Modifiche al codice del consumo
Il d.lgs. 21.2.2014, n. 21 ha dato attuazione alla direttiva 2011/83/UE,mediante l’integrale riscrittura degli artt. da 45 a 67 del codice del consumo. Le norme prima intitolate alle modalità di conclusione del contratto sono state dedicate ai diritti dei consumatori nei contratti, onde allargare a tutti i contratti di consumo la tutela prima riservata ai contratti a distanza e ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali. Le principali modifiche di contenuto hanno riguardato l’ampliamento dell’ambito applicativo, il rafforzamento degli obblighi informativi e della possibilità di recesso a favore del consumatore, la specifica disciplina della consegna nei contratti di vendita. Il livello di tutela è stato ulteriormente innalzato perché il legislatore si è avvalso della facoltà, riconosciuta dalla direttiva, di derogare, in senso favorevole al consumatore, al principio della full harmonisation introdotto dalla direttiva.
Il d.lgs. 21.2.2014, n. 21 ha dato attuazione alla direttiva 25.10.2011, n. 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, mediante una profonda modifica del capo I del titolo III della parte III del codice del consumo, in precedenza dedicato ad alcune particolari modalità di conclusione del contratto e oggi intitolato ai diritti dei consumatori nei contratti, con una integrale riformulazione degli articoli da 45 a 671. Le modifiche al codice del consumo si applicano ai contratti conclusi dopo il 13 giugno 2014.
Le modifiche al codice del consumo testimoniano di un importante mutamento di prospettiva nella protezione del consumatore. Nella disciplina del rapporto di consumo, il codice non si concentra più unicamente sulla debolezza del consumatore in sede di conclusione del contratto: si ha una parziale estensione della tutela anche ai contratti diversi da quelli in cui l’asimmetria informativa discende dalla minorata difesa in sede di accordo; sul piano temporale, si affermano diritti dei consumatori anche nella fase di esecuzione del contratto.
Correlativamente, anche il professionista diviene però destinatario di alcune norme di maggior garanzia, in coerenza con la direttiva 2011/83/UE, che ha tra i propri obiettivi la rimozione di alcune barriere del mercato interno, tra cui l’incertezza giuridica, fonte di ripercussioni negative non solo per i consumatori, ma anche per i professionisti2.
2.1 Definizioni e ambito applicativo
Il mutamento di prospettiva ha imposto al legislatore di ridisegnare l’architettura del capo I e di prevedere alcune norme di carattere introduttivo3.
Quanto alle definizioni, sul piano soggettivo (consumatore, professionista) il nuovo art. 45 c. cons. si richiama alle norme generali (art. 3, c. cons.); sul piano oggettivo, invece, recepisce in parte quanto in precedenza trovava posto nella disciplina dei singoli contratti (a distanza e negoziati fuori dai locali commerciali), in parte introduce nuove definizioni, onde adeguarsi all’estensione del raggio applicativo.
Trovano spazio così, ai fini delle disposizioni in esame, i nuovi concetti di “bene”, “contratto di vendita” e “contratto di servizi”.
L’ambito applicativo è delineato nell’art. 46: il nuovo capo I si applica «a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore, inclusi i contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale». L’onnicomprensività dell’art. 46 è più apparente che reale.
Anzitutto, l’art. 47 elenca le esclusioni generali, in parte richiamando contratti dei consumatori dotati di una disciplina apposita (servizi finanziari, multiproprietà, servizi turistici), in parte a causa della delicatezza dell’oggetto della prestazione contrattuale (servizi sociali, assistenza sanitaria ecc.), in parte in ragione del modesto valore del contratto.
Ulteriori ramificazioni dell’ambito applicativo sono poi contenute nelle disposizioni successive, all’interno delle quali si registrano esclusioni aggiuntive4.
Così, la grande categoria dei contratti dei consumatori delineata nell’art. 46 viene a dividersi, in base al criterio delle modalità di conclusione del contratto, tra contratti a distanza e negoziati fuori dai locali commerciali, da un lato, e contratti diversi da essi, dall’altro.
Per i contratti diversi, l’art. 48 disciplina unicamente gli obblighi informativi, con esclusione dei contratti di fornitura di modesta entità e dei contratti a esecuzione immediata che implicano transazioni quotidiane.
