modello
Termine pluridisciplinare che ha assunto un’amplissima gamma di significati nella tecnologia, nelle arti, in matematica e in varie discipline scientifiche. In generale, un m. rappresenta la ricostruzione teorica o la simulazione astratta di un oggetto, o sistema, o concetto, che descrive con maggiore o minore approssimazione la struttura o le funzioni di ciò che intende rappresentare. Un m. può avere come scopo la predizione di eventi secondo leggi naturali e l’accrescimento della nostra comprensione del mondo.
Storicamente la nozione filosofica di m., in senso metafisico, è già pienamente matura nel ‘paradigma’ eterno e immutabile che il demiurgo del Timeo (➔) di Platone ha in mente e imita nell’atto di plasmare le forme geometriche del cosmo materiale vivente. In senso gnoseologico, la trascendenza degli archetipi o modelli ideali è riaffermata in altri testi platonici, che definiscono le idee come puri m. e le apparenze sensibili come loro copie imperfette. Aristotele costruì il m. di sostanza come sostrato metafisico della realtà sensibile, unità di forma e materia, essenza e attributi; nonostante le critiche che egli mosse alle idee separate dalla realtà, la teoria degli archetipi platonici ebbe fortuna durevole non solo in metafisica e in teologia, ma anche in matematica, geometria, biologia, nelle arti, nelle scienze fisiche, nelle teorie del linguaggio. La tesi che la creazione divina riproducesse m. archetipici fu un luogo comune della tradizione teologica medievale e rinascimentale, che contribuì a conservare dogmaticamente per secoli m. geometrici astratti, come le sfere e i cerchi dell’astronomia tolemaica e delle sue varianti geocentriche; essa riaffiorò inoltre nel dogma della fissità delle specie e dei tipi vegetali e animali che ha dominato le scienze della vita fino all’evoluzionismo, e che si ripresenta nelle ricorrenti nostalgie del ‘disegno intelligente’. Anche nell’estetica del classicismo le teorie sul ‘bello ideale’ si riferirono a m. assoluti di tipo platonico. In età moderna il termine m. fu adottato da Locke e da Leibniz nella controversia sul concetto di sostanza e sulle fonti empiriche delle idee astratte. Locke criticò radicalmente il m. dualistico cartesiano delle due sostanze, res extensa e res cogitans, conoscibili a priori, affermando: «I nomi delle sostanze, essendo connessi a idee che non sono né essenze reali né rappresentazioni esatte dei m. (patterns) ai quali si riferiscono, sono soggette a imperfezione e incertezza, specialmente quando siano usati filosoficamente». La critica empiristica lockiana del m. di sostanza come sostrato della realtà fisica fu combattuta da Leibniz, che reintrodusse gli archetipi platonizzanti nella sua restaurazione dell’innatismo, traducendo il termine lockiano patterns in modèles des idées.
I termini equivalenti models e patterns, entrati nell’uso linguistico di varie discipline scientifiche contemporanee, comprendono una vasta gamma di significati. La teoria matematica dei m. ha trovato sviluppi formali particolarmente elaborati nella teoria dei giochi e nella logica simbolica, e si applica largamente alla ricerca fondamentale in geometria, fisica, meccanica, biochimica, meteorologia, oltre che in ingegneria informatica, nelle scienze sociali e nella psicologia. Rientrano nella teoria dei m., con caratteristiche proprie, strumenti di modellizzazione come le simulazioni statistiche, e taluni criteri astratti d’indagine che trovano applicazione nella sociologia e nella scienza politica. In fisica, a seconda dei criteri prescelti e dei fenomeni ai quali ci si riferisce, si parla di m. dinamici (per es., i m. cosmologici alternativi del big-bang, dell’Universo stazionario, dell’Universo fluttuante o in contrazione), di m. stocastici (che si applicano a processi con variabili casuali), di m. deterministici. Una esemplificazione elementare di m. logici può essere offerta dalla geometria. Se un assioma enuncia la proprietà: «due punti giacciono su una e una sola retta», in un sistema completamente formalizzato le proprietà dei punti e delle linee sono già definite nell’enunciato che descrive le loro relazioni e non necessitano di ulteriore definizione. Un enunciato di questo tipo ha una validità astratta e può svilupparsi come un m. formale della logica pura, in un senso che non è necessariamente equivalente all’uso del termine m. in meccanica, in fisica o in biologia, dove si nota una maggiore prossimità al linguaggio comune. In queste discipline un m. viene generalmente costruito come un tentativo di descrivere o simulare un processo naturale, includendo in un disegno coerente una serie di variabili fenomeniche. In questo senso i m. hanno una funzione euristica, di previsione o di calcolo, consistente nel dedurre dalle premesse conseguenze particolari, o nel semplificare in scala ridotta apparati complessi. Si pensi, per es., ai m. geometrici che rappresentano la struttura dei cristalli; ai