Modalità di presentazione della richiesta di riesame
Le Sezioni Unite, investite della questione relativa all’applicabilità al riesame di misure cautelari reali dell’art. 582, co. 2, c.p.p., in materia di individuazione del luogo di deposito dell’atto di impugnazione, hanno stabilito che la richiesta di riesame può essere presentata, oltre che nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero.
Intervenendo sul quesito formulato dalla terza sezione penale1, le Sezioni Unite2 hanno affrontato la controversa questione relativa alla possibilità che, in tema di misure cautelari reali, la richiesta di riesame sia presentata, ai sensi dell’art. 324 c.p.p., oltre che nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero. Qualora fosse stata offerta una soluzione negativa al quesito, la conseguenza sarebbe stata quella della inammissibilità delle richieste di riesame presentate dinanzi a uffici giudiziari diversi da quello funzionalmente competente. Al contrario, superando il contrasto insorto sul punto, la Suprema Corte ha offerto una risposta affermativa al quesito attraverso una serie articolata di argomentazioni che, pur ponendosi nel solco di un percorso di garanzia disegnato dall’orientamento più estensivo, lasciano nell’ombra un profilo – quello della estensibilità alle cautele reali dei presidi difensivi propri delle cautele personali – che avrebbe meritato una più puntuale definizione.
Le riflessioni delle Sezioni Unite si snodano a partire dalla lettura dell’art. 324 c.p.p., sulla quale si sono contrapposti due distinti orientamenti interpretativi. Secondo un primo e più restrittivo indirizzo, l’art. 324 c.p.p., per il tenore letterale dei commi 1 e 5, contiene una previsione specifica del luogo in cui deve essere presentata la richiesta di riesame della misura cautelare reale; il riferimento alla cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento prevale, pertanto, sulla disciplina generale contenuta nell’art. 582 c.p.p. che al secondo comma prevede la possibilità di presentare l’atto di impugnazione anche in luoghi diversi, facendo salva, peraltro, al comma 1, l’ipotesi che la legge disponga altrimenti. In quest’ottica, per conseguenza, il riferimento contenuto nel comma 2 dell’art. 324 c.p.p. alla norma generale (582 c.p.p.) deve essere interpretato come relativo esclusivamente alle «forme» con le quali la richiesta va presentata e non al luogo di presentazione. Del resto – si afferma ad ulteriore sostegno di siffatta prospettiva – l’obbligo di presentazione della domanda presso l’ufficio competente è suscettibile di favorire le esigenze di semplificazione ed accelerazione del sistema3; per contro, la lettura estensiva condurrebbe, nella sostanza, ad una interpretatio abrogans dell’art. 324, co. 1, c.p.p., perché la relativa disciplina verrebbe “svuotata” dall’applicazione ampia dell’art. 582 c.p.p., e per conseguenza, si porrebbe in contrasto con il principio generale dell’ordinamento per il quale, nel dubbio, un testo normativo deve essere interpretato nel senso della conservazione del suo significato precettivo4. Il contrapposto orientamento, al contrario, attribuisce alla norma contenuti applicativi più ampi. Nell’economia di questo percorso ermeneutico, infatti, il rinvio compiuto dall’art. 324, co. 2, c.p.p. all’art. 582 c.p.p. consente il deposito della richiesta di riesame della misura cautelare reale anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti ad un agente consolare all’estero, con l’ulteriore conseguenza di ritenere tempestivo il deposito dell’impugnazione nel termine di dieci giorni se entro tale termine la richiesta sia depositata presso uno degli uffici indicati dalla norma generale di cui all’art. 582 c.p.p.5 A sostegno della lettura estensiva si ritiene deponga innanzitutto il confronto con l’analoga disciplina in tema di misure cautelari personali, in quanto sia l’art. 309 c.p.p. che l’art. 324 c.p.p. fanno riferimento, come luogo di deposito della relativa richiesta, agli uffici del giudice competente; inoltre, entrambe le norme richiamano le «forme» di cui all’art. 582 c.p.p. e sarebbe incongrua una differenziazione delle due discipline, tenendo oltretutto conto del fatto che, in materia di riesame delle misure cautelari personali, le stesse Sezioni Unite hanno, in passato, avallato una prospettiva più estensiva6, in forza della quale il rinvio che in tema di presentazione della richiesta di riesame l’art. 309, co. 4, c.p.p. effettua alle forme dell’art. 582 c.p.p. comprende anche il secondo comma di questa disposizione, con la conseguenza che, una volta avvenuta la presentazione della richiesta in tali