La parte preponderante del capo I (art. 49-59) resta dedicata ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali e ai contratti a distanza.
La novità è che il legislatore, in linea con la direttiva, ne abbia dettato una disciplina (parzialmente) unitaria.
La necessità di difendere la libertà contrattuale del consumatore giustifica la regolazione uniforme degli obblighi informativi precontrattuali e del recesso.
I requisiti formali dei due contratti, anch’essi rafforzati, sono invece soggetti a regole diverse, in quanto diverse le particolarità di perfezionamento dell’accordo nei due casi (art. 50 e 51).
Inoltre, anche tale disciplina conosce esclusioni applicative, con riferimento agli obblighi informativi (art. 49, co. 3) e al diritto di recesso (art. 59).
Nell’art. 60, che apre la sezione dedicata agli altri diritti del consumatore, le modalità di conclusione del contratto perdono poi rilievo per lasciare spazio a una ulteriore distinzione, basata sull’oggetto del contratto: per i contratti di vendita, il codice detta una disciplina specifica della consegna e del passaggio del rischio (art. 61 e 63); per i contratti di servizi, gli artt. 62, 64 e 65 dettano nuove norme in tema di tariffe, comunicazione telefonica e pagamenti supplementari.
Pur numerose, le varie esclusioni non offuscano la portata dell’innovazione di fondo, che consiste nell’estensione a tutti i contratti dei diritti dei consumatori.
2.2 Gli obblighi informativi
Il d.lgs. n. 21/2014 ha dettato una disciplina più armonica degli obblighi informativi nel rapporto di consumo, secondo il dettato della direttiva5.
In passato, per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali l’unico obbligo informativo concerneva l’esercizio del diritto di recesso senza quella fitta rete di obblighi informativi precontrattuali che caratterizzava i contratti di multiproprietà, del turismo e a distanza.
Questa differenza è stata oggi colmata. Anche per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, il venditore è tenuto a fornire al consumatore informazioni sulla propria identità, sulle caratteristiche del bene oggetto del contratto, sul prezzo, sulle modalità di pagamento ecc., oltre che sull’esistenza e sui limiti del diritto di recesso.
La novità più rilevante è però data dal fatto che analoghi obblighi d’informazione, anche se meno dettagliati, sono previsti oggi a carico del professionista per tutti i contratti dei consumatori, anche diversi da quelli appena esaminati (art. 48). Le informazioni da fornire riguardano i profili soggettivi e oggettivi del contratto,ma non lo ius poenitendi, la cui disciplina resta limitata ai contratti definiti “fuori mercato”. Inoltre, i professionisti non sono tenuti a fornire le informazioni nei contratti a esecuzione immediata, che implicano transazioni quotidiane; lo scopo di tale esclusione è quello, evidente, di non paralizzare il commercio minuto. Gli obblighi informativi dell’art. 48 non sostituiscono quelli di indicazione sui prodotti, previsti dagli art. 6 e ss. del codice.
Per tutti i contratti fin qui elencati, gli obblighi informativi devono essere assolti, secondo la consueta formula, “in maniera chiara e comprensibile”.
La disciplina dei requisiti formali dei contratti cd. “diversi” segna tuttavia alcune marcate differenze rispetto ai contratti a distanza e ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali; solo per questi ultimi, infatti, vi sono requisiti formali aggiuntivi, riguardanti il linguaggio utilizzato, il supporto (scritto, digitale o comunque appropriato e durevole) su cui devono essere fornite le informazioni, l’evidenza che deve caratterizzare alcune di esse (art. 50 e 51). In particolare, la più ampia diffusione del commercio elettronico ha indotto a rafforzare le garanzie formali nei contratti a distanza, con riguardo al momento in cui il consumatore è chiamato a inoltrare l’ordine e a impegnarsi al pagamento (v. art. 51, co. 2).
A questo si aggiunge il fatto che solo per questi ultimi contratti l’onere della prova relativo all’adempimento degli obblighi informativi incombe sul professionista (art. 49, co. 10); per i contratti diversi, sarà il consumatore a dover fornire la prova che il professionista non l’ha informato adeguatamente6.
