modesto
Tutti i commenti antichi mettono in evidenza lo stretto rapporto fra l'uso medievale, e quindi dantesco, dell'aggettivo e la base latina modestus, da modus. In realtà questa relazione è inequivocabile solo in Pd XXIX 58, dove l'aggettivo non è usato da solo ma regge un'intera proposizione: Quelli che vedi qui furon modesti / a riconoscer sé da la bontade / che li avea fatti a tanto intender presti (" humiles et grati.... ad recognoscendum beneficium ", Benvenuto). L'aggettivo vale, di per sé, " umile " perché " cosciente del proprio limite " e insieme " disposto a riconoscere la propria inferiorità " di fronte al creatore.
Si veda il Cesari: " ‛ Modesti ', cioè misurati, non trapassando il termine dell'esser loro, come gli altri, il cui peccato, come d'Adamo, fu ‛ il trapassar del segno ' ". Nel contesto, si noti che la costruzione ‛ m. a fare qualcosa ' nel senso di " umili e disposti a fare ", pure così plausibile, lascia interdetto il Mattalia, il quale preferisce pensare che " l'effetto, come altre volte, è anticipato alla causa, e a riconoscer avrà valore causale epesegetico: dalla consapevolezza della loro dipendenza dalla divina ‛ bontà ' (causa) l'‛ esser modesti ', tenersi nel limite, adorando e ubbidendo ".
In Pd XIV 35 io udi' ne la luce più dia / del minor cerchio una voce modesta, / forse qual fu da l'angelo a Maria, m. assume altre sfumature di significato ed è in rapporto sempre con modus, ma non più solo nel senso di " misura ", bensì anche di " modulazione ", " soavità ".
Si veda di nuovo il Mattalia che rimanda al passo di VE II VIII 4-6. La voce dell'anima che si rivolge a D., e che secondo i più è Salomone, è ‛ temperata et suavis ' (Benvenuto), così come la voce di Beatrice in If II 56 è soave e piana; un insieme di affabilità, di gentilezza e di rispetto per l'interlocutore, che ben introduce l'atmosfera del colloquio successivo. Il paragone della modestia della voce di Salomone con quella dell'arcangelo Gabriele quando dette l'annuncio a Maria è sommamente poetico anche se " Dante non trasse la voce modesta dal racconto evangelico e perciò, quasi per scrupolo e rispetto, dice forse; poteva figurarsela tale perché annunziava un prodigio che, per esser dono della Grazia divina, induceva l'angelo stesso a reverenza di adorazione... così come qui Salomone " (Casini-Barbi).
Infine in Cv III VIII 11 il contesto stesso dà bene l'idea del valore che D. attribuisce alla parola in quest'ultimo caso: si conviene a l'uomo, a dimostrare la sua anima ne l'allegrezza moderata, moderatamente ridere, con onesta severitade e con poco movimento de la sua [ f ]accia; sì che donna, che allora si dimostra come detto è, paia modesta e non dissoluta. Come si vede, m. è diventato l'opposto di ‛ dissoluto ', e vale perciò anzitutto " pudico ", " riservato "; pur conservando tuttavia molte delle sfumature di significato precedenti: da " umile " a " discreto ", da " soave " a " moderato ", " misurato "; e la perfezione nell'atteggiamento di una donna onesta consiste appunto nel difficile equilibrio fra tutte qùeste qualità.