m. idraulici usati per simulare processi economici di forniture o di scambi; alla pratica di sperimentare il comportamento dinamico di profili aereonautici nella galleria del vento; ai m. elettronici di reti neuronali. Modellizzazioni di questo tipo possono presentare un rapporto più o meno preciso di approssimazione, similitudine o analogia al sistema di dati empirici che intendono rappresentare. Possono avere con essi una relazione analogica formale, come accade nel caso di un pendolo oscillante e di un circuito elettrico descritti da una medesima equazione. Possono avere relazioni di analogia materiale, come nel caso dei m. cristallografici rispetto ai cristalli che cercano di replicare. Vi sono m. che semplificano, idealizzano o in parte falsificano i dati empirici con l’intento di facilitare una ricerca sperimentale, come accade nel caso delle rappresentazioni dei gas ideali in fisica. Tra gli esempi storici di idealizzazione e semplificazione di realtà fisiche usati come provvisori m. esplicativi si possono citare: lo spazio tridimensionale della geometria euclidea; i ‘vortici’ e le similitudini di statue semoventi usate da Descartes per la sua fisica e la sua biologia meccanicista; il moto inerziale immaginato da Galilei su superfici finite; i vari m. di etere escogitati da Newton e dai suoi successori come supporto dell’attrazione gravitazionale o della trasmissione della luce; inoltre il m. di un fluido che simulava i fenomeni termici prima dell’avvento della termodinamica; la psicologia delle facoltà che introduceva nella mente umana una netta distinzione tripartita di ragione, volontà, passioni.
Tra m. e teorie esiste un nesso problematico, come risulta evidente in questi ultimi esempi, che è stato ampiamente discusso dai filosofi della scienza. Si è osservato che i vari m. corpuscolari o ondulatori formulati tra il sec.18° e il 19° a proposito della trasmissione dei raggi luminosi si sovrappongono alle rispettive teorie. Così pure è difficile distinguere tra teoria e m. matematico o fisico nel caso del m. di atomo dovuto a N. Bohr, o nella doppia struttura elicoidale del DNA disegnata da F.H.C. Crick e J.D. Watson, o ancora a proposito di vari modelli cosmologici alternativi. Generalmente in questi casi una teoria è stata formalizzata in m. per estendere all’interpretazione di fenomeni ancora in parte da spiegare una rappresentazione concettuale già adottata in altro campo di ricerca. Quel tanto di integrazione formale che il m. presenta rispetto all’oggetto ancora da spiegare serve ad arricchirne i dati empirici, rendendo possibile stabilire nuove relazioni concettuali e nuovi punti di vista. L’uso flessibile di nuovi m. teorici costruiti per estensione di m. noti ha un’indubbia funzione euristica: si è spesso discusso in proposito se il nesso che si instaura tra una teoria esplicativa e il relativo m. comporti un’eccessiva dipendenza, che possa condizionare la nuova ricerca. Questa controversia coincide in certo senso con le discussioni riguardanti il contenuto positivo o astratto delle teorie scientifiche, di cui furono protagonisti all’inizio del Novecento Avenarius e Mach, con le loro riflessioni sugli «esperimenti mentali» e sulle formule scientifiche definite come trascrizioni abbreviate di fenomeni, o ‘economie di pensieri’. L’analisi delle sensazioni condusse questi autori a reinterpretare i principi e le leggi della meccanica classica come m. esplicativi efficaci, costruiti empiricamente in base a fenomeni ma non necessariamente relativi a eventi reali. Il principo d’inerzia, riferito al tempo e allo spazio assoluti di Newton, poteva essere inteso come la trascrizione di un concetto puramente matematico della nozione di forza e usato come m. indipendente dall’esperienza. Anche da queste considerazioni scaturì la crisi della fisica newtoniana e la reimpostazione in senso relativistico di tutte le leggi del moto, che, modificando il concetto di massa inerziale, si svolgono nello spazio-tempo non euclideo di R.L.B. Minkowski. Con la rivoluzione relativistica entrarono in crisi anche le definizioni positivistiche dei m. intesi come meri strumenti teorici, sostenute da Mach, H. Herz, P. Duhem e altri. In Physics, the elements (1920) N.R. Campbell rimise in discussione il nesso tra m. e teorie distinguendo in queste tre momenti: l’ipotesi, il ‘dizionario’, necessario per trascrivere l’ipotesi in termini sperimentali, e le leggi. I tre momenti vanno integrati con un principio di ‘analogia’, operante, per es., nel m. teorico del moto caotico delle molecole che si muovono o interagiscono nei gas: un moto inosservabile direttamente ma interpretabile in termini di meccanica delle particelle. M. Hesse, E.H. Hutten, E. Nagel, R. Harré e altri filosofi della scienza hanno ripreso dalla proposta di Campbell varie teorie che sviluppano ulteriori riflessioni sulla capacità predittiva dei m. e sul significato teorico dei sistemi ipotetico-deduttivi.