2.3 Il diritto di recesso
Il diritto di recesso costituisce, da sempre, lo strumento di maggior tutela contrattuale per il consumatore comunitario7. Concedere al consumatore la possibilità di pentirsi dell’affare concluso è decisivo per compensare quella compressione della libertà contrattuale, che inevitabilmente accompagna al momento dell’accordo operazioni commerciali a sorpresa, aggressive, a distanza.
La direttiva 2011/83/UE ha rafforzato il diritto di recesso e il legislatore nazionale si è puntualmente conformato alle previsioni europee, sfruttando anzi la prevista possibilità di riservare al consumatore un trattamento più favorevole di quello garantito dallo standard UE (v. art. 52, co. 3, in rapporto all’art. 9, par. 3 della direttiva e in deroga al criterio della maximum harmonisation)8.
I principali punti di rafforzamento sono i seguenti.
Anzitutto, è stato allungato il termine per il ripensamento.
Per il termine ordinario, si è passati da dieci giorni lavorativi a quattordici giorni (art. 52, co. 1); nell’ipotesi di inadempimento dell’obbligo informativo sul recesso da parte del professionista, l’allungamento del termine è più marcato, passandosi dai sessanta/novanta giorni dell’art. 65, comma 3, vecchio testo, ai dodici mesi del nuovo art. 53.
Correlativamente, è stato ridotto il termine entro il quale il professionista deve rimborsare i pagamenti ricevuti dal consumatore in esecuzione del contratto dal quale ha poi scelto di recedere: i trenta giorni del vecchio art. 67, co. 4, sono stati abbreviati ai quattordici del nuovo art. 56, co. 1.
Una maggior tutela è poi garantita al consumatore dal nuovo art. 54, che ha eliminato i vincoli formali per l’esercizio del diritto di recesso. Non più una lettera raccomandata con avviso di ricevimento; più semplicemente, una dichiarazione esplicita della volontà di recedere, resa in qualsiasi forma (a tal fine il d.lgs. n. 21/2014 contiene in allegato un modulo di recesso, il cui utilizzo è solo facoltativo) e inviata al professionista nel rispetto dei termini9.
Di rilievo è anche l’unificazione, nell’ambito dei contratti di fornitura di servizi, della disciplina del recesso nel caso di prestazioni già eseguite: dal combinato disposto degli art. 57 e 59 si ricava che il diritto di recesso si estingue in tali ipotesi solo se la prestazione anticipata è stata consentita dal consumatore, indipendentemente dalle modalità di conclusione del contratto10. Di completamento è la disposizione che sancisce la risoluzione di diritto dei contratti accessori a quello principale, per il quale il consumatore abbia esercitato il recesso (art. 58).
La finalità di rimuovere l’incertezza negli scambi, anche a vantaggio del professionista, ha avuto riflessi anche sulla disciplina del recesso. Così, alla ampia liberalizzazione delle forme del recesso fa da contraltare la disciplina dell’onere della prova sulla conformità del suo esercizio, che l’art. 54, co. 4 pone a carico del consumatore.
Analogamente, l’art. 57 contiene una più dettagliata disciplina degli obblighi del consumatore nel caso di recesso: la previsione di maggior rilievo è quella che impone al consumatore un termine finale per la restituzione del bene acquistato, di quattordici giorni dalla comunicazione della volontà di recedere; la precedente disciplina prevedeva solo un termine dilatorio.
Infine, l’art. 59 contiene un lungo elenco di contratti per i quali la disciplina del recesso non trova applicazione.
2.4 La fase esecutiva
Gli art. 61 e 63 c. cons. disciplinano la consegna e il passaggio del rischio nei contratti di vendita e in quelli di fornitura aventi per oggetto un volume limitato o una quantità determinata11.
Per l’obbligazione di consegna, che s’intende adempiuta quando i beni venduti entrano nella disponibilità o nella sfera di controllo materiale del consumatore, gli aspetti di maggior rilievo sono quelli relativi alla fissazione di un termine legale (suppletivo) per l’adempimento da parte del professionista e nell’effetto risolutivo dell’inadempimento. Salve diverse pattuizioni, il professionista deve consegnare il bene entro trenta giorni dalla data di conclusione del contratto.
Scaduto tale termine o quello diverso pattuito, il consumatore invita il venditore a consegnare il bene entro un termine supplementare appropriato alle circostanze.
