MODELLO
Per l'artista, in genere, è modello qualsiasi oggetto ch'egli si prefigga di ritrarre; per lo scultore, modello è anche l'esemplare di un'opera condotto a termine in ogni sua parte e destinato a servire di base all'esecuzione definitiva dell'opera stessa, quando questa deve essere tradotta in altra materia. Dal bozzetto, o modellino, egli fa di regola un originale in creta, che getta in gesso, per avere, in una sostanza più stabile, il modello sul quale condurre le operazioni ulteriori. Per il marmo, la traduzione dell'opera avviene direttamente dal gesso, in dimensioni che possono essere anche maggiori o minori, col sistema dei punti o col pantografo. Per il metallo, se si deve fondere a cera perduta, è necessario un ulteriore modello in cera, che si trae dalla forma (v.) a tasselli costruita intorno al gesso. Per fondere in terra si può invece imprimere direttamente il modello in gesso nella sabbia trattandosi di un bassorilievo; altrimenti bisogna costruirvi intorno una speciale forma.
In antico specialmente i pittori si valevano assai spesso di taccuini di modello donde traevano idee di composizione e particolari, attuando con questo sistema anche materialmente la tradizione iconografica e stilistica (v. copia).
La rappresentazione, in rapporto ridotto, di un edificio o di parte di edificio nelle sue tre dimensioni è di grande giovamento all'architetto per l'elaborazione della sua opera, di cui facilita agli artefici la costruzione.
Non ci è dato conoscere se gli antichi si servissero di modelli, né basta a negarlo il fatto che Vitruvio non ne faccia cenno nella sua opera sull'architettura. L'iconografia medievale ci mostra spesso rappresentati santi e vescovi recanti nella mano sinistra il modello della costruzione sacra; fra le tante rammenteremo qui la raffigurazione musiva del vescovo Eufrasio nell'abside della cattedrale di Parenzo, che reca il modello della sua stessa chiesa; quella di S. Pasquale che offre la chiesa nell'abside di S. Pudenziana, di Gregorio IV effigiato nell'abside li S. Marco e di Pasquale I nell'abside di S. Cecilia, a Roma. Sulla fede di siffatti documenti non possiamo affermare in senso assoluto che già nel primo Medioevo si costruissero modelli, giacché quelle potrebbero essere semplici raffigurazioni dei relativi edifici già costruiti.
Invece dal Duecento in poi abbondano le testimonianze che ci dimostrano essere l'uso dei modelli mezzo normale di rappresentazione dell'opera architettonica, sicché spesso il disegno aveva per scopo non tanto un'espressione d'evidenza diretta quanto la preparazione di questi elementi plastici che immediatamente fornivano la nozione prospettica dell'edificio.
Potranno essere interessanti alcuni esempî.
Dalla Vita di Arnolfo del Vasari apprendiamo come il padre di quello, Lapo, eseguisse il modello per le tre chiese sovrapposte di Assisi, per il Bargello a Firenze, per la tomba dell'imperatore Federico nella Badia di Monreale; Arnolfo stesso eseguì uno dei modelli di S. Maria del Fiore che fu distrutto, con molti altri, nel 1367 dopo l'approvazione, cioè, del modello definitivo di Benci di Cione e Neri di Fioravante. Sempre per la cupola di S. Maria del Fiore, il Brunelleschi eseguì numerosi modelli, e a detta del Vasari, ne eseguì anche per la Cappella dei Pazzi, per S. Spirito, e così pure per il palazzo di Cosimo de' Medici. A proposito di quest'ultimo rammenteremo come, importando la realizzazione del progetto del Brunelleschi una spesa troppo rilevante, il Medici si rivolgesse al Michelozzi sicché il Brunelleschi per l'ira ruppe il modello del suo progetto.
Ancora dal Vasari sappiamo come Giuliano da Sangallo eseguisse il modello per la Villa di Poggio a Caiano, per il Portico di San Pietro in Vincoli a Roma e come Antonio facesse anch'egli i modelli per la Madonna di Cortona e per quella di Montepulciano.
Nel 1491 il Francione, che fu maestro di Baccio Pontelli, consegnò un modello al concorso per la nuova facciata di S. Maria del Fiore. Altri modelli furono presentati anche al concorso per la guglia maggiore del duomo di Milano, mentre Cristoforo Rocchi fu probabilmente l'artefice del modello in legno per il completamento e il restauro del duomo di Pavia.
Per S. Petronio di Bologna si ebbero successivamente parecchi modelli, il primo dei quali rimonta al 1390 ad opera di Antonio di Vincenzo. Il modello in questione fu costruito nel cortile del Palazzo Pepoli, era nel rapporto di un dodicesimo dal vero, lungo cioè ben 53 piedi e realizzato in pietra e in gesso; questo primo modello fu distrutto nel 1406 dopo che ne fu eseguito un altro in legno per opera di Iacopo di Paolo e di proporzioni più ridotte, lungo cioè dieci piedi. Soltanto nel 1515 Arduino Arriguzzi costruì quello che ancora oggi si conserva nel museo della fabbriceria.
Durante il pontificato di Leone X, gli artisti presentarono al concorso per la chiesa di S. Lorenzo a Firenze disegni e modelli.
Tiberio Calcagni, nel breve spazio di dieci giorni, modellò in creta il progetto di Michelangelo per il concorso della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, Michelangelo presentò inoltre modelli per la scala della Biblioteca Laurenziana, quello per la cupola di S. Pietro che, insieme a quello di Antonio Labbaco per il progetto della basilica di Antonio da Sangallo il Giovane (di cui il costo ammontò a 5000 scudi), si conserva ancora oggi nel Museo Petriano, e fece eseguire sul posto, in gesso, il modello per l'angolo del cornicione di Palazzo Farnese in Roma, come ci racconta Giorgio Vasari, il quale nella sua autobiografia rammenta ancora come il modello in legno per il restauro di Palazzo Vecchio a Firenze gli costasse ben sei mesi di fatiche.
