Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel settore dell’abbigliamento l’Italia diviene dominatrice per l’eleganza dei suoi modelli che vengono esportati in tutta Europa. Analogamente impone il suo stile nella realizzazione dei mobili che, invano imitato in più Paesi, nella seconda metà del secolo dà origine a forme di ibridismo. Pur nella varia tipologia abitativa che caratterizza le singole regioni europee, comincia a prevalere il gusto per l’arredo e per la privatizzazione degli spazi all’interno della casa.
Nei primi cinquant’anni del secolo predominano la maestà della linea e la varietà degli indumenti scelti a seconda delle occasioni. Successivamente la cultura imposta dalla Chiesa dopo il concilio di Trento (1545-1563), volta a regolamentare la vita secondo parametri improntati al rigore morale, e l’influenza spagnola fanno sentire i propri effetti. Si impongono così i colori scuri che conferiscono ulteriore maestà agli abiti.
Le aristocrazie e le élite urbane, incuranti delle leggi suntuarie – relative alle norme volte a contenere il lusso e le spese superflue – gareggiano in sfarzo, facendo largo uso di tessuti preziosi e lavorati e ricorrendo a tali stoffe anche per l’abbigliamento dei propri figli. Il gusto sempre più raffinato trova le sue maggiori espressioni nell’uso dei guanti, dei fazzoletti e delle calze. Queste ultime sia per la donna che per l’uomo sono fatte “ad aco”, cioè a maglia, e sostituiscono rapidamente quelle di panno. Si diffonde l’uso delle pellicce.
Nei primi decenni del secolo per la donna sono di rigore gonnella a vita alta, scollo ampio, maniche con attaccatura bassa, apertura sulle spalle e sulle braccia da cui spunta la camicia.
Il vestito (o soprana) è il capo per eccellenza: ornato, foderato, in genere di stoffa pesante. Stretto in vita, si allarga progressivamente sino ai piedi. Le maniche, così come in genere lo stesso vestito, sono aperte per consentire di mostrare la sottana, il cui nome indica la funzione di indumento che, al pari della baschina, veniva indossato a mo’ di sottoveste. Le varianti del vestito maggiormente diffuse sono la zimarra e la falda, più modesta e spesso usata soltanto per rendere più largo il vestito. Stecche in legno o in metallo sostengono il sottostante busto di stoffa che in Francia si allunga con una punta fino sul ventre. Il robone, una veste estremamente maestosa e lunga fino a terra, è diffuso fra le donne appartenenti ai ceti più agiati, così come le pianelle, scarpe ricamate e intagliate, a doppio tacco e tanto alte da dover spesso richiedere un sostegno per camminare. Ventagli, orecchini, collane di perle sono i monili maggiormente in voga. In Germania e in Inghilterra si diffonde la moda del ritratto in miniatura da incorniciare in gioielli e appendere al collo con una catena. In Francia si impone la banda che ha lo scopo di coprire la zona della fronte che è stata rasata per rendere più slanciata la figura.
Per gli uomini, in Italia, centro propulsore di moda, si usa una veste lunga fin quasi ai talloni, chiamata lucco, in genere di colore nero, increspata sul collo, aperta innanzi e lateralmente, chiusa alla gola con dei gangheri. In inverno è foderata di pelliccia, di velluto o di damasco in base alle possibilità economiche del proprietario e, al di sotto, vengono indossate le casacche. Nel periodo estivo queste vengono sostituite dal giubbone o dal farsetto, variante più modesta del primo e appannaggio degli artigiani. Il giubbone presenta agli inizi del secolo una scollatura accentuata, presto colpita dalle leggi suntuarie e che tenderà nel corso degli anni a ridursi sempre più fino a lasciar sporgere soltanto il colletto della camicia. I ricchi e i nobili alternano al lucco il mantello, il cui colore varia a seconda che si ricopra o meno una carica pubblica. Palandrani e zimarre costituiscono le sopravvesti da usare nell’intimità domestica. Sotto l’influsso della moda spagnola si impongono le braghe che ricoprono le cosce. In Italia le classi agiate indossano scarpe in seta o in velluto, mentre altrove si ricorre al cuoio. In Francia la loro forma è larga e tonda, mentre in Germania è stretta e lunga, quasi un riflesso della tendenza invalsa nei due Paesi a preferire nel primo abiti larghi e nell’altro abiti aderenti.