Se anche alla scadenza del termine supplementare la consegna non è avvenuta, il consumatore può risolvere il contratto e chiedere il risarcimento dei danni. Analoghi diritti ha il consumatore sin dalla prima scadenza, qualora ricorra una delle ipotesi contemplate dall’art. 61, co. 4 (rifiuto espresso di consegna ed essenzialità del termine).
Per il passaggio del rischio, il d.lgs. n. 21/2014 ha seguito pedissequamente la direttiva. In base all’art. 63 c. cons., il rischio si trasferisce quando il consumatore (o un terzo designato, diverso dal vettore) entra nel materiale possesso del bene. Il passaggio del rischio è anticipato al momento della consegna al vettore solo quando quest’ultimo sia stato scelto dal consumatore e non sia stato proposto dal professionista.
Con l’unica disposizione che si estende trasversalmente a tutti i contratti di vendita e di servizi12, l’art. 66 quinquies esonera infine il consumatore da qualsiasi controprestazione se la fornitura di beni o servizi non è stata da lui richiesta.
2.5 La tutela
La nuova disciplina dei diritti dei consumatori nei contratti è completata da alcune disposizioni generali di tutela. Così come di recente avvenuto con la multiproprietà (v. nuovo art. 79, c. cons.), anche il d.lgs. n. 21/2014 ha avvertito la necessità di dettare nell’art. 66 alcune norme di rinvio ad altre disposizioni del codice in materia di tutela amministrativa e giurisdizionale.
Per la tutela giurisdizionale, la previsione si profila abbastanza superflua, data la portata generale degli art. 139, 140, 140 bis in materia di legittimazione ad agire, tutela inibitoria-ripristinatoria, azione di classe13. Per la tutela amministrativa, il rinvio all’art. 27 è invece funzionale ad attribuire all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i poteri che in teoria il codice riserverebbe alle sole pratiche commerciali scorrette. Quanto alla possibilità di ricorrere a forme stragiudiziali di risoluzione delle controversie, compresa la mediazione e la negoziazione paritetica (art. 66, co. 5 e 66 quater), anch’essa poteva dirsi scontata, costituendo anzi i contratti di tal genere terreno di elezione di simili soluzioni alternative. Una precisazione è tuttavia opportuna: quando i contratti disciplinati dal capo in esame hanno per oggetto servizi assicurativi o bancari, la mediazione non è facoltativa, ma obbligatoria (art. 5, d.lgs. n. 28/201014).
Il quadro della tutela è poi completato dalle disposizioni in materia di foro inderogabile del consumatore (art. 66 bis), di imperatività delle norme di protezione del consumatore (art. 66 ter) e di salvezza di altre disposizioni più favorevoli (art. 67).
È noto come la direttiva n. 2011/83/UE abbia per la prima volta adottato il criterio della massima armonizzazione, vietando agli Stati membri, salve alcune specifiche eccezioni, l’introduzione o il mantenimento di disposizioni divergenti, più o meno favorevoli ai consumatori (art. 4 della direttiva). Tale scelta, di non facile accettazione da parte degli Stati membri, ha avuto come risultato, oltre a una riduzione del raggio applicativo della direttiva rispetto alla proposta originaria, un estremo dettaglio regolativo.
Lo spazio di manovra per gli Stati membri ne è uscito molto limitato.
Le modifiche apportate al codice del consumo dal d.lgs. n. 21/2014 si risolvono così in un pedissequo adattamento al dettato della direttiva e i nodi critici si riducono perlopiù a questioni e dispute esegetiche, ameno che l’interprete non voglia impegnarsi nell’ennesima critica di scarsa coerenza interna di un sottosistema, quello consumeristico, che, a distanza di pochi anni dall’approvazione del codice del consumo, appare già in molte parti deteriorato e frantumato. Per fare un esempio, l’unificazione della disciplina del recesso e degli obblighi informativi nei contratti “fuori mercato”, pur opportuna, appare incoerente rispetto a un processo centrifugo che ha già spezzettato le analoghe discipline di altri contratti in altre sezioni del codice (come nella multiproprietà o nei servizi finanziari) o addirittura le ha fatte confluire in un testo normativo autonomo (è il caso dei contratti dei servizi turistici, regolati nel codice del turismo).
