modalita
In generale, modi di essere di enunciati o di proprietà che sono attribuibili a un soggetto. Nel primo caso, utilizzando la terminologia medioevale, si parla di m. de dicto, poiché la m. si riferisce a tutto il dictum (per es., ‘necessariamente Giobbe è sapiente’); nel secondo caso si parla invece di m. de re, poiché la m. specifica il modo nel quale il predicato inerisce alla res, ossia al soggetto (per es., ‘Giobbe è necessariamente sapiente’). Già Aristotele (Analitici primi, I, 8, 29 b-35) rivolse la propria attenzione a inferenze le cui premesse contengono m. come la possibilità e la necessità, e si mostra consapevole, per es., del fatto che ‘necessario p’ (dove p è un enunciato) equivale a ‘non possibile non p’, e che ‘possibile p’ equivale a ‘non necessario non p’. Dopo Aristotele lo studio delle m. proseguì con i logici della scuola stoica e ricevette un grande impulso con i logici medievali. In modo particolare questi ultimi (per es., Guglielmo di Occam) sottolinearono l’esistenza di una pluralità di m. che, in termini moderni, possiamo distinguere in apodittiche, aletiche, deontiche, epistemiche. Le prime studiano la logica del predicato della dimostrabilità. Le m. aletiche specificano i modi dell’essere vero di un enunciato, esse sono: necessario, possibile, impossibile, contingente. Le m. deontiche sono: obbligatorio, permesso, vietato, indifferente. Le m. epistemiche sono: saputo, conosciuto, creduto (detta anche m. doxastica). Si parla anche di m. temporali, in relazione allo sviluppo di logiche che trattano di enunciati la cui verità è temporalmente qualificata. L’interesse per la logica modale si ridusse profondamente nei secc. 15° e 16° per ravvivarsi soltanto nel 19° e nel 20° sec. a opera delle ricerche di logici come H. McColl, Lewis, Becker, Carnap, G.H. von Wright, S. Kanger, Hintikka, Kripke e A.N. Prior, i cui studi hanno permesso lo sviluppo dell’attuale logica modale.