ultimi uffici nel termine di dieci giorni (art. 309, co. 3, c.p.p.) è del tutto irrilevante, al fine della tempestività, che l’atto raggiunga o meno entro lo stesso termine la cancelleria del Tribunale di cui all’art. 309, co. 7, c.p.p. Il riferimento alle «forme» di cui all’art. 582 c.p.p. contenuto nell’art. 324, co. 2, c.p.p., in altri termini, deve essere inteso a tutto l’articolo, in quanto espressione di una disciplina generale, e non al solo comma 1, in coerenza, peraltro, con il principio, anch’esso di valenza generale, del favor impugnationis. È quest’ultima, secondo la Suprema Corte, la prospettiva di maggiore coerenza sistematica, logica e testuale. La richiesta di riesame delle misure cautelari reali di cui all’art. 324 c.p.p., al pari di quella di cui all’art. 309 c.p.p. in materia di misure cautelari personali, costituisce un mezzo di impugnazione e ad essa è pertanto applicabile la disciplina generale sulle impugnazioni prevista dal codice di rito, di cui l’art. 582 c.p.p. è espressione. A favore della coerenza sistematica della soluzione depone, inoltre, la circostanza per cui gli artt. 324 e 309 c.p.p., in materia di ricezione dell’atto di impugnazione, descrivono discipline del tutto analoghe; in entrambe le ipotesi vi è l’indicazione, principale, dell’ufficio di cancelleria presso l’autorità giudiziaria investita della competenza funzionale per la decisione: il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento, nella fattispecie disciplinata dall’art. 324, co.1 e 5, c.p.p.; il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza, nella ipotesi regolata dall’art. 309, co.4 e 7, c.p.p. In entrambi i casi, poi, questa indicazione principale si completa con il richiamo all’art. 582 c.p.p. Si tratta di una prospettiva che, oltretutto, risulta coerente con il percorso già tracciato dalle Sezioni Unite in materia di misure cautelari personali e con gli argomenti sviluppati a sostegno della soluzione a suo tempo offerta7. L’interpretazione restrittiva, infatti, è affidata esclusivamente al dato testuale della norma, dal quale si è voluto dedurre che dal successivo richiamo all’art. 582 c.p.p. siano esclusi i diversi uffici indicati nel comma 2 dello stesso articolo; il dato testuale richiama però le forme previste dall’art. 582 nella loro globalità e senza limitazioni che il legislatore, ove avesse inteso porre, avrebbe formulato esplicitamente. In relazione a tale ultimo aspetto – sottolinea la Suprema Corte – non è superfluo rilevare che, in genere e salvo particolari limitazioni, il rinvio operato da una norma alle forme previste da altra disposizione, non è limitato ai meri requisiti formali di un atto, ma si estende ad ogni modalità procedurale della norma alla quale il rinvio viene operato; l’apparente contrasto fra l’esplicita indicazione della cancelleria del tribunale di cui al comma 7 dell’art. 309 ed il successivo generico richiamo alle forme di cui all’art. 582 c.p.p. – che potrebbe far ritenere come da quel richiamo sia esclusa la possibilità della presentazione dell’atto in diversi uffici – può essere spiegato nel senso che il legislatore abbia voluto indicare l’organo definitivo destinatario dell’istanza e non quello al quale necessariamente questa deve essere in un primo momento presentata; le allegate ragioni d’urgenza potrebbero compromettere proprio l’attuazione di quel diritto che si pretende con esse di assicurare ancor più rapidamente; una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con quel favor impugnationis cui è indubbiamente ispirato il sistema processuale, con intuitive possibilità di implicazione costituzionale, in relazione all’art. 24 Cost., che già di per sé stesse portano a preferire l’interpretazione più aderente alla salvaguardia del diritto di difesa costituzionalmente garantito. Alla luce di queste considerazioni, pertanto, l’ulteriore argomento sviluppato a sostegno della interpretazione restrittiva, volto a valorizzare esigenze di semplificazione e di celerità procedimentale, viene considerato non solo estremamente debole – perché le predette esigenze sono subvalenti rispetto a quelle di rilievo giuridico e sistematico da ultimo richiamate – ma anche capace di risolversi «nel palese restringimento delle possibilità di tutela, per i tempi contenuti assegnati alla difesa delle parti private legittimate a proporre riesame reale, benché dette ragioni siano state codicisticamente normativizzate proprio nell’interesse di queste»8. Senza contare – conclude il Supremo Collegio – che l’accoglimento della prospettiva restrittiva finirebbe per escludere, di fatto, la tutela dei residenti all’estero.