Oggi, in seguito alla grande diffusione dell'uso dei pubblici concorsi, i modelli sono divenuti quasi un indispensabile completamento dei progetti; se ne eseguono in gesso, in talco, in linoleum, in cera, in cartone, in legno, e talvolta anche in pietra. La loro esecuzione è molto facilitata dalla sempficità delle forme architettoniche moderne, le quali, perciò appunto, richiedono uno studio più accurato dei rapporti volumetrici; il giuoco delle masse risulta più chiaro in un modello che non sul disegno.
Rammenteremo infine i molti modelli in legno eseguiti in Roma nel 1500 e nel 1600 per studî di armature e specialmente per trasportare e sollevare gli obelischi di cui i papi si compiacquero di adornare Roma. (V. tavv. CXVII e CXVIII)
Modelli e disegni di fabbrica.
Fra le varie produzioni intellettuali a cui le leggi accordano la protezione, vi è quella concernente la forma e l'ornamento di prodotti dell'industria, forma e ornamento che si estrinsecano nei disegni e modelli industriali. Chi crea un disegno o un modello atto a dare a un prodotto industriale un carattere estetico proprio, ha diritto d'impedire che altri adoperi lo stesso disegno o lo stesso modello. Il disegno o modello deve essere nuovo; però anche la riunione di elementi già noti può costituire novità, purché tali elementi siano disposti in modo da dare un risultato nuovo.
Trattandosi di disposizioni legislative che proteggono la forma di un'opera dell'ingegno, è evidente l'affinità che esse hanno con le leggi tutelatrici del diritto d'autore. D'altra parte appare non conveniente accordare ai disegni e modelli di fabbrica un'estensione e una durata di tutela così lunga, qual'è quella che le leggi accordano ai diritti degli autori di opere dell'ingegno (vedi autore, V, p. 585 segg.). Sorge quindi il problema: qual'è la linea di demarcazione tra la legge sul diritto d'autore e quella sui disegni e modelli di fabbrica?
Il problema non si presentava di facile soluzione; e così lo si è risolto in Francia in modo empirico, dichiarando che un'opera può essere protetta da ambedue le leggi, salvo a stabilire caso per caso quale di esse si debba applicare. E poiché le leggi sui disegni e modelli di fabbrica concedono una protezione molto più ristretta, nella forma e nella durata, di quella delle leggi sui diritti d'autore, non v'ha chi non veda le incertezze a cui dà luogo tale sistema. L'incertezza è aggravata dal fatto che le più recenti leggi sul diritto d'autore hanno riconosciuto protezione anche ai lavori d'arte applicata all'industria. In Italia la Corte di cassazione ha risolto il conflitto in modo preciso e deciso, che però trova numerosi dissenzienti, specialmente nella dottrina francese.
La corte regolatrice ha ritenuto in diverse sentenze essere opera d'arte applicata all'industria, ai sensi della legge sul diritto d'autore, soltanto quella in cui gli elementi artistici possano dissociarsi dal prodotto dell'industria e assumere un carattere artistico indipendente. Tanto per citare alcuni esempî, un candelabro, il quale contenga delle figure artistiche, è opera d'arte applicata all'industria; un tavolo, il quale abbia una forma nuova, sia pure esteticamente bella, è soltanto un modello di fabbrica: e così pure è soltanto un disegno di fabbrica quello di una stoffa, pur essendo nuovo e differente da ogni altro disegno.
La legge italiana 30 agosto 1868, n. 4578 accorda ai nuovi disegni e modelli di fabbrica una protezione così limitata, che pochi sono gl'industriali che se ne avvalgono. Per ogni disegno o modello si deve richiedere la protezione, provvedendo al deposito di riserva nei modi stabiliti dalla legge sulle privative industriali. La spesa è relativamente forte (si pensi a un industriale che crea centinaia e centinaia di disegni ogni anno) e la durata della protezione assai breve (due anni dalla pubblicazione del rilascio dell'attestato nella Gazzetta Ufficiale del Regno). Inoltre il deposito deve eseguirsi prima che sia fatto conoscere il nuovo disegno o modello, il quale deve essere posto in opera entro un anno. Il nuovo progetto di legge sulla proprietà industriale riforma completamente il sistema, seguendo le più recenti leggi sulla materia. Innanzi tutto è tolto l'obbligo del deposito preventivo: l'industriale deve avere la facoltà di depositare solo quei modelli o disegni che, appena messi sul mercato, abbiano il gradimento del pubblico; perciò la divulgazione non toglie carattere di novità al disegno o modello, se questo viene depositato per la riserva entro due mesi. Altra innovazione importante è la facoltà del deposito multiplo: si possono depositare anche cinquanta modelli o disegni con una sola domanda, purché siano tra loro omogenei: così un fabbricante di stoffe potrà, con una sola domanda, depositare cinquanta disegni diversi. Alcune legislazioni hanno anche la forma del deposito segreto. L'inventore deposita cinquanta disegni in un pacchetto chiuso o segreto: se altri copia uno o più dei suoi disegni, egli ha il diritto di far aprire il pacchetto depositato e fare constatare l'avvenuta contraffazione. Il nuovo progetto di legge italiano fissa la durata del diritto a cinque anni, a partire però, non più dalla pubblicazione della domanda, ma dall'avvenuto deposito di essa.
Se la forma o il disegno di un prodotto, oltre che un carattere estetico, hanno pure un carattere utilitario, si potrà per essi chiedere anche la protezione concessa ai modelli di utilità (v. privativa). I contraffattori sono punibili con una multa.