Sennonché, l’accusa di asistematicità, oltre a poter apparire anacronistica nel mondo multipolare della produzione normativa15, non andrebbe rivolta solo al legislatore italiano,ma anche a quello europeo, la cui scarsa capacità di coesione decisionale produce inevitabilmente testi compromissori e frammentari.
3.1 La maximum harmonisation e il diritto italiano
A proposito del criterio della massima armonizzazione, il d.lgs. n. 21/2014 ne dimostra la scarsa incisività.
Il legislatore italiano, pur attenendosi rigorosamente allo standard, laddove esso imponeva un innalzamento della protezione del consumatore o del professionista, si è avvalso di tutte le deroghe che la direttiva autorizzava (se ne veda l’elenco nell’art. 2, co. 2, d. lgs. n. 21/2014).
Si conferma la riluttanza, già ampiamente manifestata nel corso dei negoziati UE, nell’aderire a un criterio che – al di là della sua effettiva efficacia16 – è impopolare e riduce gli spazi di intervento a favore dei consumatori dei singoli Stati membri.
Vi è tuttavia da chiedersi se un’ulteriore deroga al criterio della full harmonisation non sia stata introdotta, surrettiziamente, dal nuovo art. 67, co. 1, secondo cui le nuove disposizioni «non escludono né limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico di fonte comunitaria o adottate in conformità a norme comunitarie». La norma non trova riscontro nella direttiva e costituisce un potenziale punto di tensione rispetto al nuovo corso del diritto UE.
Se infatti la conformità al diritto europeo delle norme di maggior tutela evocate dall’art. 67 riguarda il futuro, la previsione si profila inutile: sarà il legislatore UE a dirimere in anticipo gli eventuali conflitti tra la direttiva 2011/83 e le disposizioni di prossima gestazione fissando i margini di manovra per gli Stati membri. Se invece le norme interne fatte salve dall’art. 67 sono già esistenti, non sarà la loro (passata) conformità al diritto comunitario a salvarle dal filtro della massima armonizzazione. Nel vietare agli Stati membri non solo l’adozione, ma anche il mantenimento di disposizioni nazionali divergenti, l’art. 4 della direttiva intende azzerare anche la passata legislazione europea e le relative normative d’implementazione, evidentemente ispirate a principi non più considerati attuali.
Siamo insomma davanti a un’innocua norma di chiusura o a un attentato al nuovo corso del diritto dei consumatori di matrice europea?
3.2 L’estensione degli obblighi informativi e i rimedi generali
La nuova disciplina amplia enormemente la platea dei professionisti chiamati a curare con attenzione la fase informativa precontrattuale e la fase esecutiva17.
Con riferimento alla prima, è prevedibile che uno dei terreni di discussione sarà dato dall’interpretazione di due concetti contenuti nel nuovo art. 48, co. 3, c. cons. – i contratti che implicano transazioni quotidiane e che sono eseguiti immediatamente al momento della loro conclusione – che il legislatore si è limitato a trasporre dalla direttiva, senza curarsi del fatto che essi non trovano esatta corrispondenza nel diritto contrattuale interno. Anzitutto, i due requisiti devono essere compresenti, sicché un contratto avente per oggetto transazioni quotidiane, che tuttavia non preveda l’esecuzione immediata, imporrà al professionista di fornire al consumatore tutte le informazioni previste dal comma 1 dell’art. 4818.
Per temperare le controindicazioni che potrebbero derivarne, il riferimento all’esecuzione va inteso cum grano salis: il professionista sarà esonerato dal fornire le informazioni per i contratti che di regola sono eseguiti immediatamente al momento della loro conclusione; l’obbligo informativo non rivive solo per il fatto che le parti si sono accordate per un’esecuzione differita di un contratto della quotidianità in cui normalmente il professionista immediatamente consegna la merce o fornisce il servizio (si pensi all’acquisto di beni quotidiani che preveda occasionali consegne a domicilio).