Nonostante le Sezioni Unite abbiano condivisibilmente prospettato un percorso volto al rafforzamento delle ragioni di garanzia sottese all’orientamento estensivo, non sembra non potersi condividere la perplessità di quanti hanno evidenziato l’assenza, nello sviluppo argomentativo della pronuncia, di qualunque tentativo di confutazione espressa di un profilo spesso valorizzato nell’economia dell’indirizzo restrittivo. In tale contesto, infatti, una delle ragioni che conduce a ritenere non estensibili al riesame reale gli approdi prospettati in relazione alle cautele personali è legata alla diversa incidenza delle misure e, dunque, alla diversa rilevanza dei beni giuridici coinvolti: libertà personale da un lato, proprietà privata e libertà di iniziativa economica dall’altro. A partire da questa premessa, «un’interpretazione estensiva ammissibile» rispetto alle misure cautelari personali – «atteso il rango, anche costituzionale, dei valori coinvolti» – si esclude che possa essere «duplicabile anche in ordine alle altre». Si tratta di un orizzonte che rimanda espressamente a conclusioni in precedenza prospettate – anche in tempi recenti – dalle Sezioni Unite. In particolare, con specifico riferimento al richiamo operato dall’art. 324, co. 7, c.p.p. all’art. 309, com.9 e 10, c.p.p., il Supremo Collegio ha sottolineato che la compressione della libertà personale a fini cautelari deve essere contenuta entro predeterminati limiti temporali (art. 13 Cost.), limiti non previsti per le misure cautelari reali; tale assetto, tuttavia, «non contrasta con alcun principio espresso dalla Carta fondamentale, atteso che lo statuto costituzionale della proprietà (artt. 42, 43, 44 Cost.) prevede significativi vincoli epesanti (anche se eventuali) limitazioni. È certamente vero, infatti, che libertà e patrimonio sono entrambi beni «elastici», quindi passibili di compressione e, poi, di ri-espansione, ma la compressione della libertà (e la durata di tale compressione) non ha, per il titolare del bene, la stessa incidenza della compressione del patrimonio»9. Un simile approccio interpretativo, con tutta evidenza, non solo trascura di considerare le notevoli ripercussioni, personali ed economiche, che possono discendere dal sequestro di un’azienda o della totalità delle quote di una società ma, prima ancora, si chiude ad una «interpretazione evolutiva della Carta fondamentale, orientata secondo i valori riconosciuti in un certo momento storico»; non pare potersi dubitare, infatti, «che, nell’epoca contemporanea, i diritti reali e la libertà di iniziativa economica privata abbiano assunto una importanza sostanzialmente assimilabile a quella della libertà personale»10. Oltretutto, l’inclinazione manifestata da una parte della giurisprudenza ad una dequotazione del livello di garanzie da accordare alle misure cautelari reali11 si considera censurabile anche tenendo conto dello «sviluppo ipertrofico del c.d. diritto penale patrimoniale, nel cui ambito si assiste al moltiplicarsi delle ipotesi di confisca – la cui natura giuridica non è più quella di misura di sicurezza, bensì di sanzione squisitamente penale a carattere patrimoniale – e, conseguentemente, di sequestro ad esse finalizzato» rispetto alle quali, peraltro, in giurisprudenza non è richiesta «neppure la sussistenza di concrete esigenze cautelari»12. Proprio tenendo conto di questo complesso scenario, sarebbe forse dovuta scaturire, nell’economia di una prospettiva che si dimostra comunque attenta alla riaffermazione delle garanzie di sistema, una presa di posizione meno timida da parte delle Sezioni Unite circa l’estensione alle misure cautelari reali del compendio di garanzie che circondano gli omologhi personali.