Sulla scia dei profondi cambiamenti messi in atto dalla cultura rinascimentale, in Italia si fa strada il gusto per un’abitazione sempre più comoda e accogliente. Nelle case private i mobili sono distribuiti nel rispetto dei canoni dell’equilibrio e della misura che regolano la ripartizione degli spazi. Nelle corti principesche italiane architettura e mobili tendono alla grandiosità, in una sorta di ostentazione dello status del proprietario.
In Toscana, in Umbria e nel Lazio operano i produttori di mobilia e di oggetti di arredamento maggiormente richiesti in Europa. Per la clientela più esigente e raffinata i manufatti in noce, abete, cipresso hanno ormai soppiantato la quercia, mentre pioppo e olmo sono destinati ad arredi di case comuni. Rari nei mobili italiani sono gli intarsi e le dorature, a differenza di quelli tedeschi e fiamminghi dove i falegnami, fedeli alla tradizione gotica, preferiscono lavorare le materie dure. In Inghilterra nella seconda metà del secolo predomina lo stile “elisabettiano”, nato proprio dall’incontro dello stile gotico con quello italiano, che dà origine a mobili di fattura pregevole ma alquanto pesante.
Un po’ ovunque in Europa mobili, soffitti, pareti sono in genere dipinti a tinte forti per contrastare con l’oscurità degli ambienti, e soltanto a fine secolo il mobile comincia a essere lucidato o verniciato. Sul pavimento compaiono le piastrelle “a piombo”, ricoperte da uno smalto a base di grafite, mentre continua lentamente l’affermazione del parquet in legno. Per tutto il secolo persiste, comunque, la consuetudine di coprire i pavimenti in inverno con paglia e in estate con fiori ed erba. Nel corso del secolo compare alle finestre il vetro bianco che si diffonde nei vari Paesi in modo irregolare. Particolare attenzione è prestata alla camera destinata al riposo, ma che spesso assolve anche alle funzioni di camera di ricevimento. Qui il posto di primo piano è riservato al letto nelle sue varie forme: da quelli più semplici poggiati su cavalletti a quelli con ricchi baldacchini, adorni di cuscini e coperte colorate. Completano l’arredamento l’armadio, il tavolo, il cassone o forziere, il tavolo da scrivere e, spesso, un inginocchiatoio.
Nei palazzi italiani, francesi e inglesi si afferma lo studiolo, il luogo in cui il padrone trascorre i momenti destinati alla preghiera, alla lettura, alla contabilità. Provvisto di porte solide con serrature e chiavistelli, è arredato semplicemente con un tavolo e una sedia, ma appare molto decorato con piccoli quadri e provvisto di nicchie sui muri per conservare i libri... lontano dai topi. In Francia tali locali sono in genere ubicati in un luogo appartato rispetto al resto della casa ma, possibilmente, vicino alla camera del padrone. Per i meno ricchi, gli scrittoi e i cofanetti in cui riporre oggetti strettamente personali sostituiscono gli studioli. Analoga funzione ricoprono i gabinetti, piccoli locali rivestiti di legno, creati sia per la privacy dell’uomo che per quella della donna e che, nella versione a mobile, prendono anche il nome di stipo. Prodotti maggiormente ad Anversa, gli stipi si diffondono rapidamente in tutta Europa e soprattutto in Francia. In Spagna raggiungono le loro dimensioni maggiori. Caratterizzati da una lavorazione accurata ma pesante con intarsi d’avorio, applicazioni di marmi e vetri dipinti, testimoniano la transizione dal gusto rinascimentale a quello barocco.
Più difficile da ottenere è la privatizzazione degli spazi in un contesto di vita improntata alla promiscuità come quello che si rileva nella casa contadina. Essa, infatti, non costituisce soltanto il luogo in cui abita la famiglia, bensì ospita anche il bestiame, gli utensili, le riserve alimentari. Per le famiglie più povere continua in tutta Europa – e soprattutto in Sicilia – l’abitudine a dividere l’unica stanza in due zone: quella più appartata destinata al riposo e quella più vicina alla strada destinata alla preparazione e alla consumazione del cibo. In genere sono arredate poveramente: qualche sgabello, una panca, a volte una botte che funge da tavolo e un pagliericcio per riposare.