spesa per consumi, sono l'11,7% delle famiglie residenti, il 13,2% dell'intera popolazione, il 5,2% in più rispetto al valore dell'anno precedente (Istat 2005). Nel 2004 le retribuzioni hanno registrato un incremento medio del 2,9% rispetto al 2003, con differenze sensibili da settore a settore, dovute prevalentemente ai mutamenti della struttura occupazionale, alle differenze dei livelli retributivi tra maschi e femmine, alle tipologie contrattuali di lavoro a tempo indeterminato e determinato, alle differenze tra Nord e Sud. Le somme spese in politiche attive del lavoro, per i servizi per l'impiego (Spi), su fondi nazionali ed europei, in costante aumento dal 1996 al 2002, sono diminuite nel 2003 e nel 2004, mentre le politiche passive, ossia le somme spese per sussidi di disoccupazione e prepensionamenti sono in aumento dal 2002.
La dinamica occupazionale mostra che la crescita dell'occupazione, già attenuatasi nel 2002 e nel 2003, è ulteriormente rallentata nel 2004, facendo registrare uno 0,7% contro l'1,5% nel 2003. L'incidenza delle donne sul totale degli occupati ha raggiunto nel 2004 il 40,3%, sostanzialmente stabile in confronto all'anno precedente; tuttavia, dal punto di vista dell'occupazione femminile, resta ancora ampio il divario del nostro Paese rispetto ai 15 Paesi dell'Unione Europea (nel 2003, 43,5% in Italia, 45,7% in Francia, 44,9% in Germania). Il lavoro interinale (da intendersi come lavoro somministrato), in costante crescita dalla sua istituzione, è passato dalle 139.679 unità del 2003 alle 194.700 del 2004.
Il tasso di disoccupazione del 2004 è dell'8%, su livelli inferiori della media dell'Unione Europea. Si è ridotto il numero delle persone in cerca di lavoro e ciò ha interessato soprattutto donne e giovani e le regioni centro-meridionali. I tassi di disoccupazione tra i laureati nel 2004 è del 7,9% nella fascia di età compresa tra i 30 e i 34 anni. I dati di sistema che sovrintendono ai meccanismi macro e micro contribuiscono a delineare l'insieme dei condizionamenti che rendono il sistema delle risorse estremamente incerto e i percorsi di mobilità discontinui. Lo studio empirico condotto attraverso l'analisi di rete e l'event history analysis ha rilevato che l'accentuarsi della m. s. nei decenni passati è stato ottenuto soprattutto attraverso il rafforzamento del capitale sociale connesso, in un'ottica di rete, ai legami forti e deboli. Agli inizi del 21° sec., nonostante si registri una maggiore fluidità, l'influenza della provenienza sociale sulla collocazione occupazionale, per talune classi della borghesia urbana e soprattutto per i lavoratori autonomi, persiste ancora. Si rileva che i figli fanno lo stesso lavoro dei padri e ciò vale per il 50% degli ingegneri, il 21% dei notai e il 35-40% dei medici. Su 100 figli di operai 71 restano nelle classi subalterne.
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