Quanto al concetto di transazioni quotidiane, sembra da escludere che esso si riferisca alle esigenze della vita quotidiana del consumatore come categoria19; verosimilmente, esso include i soli contratti aventi per oggetto beni o servizi che ogni singolo consumatore conclude con regolarità, anche se non tutti i giorni. Pertanto, mentre il taglio dei capelli o l’acquisto di alimenti e bevande (anche fuori delle ipotesi escluse già dall’art. 47, co. 1, lett. l) non dovranno essere preceduti dall’assolvimento di obblighi informativi, l’acquisto di un elettrodomestico e la riparazione di un’autovettura lo richiederanno, non trattandosi di transazioni frequenti e regolari per il singolo. Sempre con riguardo ai contratti diversi, ci si deve chiedere se la portata della previsione sugli obblighi informativi non sia fortemente ridimensionata dall’inciso (presente nell’art. 48 e non nell’art. 49), secondo cui le informazioni devono essere fornite “quando esse non siano già apparenti dal contesto”. Non è facile capire cosa si intenda per contesto, se le norme sulle etichette sono già fatte salve dal comma 5. Il rischio è di un depotenziamento del livello di tutela per il consumatore20.
Più in generale, l’allargamento degli obblighi informativi ripropone la questione dei rimedi a disposizione dei consumatori in caso di mancato adempimento da parte del professionista. Nessuna delle nuove norme introdotte prevede espressamente la nullità del contratto non preceduto dalle informazioni obbligatorie. Dovrebbe pertanto continuare ad applicarsi anche in questi casi la classica distinzione tra regole di validità e regole di responsabilità, in base alla quale «in nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei doveri di comportamento può però determinare la nullità del contratto a norma dell’art. 1418, 1° comma, c.c.»21.
3.3 Questioni in materia di consegna
Dopo che il legislatore europeo ha scelto di occuparsi del contratto di vendita e si è così «finalmente sporcato le mani con un pilastro del diritto privato»22, spetta ora all’interprete verificarne l’impatto sul sistema interno.
Con riguardo alla disciplina della consegna, i problemi di coordinamento possono ridursi ai seguenti.
L’art. 61 c. cons. introduce due termini legali, suppletivi, di adempimento dell’obbligo di consegna, l’uno ordinario, l’altro supplementare23.
A proposito del termine ordinario, un primo rilievo è che, vigente la regola dello statim debetur (art. 1182 c.c.), il consumatore può sempre ottenere la consegna immediata e il termine di trenta giorni si profila come limite massimo24.
Un secondo punto critico è dato dal fatto che il comma 5 legittima il consumatore a chiedere immediatamente la risoluzione del contratto in caso di rifiuto della consegna e di natura essenziale del termine.
La norma sembra così introdurre un’ipotesi di risoluzione giudiziale,mentre l’art. 18 della direttiva prevede una più severa risoluzione ipso iure25. Si profila dunque un’inesatta attuazione della normativa UE, in senso sfavorevole al consumatore, che forse potrà essere corretta da un’interpretazione conforme dei giudici nazionali, ma che probabilmente non sfuggirà in sede di verifica sull’implementazione dello strumento.
Quanto al termine supplementare, la scelta di lasciare alla discrezionalità del consumatore sia la forma della comunicazione, sia la durata, renderà necessari interventi giudiziali che valutino la ragionevolezza con cui la discrezionalità sarà stata esercitata.
Più problematico appare l’inquadramento sistematico della nuova disciplina del passaggio del rischio (art. 63, c. cons.).
Se infatti l’aver ancorato il passaggio del rischio al momento in cui l’acquirente entra in possesso dei beni (salva l’ipotesi del bene consegnato al vettore scelto dallo stesso consumatore) costituisce una deroga alle regole codicistiche (artt. 1378 e 1510, co. 2, c.c.) ben comprensibile in un testo volto a innalzare la protezione del consumatore (v. del resto già l’art. 130 c. cons.), va avvertito che nel sistema tradizionale l’assolvimento dell’obbligo di consegna determina per i beni mobili un duplice effetto: il trasferimento della proprietà e il passaggio del rischio.
Benché di solito si producano simultaneamente, si tratta di due effetti distinti, sicché la disciplina dell’uno non necessariamente si riverbera sull’altro.
Alla luce del tenore testuale dell’art. 63, non sembra che il passaggio del rischio implichi anche il trasferimento della proprietà, che continuerà ad avvenire secondo le regole generali ricavabili dagli art. 1376, 1378, 1510 c.c.26 La distinzione potrà assumere un certo rilievo pratico soprattutto per i beni mobili registrati, la cui proprietà si trasferisce pur sempre al momento del consenso legittimamente manifestato o, al più, all’atto della consegna al vettore27. Il nuovo art. 63 non ne muta il regime di circolazione.