1 Cass. pen., sez. III, 14.3.2017, n. 20255, Ferraro, in www.questionegiustizia.it, 21.6.2017, con nota di F. Piccichè, Rimessa alle Sezioni unite la questione sul luogo di deposito della richiesta di riesame delle misure cautelari reali; cfr., inoltre Marandola, A., Richiesta di riesame cautelare reale presentata nella cancelleria del tribunale del luogo in cui le parti si trovano, in www.ilpenalista.it, 27.2.2017.
2 Cass. pen., S.U., 22.6.2017, n. 47374, in CED rv. n. 270828, Ferraro; sulla pronuncia v., Varone, F., Riesame delle misure cautelari reali e luogo di deposito dell’atto di impugnazione: le Sezioni Unite ritrovano la strada delle garanzie, in Cass. pen., 2018, 760; Piccichè, F., Le Sezioni unite si pronunciano sul luogo di deposito della richiesta di riesame di misure cautelari reali, in www.questionegiustizia.it, 19.12.2017.
3 In questo senso, Cass. pen., sez. III, 3.2.2016, n. 12209, in CED rv. n. 266375, Lococo; Cass. pen., sez. III, 2.7.2015, n. 31961, in CED rv. n. 264189, Borghi; Cass. pen., sez. II, 29.1.2013, n. 18281, in CED rv. n. 255753, Bachar; Cass. pen., sez. V, 22.5.2000, n. 2915, in CED rv. n. 216655, p.m. in proc. Fontana.
4 Sul punto, in particolare, Cass. pen. n. 12209/2016.
5 Cfr., Cass. pen., sez. II, 21.12.2016, n. 2664, in CED rv. n. 269111, Visconti; Cass. pen., sez. III, 26.1.2016, n. 23369, in CED rv. n. 266822, Schena; Cass. pen., sez. II, 11.11.2015, n. 50170, in CED rv. n. 265465, Tessarolo in proc. Colasanti; Cass. pen., sez. II, 4.11.2015, n. 45341, in CED rv. n. 264872, De Petrillo; Cass. pen., sez. II, 16.9.2015, n. 50315, in CED rv. n. 265462, Mokchane; Cass. pen., sez. III, 27.5.2015, n. 1369, in CED rv. n. 265963, Moscoloni.
6 Cass. pen., S.U., 18.6.1991, n. 11, in CED rv. n. 187922, D’Alfonso; su questa pronuncia v., Midolo, G., In tema di luogo di presentazione della richiesta di riesame ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., in Cass. pen., 1992, 1197. In argomento, a favore dell’applicabilità della disciplina generale delle forme dell’impugnazione al riesame di misure cautelari reali, con specifico riferimento all’art. 583 c.p.p., v. Cass. pen., S.U., 20.12.2007, n. 230, Normanno, in Giur. it., 2008, 1241, con nota di N. La Rocca, È ammissibile l’istanza di riesame di “cautele reali” proposta tramite servizio postale; Cass. pen., S.U., 11.5.1993, n. 8, Esposito Mocerino, in Cass. pen., 1994, 34.
7 Cass. pen., S.U., n. 11/1991.
8 Così, Varone, F., Riesame delle misure cautelari reali e legge n. 47 del 2015: le Sezioni unite elaborano una soluzione farisaica?, in Cass. pen., 2016, 765.
9 In questi termini, Cass. pen. n. 12209/2016, che rimanda testualmente a Cass. pen., S.U. 28.3.2013, n. 26268, in CED rv. n. 255581, Cavalli. Nella medesima ottica, più di recente, Cass. pen., S.U. 17.12.2015, n. 51207, in CED rv. n. 265113, Maresca, la quale ha sottolineato la sostanziale differenza tra il regime cautelare personale e quello reale e la conseguente legittimità di opzioni procedurali diversificate.
10 Varone, F., Riesame delle misure cautelari, cit., 3140.
11 Sul punto, ex multis, Todaro, G., Il fumus delicti richiesto per il sequestro preventivo: un’ipotesi ricostruttiva, in Cass. pen., 2009, 3887.
12 Così, Varone, F., op. cit, 3160.