1 V. Pagliantini, S., La riforma del codice del consumo ai sensi del d.lgs. 21/2014: una rivisitazione (con effetto paralizzante per i consumatori e le imprese?), in Contratti, 2014, 796 ss.
2 Sulla logica della direttiva e sui suoi limiti v. Pardolesi, R., Contratti dei consumatori e armonizzazione: minimax e commiato?, in La direttiva sui diritti dei consumatori (direttiva 25 ottobre 2011 n. 2011/83/UE), sub A, in Foro it., 2012, V, 177.
3 V. Palmieri, A., Quel che avanza dei diritti dei consumatori: una disciplina parziale e frammentaria (con qualche spunto interessante sul piano definitorio), in La direttiva sui diritti dei consumatori, cit., sub B, 181.
4 V. Pagliantini, S., La riforma, cit., 798-799.
5 Sugli obblighi informativi nella direttiva v. Oliva, A.L., Il reticolo protettivo dell’informazione precontrattuale e delle prescrizioni formali, in La direttiva sui diritti dei consumatori, cit., sub E, 194.
6 Contra Pagliantini, S., op. cit., 803, argomentando ex art. 34, co. 5, c. cons.
7 V. in generale Benedetti, A.M., Recesso del consumatore, in Enc. dir.,Annali, IV,Milano, 2011, 956 ss.;Guerinoni, E.,Art. 64, in Cuffaro, V., Codice del consumo, III,Milano, 2012, 384.
8 Sul recesso nella direttiva v. De Hippolytis, R., La disciplina unitaria del recesso, in La direttiva sui diritti dei consumatori, cit., sub C, 186.
9 V. Pagliantini, S., op. cit., 815, che richiama C. giust. 22.4.1999, C-423/97, Travel Vac SL c. Manuel Jose Antel Sanchis, in Foro it., 1999, IV, 233.
10 V. Pagliantini, S., op. cit., 799.
11 Sulla relativa disciplina nella direttiva v. Casoria, M., Frammenti di un regime protettivo a vocazione generale, in La direttiva sui diritti dei consumatori, cit., sub D, 190.
12 V. Palmieri, A., op. cit., 182.
13 V. Armone, G., Art. 139-140 e Zuffi, B., Art. 140-bis, in Cuffaro, V., Codice del consumo, cit., 721, 736.
14 La negoziazione assistita, introdotta dal d.l. 12.9.2014, n. 132, non è invece obbligatoria per i contratti dei consumatori (v. at. 1, co. 1, ultimo periodo, d.l. n. 132/2014).
15 In tema v.Gentili, A., Codice del consumo ed esprit de géométrie, in Contratti, 2006, 159 ss.
16 V. Pardolesi, R., op. cit., 179.
17 L’intervento sui contratti di vendita è dovuto probabilmente anche al fatto che è in corso la discussione del regolamento sul diritto comune europeo della vendita (CESL), su cui v. Lambo, L., Diritto europeo della vendita: tra efficienza e protezione dei consumatori, in Foro it., 2014, V, 164.
18 Conforme Pagliantini, S., op. cit., 798.
19 Alle quali fa riferimento spesso la giurisprudenza per definire il consumatore: v. Cass., 18.9.2013, n. 21419.
20 Pagliantini, S., op. cit., 801.
21 Cass., S.U., 19.12.2007, n. 26725 in materia di servizi di investimento.
22 V. Palmieri, A., op. cit., 185.
23 Sulla natura compromissoria dell’inserimento del termine supplementare, tra proposta e direttiva finale v. Casoria, M., Frammenti, cit., 192.
24 Lo osserva giustamente Pagliantini, S., op. cit., 818.
25 Pagliantini, S., op. cit., 819, ritiene che il dettato della direttiva sia stato rispettato perché nel comma 5 si utilizza l’avverbio “immediatamente”, a differenza che nel comma 3; ma tale avverbio sembra escludere la concessione del termine supplementare, senza mutare la natura del rimedio concesso.
26 V. Pagliantini, S., op. cit., 820, il quale parla di “sistema ermafrodito”.
27 V. per tutte Cass., 26.10.2009, n. 22605.